Comunicato della Direzione Nazionale sull’esito del V Congresso, gli interventi dei delegati e degli ospiti, i documenti congressuali e le risoluzioni approvate

I documenti definitivi

Sabato 26 e domenica 27 gennaio i delegati al V Congresso Nazionale del P.CARC si sono riuniti a Firenze con un centinaio di invitati e salutati da numerosi messaggi di buon lavoro.

Essi hanno portato a termine positivamente i compiti del V Congresso, in particolare

1. rafforzare nelle file del Partito la comprensione che la svolta avvenuta nel sistema politico delle Larghe Intese con il voto del 4 marzo e la formazione del governo M5S-Lega va valutata in base alle possibilità che apre all’avanzamento della lotta per il socialismo, non all’azione del governo M5S-Lega: quindi non “è un governo buono o un governo cattivo”, ma quali appigli offre la rottura della successione di governi delle Larghe Intese e come li usiamo per fare in modo che siano le masse popolari a imporre un loro governo d’emergenza,

2. sanzionare la linea di diventare un partito di quadri e di massa, combattendo la tendenza a disdegnare chi non è come noi o a voler “far diventare tutti dirigenti” (quindi formazione, studio, dedizione assoluta, ecc.).

In questo modo il V Congresso ha messo presupposti più solidi

– per sfruttare a fondo gli appigli che la breccia aperta dalle masse popolari con il voto del 4 marzo e la formazione del governo M5S-Lega offre (“allargare la breccia”): condurre operazioni e usare sia le iniziative del governo M5S-Lega e di quanti lo sostengono sia le iniziative dei suoi oppositori delle Larghe Intese (come ad esempio la manifestazione indetta ieri da CGIL e FIOM insieme a CISL, UIL e Confindustria!) e della sinistra borghese, non per tornare indietro, a un altro governo delle Larghe Intese, ma per andare avanti, per portare la masse popolari a organizzarsi di più e a rendersi conto per loro esperienza diretta che esse devono prendere il posto del governo M5S-Lega con un proprio governo d’emergenza,

– per aggregare e raccogliere tutti coloro che vogliono a) costruire un governo che faccia fronte agli effetti dolorosi e dannosi per le masse popolari della crisi del capitalismo, che metta fine al catastrofico corso delle cose, b) promuovere la mobilitazione e l’organizzazione delle masse popolari per costruire un simile governo, c) contribuire alla lotta per instaurare il socialismo (la soluzione definitiva alla crisi del capitalismo).

Nella prima giornata di Congresso la presenza, gli interventi e i messaggi di saluto di operai (alcuni dei quali mobilitati nelle principali battaglie in corso nel paese, come FCA, Alitalia, ex Lucchini, Piaggio, ecc.) e altri lavoratori, di giovani, di attivisti dei principali movimenti popolari (NO TAV, NO TAP), di esponenti progressisti della società civile sono state il metro di misura delle relazioni costruite in questi anni (quindi di dove arrivano l’orientamento e l’influenza della Carovana) e della rottura del “cordone sanitario” attorno alla Carovana del (n)PCI. Ci hanno fatto anche toccare con mano la curiosità esistente verso la Carovana stessa (i due Partiti) e la sua linea politica da parte di compagni della base rossa, di lavoratori e di giovani.

Il dibattito congressuale ha messo in luce le numerose attività che il Partito ha in corso in molteplici campi, cosa che alimenta l’interesse nei nostri confronti da parte di chi “vuole darsi da fare per cambiare il corso delle cose” ed è scontento della prassi corrente anche in partiti che si dicono comunisti: grande attivismo in occasione delle elezioni e poi l’attività di ferma o quasi fino alle successive elezioni. Sviluppare questo interesse come anche avanzare nell’ “allargare la breccia” richiede da parte nostra la consapevolezza (rafforzare la consapevolezza) che l’aspetto decisivo, quello che fa la differenza tra un “partito che fa tante lotte e iniziative” e un partito di comunisti, è avere e attuare con tenacia e flessibilità un piano di accumulazione delle forze rivoluzionarie nel quale la difesa degli interessi immediati è lo strumento per mobilitare le masse popolari nella lotta tesa a instaurare il socialismo promossa dal partito comunista.

