Come diciamo nell’articolo “Le masse popolari devono dettare l’agenda di governo” a pag. 1, la mobilitazione della classe operaia si estende a macchia di leopardo. È ancora in ordine sparso, spontanea, frammentata, priva di una direzione univoca, legata alla contingenza di vertenze particolari. Ma così come prova il livello di attacco cui è sempre più sottoposta, così prova anche quanto il fuoco della ribellione e la voglia di riscossa siano ampi. Se questa mobilitazione è ancora a macchia di leopardo, uno dei compiti dei comunisti è guidarla verso il coordinamento.
Questa mobilitazione frammentata ha cercato una risposta generalizzata con i mezzi che aveva a disposizione, votando un anno fa il Movimento 5 Stelle e la Lega e aprendo nel campo nemico quella breccia che la classe dominante cerca in ogni modo di richiudere: questa è stata l’irruzione spontanea nel teatrino della politica borghese, fatta senza un preciso piano d’azione, è la materia viva sulla quale i comunisti possono e devono intervenire.
Firenze – Lunedì 18 marzo gli operai della Bekaert di Figline Valdarno hanno protestato sotto la Prefettura per il mancato avvio della CIG a tre mesi dalla chiusura della fabbrica, ottenendone l’erogazione nei giorni successivi; sono attesi al MISE il prossimo 28 marzo per avviare concretamente il processo di reindustrializzazione.
Milano – il 15 marzo hanno sfilato nel capoluogo lombardo gli operai Sirti, al termine di quella che hanno definito la “settimana della lotta per un lavoro dignitoso e di qualità”, contro gli 833 licenziamenti da cui l’azienda al momento non sembra voler recedere. L’8 marzo avevano aderito in massa allo sciopero proclamato per la Giornata Internazionale della Donna i lavoratori di ATM, bloccando la città.
Massa – Gli operai della Sanac avevano proclamato un pacchetto di ore di sciopero e il blocco degli straordinari a partire dall’11 marzo per sbloccare il passaggio di proprietà al gruppo Mittal, che ha acquisito il gruppo Ilva e a cui l’azienda vende la quasi totalità dei mattoni refrattari che produce. Nel giro di due giorni è arrivata la firma di Di Maio alla vendita ed è stato fissato un incontro al Ministero in cui si comincerà a parlare dello sviluppo dello stabilimento.
Termini Imerese (PA) – Gli operai della Blutec (ex Fiat) hanno fatto irruzione in fabbrica il 13 marzo, forzando i cancelli per svolgervi un’assemblea in cui decidere il rilancio della lotta per il lavoro, dopo anni di cassa integrazione, di piani di rilancio e reindustrializzazione fasulli. Anni di prese in giro coronati infine dall’arresto del presidente Roberto Ginatta e dell’amministratore delegato Cosimo Di Cursi, che si sono intascati 16 milioni di euro di fondi pubblici.
Reggello (FI) – Dopo 28 giorni di sciopero e occupazione ai magazzini Zara di Reggello, il 10 marzo è stato firmato l’accordo che garantirà a tutti i 38 lavoratori un posto di lavoro su altri cantieri, ma alle stesse condizioni economiche e contrattuali conquistate negli scorsi mesi. La vertenza, seguita dal SI Cobas, si era “spostata” dal blocco del magazzino ai picchetti ai negozi della multinazionale fino a Piacenza e Pavia.
Roma – L’ufficiale giudiziario è entrato martedì 19 marzo negli studi di Sky Tg24 in piazza Montecitorio, accompagnato da alcune lavoratrici e dal loro legale; sono state pignorate attrezzature video di ultima generazione per un valore di circa 300.000 euro: l’ammontare di quanto Sky Italia deve ai suoi creditori, i lavoratori ingiustamente licenziati. Il Tribunale del Lavoro di Roma ha già emesso tre sentenze in favore di 11 lavoratori, giudicando illegittimi i licenziamenti decisi da Sky per non aver firmato il “mutamento volontario di sede”, seguiti alla decisione di chiudere la sede di Roma e trasferire la quasi totalità della struttura italiana a Milano.
Piombino (LI) – sabato 16 marzo il Camping CIG ha organizzato una conferenza in cui tecnici ed esperti hanno sviscerato il nuovo tipo di produzione di acciaio al piombo che i padroni indiani di Jindal vorrebbero avviare in fabbrica; in questo modo i cittadini e gli operai sono stati messi a conoscenza dei (numerosi) rischi di inquinamento dovuti a un tipo di lavorazione definito da molti come antiquato.
