10, 100, 1000 organizzazioni operaie e popolari che attuano da subito le misure più urgenti per far fronte alla crisi
Il movimento che caratterizza la lotta politica borghese nel nostro paese in questa fase si sintetizza nei tentativi delle Larghe Intese di indebolire il governo M5S-Lega per riportarlo senza se e senza ma nel solco dell’attuazione del programma comune della borghesia imperialista oppure per farlo saltare. A quasi un anno dalle elezioni che sancirono la vittoria del M5S i prossimi mesi presentano più di un’occasione per “colpirlo” proprio sul consenso elettorale: le elezioni europee (26 maggio), quelle regionali (Abruzzo e Sardegna hanno votato in febbraio, Basilicata il 23 marzo, Piemonte il 26 maggio, Calabria ed Emilia Romagna fra novembre e dicembre 2019) e amministrative (fra il 15 aprile e il 15 giugno per 3839 comuni, circa il 50% del totale, fra cui 27 capoluoghi di Provincia di cui 5 anche capoluogo di Regione). Chi è affetto da “cretinismo elettorale” e si lascia avviluppare dai temi e sondaggi del sistema di intossicazione delle Larghe Intese avrà vita dura.
Per indebolire il governo Conte (e in particolare il M5S) le Larghe Intese si avvalgono:
- delle reali contraddizioni fra M5S e Lega sul TAV, sulla legge per la “legittima difesa”, sulla richiesta del Tribunale dei Ministri di Catania al Senato per procedere contro Salvini sul caso Diciotti (l’esito della consultazione degli iscritti alla Piattaforma Russeau – impedire il processo a Salvini – ha aperto una crepa in tutto il Movimento), l’Autonomia Regionale Differenziata (per Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna: se la Lega pressa per approvarla in tempi rapidissimi e con un testo “blindato” dai Ministeri, il M5S prende tempo e profila una battaglia affinché “non sia la riforma che differenzia fra cittadini di serie A e di serie B”, evocando l’incostituzionalità del testo proposto dalla Lega);
- delle pressioni degli USA e della UE sul governo affinché si schieri per il riconoscimento del golpista Guaidò come presidente ad interim del Venezuela, poiché il 4 febbraio con una nota della Presidenza del Consiglio dei Ministri e il 12 febbraio con una mozione approvata alla Camera e al Senato l’Italia si è attestata su una posizione di “neutralità” (non riconoscimento di Maduro in quanto “eletto tramite elezioni irregolari”, ma anche non riconoscimento dell’autoproclamato Guaidò);
- di una capillare e ampia opera di intossicazione dell’opinione pubblica (di un vasto fronte mediatico, politico e “intellettuale”) condotta combinando la denuncia che le misure del governo sono insufficienti per fare fronte agli effetti della crisi (gli stessi che prima dicevano che non si dovevano fare adesso dicono che non bastano, che è troppo poco), la tesi che “il governo fascio-leghista è il peggiore dal dopoguerra”, la diversione rispetto all’esito delle elezioni in Abruzzo (“il M5S crolla in favore della Lega”, mentre è evidente che il M5S è stato penalizzato dall’astensione e la Lega è cresciuta prendendo voti principalmente da Forza Italia);
- del ruolo della Lega, invischiata alle Larghe Intese per appartenenza ideologica e di sistema di potere del suo gruppo dirigente, per appartenenza di classe e pratica del suo gruppo dirigente, per la continuità dei vertici della Lega con il vecchio regime delle Larghe Intese rappresentata dal ruolo di governo di 6 regioni importanti (Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Molise e Sicilia: in Veneto, Lombardia e Friuli la Lega esprime anche il governatore) e molti comuni;
- della presenza degli uomini del sistema delle Larghe Intese nei ministeri, negli enti e nelle istituzioni che devono attuare le misure approvate dal governo (RdC, Quota 100, Decreto dignità) che cercheranno in tutti i modi di boicottare e non attuare le misure favorevoli alla masse popolari;
- della mobilitazione delle masse popolari, tramite i sindacati di regime o ciò che rimane delle grandi associazioni della sinistra borghese la cui direzione è diventata un satellite del PD (ARCI, ANPI, ecc. – vedi ad esempio il corteo del 9 febbraio a Roma promosso da CGIL, CISL, UIL); della mobilitazione delle masse popolari promossa dalla sinistra borghese che si accoda alle Larghe Intese e la mobilitazione delle masse popolari promossa dalla sinistra borghese che si vuole distinguere dalle Larghe Intese, ma finisce sul loro carro poiché si limita alla denuncia e non va oltre l’orizzonte dell’opposizione sterile.
