[Bergamo] No alla riduzione o delocalizzazione, No alla morte-lenta delle aziende

La crisi generale del capitalismo che avanza dalla metà degli anni ’70, giunta nel 2008 alla sua fase acuta e irreversibile, spinge i padroni a cercare nuovi ambiti per far profitti anche distruggendo la struttura produttiva esistente e rendendo la vita di milioni di operai e dei nostri giovani, più precaria e con un incerto futuro, con meno diritti; sta determinando in tutto il mondo guerre e impoverimento generale di enormi masse di persone che avviano imponenti migrazioni; sta portando al saccheggio e alla distruzione dell’ambiente, a cambiamenti climatici che mettono a rischio la sopravvivenza dell’umanità, perché ogni azione di chi dirige la società per far fronte alla crisi viene subordinata alla ricerca di sbocchi di mercato per le merci: il capitalista, che si accaparra la ricchezza prodotta dagli operai la reinveste solo se trova di moltiplicarla, altrimenti lascia andare tutto in malora tranne se stesso e il suo clan. Questa è la logica barbara dominante di questo sistema sociale.

Nonostante i sacrifici imposti per anni e i finanziamenti pubblici ricevuti sotto svariate forme raccontandoci la storiella della ripresa, i padroni riducono o chiudono le aziende distruggendo il tessuto produttivo e sociale del territorio: pensiamo alla Hammond di Varese, alla Frattini di Seriate, alla Fiber di Arcene, alla Galbani di Treviglio, all’Italcementi! Anche aziende floride hanno improvvisamente chiuso i battenti perché il padrone ha trovato ambiti di investimento più redditizi, spesso finanziari.

È necessario organizzarsi già per tempo nelle aziende per prevenire le mosse del padrone, anche preoccupandosi di come gestire l’azienda direttamente come operai.

È poi necessario collegarsi sul territorio con gli altri organismi dei lavoratori e delle masse che lottano per salvaguardare gli interessi popolari per il BENE COMUNE, perché l’esperienza insegna che a resistere azienda per azienda si va incontro alla morte lenta, ci si trova, volenti o nolenti, a subire il ricatto tra lavoro e salario, diritti, salute e si finisce per sottoscrivere ciò che i padroni impongono. Queste sono le lezioni che raccogliamo dalle lotte in corso e passate.

Contrastare la morte-lenta a cui molte aziende del territorio sono sottoposte, tra cui la CastFutura di Terno d’Isola e impedire la delocalizzazione sono le priorità a cui impegnare le amministrazioni e questo governo, che parlano tanto di PRIMA GLI ITALIANI e di SOVRANITÀ NAZIONALE. Impedire in ogni modo la riduzione o la chiusura dell’azienda, perché la fabbrica rappresenta la possibilità di vita ed emancipazione per gli operai e per la popolazione del territorio circostante. Ma per esserlo deve cominciare ad essere conosciuta e poi diretta dagli operai, fino a governare il paese per aprire la strada alla sua gestione socialista. Gli operai hanno le condizioni per farlo e hanno l’interesse di costruire una società senza sfruttati e senza classi sociali, in cui ognuno svolga un lavoro utile e dignitoso per il progresso sociale e riceva tutto ciò che necessita per una vita dignitosa.

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