[Italia] Il compagno Giuseppe Baiano a processo

Riportiamo, qui di seguito, la lettera-appello del compagno Giuseppe Baiano, storico militante della sezione di Quarto (NA) del P. CARC, poi trasferitosi per lavoro a Firenze, dove oggi milita, il 29 marzo prossimo a processo al Tribunale di Bologna, che l’ha già condannato in primo grado per l’accusa di resistenza e offesa al pubblico ufficiale.

La repressione è un’arma a doppio taglio, per la classe dominante. Intimidisce da un lato, ma dall’altro, però, alimenta l’odio di classe poiché mostra il vero volto della classe dominante e in questo modo unisce il fronte di chi lotta.
La repressione è dunque un campo fondamentale per la nostra azione. La lotta alla repressione ha, però, la necessità di andare oltre la semplice resistenza. Ha, invece, da essere condotta come violazione organizzata delle leggi, vincoli, legacci e restrizioni con le quali la classe dominante tenta di imbrigliare la resistenza delle masse popolari al procedere della crisi. Dobbiamo metterci nell’ottica di passare dalla difesa all’attacco!

Esercitare solidarietà attiva per il compagno Giuseppe Baiano così come lottare per tutti i compagni, i lavoratori e gli elementi avanzati delle masse popolari oggi sotto processo significa mettere sotto accusa gli accusatori. Processare invece di farsi processare. Se questi insistessero con la repressione, infatti, contribuirebbero, paradossalmente, al rafforzamento e compattamento del fronte della solidarietà e, pertanto, ad avere ancora più problemi di ordine pubblico e “gestione del dissenso”; lasciar correre, invece, sarebbe, per loro, una dimostrazione di debolezza e incapacità!
È in questa strettoia per la classe dominante, il suo Stato e i suoi apparati repressivi che si inserisce la nostra lotta! È in questa contraddizione che possiamo ottenere la vittoria.

Fare fronte alla repressione è possibile nella misura in cui si concepisce la lotta alla repressione come campo della lotta di classe.  Ecco in che senso la solidarietà è un’arma. Che usiamo.

***

Ai compagni dell’ASD Quartograd e ai compagni del Collettivo Autorganizzato Popolare 80010 (CAP)

Cari compagni e care compagne,

sono qui a scrivervi la presente lettera per mettervi a conoscenza del fatto che la giustizia borghese continua a fare il suo corso nei miei confronti; il prossimo 29 marzo sarò giudicato in appello dal Tribunale di Bologna che in primo grado ha rifiutato le misure alternative al carcere perché recidivo: sicuramente al loro sistema sociale ed economico! Per questi motivi, chiedo il vostro sostegno politico ed economico. Come gran parte di voi sa io sono cresciuto ad Ercolano, una periferia della zona vesuviana di Napoli, in un ambiente degradato che nei primi anni ‘80 è stato letteralmente inondato di eroina; quando ero bambino mi chiedevo perché quelle persone si infilavano quelle siringhe nelle braccia, perché prendevano quelle bustine e perché dovevo assistere agli omicidi con una certa frequenza: di domande me ne facevo tante ma non avevo una risposta, non sapevo perché succedeva tutto quello.

Sin da bambino ho sempre rifiutato ciò che succedeva in strada, non ho mai accettato il sistema sociale, le sue leggi, le sue lotte per il potere e tutto l’insieme che determinava quella condizione che noi dovevamo sopportare. Crescendo mi sono convinto che qualcuno doveva pagare per tutto quello che succedeva, ma non sapendo chi era il responsabile iniziai ad odiare tutti quelli che volevano dimostrarsi potenti, forti, presuntuosi e si volevano imporre nei miei confronti e di tutte le persone che mi circondavano. Iniziai ad odiare tutte le persone che con i loro modi di fare sputavano sulla miseria altrui, quella dei poveri e dei proletari: una condizione di cui molte volte erano causa o quanto meno complici. La mia integrazione con tutto quello che vedevo da bambino in strada non era riuscita, anzi sono stato escluso ed è stato positivo non essere parte di quel “sistema”; la mia esclusione, la differenza di classe, le ingiustizie che vedevo avevano creato un ribelle e ho sempre rifiutato tutte le regole che mi venivano imposte.

Crescendo mi sono avvicinato alla lotta politica riconoscendola – nella pratica e nella teoria – come l’unico mezzo per contrastare ed eliminare le prepotenze che ero costretto a vedere; ho avuto compagni e compagne che mi sono stati vicini sin dai primi anni del Duemila, che mi hanno spiegato e fatto capire perché da bambino succedeva tutto quello che ero costretto a vedere. Questo mi ha convinto che possiamo vincere organizzandoci, dobbiamo vincere per poter trasformare la società in cui viviamo, alcuni di voi sono sempre stati al mio fianco nelle lotte che abbiamo portato avanti con forza e determinazione e questo ci ha dimostrato che se ci compattiamo seguendo una giusta linea, noi vinciamo: le vittorie di Quarto (per ben due volte) e Pianura lo hanno dimostrato. Durante la mia militanza politica mi è capitato di affrontare vari processi che anche con il vostro contributo abbiamo vinto, mentre con il mio arresto per gli scontri di Pianura le forze della repressione al servizio della classe dominante hanno cercato di farmi ritirare a vita privata: invece mi hanno rafforzato. In generale, con la repressione lo stato borghese cerca di colpire tutti i proletari in lotta contro lo sfacelo che ci circonda sempre più, sta a noi rispedirla al mittente e farne un’arma, imparando a resistere e lottare insieme: nessuno deve essere lasciato solo!