Il movimento che caratterizza la lotta di classe nel nostro paese in questa fase si sintetizza nelle iniziative e nella mobilitazione per allargare la breccia che le masse popolari hanno aperto nel sistema politico delle Larghe Intese con le elezioni del 4 marzo scorso e, contemporaneamente, nelle iniziative per promuovere, consolidare e sviluppare l’organizzazione della classe operaia e delle masse popolari. A questo fine, noi comunisti usiamo ogni appiglio che la situazione politica offre, ogni contraddizione nel campo nemico che consente di conquistare posizioni, ogni spinta, quale sia il segno e il colore a cui fa capo, che viene dal variegato campo delle masse popolari per sviluppare la loro organizzazione e la loro mobilitazione a prendere in mano il destino di aziende, servizi pubblici, gestione del territorio in modo da creare le condizioni per il vero governo del cambiamento, il Governo di Blocco Popolare.
Usiamo le misure favorevoli alle masse popolari prese dal governo Conte come il Reddito di Cittadinanza e Quota 100, poiché esse sono la principale incarnazione dell’inversione di tendenza (redistribuire parte della ricchezza anziché continuare a spolpare le masse popolari) rispetto all’attuazione del programma comune della borghesia imperialista. Sono misure la cui attuazione dipende da quanto e come gli organismi di base (comitati di disoccupati, associazioni, sindacati) si attivano per controllare e verificare l’operato della pubblica amministrazione e da quanto e come si attivano per diventare loro stessi erogatori (vedi articolo L’esempio della Lista Disoccupati e Precari di Gratosoglio a pag. 4), ma in ogni caso sono misure parziali, che da una parte alleviano gli effetti della crisi per una parte ristretta delle masse popolari e dall’altra alimentano divisioni e concorrenza (a chi spettano? Cosa deve fare chi non rientra nei requisiti: prendersela con chi ci rientra o organizzarsi e mobilitarsi per estendere i destinatari del sostegno?).
Usiamo le titubanze e le reticenze del governo Conte ad andare fino in fondo nell’attacco ai “diritti acquisiti” dei padroni e della pletora di privilegiati che stanno loro appresso, nella rottura degli equilibri con i gruppi imperialisti USA e sionisti, della UE e del Vaticano. “Difendere i confini e gli interessi nazionali” dice la Lega di Salvini per giustificare la chiusura dei confini agli immigrati. Ma è solo guerra fra poveri! “Difendere i confini e gli interessi nazionali” significa soprattutto difendere le aziende dalla svendita alle multinazionali che le delocalizzano e chiudono, smantellare le oltre 100 basi NATO presenti sul territorio italiano, esigere il pagamento di tasse e imposte dal Vaticano, rifiutare di sottomettersi al ricatto del debito pubblico e al ricatto degli speculatori finanziari, elaborare un piano per il lavoro (vedrete che sorprese! Verrà fuori che c’è talmente tanto lavoro da occupare tutti gli italiani, tutti gli immigrati già presenti e probabilmente la popolazione attiva oggi esistente nel nostro paese non basterebbe neppure… iniziando dalla ricostruzione delle zone terremotate alla bonifica dei territori dissestati, al recupero del patrimonio immobiliare pubblico…).
