[Sesto San Giovanni] Sulla giornata del 18 gennaio e sull’antifacismo popolare. Intervista a Marco De Guio

Il 18 gennaio si svolgerà a Sesto San Giovanni una mobilitazione contro la conferenza organizzata da Casa Pound a cui il sindaco ha concesso “Spazio Arte”. La decisione del sindaco ha suscitato uno sdegno generalizzato e già da alcune settimane è iniziata una campagna di protesta che negli ultimi giorni ha visto una adesione sempre più ampia: 6 mila firme raccolte in città e centinaia di adesioni al presidio che si terrà in Piazza della Resistenza. Per comprendere meglio il sommovimento in atto abbiamo incontrato Marco De Guio, storico esponente dei movimenti popolari del nord Milano e attivista di lungo corso della lotta per il diritto alla casa nell’Unione Inquilini.

  • L’appuntamento è alle ore 17 in Piazza della Resistenza!

Cosa sta accadendo a Sesto San Giovanni?
Per capire quello che sta avvenendo in queste settimane bisogna considerare vari piani nel ragionamento: il piano politico/istituzionale e l’operato della giunta; il piano politico inteso come l’azione delle opposizioni alla giunta, il piano della mobilitazione popolare e, infine, la storia e la tradizione di questa città.

Iniziamo dall’operato della giunta?
Dal 1945 al 2017 Sesto è stata governata ininterrottamente da giunte di centro sinistra (PCI-PSI fino ai verdi, ai Comunisti Italiani a Rifondazione Comunista). Nel 2017, con meno del 50% dei votanti al secondo turno, ha vinto una coalizione di destra (FI, Lega) che alleandosi con una lista civica ha dato vita all’attuale amministrazione. L’attuale amministrazione si contraddistingue per voler perseguire con estremo impegno il peggioramento delle condizioni di vita della parte più debole della società: poveri, immigrati, pensionati, abitanti delle case popolari, ecc. Alla propaganda di stampo razzista dà seguito con una pratica che è invece classista. Conosco bene e ho sotto gli occhi quello che succede per le politiche abitative, sono un metro di misura preciso per capire l’orientamento di chi amministra. La giunta sta procedendo arbitrariamente, ad esempio, alla revoca della residenza a chi ha subito uno sfratto e vive in situazioni precarie, con tutto quello che ne consegue: perdita del diritto di voto, dell’assistenza sanitaria, del diritto all’istruzione, ecc. Sempre a titolo di esempio, è successo che la Polizia Locale fosse inviata ad eseguire degli sfratti sulla base di una prescrizione del sindaco mentre è solo il Tribunale che può autorizzare gli escomi nelle case private. L’amministrazione ha revocato l’assegnazione della sede a molte associazioni – fra cui l’ANPI – con chiare, ma non dichiarate, discriminanti politiche, vieta manifestazioni e presidi “per motivi di ordine pubblico” come se fosse l’ufficio del Prefetto, commina multe per volantinaggi “non autorizzati”, ha soppresso tutte le iniziative istituzionali che hanno a che fare con la Resistenza e il movimento operaio. Pesino rifiuta di partecipare al Giorno della Memoria della Shoa.
In questo quadro – benchè in campagna elettorale l’attuale sindaco Di Stefano si sia più volte dichiarato antifascista – si collocano la decisione di ospitare Casa Pound a Sesto e i tentativi di impedire manifestazioni di protesta.

E qui trattiamo dell’opera dei partiti di opposizione…
Finchè amministrava il PD, il Comune aveva istituito un organismo istituzionale che riuniva partiti di maggioranza, ANPI, ANED e altre associazioni con lo scopo di organizzare le celebrazioni “di rito” oltre che varie iniziative sul tema dell’antifascismo. L’attuale giunta ha soppresso l’organismo istituzionale e quindi è nato il Comitato antifascista di Sesto. C’è da dire che, politicamente,il Comitato fino ad ora ha tenute separate le iniziative dell’antifascismo dal resto delle questioni politiche e sociali che attraversano la città, ma in ogni caso è stato in grado di lanciare una mobilitazione che sta coinvolgendo migliaia di persone. Quando il Comitato Antifascista ha lanciato l’appello a protestare, la risposta è stata subito ampia. La cosa particolare e per certi versi inedita, è che le adesioni continuano a crescere, indipendentemente dal contenuto del comunicato che indice la mobilitazione che risulta molto moderato e in alcuni punti anche discutibile. In queste settimane sto incontrando tanti vecchi compagni, molti dei quali si erano ritirati a vita privata e che invece si stanno attivando grazie a questa mobilitazione.

