[Italia] Il segnale dell’Abruzzo

l 10 febbraio si sono svolte le elezioni regionali in Abruzzo. Per ogni ragionamento sensato è necessario partire dai numeri assoluti dei voti (e non dalle percentuali), tenendo conto dell’effettiva partecipazione: il 10 febbraio i votanti sono stati circa 643.000 (53%), di cui 18.000 schede bianche/nulle, mentre alle elezioni politiche del 4 marzo 2018 i votanti sono stati 786.000 (75%) di cui 26.000 schede bianche e nulle; alle regionali del 2014 i votanti erano stati 745.000 (61,5%) di cui 54.000 schede bianche e nulle.

Lista

Reg. 2019

Politiche 2018

Reg. 2014

M5S

118.000 (19,7%)

-185.000 rispetto politiche 2018; -23.000 rispetto regionali 2014

303.000 (39,8%)

141.000 (20,9%)

Lega

165.000 (27,5%)

+60.000 rispetto politiche 2018

105.000 (13,8%)

/

FI

54.000 (9%)

-55.500 rispetto politiche 2018; -58.000 rispetto regionali 2014

110.000 (14,4%)

112.000 (16,7%)

FdI

39.000 (6,4%)

+600 rispetto politiche 2018; +19.000 rispetto regionali 2014

38.000 (5%)

20.000 (2,9%)

PD

67.000 (11,1%)

-38.000 rispetto politiche 2018;

-105.000 rispetto regionali 2014

105.000 (13,8%)

171.500 (25,5%)

LeU

17.000 (2,7%)

-3.179 rispetto politiche 2018

20.000 (2,6%)

/

Affluenza

643.000 (53,1%)

786.500 (75,2%)

746.000 (61,5%)


I dati in termini assoluti dicono che:
il 10 febbraio hanno votato 102.578 elettori in meno rispetto al 2014 e 143.246 in meno rispetto alle politiche del 2018. Cioè l’astensione è cresciuta;
il M5S perde più di 20.000 voti rispetto alle regionali del 2014, ma soprattutto perde 185.000 voti rispetto alle politiche del 2018;
la Lega prende 60.000 voti in più rispetto alle politiche 2018, alle regionali del 2014 non si era presentata;
Forza Italia perde 56.000 rispetto politiche 2018 e 58.000 rispetto regionali 2014;
il PD perde 38.000 rispetto politiche 2018 e 105.000 rispetto regionali 2014.

Che cosa dimostrano le elezioni regionali in Abruzzo.
Da una parte, dimostrano che fra le due forze che compongono il “governo del cambiamento” la Lega è il partito che mantiene uno stretto legame con il fronte delle Larghe Intese, un legame ereditato dai più di 20 anni di alleanza di governo con Forza Italia, dalla direzione di importanti regioni (Veneto, Lombardia) e dall’amministrazione di centinaia di comuni, consolidato dall’attuazione delle misure che continuano la politica delle Larghe Intese in materia di “sicurezza” (repressione, razzismo di stato, persecuzione degli immigrati, lotta contro i poveri spacciata per “lotta al degrado”); un legame di continuità che le ha consentito “agevolmente” di raccogliere i voti persi e dispersi di Forza Italia e di parte del PD.
Dall’altra, dimostrano che fra le due forze che compongono il “governo del cambiamento”, quella più penalizzata dalle reticenze, dalle titubanze, dalla tendenza a conciliare interessi inconciliabili è il M5S. Ha perso più di 20mila voti rispetto alle regionali del 2014, ma soprattutto ha perso più di 180mila voti rispetto alle politiche del 2018. La maggior parte è dovuta alla non partecipazione al voto di elementi delle masse popolari che si sono astenuti. Questo dimostra quanto abbiamo sostenuto in questi mesi: o il M5S dà seguito alle numerose promesse elettorali oppure è destinato a perdere rapidamente consenso tra le masse popolari. Si tratta di un risultato che inequivocabilmente sanziona il legalitarismo, punisce le incertezze e le resistenze a “fare ciò di cui le masse popolari hanno bisogno”, rompendo con le prassi, i vincoli, i “lacci e i lacciuoli” che sottomettono il governo del paese agli interessi dei capitalisti, dei comitati di affari, delle autorità e istituzioni della UE, degli imperialisti USA e sionisti.