Usiamo la mobilitazione suscitata dalle misure nocive agli interessi delle masse popolari promosse dal governo Conte (e in particolare da Salvini), quella mobilitazione di cui oggi cerca di farsi rappresentante il fronte delle Larghe Intese con mille distinguo e un mille strumentalizzazioni. I promotori del razzismo di stato e dei CIE per gli immigrati criticano il governo M5S-Lega, ma si guardano bene dal dire quale sia la soluzione al problema immigrazione, cianciano della retorica “degli immigrati che pagano le tasse” o del “restiamo umani”, ma continuano a contrapporre “buoni e cattivi”, “accettabili e rifiutabili” sulla base di criteri di classe, non (solo) di provenienza e di “razza”, a non combattere la vera causa dell’emigrazione: l’emigrazione è un prodotto dell’imperialismo, dello sfruttamento e della devastazione del contenente africano e di diversi paesi dell’America Latina e dell’Asia.
La verità è che ci sono solo due misure efficaci per affrontare in modo decisivo il problema immigrazione; 1. Privare la Comunità Internazionale degli imperialisti USA, sionisti, UE e Vaticano del sostegno dell’Italia nelle guerre, nei saccheggi, nei ricatti e nello spolpamento dei paesi oppressi; 2. Requisire i beni mobili e immobili dei grandi proprietari (non delle famiglie che hanno risparmiato per una vita!), dei fondi di investimento, delle banche, delle Curie e “rimetterli in circolazione” affrontando le emergenze “per cui non ci sono i soldi” (asili, case, sanità, trasporti, scuole, ecc. ecc.) secondo un criterio semplice “prima chi ne ha bisogno”. Chi fino a ieri ha governato il paese negli interessi delle multinazionali straniere oggi è solidale (senza un minimo di vergogna) con i pastori sardi (come Martina, ex Ministro dell’agricoltura del governo Gentiloni) o si offre “gratuitamente per risolvere le crisi industriali” (come Calenda), ma si guarda bene dal sostenere le vertenze e le iniziative “illegali” (blocchi, picchetti, ecc.) e dall’indicare la soluzione ai problemi che le suscitano, poiché l’unica soluzione è la sottomissione degli interessi dei capitalisti a quelli degli operai, dei lavoratori e delle masse popolari.
Usiamo la lotta politica borghese e le elezioni perché al di là dei risultati, esse sono l’occasione in cui tradizionalmente le masse popolari partecipano alla vita politica del paese (anche in ragione dell’influenza dell’elettoralismo lasciata in eredità dai revisionisti moderni alla testa del vecchio movimento comunista), sono occasione di propaganda, di organizzazione, di mobilitazione, sono strumento per educare, anche, alla politica rivoluzionaria la classe operaia e le masse popolari, che imparano dall’esperienza diretta. Come hanno imparato – e pagato sulla pelle – l’inconsistenza truffaldina della sinistra borghese, messa “alla prova di governo” con i governi Prodi, allo stesso modo imparano che la delega del voto è solo uno strumento accessorio della lotta politica rivoluzionaria in cui, più che “l’opinione e il voto” conta quello che le masse popolari organizzate fanno concretamente per affermare i loro interessi. C’è da dire che la lotta politica borghese è un formidabile strumento per intervenire direttamente nelle contraddizioni della classe dominante perché ogni politico si presenta (e deve presentarsi) come difensore degli interessi del popolo. Avete mai visto un politico difendere pubblicamente gli interessi dei ricchi, degli speculatori, degli imperialisti? In fondo è questo il terreno in cui le masse popolari hanno aperto la breccia nel sistema politico delle Larghe Intese lo scorso 4 marzo ed è un importante strumento per far prendere alle masse popolari coscienza del loro ruolo e della loro forza.
Usiamo tutte le forme di resistenza spontanea che le masse popolari oppongono alla crisi di cui le lotte, l’attivismo e la mobilitazione sono solo una componente (la più avanzata, certo). Il principio di fondo è che, per far funzionare la sua società, la borghesia ha bisogno del sostegno o almeno della rassegnata collaborazione delle ampie masse. Ma la crisi generale spinge le masse popolari nella direzione opposta: il consenso verso la borghesia si riduce, la ribellione cresce, ma soprattutto diminuisce la rassegnata collaborazione. Ecco, bisogna trasformare la rassegnata collaborazione e la ribellione in organizzazione e mobilitazione per l’avanzamento della rivoluzione socialista. Mille forme di boicottaggio, sabotaggio, resistenza, negazione dei valori, delle regole, dei dettami e delle prassi della società borghese coinvolgono a livello individuale o a piccoli gruppi una vasta parte di masse popolari che cercano una via individuale o di nicchia per “sopravvivere”. A tutti loro, centinaia di migliaia di persone, noi comunisti e la parte organizzata della classe operaia e delle masse popolari possiamo dare una prospettiva, una soluzione, un esempio di riscossa, un senso di appartenenza. Tanto più, quanto più essa è legata al movimento comunista cosciente e organizzato. “Dal parare i colpi” al contrattacco. Questo è il senso del discorso.
