[Italia] Verso l’Otto marzo: non c’è emancipazione della donna senza rivoluzione socialista, non c’è rivoluzione socialista senza emancipazione della donna!

 

Tra pochi giorni si terranno le celebrazioni per l’8 marzo, la giornata internazionale della donna. Questa data e la sua origine storica ci permettono di approfondire e trattare meglio quale sia il ruolo della donna nell’ambito della resistenza spontanea delle masse popolari contro la crisi, nelle mobilitazioni e nell’organizzazione popolare e nella rinascita del movimento comunista oggi.

La Giornata Internazionale delle Donne, istituita dal movimento comunista, non è il monito della differenza, e tanto meno della contrapposizione, fra uomini e donne. È un patrimonio di lotta per l’emancipazione delle donne dall’oppressione patriarcale, dalla divisione della società in classi e dal sistema economico e politico che li perpetua. È, in definitiva, il testimone di unità, solidarietà e lotta per il socialismo che i comunisti, uomini e donne, raccolgono dal passato per continuare la lotta fino alla vittoria.

Queste giornate di organizzazione e mobilitazione possono essere un ambito importante per tutte le singole compagne e organizzazioni politiche che animano il movimento femminista del nostro paese per portare a fondo il dibattito e le pratiche che ne conseguono all’interno del movimento delle donne per smascherare e isolare il femminismo padronale e per legarsi strettamente al movimento delle organizzazioni operaie e popolari che resistono agli effetti della crisi. Per questo è innanzitutto importante affermare una serie di aspetti.

Non c’è emancipazione di genere slegata dalla lotta di classe e dalla lotta per il socialismo – Primo tra questi è che l’oppressione e la sottomissione delle donne è una particolare forma dell’oppressione di classe a cui la borghesia imperialista costringe le masse popolari. Solo nella società socialista vengono meno i presupposti oggettivi su cui si basa l’oppressione di genere e, anzi, le condizioni materiali dell’esistenza delle masse popolari consentono di superare anche le arretratezze culturali che secoli di sottomissione alla classe dominante hanno sedimentato. Da qui una sintesi: la lotta per l’emancipazione delle donne può svilupparsi pienamente solo nel solco della lotta di classe per il socialismo.

Tutti i diritti conquistati dalle donne delle masse popolari nel secolo scorso, infatti, sono legate alla forza trainante del movimento comunista nella prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale. Questo vale anche per quei movimenti e percorsi che non si richiamavano direttamente al comunismo ma a valori di uguaglianza, diritti sociali e civili protagonisti di tante battaglie. Tutti questi movimenti di conquista hanno infatti beneficiato innanzitutto dell’esempio e della fiducia derivanti dalle esperienze dei primi paesi socialisti. In tutto il mondo, il modello delle donne sovietiche (il diritto all’aborto nel 1920, all’istruzione, alle cure mediche, l’emancipazione dalla famiglia… considerando che l’URSS ereditava la situazione semi medievale lasciata dallo zarismo) è diventato un faro.

Anche in Italia la mobilitazione per l’emancipazione delle donne si è combinata con le lotte della classe operaia, degli studenti e più in generale con il sommovimento politico e sociale in cui si sono sviluppati attorno al tentativo di ricostruzione del partito comunista, impersonato in particolare dalle Brigate Rosse, e di rivoluzione socialista, impersonato dai vari gruppi rivoluzionari dell’epoca. Ad entrambi, molte avanguardie della lotta per l’emancipazione delle donne parteciparono attivamente. Se quel periodo è stato, dopo la Resistenza (di cui le donne furono protagoniste) il picco più alto della lotta contro l’oppressione di genere, è stato anche l’inizio del suo declino e del suo riflusso come movimento legato alla lotta di classe. Un riflusso favorito dalle spinte piccolo borghesi e interclassiste (contrapposizione agli uomini anziché al capitalismo), alimentato ideologicamente dal progressivo arretramento del PCI dalla lotta di classe e dalla sconfitta delle Brigate Rosse e delle altre organizzazioni comuniste combattenti.

