Il 21 febbraio Camera e Senato hanno votato una mozione che sancisce la completa revisione del progetto TAV a seguito del risultato dell’analisi costi-benefici, reso pubblico il 12 febbraio. Né il responso dell’analisi costi-benefici, né la mozione parlamentare sono sufficienti per archiviare il TAV e metterci sopra una pietra tombale: Salvini e la Lega sostengono il PD nella richiesta di un referendum, TELT (l’azienda costituita appositamente per la realizzazione) manovra per sbloccare gli appalti, il M5S sembra voler prendere tempo per non decidere definitivamente: la battaglia è ancora tutta aperta e, come giustamente sostiene Alberto Perino, in un’ intervista a La Repubblica “non c’è da essere ottimisti finché il cantiere non viene chiuso e smobilitato”.
Il 23 marzo si svolge a Roma la manifestazione nazionale convocata già il 17 novembre scorso con un’assemblea a Venaus a cui hanno partecipato tutti i movimenti contro le grandi opere inutili, imposte e dannose e contro le speculazioni a danno dell’ambiente e del territorio. Il valore di questa manifestazione è strettamente legato alla proposta che promuove e alla prospettiva che apre, nel contesto politico del paese, rispetto a tre questioni in particolare.
1 – La smilitarizzazione immediata e completa della Val Susa. L’analisi costi-benefici, “curiosamente”, non considera l’ingente spesa già sostenuta dallo Stato – milioni di euro – per la repressione del movimento NO TAV: per il dispiegamento di migliaia di uomini (turni ordinari e straordinari, trasferta, indennità di servizio, vitto, alloggio), per l’impiego di mezzi (mezzi corazzati e blindati elicotteri, idranti), per l’impiego di investigatori, per i processi, per gli atti burocratici, le spese di notifica, gli arresti, etc. E’ “curioso” poiché l’impegno, le energie e le risorse destinate alla repressione avrebbero dovuto essere ripagate dal grande sviluppo economico legato alla realizzazione della tratta TAV Torino – Lione. Ma se la realizzazione della tratta è un buco di 8 miliardi di euro, come è giustificata la spesa di milioni di euro per “sicurezza” e repressione? Certo, è un discorso che si limita ai soldi… poi ci sono gli arrestati, gli inquisiti, gli espropriati, i condannati, i “suicidati” (Sole e Baleno, nel 1999), gli assolti, gli schedati, la militarizzazione di un territorio, i controlli asfissianti, gli abusi di potere e gli arbitri polizieschi… Ha ragione il Movimento NO TAV: la prima misura immediata deve essere la smilitarizzazione della Val Susa! Tale provvedimento non può essere inteso in alcun modo come “risarcitorio” per più di 20 anni di occupazione, è solo la prima e principale manifestazione pratica di un cambiamento.
2 – I “posti di lavoro persi”. Con la stessa faccia di bronzo con cui sono “solidali con i pastori sardi”, con “gli studenti che difendono la scuola pubblica” e “i lavoratori che difendono il posto di lavoro”, i politicanti delle Larghe Intese (che su questo incassano il plauso della CGIL) denunciano che con lo stop al TAV si perdono migliaia di posti di lavoro. Ovviamente, stante il tasso di disoccupazione nel paese, una simile denuncia fa breccia fra i lavoratori e le masse popolari (ne abbiamo incontrati che la pensavano in questo modo anche al corteo del 9 febbraio promosso a Roma da CGIL, CISL e UIL). La verità è che le migliaia di posti di lavoro sono solo intossicazione dell’opinione pubblica per indorare la pillola. La realizzazione del TAV fra Firenze e Bologna ha impiegato poche centinaia di operai subito licenziati alla conclusione dei lavori, operavano in condizioni pericolose e turni massacranti che causarono morti e feriti per infortuni in galleria. Inoltre, ogni posto di lavoro nel TAV è un posto di lavoro sottratto alla cura, alla manutenzione e allo sviluppo del territorio; il Mugello ha perso con questa opera oltre 50 km di corsi di acqua, sorgenti millenarie e pozzi: una mutazione irreversibile dell’assetto idrogeologico della zona.
3 – Dirottare subito le risorse per le “piccole” opere necessarie e urgenti che creano posti di lavoro e migliorano la qualità della vita delle masse popolari. Dal comunicato dell’Associazione “Basta Vittime Sulla Strada Statale 106”: NO al TAV e SI alla nuova e moderna strada Statale in Calabria. Investire parte delle risorse in Calabria per l’ammodernamento della famigerata “Strada della morte” – “L’Associazione “Basta Vittime Sulla Strada Statale 106” nella giornata di oggi ha inviato formalmente un documento al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti On. Sen. Danilo Toninelli e per conoscenza al Presidente della Repubblica On. Sergio Mattarella, al Ministro dello Sviluppo Economico On. Dep. Luigi Di Maio ed al Vice Presidente del Consiglio On. Sen. Matteo Salvini (quest’ultimo eletto in Calabria). Nel documento l’Associazione – a seguito di uno studio del Comitato Scientifico e del Centro Analisi e Ricerca – riporta le ragioni per le quali la realizzazione della TAV non è conveniente evidenziandone le principali: la relazione dell’Opera determinerebbe un disavanzo di 7 miliardi di euro per il Paese; infine è stata rilevata l’eccessiva sproporzione del costo della TAV rispetto alle altre infrastrutture in cantiere nel paese che peraltro risulta ingiustificato.
L’Associazione “Basta Vittime Sulla Strada Statale 106” ha proposto di utilizzare parte delle risorse che l’Italia risparmierebbe con la mancata realizzazione della TAV per la realizzazione dell’ammodernamento della Strada Statale Calabria, una strada lunga che percorre l’intera costa di una regione. (…) Si tratta di un’arteria rimasta ancora oggi nello stato in cui versava all’epoca fascista e che, dal 1996 fino ad oggi, ha determinato oltre 9.500 sinistri, oltre 24.500 feriti ed oltre 700 vittime. Un’autentica “strage di stato” dovuta ad una strada che già da diversi decenni è inadatta a supportare gli attuali volumi di traffico. L’Associazione, infine, ha espresso fiducia nel buon senso delle Forze Politiche oggi al Governo e nella ferma volontà di considerare più urgente la realizzazione di infrastrutture laddove queste non esistono, ovvero sui di costa jonica calabrese, piuttosto che nell’inutile realizzazione di Opere, Progetti ed infrastrutture che non consentiranno al nostro Paese di poter ottenere alcuna utilità” – 7 Febbraio 2019.