Il movimento che caratterizza la lotta politica rivoluzionaria nel nostro paese in questa fase si sintetizza nell’iniziativa e nella mobilitazione per imporre il Governo di Blocco Popolare ai vertici della Repubblica Pontificia e nella costruzione di un superiore legame fra la classe operaia e le masse popolari e il movimento comunista cosciente e organizzato.
“Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra forza. Studiate, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza” diceva Gramsci.
Agitatevi, compagni e compagne, lavoratori e lavoratrici, perché dietro il rispetto di codici e norme, leggi e cavilli, dietro gli appelli alla calma e alla pazienza, dietro il “lasciateci lavorare” del governo M5S-Lega i padroni continuano a dettare la loro legge, la legge del profitto e della speculazione, della precarietà e dello sfruttamento. E questa legge va spezzata, una volta per tutte (le masse popolari del primo paese che rompe le catene della Comunità Internazionale degli imperialisti UE, USA e sionisti aprono le porte alle masse popolari di tutti gli altri paese): bisogna usare contro la borghesia imperialista il principio di bastonare il cane che sta affogando, bisogna sostenere le mobilitazioni, le ribellioni, le iniziative di lotta, le forme di autorganizzazione che costellano il paese dalla Sardegna al Piemonte per rendere ingovernabile il paese e per fare carta straccia dei divieti e delle misure repressive (gli operai della SIRTI, i pastori sardi, gli operai della GKN di Firenze hanno bloccato strade e picchettato le fabbriche a centinaia, dimostrando che il Decreto Salvini è carta straccia, come lo dimostrano gli attivisti e i militanti che bruciano i fogli di via, come ha lo ha dimostrato Nicoletta Dosio annunciando che non avrebbe rispettato gli arresti domiciliari e “evadendo” platealmente e pubblicamente), ma soprattutto per avanzare nell’organizzazione dei lavoratori e delle masse popolari.
Organizzatevi, operai, lavoratori, studenti, donne, immigrati, perché esattamente come diceva Marx già nel 1864, “I numeri pesano sulla bilancia solo quando sono uniti dall’organizzazione e guidati dalla conoscenza”. La grande maggioranza della popolazione, le masse popolari, hanno mille motivi pratici per mobilitarsi contro la borghesia imperialista e il suo clero, i principali limiti alla loro mobilitazione e al loro protagonismo sono la scarsa e insufficiente organizzazione indipendente dalla e antagonista alla classe dominante, da una parte, e l’attuale debolezza del movimento comunista cosciente e organizzato, dall’altra. La sintesi è che la superiore forma di organizzazione per gli operai, i lavoratori e le masse popolari è nel partito comunista.
Studiate. Ancora riprendendo Marx: “L’ignoranza non ha mai giovato a nessuno!”. Chi chiama alla lotta, ma sottovaluta l’importanza della teoria (della concezione del mondo, dell’analisi e della comprensione della realtà) conduce a sconfitta certa. Perché se è vero che la storia la fanno le masse popolari, ciò non avviene arbitrariamente, ma solo in funzione di specifiche leggi. L’insieme di queste leggi è la scienza della rivoluzione socialista, l’arma di gran lunga più efficace e potente di cui gli operai e le masse popolari si possano appropriare.
