Libertà di espressione sì… basta che non si parli di abusi in divisa!

Colle Val d’Elsa (SI). Lo scorso 10 gennaio gli studenti del Liceo Volta hanno svolto un’assemblea d’istituto che aveva come argomento principale la repressione. Ma arrivare a ottenere questo risultato non è stato semplice: nonostante l’art. 21 della Costituzione, che garantisce il diritto a “manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”, e dell’art. 9 dello Statuto delle studentesse e degli studenti per cui “la scuola garantisce l’esercizio del diritto di riunione e di assemblea degli studenti, a livello di classe, di corso e di istituto”, non è mancato il subdolo tentativo da parte di un’insegnante di intralciare lo svolgimento dell’assemblea.

I fatti. Prima delle vacanze di Natale i rappresentanti d’istituto (dei quali fa parte anche un ragazzo del collettivo studentesco della scuola) avevano indetto per gennaio l’assemblea plenaria dal titolo “Abusi in divisa” e invitato come ospiti un’avvocata per parlare della sua esperienza nella difesa dei processati per reati politici e due compagne dell’Associazione Resistenza a presentare l’opuscolo “Piccolo Manuale di Autodifesa Legale” (MAL, pubblicato dalle Edizioni Rapporti Sociali). Fin qui tutto come da protocollo: i rappresentanti d’istituto propongono un tema che viene votato dagli studenti, il preside firma per presa visione. Ma dopo le vacanze di Natale, a circa due giorni dall’assemblea, esce un’altra circolare, quella definitiva, sul tema: il titolo dell’assemblea cambia e diventa “Le forze dell’ordine e i cittadini”, l’intervento dell’Associazione Resistenza scompare dalla scaletta e viene introdotto quello di un poliziotto (Gianluca Manganelli, oggi Vice Questore di Poggibonsi), un celerino in servizio alla caserma di Bolzaneto durante il G8 di Genova del 2001!

Di fronte a un’ingerenza del genere il collettivo, parte dei rappresentanti e altri studenti non sono rimasti in silenzio; non si sono rassegnati davanti alla decisione imposta dall’alto che vanificava le loro volontà e stravolgeva completamente il senso dell’assemblea e hanno dimostrato, appoggiati dagli insegnanti più progressisti, che i giovani devono far valere i loro diritti e organizzarsi per far fronte alla repressione (esattamente il tema dell’assemblea!): anche in un luogo come la scuola pubblica, da decenni sotto attacco e progressivamente smantellata sia nelle strutture che per la qualità d’insegnamento.

Una delegazione di studenti del collettivo, sostenuta da altri ragazzi, si è mobilitata contro chi ha cercato di sopprimere il loro diritto a discutere e riflettere su “l’altra faccia” delle forze dell’ordine, quella che va in controtendenza rispetto alla propaganda di regime e che le vede protagoniste di impuniti episodi di violenza e abusi (c’è da scommettere che anche il cambio di titolo e della scaletta siano stati dovuti anche alla richiesta della Questura). Gli studenti hanno ottenuto che l’assemblea si svolgesse secondo le loro volontà, riabilitando il tema e gli interventi, dovendo subire, però, la presenza del poliziotto.

Nemmeno le compagne che dovevano presentare il MAL si sono trovate in una situazione semplice e si sono dovute interrogare se fosse giusto o meno intervenire alla presenza di un soggetto che di certo non era “il poliziotto di quartiere” (non dimentichiamoci che la repressione non conosce contesti neutrali: ogni occasione è buona per raccogliere informazioni sui compagni, fare pressioni, intimidire, ecc.). La chiave per sciogliere tutti i dubbi è stata chiedersi quali fossero gli obiettivi per i quali partecipavano all’assemblea: 1. Supportare e rafforzare il collettivo del liceo; 2. Parlare di repressione di fronte a centinaia di studenti e professori.

Se mettiamo al centro quali sono i compiti dei comunisti in questa fase, tutto il resto possiamo gestirlo alla luce dell’obiettivo principale. Ovunque ci sono studenti, lavoratori, proletari, c’è terreno fertile per il nostro intervento; i referenti dei comunisti sono la classe operaia e il resto delle masse popolari, indipendentemente da quelle che sono le idee che professano o le cose che dicono: il loro ruolo di protagonisti nella costruzione della rivoluzione socialista è oggettivo (per questo c’è possibilità di intervento anche sulla base della Lega, ad esempio) e i comunisti devono agire di conseguenza.

Per questo le compagne hanno deciso di partecipare nonostante la presenza della polizia e la scelta si è rivelata la più giusta. Non bisogna mai lasciare campo libero al nemico: se non avessero preso parte al dibattito, il poliziotto avrebbe potuto fare la sua propaganda praticamente indisturbato, invece è stato messo in difficoltà dagli stessi studenti, anche supportati dagli interventi delle compagne e da quelli dell’avvocato progressista. Infatti, più volte il poliziotto ha eluso o aggirato le domande più scomode che gli venivano rivolte dalla platea (tipo quella che chiedeva conto del perché ancora in Italia non venga apposto il numero di matricola sulle divise degli agenti, che spesso rimangono impuniti quando abusano della loro carica): la sensazione era che fosse rimasto un po’ spiazzato da domande del genere da parte degli studenti.

L’assemblea è stata un’occasione importante per parlare e confrontarsi con studenti e lavoratori della scuola su quali siano gli scopi della repressione, di cosa siano lo Stato e il sistema di cui le forze dell’ordine sono espressione e braccio armato. Ma più importante ancora, si è parlato di organizzarsi all’interno della scuola per far fronte alla repressione e agli abusi (il tentativo di boicottare l’assemblea è anch’esso un attacco repressivo), ma soprattutto per occuparsi a 360 gradi della scuola in cui studenti, professori e personale ATA passano gran parte della giornata, nell’ottica di concepirsi agenti della costruzione piuttosto che spettatori dello sfacelo della scuola pubblica.

Con questa battaglia e la piena riuscita dell’assemblea il collettivo della scuola ha acquisito maggiore fiducia e autorevolezza tra studenti e insegnanti, si è rafforzato e ha dimostrato come gli studenti organizzati possano far fronte alle limitazioni della libertà di pensiero e di espressione, alla violazione dei loro diritti conquistati con dure lotte dal movimento studentesco, anche nel luogo in cui dovrebbero iniziare a formarsi una coscienza. L’esperienza del collettivo è un esempio emblematico e utile per tutti: nonostante i soprusi, le angherie, gli abusi di potere, la classe dominante o chi ne fa le veci non è invincibile e, come in questo caso, l’attacco può e deve essere ribaltato e rispedito al mittente!

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