Cari compagni dell’Agenzia Stampa “Staffetta Rossa”,
il 16 gennaio sulla pagina facebook Casaleggio Associati è stato pubblicato il video “2054: La fine del lavoro come lo conosciamo” accompagnato da questa presentazione: “Il lavoro come lo conosciamo sta cambiando radicalmente. Questo è il momento di comprendere cosa sta accadendo e come rapportarsi alla quarta rivoluzione industriale e le tecnologie esponenziali.
Quali lavori scompariranno, in quale anno e perché? Quali saranno i nuovi a comparire, come affronteremo la ridistribuzione dell’iper-produttività delle aziende intelligenti e le aziende senza dipendenti? L’intelligenza collettiva può dirci cosa ci aspetta o come possiamo costruire il nostro futuro”.
Il filmato è breve ma utile a ragionare sulle prospettive dell’umanità a partire da questioni concrete: la produzione, il motore della produzione, i protagonisti (gli attori) del processo produttivo.
Dal filmato emerge che il motore della produzione è il profitto. Emerge fra le righe, sia chiaro, ed emerge non come carattere distintivo del sistema capitalista ma solamente come se fosse una fase superiore raggiunta in modo quasi accidentale (infatti all’inizio del filmato si afferma che ora ci troviamo in un’era nuova, quella della produttività infinita, successiva all’era dell’industrializzazione e quella dell’informazione).
Emergono i protagonisti della produzione: i lavoratori e i capitalisti. Emerge però che le decisioni, gli sviluppi, i progressi (nel passato come nel futuro) sono presi unicamente dai capitalisti che avranno in mano, anche in futuro, le sorti dell’umanità e della produzione. Infatti sembra quasi che la pensione, la scuola dell’obbligo (e il progressivo aumentare dell’obbligatorietà scolastica), il diritto alla maternità, la settimana lavorativa di 5 giorni, le ferie e via discorrendo siano state iniziative che di buon cuore i capitalisti più illuminati e progressisti hanno concesso alle masse popolari.
Questa visione della storia porta inevitabilmente alla conclusione che verranno altri capitalisti illuminati e progressisti a concedere alle masse popolari un reddito minimo che permetta di affrontare la (presunta) dilagante disoccupazione generata dall’automatizzazione definitiva della produzione. Ma non esistono capitalisti buoni e cattivi. Il capitalismo si è affermato ad un certo punto della storia dell’umanità “spontaneamente” dallo sviluppo dell’economia mercantile, nuovo e superiore sistema produttivo e di relazioni sociali, grazie al progredire della scienza e della tecnica che hanno permesso di aumentare la qualità e quantità del lavoro svolto (il passaggio dal telaio a pedale al telaio col motore a vapore!).
Il capitalismo si è potuto affermare via via sul modello feudale e medievale di produzione perchè ha elevato di gran lunga la produttività del lavoro e la borghesia, che si affermava come classe, ha investito affinchè dal suo lavoro ricavasse più profitti. La borghesia comprese, inoltre, che per aumentare tali profitti doveva continuare ad aumentare la produttività degli operai e per questo motivo ha plasmato la vecchia società feudale in una nuova società più confacente alle necessità del nuovo modello produttivo che si stava via via imponendo, sviluppando enormemente la tecnologia e la scienza, valorizzando il bagaglio scientifico e tecnico che l’umanità aveva prodotto fino ad allora. Aveva avviato quel processo di liberazione dell’uomo dalla schiavitù del lavoro fisico e dalla lotta contro la natura alleggerendo il peso della sua fatica, ha alimentato la produzione filosofica e la ricerca scientifica (matematica, medicina, ecc.) a dismisura proseguendo meglio di prima il filo logico che lega lo sviluppo di tutta l’umanità: la ricerca continua di migliori condizioni di vita e di lavoro, il miglioramento continuo della produzione e riproduzione delle proprie condizioni materiali dell’esistenza. In questo processo è arrivata a rendere l’uomo non più sottomesso alla natura ma viceversa a conoscerla e controllarla nella sua quasi totalità.
