Il tentativo di colpo di stato contro Maduro in tre fasi. Il 23 gennaio scorso Juan Guaidò si è autoproclamato presidente del Venezuela ricevendo immediatamente (dopo 20 minuti dalla dichiarazione!) il riconoscimento e il sostegno di Trump e quello dei paesi più direttamente legati agli imperialisti USA: il Canada, Israele, il Brasile, l’Argentina, il Cile, la Colombia… Fra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio anche altri paesi della comunità Internazionale lo riconoscono, in particolare Gran Bretagna e molti della UE (Spagna, Germania, Francia…), e altrettanto fa il Parlamento Europeo: è iniziato e si sviluppa il tentativo di deporre Maduro attraverso le pressioni internazionali, le minacce e i ricatti. Ma il fronte dei promotori del golpe è indebolito da alcune importanti contraddizioni: Messico e Uruguay, Norvegia e Grecia, ma soprattutto l’Italia, non si intruppano con gli aggressori e mantengono una posizione “neutrale” (in particolare l’Italia con una nota della Presidenza del Consiglio del 4 febbraio e con l’approvazione di una mozione parlamentare sia alla Camera che al Senato, il 12 febbraio, si schiera “per nuove elezioni presidenziali”, ma non riconosce Guaidò come presidente del Venezuela); mentre Turchia, Corea del Nord, Cuba, Bolivia, ma soprattutto Russia e Cina, si schierano apertamente in sostegno a Maduro e condannano il tentativo di colpo di stato. La chiesa venezuelana sostiene Guaidò, confermando una tradizionale posizione reazionaria, ma il Papa promuove “una soluzione di dialogo”. Di fatto il tentativo di colpo di stato “per via diplomatica” è fallito e si apre la fase del tentativo di rovesciare Maduro attraverso la mobilitazione delle masse popolari, ma anche su questo fronte gli imperialisti USA hanno fallito; il sostegno ai golpisti delle principali testate giornalistiche internazionali, la manipolazione dell’informazione, la propaganda di guerra non hanno potuto smentire la situazione nel paese: folle di centinaia di migliaia di persone sono scese in strada ripetutamente, affiancando i reparti regolari dell’esercito e mescolandosi ai corpi volontari per difendere il Venezuela bolivariano. Le contraddizioni della “opposizione” (faccendieri e affaristi, corrotti moralmente e materialmente) non hanno permesso ai burattini degli USA di portare in piazza più di qualche centinaio di persone, in certi casi alcune migliaia, manifestazioni che non sono mai state represse dalle forze di sicurezza, né attaccate dai sostenitori del Venezuela bolivariano. E’ iniziata pertanto una nuova fase del golpe, la terza: il tentativo per via militare con il coinvolgimento dell’esercito della Colombia. Il pretesto era stato costruito dagli appelli di Guaidò alla Comunità Internazionale affinché inviasse “aiuti umanitari” da accumulare ai confini di Brasile e Colombia e da introdurre in Venezuela con convogli di TIR che avrebbero dovuto penetrare nel paese “con le buone o con le cattive”. Il 23 e 24 febbraio, sulle note del fallimentare concerto organizzato da Richard Branson – capo della Virgin e servetto degli imperialisti travestito da filantropo – Guaidò ha raccolto i suoi sostenitori sul confine e, con il colpo di teatro della “diserzione dei soldati venezuelani” (3 di numero), ha dato il via alle operazioni: uccisione di 4 persone al confine con il Brasile, in modo che la colpa ricadesse sull’esercito venezuelano, incendio di alcuni dei camion che portavano aiuti umanitari in territorio colombiano, in modo da dimostrare che le forze armate bolivariane avessero sconfinato e attaccato i convogli. Ma le provocazioni sono state tutte smascherate e respinte e dopo alcune ore di scontri e lanci di lacrimogeni, la situazione si è normalizzata. I giornali borghesi hanno persino cercato di strumentalizzare un festino a sfondo sessuale “finito male” in cui è rimasto intossicato un parlamentare dell’opposizione venezuelana ed è rimasto ucciso un suo parente, parlando di “avvelenamento degli oppositori”, ma di fatto anche la terza via del golpe contro Maduro è fallita. Anzi: Guaidò ha dovuto lasciare il paese e si trova confinato in Colombia, il Venezuela ha rotto i rapporti diplomatici con la Colombia, cacciando il personale diplomatico e ha chiuso le frontiere.
Alcune riflessioni. Delle moltissime che se ne possono fare, ci soffermiamo su due. La prima è una dimostrazione. In particolare la dimostrazione della debolezza della Comunità Internazionale degli imperialisti UE, USA e sionisti. Il discorso vale sia per quanto riguarda il ruolo degli USA (un apparato politico-industriale-militare che spende 610 miliardi di dollari – dato del 2017 – in armamenti), che hanno ancora un enorme peso a livello internazionale, ma per la combinazione di contraddizioni internazionali e contraddizioni interne, sono stati costretti a intervenire “per interposta persona” contro il Venezuela e hanno mille difficoltà a fare in Venezuela ciò che hanno fatto in Iraq o in Afghanistan. Ma il discorso vale anche come riflessione rispetto al governo italiano e alla breccia che le masse popolari hanno aperto con le elezioni del 4 marzo 2018 di cui il governo Conte è frutto. Seppure la posizione dell’Italia sia tutt’altro che solida (per le contraddizioni fra M5S e Lega) e si attesti su una neutralità che ha mille lacune, la posizione del governo e del parlamento di un paese membro della NATO, oltre che fondatore della UE, ha sgretolato la pressione che la Comunità Internazionale degli imperialisti UE, USA e sionisti stava esercitando sul Venezuela.