È stato significativo l’intervento di un dirigente provinciale fiorentino del PRC, che ha portato i saluti al Congresso anche a nome della Segreteria Nazionale del suo partito. Da una parte, infatti, ha indicato una serie di temi su cui ha auspicato un confronto, temi che, ha detto, sono stati persi per strada dalla cosiddetta “sinistra diffusa” anche sedicente comunista, come la questione del potere, il ruolo dei rivoluzionari di professione, il compito dei comunisti nelle lotte dei lavoratori. Dall’altra ha fatto “brillare” l’assenza degli altri partiti che si richiamano al comunismo nonostante fossero stati invitati al Congresso, a conferma della battaglia che dobbiamo condurre perché i comunisti del nostro paese adottino un approccio da “scienziati della rivoluzione” (quindi sviluppino il confronto aperto e sistematico su concezione, bilancio, analisi e linea): la concezione comunista è una scienza, quindi è sperimentale, ma quello che è valido per uno è valido per tutti… non è che ognuno ha la sua chimica o la sua fisica. Le iniziative per il centenario della fondazione dell’Internazionale Comunista (1919-1943) e del Biennio Rosso (1919-1921) offriranno l’occasione per farlo, naturalmente per chi ne è intenzionato: per chi, cioè, aspira realmente alla “unità dei comunisti”. Come insegnavano già Marx ed Engels, fondatori del movimento comunista cosciente e organizzato, dobbiamo infatti distinguere tra 1. unità delle lotte dei lavoratori (lavoro di massa del partito in cui il metodo principale è la “linea di massa”), 2. unità d’azione dei comunisti nel lavoro di massa (in cui il metodo principale è la politica da fronte: iniziative comuni in ogni caso in cui è possibile, dibattito franco e aperto, solidarietà contro la repressione), 3. unità dei comunisti (in cui il metodo principale è la lotta ideologica con al centro il bilancio del movimento comunista). Molti compagni vorrebbero una crescita continua, armoniosa e concorde delle file dei comunisti: “siamo già pochi e ci dividiamo anche, litighiamo pure tra noi!”. Proprio a questo proposito, qualche anno fa il (n)PCI spiegava bene nel Comunicato dell’8 maggio 2009 che “come è vero che l’unità del proletariato e delle masse popolari sono la bandiera del movimento comunista (“proletari e popoli oppressi di tutto il mondo, unitevi!”), altrettanto vero è che, se consideriamo tutti quelli che in qualche modo si dichiarano comunisti, lungo tutti i poco più di 160 anni trascorsi dalla fondazione del movimento comunista, vediamo il movimento più litigioso e frammentato che si trovi. L’esperienza di tutta la storia del movimento comunista è lì a dimostrarlo. La II Internazionale e i dirigenti della grande socialdemocrazia tedesca che stavano conducendo alla rovina il movimento comunista tedesco, trattavano Lenin e i suoi come fastidiosi attaccabrighe e intriganti in un contesto di russi rissosi.

Ma questo è del tutto comprensibile, è coerente con la natura del movimento comunista. Tra tutti quelli che non si rassegnano allo stato presente delle cose, “i comunisti sono quelli che hanno una comprensione superiore delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe e su questa base la spingono sempre in avanti”, insegnava già K. Marx, il fondatore del movimento comunista come movimento cosciente e organizzato per la trasformazione della società borghese in società comunista. I comunisti devono unire il proletariato e le masse popolari perché facciano quello che normalmente non fanno, che non hanno mai fatto, ma che tuttavia oggi è finalmente possibile: trasformare la loro propria vita, instaurare il socialismo, porre fine alla divisione dell’umanità in classi di sfruttati e sfruttatori, di oppressi e oppressori, di diretti e dirigenti. L’esperienza ha mostrato che i comunisti riescono a farlo, solo se hanno una linea e un metodo di lavoro giusti, quindi se hanno una concezione del mondo abbastanza aderente alla realtà e se non fanno troppi errori nell’analisi della situazione concreta e nell’elaborazione dell’esperienza. Tutte cose che non sono prodotte dalla borghesia e dal clero, non appartengono alla vecchia società, non cadono dal cielo. Si formano solo attraverso lotte, discussioni, prove e lacerazioni”.

Il V Congresso ha salutato con entusiasmo e gioia il passo fatto da due dirigenti del P.CARC, Angelo D’Arcangeli e Chiara De Marchis, che all’inzio di gennaio si sono dimessi dal P.CARC e sono andati a rafforzare il Centro clandestino del (n)PCI. Questo evento rafforza sia il P.CARC sia il (n)PCI e la lotta comune che conducono per il GBP e la rivoluzione socialista e testimonia il legame speciale che esiste tra i due partiti comunisti fratelli.

