#appelloperRosalba
Uno stato di diritto per chi?
Se vi dicessero che un tribunale ha condannato un imputato in primo grado di giudizio modificando nelle motivazioni della sentenza (quindi a giochi conclusi) il capo di imputazione, negandogli così di fatto il diritto alla difesa, pensereste che il paese di cui si parla non è l’Italia. Invece è così. In questo modo, in virtù proprio di questo escamotage, il 30 marzo 2018 Rosalba Romano è stata condannata dal Tribunale di Milano a seguito della denuncia di Vladimiro Rulli, agente del VII Reparto Mobile di Bologna che si è sentito “diffamato” da un articolo in sostegno a Paolo Scaroni (ultras del Brescia reso invalido a vita dal pestaggio immotivato di celerini andati assolti – per ora – solo in virtù della mancanza del numero identificativo e dei depistaggi delle indagini) pubblicato sul sito Vigilanza Democratica. Il processo doveva stabilire se fosse stata Rosalba a pubblicare l’articolo sul sito (questo era il capo originario di imputazione, quello per cui Rosalba ha potuto difendersi), ma a fronte di un dossier vuoto, qualcosa doveva essere escogitato per “impartire una lezione”: non importa se Rosalba abbia scritto o meno quell’articolo, lo abbia o meno pubblicato, si sia avvalsa o meno dell’aiuto di altri redattori, sapesse o meno della pubblicazione di quell’articolo sul sito, Rosalba ha diffamato l’agente Vladimiro Rulli, in un modo o in un altro, e per questo è stata condannata.
Se voi rispondeste “se Rosalba non ha nulla da temere, se è innocente, allora sarà senz’altro prosciolta da ogni accusa nel processo d’appello”, noi risponderemmo che il ricorso in appello è stato presentato, ma non sarà una giustizia “super partes” a garantire Rosalba. La sentenza di primo grado è un pericoloso precedente. La condanna a Rosalba per via giudiziaria è la condanna politica a Vigilanza Democratica, un sito (oggi chiuso) gestito da attivisti contro gli abusi in divisa e, più precisamente, per la trasparenza nella catena di comando delle forze dell’ordine (Polizia di Stato) e forze armate (Carabinieri), per contrastare la retorica delle “singole mele marce” che va in scena dopo ogni caso di abuso in divisa. Nel corso dell’attività di Vigilanza Democratica (ricerca, inchiesta, campagne di opinione, sostegno alle famiglie delle vittime degli omicidi di stato), e ancora di più nel corso della campagna di solidarietà a Rosalba durante il processo di primo grado, è emerso molto chiaramente il limite che “non è concesso oltrepassare”. Certi apparati dello Stato “tollerano” la denuncia contro i singoli casi di abusi, ma non tollerano in alcun modo che vengano a galla le relazioni fra i singoli agenti che compiono abusi (le “mele marce”) e i loro reparti (il contesto), fra i loro reparti e i comandi (i burattinai), fra i comandi e i comitati politici più o meno formali e di certo non completamente legali (le “alte sfere”). Pertanto NO, noi non abbiamo alcuna cieca fiducia che il processo di appello faccia giustizia di per sè, ma siamo fermamente convinti che solo un’ampia campagna di opinione possa far valere “lo stato di diritto”, la Costituzione e i diritti democratici su biechi interessi particolari.
Il 25 settembre si terrà a Milano il processo di appello contro la condanna a Rosalba. Chiediamo a singoli cittadini, organismi, personaggi politici, del mondo delle associazioni e della società civile di prendere pubblicamente posizione in solidarietà a Rosalba, di schierarsi, di metterci la faccia, di farsi sentire. Come?
– attraverso dichiarazioni pubbliche (testi, video);
– attraverso fotografie;
– portando il caso nelle istituzioni;
– partecipando alla raccolta di fondi per sostenere le ingenti spese a cui è stata condannata (Rosalba di mestiere fa l’infermiera precaria, non ha “santi in paradiso”…) Postepay 5333 1710 9377 5704 – intestata a Gemmi Renzo.
Per la difesa e l’attuazione della Costituzione
Per la trasparenza nelle catene di comando e la Vigilanza Democratica
Per l’assoluzione di Rosalba e la libertà di espressione