Che cosa insegnano le elezioni regionali in Abruzzo.
Agli attivisti e agli eletti del M5S insegnano che devono mobilitarsi per attuare e fare attuare le misure favorevoli alle masse popolari (pensioni, difesa delle aziende da chiusure, ridimensionamenti, delocalizzazioni, svendita a multinazionali e fondi di investimento esteri e reddito di cittadinanza) e combattere con più risolutezza le misure antipopolari e reazionarie (grandi opere inutile e dannose per l’ambiente, razzismo e guerra agli immigrati, attacco ai lavoratori e giovani che lottano nei posti di lavoro e nei territori: No Tav, No Tap, occupanti di case sfitte, centri sociali) facendo leva sulla mobilitazione popolare.
Ai milioni di lavoratori ed elementi delle masse popolari che alle elezioni politiche del 4 marzo scorso hanno votato per il M5S, le elezioni in Abruzzo insegnano che “lasciar lavorare” il governo del cambiamento è una linea arrendevole e di sicura sconfitta: il sistema delle Larghe Intese usa tutte le contraddizioni e tutti i mezzi di pressione, ricatto, boicottaggio per impedire che le promesse elettorali vengano mantenute e per riportare nel solco del programma comune della borghesia imperialista il governo M5S-Lega.
Alle centinaia di migliaia di lavoratori ed elementi delle masse popolari che hanno “la falce e il martello nel cuore” (sia che il 4 marzo 2018 abbiamo votato per il M5S, sia che abbiamo votato per altre liste o non abbiano votato affatto), le elezioni in Abruzzo insegnano che la crepa aperta dalle masse popolari nel sistema politico delle Larghe Intese con il voto del 4 marzo deve essere allargata, coscientemente e sistematicamente. Non per “impedire la vittoria della destra” (la destra vince dove non c’è una sinistra combattiva, di avanguardia, di rottura, di prospettiva: in Abruzzo la destra ha vinto le elezioni anche a fronte di un’alta astensione!), non per il ritorno dei governi delle Larghe Intese (PD, FI e soci), ma per rovesciare il sistema politico delle Larghe Intese e costituire il governo di emergenza delle masse popolari organizzate di cui il paese ha bisogno.

Le due vie che abbiamo di fronte (e che le elezioni in Abruzzo mostrano più chiaramente).
Dal PD a Forza Italia, passando dalla sinistra più o meno radicale, festeggiano “la batosta presa dal M5S”. Confidano che essa sia la prima di una serie (guardano alle elezioni europee della prossima primavera, plaudono alla manifestazione promossa dai sindacati di regime il 9 febbraio a Roma, ecc.) che porterà il M5S ad abbandonare definitivamente la strada del “cambiamento” e a rientrare nel solco dell’attuazione del programma comune della borghesia imperialista.
Il M5S ha di fronte o la strada della capitolazione alle Larghe Intese (diventare a pieno titolo un partito come gli altri, un amministratore del sistema delle Larghe Intese), oppure la strada attraverso cui contribuire in modo decisivo alla costruzione della nuova governabilità dal basso del paese, iniziando dall’attuazione senza se e senza ma delle promesse che aveva fatto nella campagna elettorale per le politiche del 2018 e grazie a cui ha raccolto quasi 11 milioni di voti. Per perseguire questa seconda strada deve avvalersi della mobilitazione delle masse popolari, deve promuoverne l’organizzazione, deve assumere e dare forza di legge alle misure che le masse popolari già organizzate mettono in campo contro gli effetti della crisi, deve affidare alla mobilitazione e al controllo popolare l’attuazione delle misure favorevoli alle masse popolari che già il governo M5S-Lega ha preso e per contrastare quelle che ledono gli interessi delle masse popolari già approvate (ad esempio il Decreto Salvini).
In questo contesto l’essenza del nostro lavoro, da comunisti, non è “guidare le proteste contro il governo M5S-Lega” per le misure antipopolari che adotta o perché adotta misure insufficienti e neppure “guidare il sostegno al governo M5S-Lega” per resistere agli attacchi delle Larghe Intese. E’ nostro compito, invece, approfittare della situazione e usare ogni appiglio per portare le organizzazioni operaie e popolari a imporre un loro governo di emergenza (il Governo di Blocco Popolare), sostenendole, rafforzandole, indicando i passi concreti che possono compiere per conquistare la fiducia di quella parte di masse popolari che non sono ancora organizzate, favorendo il loro coordinamento e facendole agire da nuove autorità pubbliche al posto delle vecchie autorità e istituzioni borghesi” – da “Darsi i mezzi per costituire il Governo di Blocco Popolare”, Resistenza n.2/2019.