Le giornate del 26 e del 27 gennaio hanno concluso la campagna congressuale durata quasi due mesi nel corso della quale abbiamo discusso con centinaia di operai, lavoratori, giovani e compagni della base rossa, con collaboratori, simpatizzanti e contatti sulle prospettive del movimento comunista, sull’analisi della situazione, sul “che fare”. Vari di loro hanno sollevato obiezioni, fatto delle considerazioni e posto delle domande: ringraziamo ognuno di loro, perché ci spingono a illustrare in modo più concreto e per linee interne il nostro piano d’azione, a scoprire aspetti che non avevamo considerato o che non avevamo considerato abbastanza e a individuare aspetti su cui dobbiamo andare più a fondo con la nostra elaborazione e sperimentazione.

Qui affrontiamo due delle più frequenti. Ma raccoglieremo con cura tutte le obiezioni, considerazioni e domande e ne faremo oggetto di assemblee, incontri, iniziative politico-culturali, gruppi di studio, comunicati, articoli di Resistenza e della nostra Agenzia Stampa.

1. “Perché dite che il governo M5S-Lega non farà quello che ha promesso”? Consideriamo la Legge di Bilancio. Lasciamo da parte le critiche dei partiti ed esponenti delle Larghe Intese. In sostanza si limitano ad accusare il governo M5S-Lega di aver proseguito nella linea seguita dai partiti delle Larghe Intese: “i soldi per la riforma delle pensioni e per il reddito di cittadinanza sono insufficienti”, gridano quelli che promuovono l’innalzamento dell’età pensionabile e che hanno imposto l’abolizione dell’articolo 18; “il testo della Legge di Bilancio l’ha scritto la Commissione Europea”, gridano gli stessi che hanno introdotto il Fiscal Compact e il pareggio di bilancio in Costituzione, quelli che a colpi di “ce lo chiede l’Europa” hanno smantellato diritti e tutele conquistati con anni di lotte della classe operaia e delle masse popolari; “è stato esautorato il Parlamento”, denunciano quelli che lo hanno fatto diventare l’ufficio di ratifica delle decisioni del governo (e delle istituzioni dell’UE) e che hanno partecipato al mercato delle vacche fra maggioranza e opposizione, che hanno svenduto i rimasugli di sovranità popolare restringendo in mille modi la partecipazione delle masse popolari al teatrino della politica borghese.

Al di là dei difetti e dei pregi (per le categorie delle masse popolari coinvolte) delle misure indicate in ognuno dei centinaia di commi della Legge di bilancio 2019, il difetto maggiore di tutta la legge, anche per le misure positive per le masse popolari, è che la sua esecuzione è affidata a organismi che non sono mobilitati ad attuarla e per lo più sono addirittura incapaci di attuarla, organismi che per muoversi attendono direttive, leggi e decreti attuativi e che in molti casi sono diretti da personaggi che sono poco o per nulla mobilitati ad attuarla. Insomma, anche prescindendo dalle misure negative per le masse popolari, la Legge di bilancio 2019 è una iniziativa che dovrebbe essere attuata da una macchina burocratica nota per l’inefficienza, la passività e il legame pratico, familiare, clientelare e ideologico con la classe dominante della quale le misure positive per le masse popolari ledono gli interessi.

La prima indicazione è che tutti gli organismi di base prendano l’iniziativa di attuare e far attuare le indicazioni favorevoli alle masse popolari contemplate nella Legge di bilancio. Prendiamo il reddito di cittadinanza. Mentre non ha alcuna prospettiva aspettare e sperare che l’apparato burocratico dell’amministrazione pubblica faccia partire e funzionare i centri per l’impiego a cui è delegato il funzionamento del reddito di cittadinanza (emergerà nel prossimo futuro che è una misura da sospendere perché “non funziona”), ha una prospettiva immediata e concreta la mobilitazione popolare per spingere (per costringere) ogni azienda privata e pubblica, scuola, ospedale, ogni caserma dei vigili del fuoco, ogni ONG, ogni circolo ARCI, ogni parrocchia, ogni cooperativa, ecc. ad assumere disoccupati e precari, formarli a fare lavori utili, che servono nel concreto contesto territoriale, organizzarli per realizzarli e su questa base erogare il reddito di cittadinanza.

2. “L’Italia che non ha fonti energetiche, può staccarsi dall’Europa? Non è meglio una sinistra forte che vada in Europa a battere i pugni sul tavolo?”. È vero che non abbiamo petrolio né uranio per le centrali nucleari, ma abbiamo fiumi, vento, sole: possiamo sviluppare le energie rinnovabili e pulite. Sì ma nel frattempo come facciamo a far funzionare il paese? Ci avvarremo dei contrasti di interessi nella comunità internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti, faremo leva sui paesi che hanno un contenzioso aperto con la Comunità internazionale (dalla Repubblica Popolare Cinese alla Russia, dall’Iran alla Siria, dalla Corea del Nord al Venezuela) e ci serviremo del mercato nero internazionale come già ora fanno gli Stati cosiddetti canaglia. Ma è possibile sviluppare le nuove fonti energetiche se saremo “sotto attacco” da parte dell’UE e del resto della Comunità Internazionale? L’ha fatto il governo sovietico in un modo, l’ha fatto il regime fascista in un altro: due esempi molto diversi tra loro, ma ci dicono che è possibile.