La storia è la lotta tra le classi, che spinge al superamento progressivo della divisione della società in classi: la borghesia per imporre il proprio modello sociale ha dovuto lottare contro le classi feudali, la classe operaia a sua volta ha il compito storico di spazzare via la borghesia per imporre un sistema sociale superiore e più confacente alle esigenze dell’umanità, il comunismo. Nell’affermarsi del sistema borghese, intere masse contadine e piccoli proprietari dei propri mezzi di sussistenza asserviti al signore feudale o al prete locale sono stati via via immessi in massa nelle prime fabbriche e zone industriali, sono diventati operai, assumendo il ruolo di secondo attore del processo produttivo che il video pubblicato dalla Casaleggio e Co. non mette ovviamente in luce. La spinta positiva del capitalismo nella sua fase rivoluzionaria (di superamento del feudalesimo) ha creato da subito le condizioni per migliorare la vita della nuova classe che si veniva a formare, appunto quella operaia, senza i quali nessun capitalista può produrre. In questo contesto sono nate le prime lotte operaie e associazioni sindacali che si battevano per maggiori diritti e migliori condizioni di vita e di lavoro.
A partire dallo studio di queste esperienze di lotta, Marx ed Engels hanno approfondito l’analisi della società borghese e della storia dell’umanità per comprendere le leggi oggettive che muovono la realtà, e il frutto di questo lavoro sono stati principalmente Il Capitale e il Manifesto del Partito Comunista, in cui sostanzialmente Marx ed Engels scoprono che:
- l’esistenza delle classi è legata puramente a determinate fasi storiche di sviluppo della produzione e di conseguenza le classi non sono sempre esistite e non esisteranno per sempre;
- la lotta delle classi conduce necessariamente alla dittatura del proletariato;
- questa dittatura medesima non costituisce se non il passaggio all’abolizione di tutte le classi e a una società senza classi.
Sorgono in tutta Europa collettivi marxisti e operai, che danno linfa alla costruzione di partiti socialisti prima e comunisti poi, nel 1917 i russi danno vita al primo stato socialista della storia l’Unione Sovietica. I capitalisti sono stati costretti a creare questi istituti dall’incalzare del movimento operaio, dal movimento comunista e dall’ondata rivoluzionaria che ha suscitato nei lavoratori di tutto il mondo.
Riassumendo…Nella società capitalista il motore della produzione è il profitto, ma lo è fin dalla nascita del sistema produttivo capitalista e non solo da un certo punto in avanti. Oggi, che l’uomo ha tutte le possibilità di vivere con tutto e solo quello che gli serve, che le conquiste in campo tecnologico e scientifico permetterebbero di affrontare nel modo migliore possibile quelle che invece sono catastrofi (terremoti, piogge torrenziali etc), che abbiamo conquistato un significativo grado di civiltà, solidarietà, risulta stridente produrre per il profitto di un manipolo di straricchi: la ricerca smisurata del profitto è il tappo principale allo sviluppo dell’umanità, in quanto genera inquinamento, depressione, obesità, guerre, sfruttamento sempre più bestiale ecc. Gli interessi della borghesia sono in antitesi con gli interessi della classe operaia, perchè la borghesia non ha più nulla da dare all’umanità ma solo da togliere.
Nel filmato si ipotizza come potrebbe cambiare con l’automazione il mondo del lavoro (e di conseguenza le relazioni sociali). Si ipotizza, giustamente, che l’automazione porterà a ridurre notevolmente il tempo che le masse popolari dedicano al lavoro e la possibilità di dedicarsi alla società (nel filmato vengono definite le attività di volontariato e il dedicarsi agli altri e allo sviluppo della creatività). Si ipotizza che i capitalisti concederanno un reddito minimo per garantire alle masse popolari di vivere dedicando solamente una piccola parte della loro vita al lavoro in produzione (considerando che saranno le macchine a produrre la maggior parte delle cose che ci servono).
Anzitutto viene colto il tratto positivo dell’automazione: la sempre minore necessità per gli uomini di dedicare la propria vita a lavorare darà l’opportunità di dedicarsi ad attività specificamente umane (la gestione della società, lo sviluppo delle attività intellettuali, culturali, artistiche, ricreative, sportive etc). Bisogna però essere onesti e rispondere a una domanda che sorge spontanea: se riconosciamo che il motore della società capitalista è il profitto, perché un capitalista o un gruppo di capitalisti, dovrebbero concederci un reddito minimo, per far lavorare delle macchine al posto dei lavoratori, permettendo di dedicarci serenamente (perché non dovremmo preoccuparci di come arriviamo a fine mese) la nostra vita alla cura della società, allo sviluppo dell’attività intellettuale, alle relazioni sociali e alla cura degli altri (visto che redistribuire la ricchezza fa a pugni con la natura del capitalismo e quindi dei capitalisti: ricavare da ogni azione in campo produttivo dei profitti, di anno in anno esponenzialmente superiori)?