I nodi vengono al pettine. Tempi duri per il cretinismo elettorale
Le elezioni borghesi sono lo strumento con cui i gruppi imperialisti internazionali e nazionali e le loro propaggini territoriali cercano di conferire valore democratico agli accordi che stringono fra loro per il governo del paese e delle regioni e per l’amministrazione delle città. Il risultato delle elezioni politiche del 4 marzo 2018, in questo senso, è un evento scomodo per i vertici della Repubblica Pontificia, al punto che per evitare la vittoria del M5S e per formare un governo attorno al PD, e o a Forza Italia, avevano elaborato un’apposita legge elettorale, rivelatasi poi inutile allo scopo.
I prossimi mesi sono caratterizzati da una prolungata tornata elettorale in cui si combinano elezioni europee, regionali e amministrative. Se, nel contesto politico, le elezioni regionali e amministrative hanno più che un valore simbolico (ad esempio dal loro esito dipende se gli enti locali si schierano a fianco del fronte delle Larghe Intese e ne diventano strumento o se, al contrario, possono diventare strumento per le masse popolari organizzate ai fini dell’allargamento della breccia), per le elezioni europee il discorso è diverso, il loro valore “si limita” al livello di testimonianza degli umori delle masse popolari.
Anzitutto, non è per nulla scontato che l’esito delle elezioni europee si ripercuota immediatamente sull’orientamento e sulla composizione delle istituzioni e delle autorità della UE (in particolare della Commissione europea e della BCE): le istituzioni della UE non sono nate dalle elezioni e dal parlamento europeo (che è nato dopo le istituzioni della UE). “A partire dagli anni ’90 del secolo scorso i gruppi imperialisti dei paesi dell’UE si sono accordati tra loro per costituire loro proprie istituzioni sovrastanti le istituzioni politiche formate nei singoli paesi dopo la II Guerra Mondiale. Queste ultime dovevano cedere alle nuove istituzioni dei gruppi imperialisti la sovranità che in ognuno dei singoli paesi la costituzione (“sovietica” a detta di Silvio Berlusconi e della Loggia P2 di Licio Gelli, “troppo democratica” a detta dei soci del club Bilderberg) assegnava e ufficialmente ancora assegna al popolo. Ovviamente in queste nuove istituzioni ogni gruppo imperialista conta per il capitale di cui dispone e per le combinazioni che riesce a creare, analogamente a come avviene in ogni associazione e aggregazione “privata” di capitalisti.
In ogni paese i gruppi imperialisti hanno promosso questa cessione di sovranità di loro iniziativa, ma con il tacito consenso delle principali forze politiche del paese, a conferma che i partiti che organizzavano la massa dei lavoratori erano o traditori o inetti. In Italia i gruppi imperialisti avevano avviato il processo già nel 1981 con la manovra ordita privatamente e silenziosamente da Carlo Azeglio Ciampi (governatore della Banca d’Italia) e da Beniamino Andreatta (ministro del Tesoro del governo DC-PSI del CAF (Craxi-Andreotti-Forlani) presieduto da Arnaldo Forlani), la manovra che viene ricordata nella storia come “divorzio tra Tesoro e Banca d’Italia”. Con un accordo tra queste due istituzioni, mai discusso e tanto meno approvato in sede pubblica, il governo italiano cedeva la gestione della moneta alla Banca d’Italia, in sostanza ai gruppi imperialisti. Con esso i gruppi imperialisti non avevano più neanche bisogno di mettere insieme una maggioranza politica che approvasse le loro decisioni. De Gasperi a suo tempo, dopo la resa dei Partigiani al regime DC, aveva ricordato a Togliatti che in Italia oltre ai tre partiti che avevano seguito popolare (DC, PCI, PSI) esisteva “il partito di quelli che hanno i soldi” e che nessun governo poteva prescindere dal consenso di questo quarto partito. Con il “divorzio” del 1981 “il partito di quelli che hanno i soldi” si esimeva dal consenso dei partiti che hanno seguito popolare, con il loro tacito consenso.