Nella seconda giornata del Congresso, i delegati hanno approvato con alcune correzioni la Dichiarazione Generale, le 3 Risoluzioni annesse e il nuovo Statuto del Partito). Questi documenti sono a disposizione seguendo questo collegamento insieme alle mozioni approvate dal Congresso e, a breve, degli interventi dei delegati e degli invitati e dei saluti scritti e audio pervenuti per la prima giornata del Congresso. Ognuno, facendo il confronto con i documenti congressuali pubblicati a inizio Congresso, può farsi un’idea in prima persona delle correzioni apportate attraverso il dibattito congressuale. Ci limitiamo qui a segnalare che una delle correzioni allo Statuto è stata quella di inserire come il criterio della “discriminazione positiva”: “quando al momento dell’elezione o della nomina di un responsabile e di un dirigente si tratta di scegliere tra un uomo o una donna, tra un anziano o un giovane, tra un autoctono o un immigrato, a parità di altre condizioni (dedizione alla causa, capacità di orientarsi e di orientare) va privilegiata l’elezione rispettivamente di una donna, di un giovane e di un immigrato”. È anche in questo modo che il P.CARC promuove l’assunzione di ruoli di responsabilità e direzione a ogni livello (centrale, federale e di sezione) da parte delle donne, dei giovani e degli immigrati delle masse popolari (cioè della parte delle masse che più subisce l’oppressione del regime della Repubblica Pontificia, su cui gli effetti della crisi generale del capitalismo si riversano in misura più grave e che sono bersaglio della mobilitazione reazionaria) membri del partito.

I delegati hanno poi eletto il Segretario Nazionale (confermando all’unanimità il compagno Pietro Vangeli), la Direzione Nazionale in cui sono entrati diversi giovani quadri (la seconda generazione dei membri del Partito) e la Commissione Nazionale di Garanzia.

Nei prossimi giorni la nuova Direzione Nazionale si riunirà per prendere le decisioni politiche e organizzative necessarie a dare attuazione alla linea e agli orientamenti definiti dal V Congresso.

La Direzione Nazionale eletta dal Congresso

– si complimenta con i compagni che hanno assunto nuovi compiti e maggiori responsabilità nella lotta per mobilitare le masse popolari del nostro paese a costituire un loro governo d’emergenza: un governo formato per iniziativa di RSU e organismi operai, di altri lavoratori, disoccupati e precari, pensionati, studenti, ecc. italiani e non, gruppi di cittadinanza attiva, comitati per l’Acqua Pubblica, NO TAV, NO TAP e simili, reti di progressisti, antifascisti, di mutuo aiuto e altri organismi operai e popolari, che si fonda su di essi per far applicare i suoi provvedimenti e stroncare ogni tentativo di sabotarne l’attività e che è composto da persone di loro fiducia;

– raccoglie l’invito rivoltoci dal (n)PCI attraverso le pagine di La Voce n.60: “Non abbiate timore di andare contro corrente rispetto a quanti nella sinistra borghese gridano al ‘governo fascio-leghista’. Dedicatevi ad allargare la breccia con scienza, coscienza e determinazione e prendendo esempio dall’azione condotta dai bolscevichi guidati da Lenin nei confronti del Governo Provvisorio costituito in Russia nel febbraio 1917. Questo proclamava che avrebbe fatto cose che non faceva e non era in grado di fare. I bolscevichi guidarono le masse popolari a farle esse stesse. Noi comunisti non siamo né ci consideriamo parte di una indistinta ‘sinistra’, siamo i promotori della rivoluzione socialista che instaurerà il socialismo nel nostro paese”.

W il V Congresso del Partito dei CARC!

Per fare dell’Italia un nuovo paese socialista, allargare la breccia aperta dalle masse popolari nel sistema delle Larghe Intese e avanzare nella costituzione del Governo di Blocco Popolare!

Il primo paese imperialista che spezzerà le catene della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, USA e sionisti mostrerà la via e aprirà la strada anche alle masse popolari degli altri paesi.

Il socialismo è il nostro futuro!

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