Passiamo dunque al ruolo del movimento popolare?
Prima è utile trattare del fatto che questa situazione sta facendo riemergere la tradizione di questa città. Non ripercorro qui la storia di Sesto che, con le sue contraddizioni, è stata giustamente definita “la Stalingrado d’Italia” ai tempi in cui esistevano le gradi fabbriche e la presenza operaia caratterizzava la vita della città. Ma certi valori hanno resistito e ci sono occasioni in cui rispuntano fuori platealmente. Questa è una di quelle occasioni. In verità c’è già stata una situazione simile: subito dopo le elezioni del 2017 la giunta aveva annullato le tradizionali celebrazioni della Liberazione e per la prima volta a Sesto non era previsto il corteo serale del 24 aprile, sostituito dal sindaco con una “giornata dello sport” nel settembre successivo. Il corteo del 24 aprile nel corso degli anni aveva perso partecipazione e probabilmente il sindaco pensava che la cosa sarebbe passata in sordina. Invece si sono raccolte a Sesto 2000 persone, una cosa che non si vedeva da anni. Ecco, oggi la situazione è simile: hai voluto provocare? Hai dato ai fascisti la possibilità di entrare dove non erano mai entrati? Adesso scendiamo tutti in piazza!
Per fare un ragionamento un po’ più completo: questo sindaco è stato eletto non perché la gente di Sesto si è spostata a destra e lo ha votato. Per una parte è certamente così. Ma ha vinto, dati alla mano, perché la gente di sinistra non è andata a votare… poi però su certe cose te la ritrovi in piazza. Non si può dire che ci sono ampi settori sociali pronti all’impegno politico, ma sull’antifascismo una parte importante della cittadinanza è disposta a mobilitarsi, questo sì. Poi su tutto il resto è invece estremamente difficile, anche per questioni storiche.

In che senso?
A Sesto il comune e l’amministrazione hanno sempre avuto un ruolo attivo nel promuovere iniziative e ambiti di discussione e socialità. Certo, a modo loro. E’ un’eredità che si portavano dai tempi del PCI. E’ stato davvero raro che potesse esistere un organismo di massa che non avesse relazioni strette con l’amministrazione. Questo ha fatto sì che non venissero prese in considerazione le voci dissonanti e ciò ha creato una situazione per cui a Sesto esistono molti organismi popolari, associazioni, comitati, reti, ecc., ma è estremamente difficile coinvolgerli su questioni che non siano legate alle tematiche particolari di cui si occupano e per cui sono nate. Non esiste una dimensione politica più collettiva, cittadina, di confronto e discussione più generale. Non è che non ci siano mobilitazioni, quelle ci sono, è che è estremamente difficile allargare la cerchia del ragionamento e il coinvolgimento di quella parte di cittadinanza, ampia, che è già organizzata nel comitato ambientalista o in quello di quartiere o nella data associazione. Le manovre di questa Giunta hanno costretto un po’ tutti a fare i conti con il fatto che con “l’ognuno per sé” non si va da nessuna parte, ma rimettere in moto un meccanismo fermo da decenni necessita dei suoi tempi.

Cosa succederà il 18 gennaio?
Succederà che molte persone saranno nella piazza simbolo della città, che il sindaco ha provato a vietare per non smentirsi. Le adesioni sono già così tante che lo hanno obbligato a fare marcia indietro e consentire il presidio in piazza della Resistenza. Probabilmente saranno un numero tale che la piazza non riuscirà a contenerle. Perciò è prevedibile che molte persone si ritroveranno fuori da quella piazza e che in molti chiederanno di muoversi in corteo. Succederà che sarà una bella giornata di mobilitazione in cui daremo una risposta ferma e chiara ad una giunta antipopolare. Tutto questo, se non è certo, è altamente probabile.

E dopo il 18 gennaio?
E’ quello che per certi versi mi preme di più! Sono convinto che dobbiamo fare il possibile per dare continuità a questa mobilitazione. In più sensi. Anzitutto in termini organizzativi: ritrovarsi, fare un bilancio, capire le prospettive e darsi i mezzi per coltivarle. Poi in termini politici. Parliamo di fascismo e di antifascismo, ma sono convinto che sia necessario approfondire. Ti faccio un esempio: è giustissimo mobilitarsi contro la presenza di Casa Pound e gli appoggi che riceve dall’Amministrazione Comunale, ma non è Casa Pound a promuovere la deriva autoritaria e reazionaria nel nostro paese. Il problema sta più su: al governo, nelle istituzioni; nella magistratura è in atto un processo di demolizione dei diritti democratici che passa attraverso il costo e i tempi lunghi delle iniziative legali, ma anche attraverso le sentenze che per esempio assolvono i dirigenti colpevoli delle morti per amianto. E poi: siamo di fronte a un moderno fascismo? Credo di no, credo che sia fuorviante ragionare in questo modo. Il fascismo è storicamente una cosa precisa, un fenomeno specifico: è l’alleanza di una parte dei grandi capitalisti con la monarchia e la Chiesa contro il movimento operaio. Oggi le grandi fabbriche non ci sono più, il movimento operaio è debole, i grandi capitalisti non hanno la necessità di rompere brutalmente con le regole del sistema. E’ un processo molto meno evidente e traumatico che assume solo in parte le forme del fascismo per come lo abbiamo conosciuto. Ad esempio il DASPO è la versione moderna del confino che ha permesso di allontanare da Monza degli studenti che avevano preso parte alla mobilitazione nelle scuole della capitale della Brianza. Il controllo totale dell’informazione permette ai poteri forti di fare a meno della censura vera e propria sulla stampa. E poi, infine, chi sono i veri promotori di questo andazzo? I fascisti? E’ il Decreto Minniti che ha ristretto le libertà politiche e personali, che ha istituito i campi di concentramento in Libia per gli immigrati. Allora io dico: noi ai fascisti di Casa Pound e gentaglia simile dobbiamo opporci sempre e in ogni caso, ma cerchiamo di confrontarci, di ragionare e di capire bene come stanno le cose perché se no si rimane su un piano dettato dalle contingenze che si allontana dalla politica. E oggi c’è invece un grande bisogno di ragionare di politica. Questa è l’occasione che abbiamo e che dobbiamo cogliere.

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