Da circa una settimana dalla Sardegna è partita la protesta dei pastori contro l’abbassamento ulteriore del prezzo del latte di pecora, pagato oggi a 0,60 € al litro. La loro rivendicazione è sotto lo slogan “mai più sotto 1€ al litro”. La protesta ha assunto un carattere nazionale e ogni giorno cresce con manifestazioni spontanee in varie regioni italiane, dalla Toscana al Lazio, Piemonte, Abruzzo ecc. In Sardegna in questi giorni gli studenti stanno scendendo in piazza per manifestare la loro solidarietà, la Coldiretti ha dovuto rincorrere le mobilitazioni spontanee dei pastori indicendo un presidio sotto Montecitorio (il 12.02.2019), numerosi sindaci si sono schierati con chi lotta, i giocatori del Cagliari Calcio sono scesi in campo con una maglietta in sostegno alle rivendicazioni. Insomma, i pastori sardi scuotono l’Italia e i suoi equilibri già precari per via della fase politica apertasi con le elezioni del 4 marzo 2018 e lo fanno a partire dalla richiesta di un giusto prezzo pagato per il loro lavoro, contro le logiche del mercato che puntano ad abbassare sempre di più i costi di produzione (prediligendo così l’acquisto di latte proveniente da altri paesi in cui il lavoro è sottopagato) e contro i grandi industriali del formaggio che, attraverso i consorzi, fanno dei veri e propri “cartelli” violando apertamente la legge sul tetto massimo di produzione, sulle decisioni in merito al costo del latte ecc. Addirittura il premier Conte ha dovuto incontrare una delegazione di pastori (con un nulla di fatto come esito) e dal Governo è una gara a chi fa le migliori dichiarazioni di intenti, in un contesto che va sempre più caratterizzandosi per l’acuirsi della lotta politica per via delle imminenti elezioni della futura giunta della Regione Autonoma della Sardegna (24 febbraio). I pastori sardi, se il Governo M5S-Lega e la Regione Sardegna non acconsentono alle loro richieste, minacciano di bloccare i seggi elettorali e lo fanno dopo aver dimostrato di esserne capaci, bloccando e svuotando in strada decine di cisterne di latte estero sbarcate a Cagliari, Porto Torres ecc. nei giorni scorsi (con un’azione di controllo popolare sulle importazioni!) e messo in campo numerose iniziative nei paesi di provincia sversando latte per le strade sotto la parola d’ordine “meglio ai maiali che agli industriali”. Presidi e picchetti autoconvocati in ogni angolo della Sardegna sono all’ordine del giorno e alcune manifestazioni sono sostenute anche dal movimento indipendentista Caminera Noa (che ha indetto un presidio a Thiesi, dove c’è l’impero del caseificio Pinna), dal Partito Comunista e dal FGC, da varie organizzazioni popolari (movimento di lotta per la casa ecc.) e altri organismi politici.
La lotta dei pastori sardi è una lotta spontanea che mette in luce già numerosi insegnamenti. Innanzitutto è un’attuazione concreta della parola d’ordine “prima i sardi” con cui Salvini e la Lega hanno fatto campagna elettorale in Sardegna e con cui fanno tanta retorica: prima gli interessi dei pastori sardi o quelli del mercato europeo che immette nei mercati nazionali prodotti “made in Italy” fatti in Bulgaria e Polonia? Prima gli interessi dei pastori o quelli dei padroni italiani che si associano tra loro per far pagare ai piccoli produttori il sempre maggior margine di profitto che accumulano (nel 2018 il prezzo del latte di pecora è sceso del 13%, ma i chili di pecorino prodotti sono aumentati del 20%)? La lotta dei pastori sardi acquisisce via via forza e solidarietà perché si basa su un principio concreto: le condizioni di lavoro di operai e piccoli produttori non possono più essere decise dai capitalisti, dalle autorità della UE e dai gruppi imperialisti USA a cui l’Italia è sottomessa, grazie all’opera di collaborazione effettuata dai governi delle Larghe Intese.
Sono decenni che il tessuto produttivo del paese è stato via via ridotto, smantellato, svenduto alle multinazionali e sottoposto ai ricatti del mercato e delle regole imposte dall’Unione Europea che hanno avvantaggiato i grandi cartelli industriali a svantaggio dei piccoli produttori locali e delle piccole e medie aziende, costringendole a chiusura. Il tasso di disoccupazione altissimo, i centomila giovani che ogni anno lasciano il paese per cercare fortuna all’estero, la morte lenta delle aziende e la svendita quotidiana del tessuto produttivo ai capitalisti stranieri ne sono una dimostrazione palese. A questo aggiungiamo che la Sardegna è un territorio particolare, in cui il saccheggio e spoliazione del territorio da parte di capitalisti di ogni nazionalità con la complicità del governo italiano sono stati particolarmente selvaggi: basti pensare alle speculazioni fatte in intere aree industriali abbandonate, la speculazione in corso con il tentativo di privatizzare la sanità pubblica dove ci mettono le mani gli sceicchi del Qatar, fino alla sottomissione di ¼ del territorio sardo alle servitù militari italiane e alla NATO che oltre ad espropriare di fatto interi terreni ai sardi per permettere i test militari e gli addestramenti per le guerre di saccheggio nei paesi oppressi, inquinano l’ambiente con i veleni prodotti dai test missilistici e i bombardamenti, terreni che potrebbero essere oggi bonificati e coltivati ed utilizzati per i pascoli, per la creazione di aziende agro-pastorali che darebbero sicuramente maggiore beneficio alle masse popolari della Sardegna. La battaglia dei pastori sardi è una lotta contro la svendita del territorio e per far sì che siano le masse popolari a decidere del proprio lavoro, del proprio ambiente e contesto.
Infine, questa battaglia mette con i piedi per terra le responsabilità del Governo M5S-Lega rispetto a quanto hanno affermato nel contratto di governo: rompere con i diktat della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti USA e UE oppure continuare a sottomettere le masse popolari a queste imposizioni. “Prima gli italiani” e “prima i sardi” sono parole vuote e campate in aria se non mettono al centro gli interessi dei lavoratori e delle masse popolari e servono per continuare a sottomettere questi ultimi agli interessi dei padroni, italiani o stranieri che siano.
La lotta dei pastori sardi va sostenuta e va messa in relazione al miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro degli operai della filiera di trasformazione del latte, degli autisti del comparto trasporto, che sicuramente la borghesia cercherà di rivoltare contro la lotta dei pastori o su cui cercherà di scaricare (attraverso peggiori contratti ecc.) quello che non riescono a imporre ai pastori con l’abbassamento del prezzo del latte. Si tratta di una lotta che lega i lavoratori e i piccoli produttori sardi, toscani, laziali, ecc. per la garanzia ad ogni adulto di un lavoro utile e dignitoso, attraverso una ampia mobilitazione che imponga al nuovo governo le misure da mettere in campo in questo senso.
Il Partito dei CARC sostiene questa battaglia nell’ottica di rafforzare questo movimento di protesta in un movimento che diventi una vera e propria rete di organizzazioni dei lavoratori che agiscano da nuova autorità per i piccoli produttori sardi. La mobilitazione per “più diritti e migliori condizioni di vita”, è un obiettivo legittimo ma del tutto irrealistico senza la costituzione del Governo di Blocco Popolare che metta al centro gli interessi delle masse popolari e poi l’instaurazione del socialismo, per farla finita con i padroni, i gruppi imperialisti USA e UE e la sottomissione del nostro paese a “regole di mercato” imposte ai lavoratori.