Roma. Più che una dimostrazione che “il M5S è un partito uguale a tutti gli altri” e che “esistono ovunque le singole mele marce” l’arresto per corruzione di Marcello De Vito (presidente del Consiglio Comunale di Roma), avvenuto il 20 marzo scorso a seguito di un’indagine sulla costruzione del nuovo stadio e il coinvolgimento dell’Assessore allo sport Daniele Frongia sono la dimostrazione del fatto che o il M5S si fa seriamente promotore, senza riserve, della rottura con le prassi dei vertici della Repubblica Pontificia oppure ne finisce ingoiato e travolto.
Sia che le accuse contro De Vito siano dimostrate e la sua colpevolezza venga accertata, sia che emerga trattarsi di una guerra per bande (una delle tante) e di un’operazione della “macchina del fango”, la vicenda è il frutto dell’illusione di cambiare il sistema di Mafia-capitale contando sui buoni propositi e sulla presunta rettitudine morale del singoli individui anziché scardinare dalla fondamenta il sistema attraverso l’unica leva possibile: la trasparenza nella gestione degli affari di pubblico interesse e il controllo popolare sull’operato delle autorità e istituzioni pubbliche. E’ quello che il M5S promette da sempre, è ciò su cui sono più le reticenze che i passi avanti promossi e compiuti, specialmente a Roma. Ma è anche la prima e più elementare forma di responsabilità verso i milioni di persone che hanno votato il M5S per il cambiamento.
O il M5S si fa promotore del cambiamento del sistema, oppure il sistema ingloberà il M5S. Ma questo principio non vale solo per gli eletti e “i nominati” del M5S, vale per tutti gli elementi della sinistra borghese, del movimento sindacale, della società civile e delle amministrazioni locali in lotta fra il porsi veramente al servizio degli interessi delle masse popolari oppure l’usare le masse popolari come massa di manovra attorno ai discorsi e agli atteggiamenti da “ribelli” che si sciolgono come neve al sole alla prova dei fatti. Per ognuno di loro, come per Raggi e gli esponenti dell’Amministrazione di Roma, promuovere la trasparenza, legarsi alle masse popolari, affidarsi alla loro mobilitazione per attuare il cambiamento che pretendono di rappresentare, non è solo il modo per assumere concretamente un ruolo positivo, ma è anche l’unico modo per mettersi al riparo e difendersi tanto dagli attacchi e dalla macchina del fango delle Larghe Intese quanto dalle mille occasioni di corruzione e malaffare che sono prassi “normali” e correnti nel sistema dei vertici della Repubblica Pontificia.