Nella società capitalista l’automazione ha fatto fare un salto a tutta l’umanità in termini di liberazione dal lavoro fisico, e oggi nel capitalismo, allo stadio di sviluppo a cui è arrivato, sembra avere un ruolo negativo nel senso che non viene impiegata per liberare l’uomo dal lavoro per dargli la possibilità di dedicarsi alle attività specificamente umane. Nelle mani della borghesia diventa strumento per potenziare la capacità distruttiva bellica e/o per aumentare la produttività del lavoro non a vantaggio degli operai, ma a vantaggio dei propri profitti. La questione infatti da mettere al centro non è la bontà dello sviluppo tecnologico in sé ma la gestione della tecnologia e di tutta la società da parte dei capitalisti. Nelle mani dei lavoratori la tecnologia può essere uno strumento di emancipazione e per il reale progresso dell’umanità.
Ho un’ultima riflessione, che parte dal contenuto del filmato ma che in realtà è una considerazione che va a prendere spunto anche dalle vicende politiche di queste settimane in cui si fa un gran parlare (e un gran baccano) sul reddito di cittadinanza.
Io non credo nel reddito minimo, credo però che possa essere comunque un aspetto che può far fare dei passi in avanti alla mobilitazione popolare. Perché il funzionamento di questo istituto (come lo definisce Di Maio “per contrastare la povertà”) pone in realtà all’ordine del giorno un aspetto fondamentale: la creazione di posti di lavoro e la salvaguardia di quelli esistenti. Oltre a ciò, il “reddito minimo” o “reddito di cittadinanza” vanno inquadrati nella fase politica attuale: è una riforma contraddittoria, che ha aspetti positivi e negativi, ma si inserisce in direzione contraria al programma comune delle Larghe Intese. Infatti, metterà in luce e in evidenza ancora di più che per dare dignità alle masse popolari italiane e garantire un lavoro dignitoso bisogna mettere in discussione l’iniziativa privata dei capitalisti. La pone e la porrà in discussione nel momento in cui il governo dovrà lottare per rendere fattiva questa misura: la riforma dei centri per l’impiego (che oggi sostanzialmente non servono a nulla), l’inserimento di 4000 figure professionali per il collocamento non può avere vita lunga se si permette che il nostro apparato produttivo venga smembrato, delocalizzato, smantellato, svenduto.
Lavorare per garantire a ogni adulto un lavoro utile e dignitoso è la chiave e bisogna sfruttare l’attuazione della misura del reddito di cittadinanza non per far restare le masse popolari nel limbo della precarietà ma per pagare i lavori che servono al paese mobilitando i disoccupati a fare i lavori che servono (manutenzioni, ecc). Per farlo bisogna anche chiedersi che cosa è il lavoro. È utile chiederselo perché se si pensa che il lavoro è ciò che fa girare l’economia (o più volgarmente i soldi) allora si crederà alle sirene dei capitalisti che urlano che “non c’è più lavoro, bisogna inventarsi nuovi lavori”. Ribaltare la visuale è utile per uscire anche dal circolo vizioso: lavorare significa produrre e riprodurre i beni e i servizi utili alla nostra esistenza (adeguata allo stato di civiltà e benessere che la società ha raggiunto). Cosa garantisce la nostra esistenza? La sanità, i trasporti, la scuola, la salubrità di territori e acque, la produzione di cibo etc etc. Se ribaltiamo la prospettiva vediamo che in realtà tanti lavori che andrebbero fatti non vengono fatti e tanti che invece non servono esistono. Ecco. I lavoratori e le masse popolari non devono elemosinare soldi ai capitalisti. Per i lavoratori e le masse popolari può esistere un futuro migliore che non sia sperare che i capitalisti concedano le briciole della loro ricchezza.
Il futuro che i lavoratori organizzati possono scrivere è un futuro in cui si può fare serenamente a meno dei capitalisti, di una società in cui il principio di ogni cosa sia il profitto e l’arricchimento di pochi individui. La società in cui si lavorerà un’ora al giorno è il Socialismo, e non sarà creata dai capitalisti magnanimi e illuminati: deve essere costruita e conquistata della classe operaia organizzata attorno al suo Partito comunista.
Sabrina S.