Napoli – Il 13 marzo si è svolto uno sciopero al porto della città per contrastare i tentativi di alcuni armatori (in particolare i padroni della compagnia Grandi Navi Veloci) di ricorrere nel suddetto porto alla pratica dell’autoproduzione, ovvero l’utilizzo del proprio personale sulle navi per compiere le operazioni di carico e scarico di merci e bagagli, che sono invece di responsabilità dei lavoratori del porto associati nella CULP (Compagnia Unica Lavoratori Portuali). Un tassello ulteriore a un processo di frammentazione e deregolamentazione che prosegue da anni e che va tutto a scapito dei lavoratori e degli utenti, ingrossando i già lauti guadagni degli armatori. La mobilitazione è stata ampia con un combattivo corteo all’interno del porto e ha raccolto la solidarietà da parte dei lavoratori dei principali porti italiani ed europei, consapevoli che la singola battaglia di Napoli è una lotta che riguarda tutti. La determinazione dei lavoratori ha smosso anche una consigliera regionale del PD, Enza Amato, che ha espresso in una nota ufficiale “preoccupazione per le politiche intraprese dall’Autorità Portuale su spinta degli armatori”. Un ruolo importante lo ha assunto il Comitato Lavoratori Porto, che ha promosso l’allargamento della lotta e lavora attivamente alla costruzione di una rete ampia di solidarietà, uscendo dal perimetro del porto e prendendo posizione in sostegno alla lotta dei lavoratori dell’ospedale San Gennaro di Napoli e aderendo alla Marcia per il Clima e Contro le Grandi Opere Inutili che si è svolta il 23 marzo a Roma, promossa dal Movimento NO TAV: un esempio di come allargare il fronte di lotta e di come inserirlo nel processo di cambiamento generale necessario al paese.
Muggiò (MB) – Alla Toncar, azienda che produce figurine e che impiega soprattutto manodopera femminile, da inizio 2019 è in corso una lotta per la riassunzione di 80 lavoratori, licenziati perché aderenti al SI Cobas con l’escamotage del “cambio di appalto” da una cooperativa a un’altra, con alla testa, però, i medesimi padroni. Dopo mesi di lotta che hanno visto anche l’occupazione dello stabilimento e nonostante un accordo in sede prefettizia che sancisce il reintegro dei lavoratori, l’azienda ha di fatto riassunto solo chi ha accettato di mollare la tessera del sindacato, sostenuta in questo dalle istituzioni locali e dalle forze dell’ordine che hanno risposto alle proteste e ai presidi con cariche, arresti, fogli di via e l’avvio intimidatorio di un procedimento per il rimpatrio di un delegato sindacale straniero. La lotta ha toccato vertici di mobilitazione con un corteo di mille persone per le strade di Muggiò in occasione dello sciopero dell’8marzo, che è partito dai cancelli della Toncar per arrivare fino alla prefettura di Monza. Il 13 marzo il presidio fuori dai cancelli è stato per l’ennesima volta caricato dai Carabinieri, che assieme alle istituzioni locali avversano la lotta degli operai e delle operaie, spingendo l’acceleratore sull’applicazione del vergognoso DL Salvini – Minniti.
Taranto – Il giudice del Tribunale del Lavoro Lorenzo De Napoli ha condannato ArcelorMittal per attività antisindacale, a seguito della denuncia inoltrata da USB. La notizia è del 22 Marzo e riguarda il passaggio di proprietà dell’ex ILVA al colosso dell’acciaio, sancito dall’accordo sindacale siglato al MISE lo scorso 6 settembre. In quell’accordo si era stabilito il passaggio alla nuova proprietà di 8200 lavoratori in forze all’ILVA e l’esclusione di più di 2500, classificati come esuberi. L’accordo prevedeva che i criteri e le graduatorie inerenti quanti venivano assunti e quanti esclusi fossero improntati alla massima trasparenza, ma ArcelorMittal si è guardata bene dal pubblicare questi dati. Da qui la denuncia del sindacato USB e la vittoria con la condanna della proprietà per condotta antisindacale. In concreto l’azienda dovrà ora pubblicare tutti i dati inerenti i criteri seguiti per le assunzioni e gli esuberi, così che questi ultimi potranno presentare ricorso qualora ritenessero di essere stati ingiustamente esclusi. L’aspetto più dirompente di questa vittoria è che a fronte di queste nuove eventuali assunzioni l’azienda non potrà rivalersi su quanti sono già stati assunti non avendo i criteri previsti: la sentenza ha stabilito che questi hanno ormai la tutela di un diritto acquisito e non revocabile! Certo una sentenza non ha in sé la garanzia che verrà applicata, anzi. Infatti non si tratta di attendere che la giustizia faccia il suo corso, ma utilizzare gli spunti e gli appigli che offre per rilanciare la lotta con la parola d’ordine della riassunzione di tutti gli operai!