  1. Le elezioni in Abruzzo, la lotta dei pastori sardi, la manifestazioni contro le grandi opere inutili, le manifestazioni dei sindacati di base e dei centri sociali, ma anche la partecipazione delle masse popolari alla manifestazione dei sindacati di regime del 9 febbraio, testimoniano che il paese è in fermento. Trasformare la resistenza spontanea delle masse popolari in lotta politica rivoluzionaria è il compito dei comunisti.
    La crisi avanza, le masse popolari si mobilitano per resistere ai suoi effetti, l’eredità della prima ondata della rivoluzione proletaria ha sedimentato nel nostro paese un ampio schieramento di elementi della sinistra borghese, il movimento comunista cosciente e organizzato è ancora debole per dirigere nella guerra popolare rivoluzionaria le ampie masse. Che fare?
    Trasformare la resistenza spontanea delle masse popolari contro gli effetti della crisi in lotta politica rivoluzionaria partendo da quello che la parte già organizzata delle masse popolari fa e pensa già, costituire organizzazioni operaie e popolari in ogni azienda capitalista e pubblica, in ogni istituzione e in ogni zona. Esse sono oggi lo strumento attraverso cui le masse fanno una scuola di organizzazione in modo autonomo dalla borghesia e saranno gli organismi che costituiranno la rete del nuovo potere man mano che il movimento comunista cosciente e organizzato si sviluppa e cresce; esse sono per il nostro paese ciò che furono i soviet per la Russia rivoluzionaria;
  2. approfittare della debolezza della classe dominante (la breccia che le masse popolari hanno aperto nel sistema politico e la successiva formazione del governo M5S-Lega ne è chiara espressione) e delle contraddizioni fra fazioni della classe dominante per imporre un governo di emergenza delle masse popolari organizzate, il Governo di Blocco Popolare, valorizzando a questo fine tutti gli esponenti della sinistra borghese, delle amministrazioni locali, del mondo sindacale e della società civile più progressisti che vogliono avere (o mantenere) un ruolo di prestigio fra le masse popolari di cui godono della fiducia. Il Governo di Blocco Popolare non è l’equivalente dell’instaurazione del socialismo e non ne è nemmeno la sua brutta copia: esso è il processo attraverso cui avanza la rivoluzione socialista e rinasce il movimento comunista cosciente e organizzato poiché è l’esperienza pratica con cui le masse popolari – e in particolare la classe operaia – imparano a organizzarsi, a darsi i mezzi per affermare i loro interessi, imparano a diventare la nuova classe dirigente della società dirigendo il paese” . Da “Una scienza e un piano per la rivoluzione socialista”, Resistenza n. 2/2019.

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