Le donne e il movimento di resistenza spontaneo delle masse popolari alla crisi del capitalismo – Il secondo aspetto riguarda, invece, il ruolo oggettivo delle donne all’interno del movimento di resistenza spontaneo al procedere della crisi generale del sistema capitalista. Le donne, infatti, sono una componente fondamentale del movimento popolare del nostro paese: sono in prima linea nelle lotte per la difesa dei posti di lavoro, nelle lotte ambientali, nelle lotte per la sanità e l’istruzione pubblica, nelle lotte per il diritto all’abitare, nelle lotte contro il femminicidio, contro l’ingerenza del Vaticano (diritto ad una maternità cosciente e consapevole, diritto al divorzio, ecc.), nelle lotte contro gli omicidi di Stato e in molte altre battaglie. Le donne delle masse popolari svolgono un ruolo di primo piano nella costruzione e nell’attività di reti, organismi, associazioni, movimenti, coordinamenti e sindacati che si battono contro gli effetti peggiori della crisi.

Le donne, i giovani e gli immigrati costituiscono la parte delle masse popolari che più subisce l’oppressione del regime della Repubblica Pontificia, su cui gli effetti della crisi generale del capitalismo si riversano in misura più grave e che sono bersaglio della mobilitazione reazionaria. Oggi la principale minaccia di mobilitazione reazionaria delle masse popolari nel nostro paese viene dai vertici della Repubblica Pontificia: la guerra tra poveri fa parte del programma comune della borghesia imperialista attuato dai governi delle Larghe Intese. Sono loro che perseguitano gli immigrati (affogamenti nel Mediterraneo, CIE, ecc.), eliminano diritti e conquiste dei lavoratori e delle masse popolari, dividono le masse popolari (tra immigrati e autoctoni, giovani e adulti, lavoratori e pensionati, “garantiti” e precari, uomini e donne ecc.) e mettono in mille modi una parte contro l’altra per contendersi la miseria.

Il passo da compiere ora sulla sua strada, per avanzare nel rivoluzionamento del paese, è la costituzione del Governo di Blocco Popolare (GBP). Il Governo di Blocco Popolare è l’obiettivo tattico di questa fase. Esso combina l’organizzazione delle masse popolari (in organizzazioni operaie e in organizzazioni popolari) in senso rivoluzionario che cioè si organizzano e si mobilitano per trovare soluzioni positive ai problemi e agli effetti della crisi, contro la tendenza della rassegnazione o della guerra fra poveri, con il fatto che iniziano già da subito a operare come nuove autorità pubbliche, iniziano a porsi come classe dirigente della società.

Di questo percorso le donne delle masse popolari già sono protagoniste e via via che la coscienza e l’organizzazione di tutte le masse popolari avanzerà anche il ruolo delle donne assumerà sempre più rilevanza e centralità. Dalle esperienze del passato dobbiamo imparare che quando la lotta di classe contro la borghesia e il clero è cresciuta, anche l’emancipazione delle donne prima o poi è cresciuta. Quanto la lotta di classe è calata, anche l’emancipazione delle donne ha seguito la stessa sorte. È importante, quindi, sin da subito che tutte le operaie, le lavoratrici, le precarie, le giovani, le pensionate e le disoccupate del nostro paese facciano proprio l’obiettivo di costruire organizzazioni, comitati, collettivi e coordinamenti operai e popolari nelle aziende private e pubbliche in cui lavorano, nei territori in cui vivono e in tutti gli ambiti della società in cui le masse popolari possono e devono contendere il governo alle istituzioni ufficiali e ai poteri forti, mettendo in moto un processo in cui emancipare se stesse e il proprio genere vada di pari passo con l’emancipazione della propria classe.

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