Veniamo ai fatti per cui vi scrivo. Sono stato condannato in primo grado a due mesi di carcere dal Tribunale di Bologna, il 2 maggio 2012 durante un presidio, secondo l’accusa avrei reagito con frasi ingiuriose al controllo degli agenti della DIGOS mentre stavamo attaccando un volantino applicando il diritto di propaganda sancito dalla Costituzione e abolito dal fascismo. Dietro alle accuse formali, il dato politico reale è che la procura cerca di dirigere i colpi di coda dell’Ottavo Procedimento Giudiziario (OPG) contro la Carovana del nuovo Partito Comunista Italiano, di cui il P.CARC è parte integrante e in cui milito da oltre dieci anni; militanza che prosegue in Toscana dove mi sono trasferito da quasi tre anni per farmi una famiglia e cercare lavoro, la vera piaga del nostro bellissimo territorio. Da alcuni mesi, finalmente, sono operaio in un’azienda di minuterie metalliche e ho appreso praticamente l’importanza, il valore e la centralità della classe operaia per il processo rivoluzionario nel nostro paese. Tornando all’OPG, si tratta di un processo conclusosi con un nulla di fatto come i sette precedenti, vere persecuzioni con cui la classe dominante ha cercato di mettere fuori legge i comunisti nel nostro paese e a cascata l’agibilità democratica delle forze politiche, che grazie alla nostra mobilitazione, sostenuta da una vasta solidarietà delle masse popolari, è stata fatta saltare: alcuni di voi sono stati costruttori di questa storica vittoria. Per la giustizia borghese si presenterebbe quindi l’opportunità di togliersi dalle scatole un giovane proletario facendogli fare un po’ di carcere (e questa volta il rischio è reale e concreto purtroppo), ma il nostro avversario di classe non prende in considerazione il fatto che ogni proletario è un potenziale rivoluzionario poiché la sua azione è determinata dal sentimento di ingiustizia del quale è oggetto. Io sono stato condannato perché avrei violato le leggi del potere che ci opprime, avrei violato alcune leggi e codici che in generale opprimono le masse popolari del nostro paese spremendole e riducendole all’impotenza: questo è il loro tentativo. Io con tutta onestà non so se verrò condannato anche in secondo grado (l’udienza si tiene il prossimo 29 marzo) visto che “ho avuto il coraggio” di accusare la società capitalista che loro difendono, la stessa che calpesta i nostri valori che si rifanno al socialismo e alla gloriosa Rivoluzione d’Ottobre, di cui poco più di un anno fa abbiamo celebrato il Centenario trattandone in decine di iniziative gli insegnamenti ancora oggi attuali, da cui dobbiamo prendere spunto per cambiare questa società allo sfascio. Probabilmente si aspetteranno un imputato che si arrende, che si sottomette addirittura, ma noi andremo avanti a testa alta e in quell’aula ci esprimeremo su ciò per cui siamo citati in giudizio– la repressione della classe dominante e la persecuzione dei comunisti – affrontando con sereno coraggio ogni loro eventuale condanna; il futuro è dalla nostra parte, dalla parte delle masse popolari e degli operai che sono le sole che fanno la Storia, dalla parte di chi per vivere deve lavorare! Vi invito a sostenerci in questa ennesima battaglia, ad esempio organizzando iniziative pubbliche per trattare dell’argomento della repressione che a causa della crisi colpisce parti sempre più ampie delle masse popolari e non solo i militanti e attivisti politici, per fare raccolta economica a sostegno delle spese legali per il processo; sarò a vostra disposizione per qualsiasi tipo di intervento e iniziativa sul posto, organizzandoci in tempi e modi adeguati.

Chiedo ai compagni del Quartograd e del CAP 80010 di promuovere 10, 100, 1000 iniziative di solidarietà nei confronti dei processati a Bologna e mio in particolare, esponete striscioni di solidarietà nella nostra città, dagli spalti del Giarusso alla sede della Consulta e fotografateli; provvederò io stesso a farli avere a chi di dovere. Ciò servirà per far sì che chi il 29 di questo mese ci dovrà giudicare, non giudicherà tre giovani nullafacenti, ma giudicheranno compagni che non sono soli ed isolati dal resto del mondo; si troveranno a giudicare compagni che lottano tutti i giorni a tutte le ore e che non hanno intenzione di arrendersi. In quella sede, la borghesia dovrà prendersi la responsabilità di condannare il proletariato, che certamente non si scorderà dell’eventuale ennesimo sopruso. Ovviamente, compagni e compagne, ogni contributo economico da parte vostra è ben accetto, in basso vi lascerò il numero della mia postepay per gli eventuali accrediti che mi farete per pagare le spese processuali che come voi sapete sono esose, sempre troppo per un operaio come me.

Un abbraccio e un saluto a pugno chiuso a tutti voi,

Giuseppe Baiano

Per contribuire al pagamento delle spese legali: carta postepay n. 5333171024235703 Intestata a Giuseppe Baiano

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