Luciano Pasetti è stato reintegrato! Una vittoria per tutta la classe operaia

 

Il 14 gennaio lo abbiamo riaccompagnato in corteo sul suo posto di lavoro

Il 24 dicembre il Tribunale del Lavoro di Milano (giudice De Carlo) ha emesso la sentenza di primo grado sul processo per il reintegro di Luciano Pasetti, delegato sindacale SGB e membro del P.CARC, licenziato a Milano da Carrefour con un pretesto per tentare di nascondere la natura politica del provvedimento.

Dal giorno del licenziamento, il 9 aprile 2018, il P.CARC ha avviato un’articolata campagna per il suo reintegro. In questo articolo, pur non potendo ricostruire nel dettaglio tutte le attività e le iniziative, riassumiamo alcuni degli aspetti salienti per far emergere gli elementi utili a tutti quegli operai, quei lavoratori e quei compagni che cercano una strada di lotta e di riscossa per resistere all’attuazione del programma comune della borghesia imperialista e per rispondere efficacemente agli arbitri padronali.

Una vittoria “storica”. Anzitutto è utile inquadrare questa vittoria nel suo contesto, per comprenderne l’importanza. Fino a qualche anno fa il reintegro sul posto di lavoro a seguito di un licenziamento “per giusta causa” era molto diffuso, poiché in Tribunale la “giusta causa” del padrone si dimostrava spesso per ciò che era in realtà: un pretesto. La legge in materia prevedeva il reintegro. Con le riforme iniziate dal governo Monti e continuate dal governo Renzi (legge Fornero e Jobs Act), il reintegro è stato sostituito da un indennizzo economico di entità variabile: anche di fronte al licenziamento senza giusta causa, il massimo che il lavoratore licenziato può sperare di ottenere è un risarcimento superiore a quanto previsto dalla legge (due anni di mensilità) e solo nel caso in cui il Giudice decidesse di disporlo.

In questo contesto il reintegro di Luciano Pasetti crea un precedente sia dal punto di vista legale (la sentenza fa valere quanto rimane in vigore dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori), sia dal punto di vista della mobilitazione: essa dimostra che chi osa lottare può vincere, anche contro una multinazionale a cui è stato permesso fino a oggi di fare il bello e il cattivo tempo (Carrefour ha preteso, ed è l’unica azienda della Grande distribuzione Organizzata che ha adottato, l’apertura dei mercati 24 ore su 24 per 7 giorni la settimana).

Per vincere bisogna lottare. Quando Luciano ha ricevuto la lettera di licenziamento si sono subito aperte due strade possibili, ognuna delle quali rifletteva una concezione del mondo. Da una parte la strada della concezione rivendicativa, sindacale e legalitarista (impugnare il licenziamento, condurre la vertenza sul piano legale, attenersi alla prassi dei processi simili già condotti, alle consuetudini), dall’altra la strada di condurre la battaglia alla luce della concezione comunista del mondo (impugnare il licenziamento e condurre la vertenza sul piano legale, ma subordinarlo alla mobilitazione dei lavoratori e delle masse popolari per fare della vertenza una questione politica e uno strumento per promuovere l’organizzazione dei lavoratori).

Il P.CARC ha operato per affermare questa seconda strada:

– facendo valere il legame fra il licenziamento pretestuoso di Luciano (aspetto particolare) con il punto raggiunto nello smantellamento dei diritti e delle tutele conquistate dai lavoratori con le lotte dei decenni passati (l’attuazione del programma comune della borghesia: legge Fornero, Jobs Act, abolizione dell’articolo 18… l’aspetto generale) e inserendo l’aspetto particolare nella lotta più generale che riguarda tutti gli operai e tutti i lavoratori (è stata adottata la parola d’ordine “Non più un passo indietro”).