La seconda riflessione è un insegnamento valido per tutti coloro che hanno a cuore la sovranità nazionale. Il Venezuela sta resistendo da anni a manovre, intrighi, sanzioni, provocazioni, aggressioni, speculazioni politiche ed economiche. I pilastri della sua resistenza sono due: la stretta relazione fra governo e masse popolari (il governo prende le misure per migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle masse popolari, per distribuire la ricchezza nazionale, dà forza di legge alle rivendicazioni popolari e organizza e mobilita le masse popolari ad attuare direttamente le misure necessarie); l’affermazione del primato degli interessi nazionali sugli interessi dei gruppi imperialisti stranieri. Ciò non avviene contrapponendo masse popolari venezuelane contro masse popolari di altri paesi, ma contrapponendo gli interessi delle masse popolari contro quelli dei capitalisti stranieri e dei loro sostenitori e complici venezuelani.
Quanto fin qui detto non porta a escludere che la situazione possa repentinamente cambiare e che i tentativi di sopprimere il Venezuela bolivariano possano spostarsi sul piano strettamente militare. Si tratterebbe di un salto qualitativo nella crisi politica internazionale destinato ad alimentare e sviluppare la lotta fra la via della mobilitazione reazionaria delle masse popolari e la via della mobilitazione rivoluzionaria.
Solidarietà al Venezuela bolivariano. Siamo solidali al Venezuela bolivariano e ad esso ci lega una lunga relazione di amicizia e sostegno che autorità e istituzioni hanno stretto con la Carovana del (nuovo)PCI. Abbiamo promosso e promuoviamo iniziative pubbliche, presidi, mobilitazioni e partecipiamo a quelli promossi da altri partiti e altri organismi. Il nostro orientamento è sempre stato coerente con il principio che la miglior forma di solidarietà e sostegno che come comunisti italiani possiamo dare alle masse popolari del Venezuela è condurre alla vittoria la rivoluzione socialista nel nostro paese. La costituzione del Governo di Blocco Popolare è parte di questo processo ed è l’obiettivo immediato che perseguiamo. La sua costituzione combina gli interessi immediati della classe operaia e delle masse popolari italiane con la lotta delle masse popolari dei paesi oppressi dall’imperialismo e con la lotta della classe operaia e delle masse popolari dei paesi imperialisti, poiché è strumento per affermare la sovranità nazionale e per sviluppare, coerentemente con essa, l’internazionalismo proletario. La classe operaia e le masse popolari del nostro paese hanno l’interesse a rompere con la sottomissione alla Comunità Internazionale degli imperialisti UE, USA e sionisti a cui l’hanno sottoposto i vertici della Repubblica Pontificia fin dal 1945 e a sviluppare cooperazione, collaborazione, scambi e reciproco sostegno con i paesi che si ribellano alla stessa oppressione, quali che siano i motivi per cui sono oppressi e soggiogati (dal Venezuela alla Siria). Questo è il contenuto della sesta delle sette misure generali che compongono il programma del Governo di Blocco Popolare. Questo è l’obiettivo immediato a cui chiamiamo a contribuire i tanti compagni e le tante compagne che sono già attivi, spesso generosamente, nella lotta antimperialista, questo è il contributo che chiamiamo loro a dare alla lotta per fare dell’Italia un nuovo paese socialista.
Presidi e iniziative di solidarietà con il Venezuela bolivariano.
Napoli, 1 febbraio. La Segreteria Federale Campania ha promosso un presidio di fronte al Comune di Napoli, dopo che, per ragioni di sicurezza a fronte delle minacce dell’opposizione venezuelana, il Consolato aveva rinviato a data da destinarsi un’iniziativa pubblica a sostegno del legittimo presidente Maduro. E’ stato scelto il Comune come luogo di presidio per spingere l’Amministrazione a prendere una posizione netta e per richiedere al governo il sostegno al Venezuela Bolivariano e contro il riconoscimento di Guaidò, attraverso la presentazione di una mozione popolare. La partecipazione è stata ampia, oltre al P.CARC hanno partecipato Galleri@rt, NIKA (comitato a sostegno delle Repubbliche Popolari del Donbass), Potere al Popolo, PRC, PMLI, USB, Fronte della Gioventù Comunista, alcuni compagni giunti da Roma, una consigliera comunale (Laura Bismuto di Dema-Consulta Popolare) e un suo collaboratore, alcuni esponenti dell’area “dissidente” del M5S (in particolare l’ex consigliera comunale di Napoli, Francesca Menna). Per l’Amministrazione Comunale è intervenuto l’assessore Ciro Borriello. La partecipazione della nuova console a Napoli è stata occasione per consegnarle una lettera di solidarietà e di rinnovata spinta a proseguire la collaborazione sull’esempio di quanto fatto con la console Amarillis Graffe.
Torino, 8 febbraio. I compagni del P.CARC insieme a PC di Marco Rizzo, Collettivo Internazionalista “Barontini” e un attivista di Radio Black Out, hanno organizzato un presidio sotto la sede della RAI. Oltre alle organizzazioni promotrici hanno partecipato il PCI di Mauro Alboresi, il PRC e alcuni compagni non organizzati per un totale di circa 60 partecipanti. Oltre agli interventi al megafono e alla diffusione di materiale informativo, sono state raccolte le firme per la petizione “Giù le mani dal Venezuela” lanciata dall’ambasciata e dai consolati. Gli organismi promotori, riscontrato il successo della mobilitazione e la sua importanza, hanno deciso di costituirsi come gruppo di lavoro cittadino (“Torino per la rivoluzione bolivariana”) per organizzare prossime iniziative.