Con la creazione delle varie istituzioni dell’UE e in particolare della Banca Centrale Europea i gruppi imperialisti europei sanzionarono il loro potere a scapito della sovranità popolare dei singoli paesi. Ogni volta che in uno dei paesi (esemplare il caso della Francia nel 2005) la decisione è stata sottoposta a referendum, l’esito è stato contrario alla decisione dei gruppi imperialisti, ma essi hanno proceduto imperterriti a conferma che la democrazia borghese nasconde i rapporti di potere reali: sono i capitalisti a comandare. I governi dei singoli paesi sono diventati organi locali esecutori delle decisioni delle istituzioni dell’UE. Il culmine del processo è stata la creazione della Banca Centrale Europea e delle moneta unica (Trattato di Maastricht). Infatti in ognuno dei paesi europei l’attività economica è oramai talmente collettiva (nel senso che ogni attore, individuo o azienda che sia, dipende così strettamente dal resto degli attori e dallo Stato) che la gestione della moneta (creazione e regolazione della quantità in circolazione) è l’espressione sostanziale della sovranità nazionale. Cederla a un ente gestito privatamente dai gruppi imperialisti ha voluto dire la cessione della sovranità nazionale” – dal Comunicato del (nuovo)PCI del 25 agosto 2018.
Discende da ciò che le masse popolari dei paesi della UE non solo “non decidono il corso politico della UE” (basti pensare che il Parlamento Europeo non ha potere legislativo, ma solo consultivo), ma sono del tutto sottomesse alle autorità e istituzioni della UE: “Nel 1992, i Danesi hanno votato contro il trattato di Maastricht: sono stati obbligati a tornare alle urne. Nel 2001 gli Irlandesi hanno votato contro il trattato di Nizza: sono stati obbligati a tornare alle urne. Nel 2005 i Francesi e gli Olandesi hanno votato contro il trattato costituzionale europeo (Tce): gliel’hanno poi imposto con il nome di Trattato di Lisbona. Nel 2008 gli Irlandesi hanno votato contro il trattato di Lisbona: sono stati obbligati a tornare alle urne. Nel 20015, il 61,3% dei Greci ha votato contro il piano di austerità di Bruxelles: gli è stato inflitto lo stesso” da “Liberali contro populisti”, Le Monde Diplomatique – settembre 2018.
C’è un terzo aspetto: la lotta politica borghese è il campo a cui è concesso alle masse popolari di partecipare per “decidere le sorti del paese”, naturalmente essa diventa fonte di intossicazione, disinformazione, manipolazione e costruzione del consenso ad opera dei principali gruppi imperialisti. Un esempio di queste settimane rappresenta bene il concetto. Le elezioni in Abruzzo sono state vinte dalla coalizione di Centro-destra guidata da un candidato di Fratelli d’Italia (Marsilio) grazie alla percentuale di voti raccolta dalla Lega. Il fronte delle Larghe Intese ha immediatamente cavalcato la vittoria della Lega e “il crollo del M5S” per affermare ai quattro venti la fine elettorale del M5S. Ma a vedere i numeri concreti, è evidente che la Lega ha raccolto molti voti togliendoli a Forza Italia e il M5S ha perso molti voti rispetto alle politiche del 4 marzo in ragione di un’altissima astensione (il 47%). Più che un astratto “crollo elettorale del M5S” il segnale che arriva dall’Abruzzo, ma il discorso è del tutto valido anche per le elezioni regionali in Sardegna, è la dimostrazione che “il consenso che (M5S e Lega) raccolgono tra le masse popolari è labile, aleatorio, perché non è fondato sulle clientele e sulle eredità ideologiche del passato (per dirla terra terra: la fede in dio o l’aspirazione al comunismo su cui si fondava il consenso di partiti come la DC e il PCI), ma è basato su promesse immediate e concrete, per cui o le attuano o perdono rapidamente il consenso” (dalla Dichiarazione Generale approvata dal V Congresso del P.CARC). Il che rimette al centro discorso l’aspetto principale: la fase politica in cui siamo immersi non si caratterizza per il sostegno o l’opposizione a questo o quel partito (opinioni), ma per l’attuazione o meno delle misure urgenti e straordinarie per invertire il corso delle cose. Attuazione che non dipende dall’onestà di questo o quel partito, ma dalla mobilitazione della classe operaia e delle masse popolari.