– Combinando varie forme di lotta: quelle più tipicamente rivendicative e sindacali (organizzando anche gli aspetti su cui sono venuti meno il sostegno e la spinta dei sindacati, tanto di quelli di regime come di quelli di base) come i picchetti con blocco delle merci nella filiale in cui lavorava Luciano e altre della regione, con quelle più tipiche della campagna di opinione (raccolta di firme, foto con messaggi di solidarietà, raccolta di sottoscrizioni), in modo che le une fossero funzionali e rafforzassero le altre. Anche questa impostazione è stata frutto di una lotta fra diverse concezioni del mondo: da una parte la posizione di chi era convinto che per vincere la battaglia fosse sufficiente l’attivismo di un ristretto gruppo di persone che, iniziativa di lotta dopo iniziativa di lotta, picchetto dopo picchetto, avrebbero “convinto” Carrefour ad annullare il licenziamento (posizione rivendicativa, sindacale, economicista), dall’altra la posizione del P.CARC che promuoveva l’allargamento della mobilitazione anche a chi non era disposto a partecipare direttamente a picchetti e altre iniziative di lotta. Il prevalere della seconda linea, della seconda concezione, ha in effetti permesso di valorizzare ai fini della lotta sia quella parte di persone solidali che erano disposte a iniziative più “dure”, sia la parte che in quel momento era disposta a prendere posizione, ma non a partecipare direttamente a iniziative di lotta: sono state raccolte circa 2000 firme, fatte decine di banchetti, 5 picchetti con blocco delle merci; assemblee, scioperi e manifestazioni di qualunque natura e su qualunque tema sono state usate per promuovere la mobilitazione per il reintegro di Luciano, per ogni udienza in Tribunale è stato organizzato un presidio fuori e dopo ogni udienza è stato emesso un comunicato che aggiornava sull’andamento del processo. In questo modo abbiamo trasformato un “processo a porte rigorosamente chiuse” (come è prassi per le cause di lavoro) in un processo trasparente in cui le menzogne, le forzature e le manovre dell’azienda sono state denunciate pubblicamente e fatte pesare.

– Usando gli appigli che la situazione politica creata dall’esito del voto del 4 marzo forniva, chiamando in causa gli eletti (in Comune, in Regione e al Parlamento) del M5S e della Lega, ma anche gli esponenti delle Larghe Intese (il Comune di Milano e i consiglieri di Municipio e Comunali del PD) e quelli della sinistra borghese che si vuole distinguere dalle Larghe Intese. In vari modi sono state fatte pressioni affinché, ognuno partendo dalla propria posizione e in modo funzionale al proprio ruolo, si attivassero per schierarsi contro i licenziamenti politici e in sostegno ai lavoratori della GdO.

– Facendo tesoro delle esperienze passate, non lasciando che una volta emessa la sentenza le cose “seguissero il loro corso”: quando è arrivata la chiamata da parte dell’azienda per il reintegro di Luciano, il 14 gennaio abbiamo organizzato un “comitato di accompagnamento” che lo ha portato fino di fronte all’ingresso del supermercato, decisi a promuovere di nostra iniziativa la manifestazione per imporre il suo rientro se la chiamata non fosse arrivata entro il 20 gennaio.

Individui, organismi, organizzazioni. L’esperienza della mobilitazione per il reintegro di Luciano offre molti insegnamenti e molti elementi di riflessione. A quanto scritto fin qui riguardo agli insegnamenti, aggiungiamo una riflessione strettamente legata alle prospettive di questa vittoria.

In tanti modi, in ogni passaggio della mobilitazione, è emerso che un singolo lavoratore è impotente di fronte alla forza di un’azienda che dalla sua parte ha la potenza economica e politica (in questo caso si tratta di una multinazionale), il favore della legge e la consuetudine della prassi corrente. Ogni singolo lavoratore è solo e debole se non riesce a far valere la forza della sua classe per sfidare il nemico. Ma per farlo c’è bisogno che esistano alcune condizioni:

  1. l’esistenza di un gruppo di lavoratori, anche piccolo, che mette “testa e cuore” nel trovare le strade per mobilitare i colleghi, sul posto di lavoro, e i lavoratori sensibili e solidali in altre aziende; disposto a ragionare e a sperimentare i ragionamenti nella pratica in modo diverso da quello a cui è stato abituato dalle organizzazioni sindacali;
  2. la volontà di vincere e la lucidità di condurre la lotta per vincere senza farsi legare le mani dalle prassi, dalle consuetudini, dal senso comune, dai pregiudizi, andando a intervenire in ogni ambito e usando ogni appiglio che la situazione concreta mette a disposizione;
  3. la lungimiranza di comprendere che una battaglia si può vincere o si può perdere, l’aspetto veramente importante sono le posizioni che grazie alla battaglia si conquistano: quanto la battaglia è servita a promuovere organizzazione fra gli operai dell’azienda e fuori, quanto è servita per allargare la breccia nel sistema politico, quanto è servita a rafforzare il campo delle masse popolari.

Nel caso di Luciano siamo partiti da una situazione difficile e in varie occasioni il P.CARC si è dovuto sostituire sia alle organizzazioni sindacali esistenti, sia al gruppo di lavoratori avanzati che non esisteva ancora e, anzi, ha operato per creare le condizioni affinché nascesse. Al momento del reintegro di Luciano, il gruppo di lavoratori avanzati che formano una organizzazione operaia nella GdO di Milano non c’è ancora, ma vari lavoratori sono stati individuati come embrione di una possibile organizzazione operaia. Lo sviluppo di questa lotta è costituirla: in questo modo il reintegro di Luciano sarà un concreto passo avanti nel rafforzamento della classe operaia del nostro paese e nella lotta per il Governo di Blocco Popolare, oltre che un esempio.

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