[Prato] Un esempio concreto che racconta l’immigrazione nella società capitalista

Nella società capitalista la questione immigrazione può essere soltanto o strumento in mano a una parte della classe dominante per alimentare la guerra fra poveri oppure giro di affari per quella parte di classe dominante che regola e organizza “l’accoglienza”. Stanti gli effetti della fase terminale della crisi generale del capitalismo si sviluppa maggiormente la prima strada, benché per una parte della classe dominante continua a esistere anche la seconda.

L’emigrazione di massa che la borghesia imperialista impone alle masse popolari dei paesi ex socialisti e oppressi viene creando un proletariato internazionale e l’internazionalismo proletario acquista nuovi strumenti di forza.

I comunisti e i progressisti devono favorire in ogni modo l’organizzazione e la mobilitazione degli immigrati in difesa dei loro diritti, di contro alle posizioni “assistenzialiste” (frutto della concezione clericale) che riducono gli immigrati a oggetto di aiuto e carità e alle posizioni della cosiddetta “integrazione” che senza lotta comune per trasformare un tessuto sociale in sfacelo e dissoluzione condanna gli immigrati al ruolo di concorrenti a basso costo dei lavoratori autoctoni, di mendicanti o di criminali.

I lavoratori immigrati non sono nostri “fratelli di disgrazia”, ma nostri compagni nella lotta per porre fine al regime della Repubblica Pontificia, per fare dell’Italia un nuovo paese socialista e per contribuire alla rinascita del movimento comunista in Italia e nei rispettivi paesi d’origine. Per questo il Partito dei CARC chiama tutti lavoratori immigrati ad alzare la bandiera rossa della lotta rivoluzionaria per l’insaturazione del Socialismo nel nostro paese e nel mondo, a unirsi alla lotta delle masse popolari per porre fine a questo stato di cose e risolvere definitivamente la faccenda.

***

“Profughi alla fame e al freddo”

Prato, agli arresti domiciliari la presidente del consorzio Astir

di Emanuele Baldi

Ultimo aggiornamento il 28 dicembre 2018 alle 08:17

Prato, 28 dicembre 2018 – Li hanno visti con la testa rovesciata dentro i cassonetti della nettezza in cerca di lenzuola o, Dio volesse, di una coperta per difendersi dai morsi del Generale Inverno. E si sono accorti di quei fuocherelli timidi, sempre più frequenti, che, sempre loro, si accendevano in giardino nel tentativo di scaldare qualcosa da mangiare o di quelle liti per dividersi, in una lotta tra disperati, cucchiaiate di riso tirate su da uno scatolone lasciato alla porta da qualcuno.

Loro – i fantasmi, gli ultimi – più che vivere, hanno sopravvissuto per mesi, spesso dividendo piccole stanze con blatte e topi. Loro sono un centinaio di richiedenti asilo, sparpagliati in otto case di accoglienza tra Prato, Carmignano e Poggio a Caiano e proprio dai loro disperati gesti quotidiani sono partite alcune segnalazioni di cittadini che hanno spinto la Procura ad accendere i riflettori su una vicenda dai contorni torbidi.

Così, dopo tre mesi di indagini serrate, il gip ha emesso le sue misure cautelari: un arresto e due interdizioni dalla professione. Misure legate, appunto, alla gestione dei Centri di accoglienza straordinari del consorzio pratese Astir che avrebbe offerto, secondo il capo della Procura Giuseppe Nicolosi, «prestazioni al di sotto di quanto pattuito con la prefettura» (un pasto al giorno invece dei tre concordati, ricambi di lenzuola e vestiti puliti distribuiti con il contagocce, pulizia dei locali inesistente). L’indagine ha portato a tre mesi di arresti domiciliari per Loretta Giuntoli, presidente di Astir e legale rappresentante delle cooperative Verdemela e Astirforma e a nove di sospensione dall’attività per i legali rappresentanti della cooperativa Humanitas. Per i tre la procura ipotizza il reato di frode nelle pubbliche forniture.

Per la Giuntoli c’è poi un’aggravante, quella di presunte minacce nei confronti di tre dipendenti ascoltati dalla Digos – i quali hanno acquisito nei mesi numerosi filmati della vita quotidiana nelle case di accoglienza – nel corso delle indagini. Minacce che, come ha fatto intendere lo stesso Nicolosi, sarebbero state, più o meno, di questo tenore: «Se parlate ci chiudono il gas… e voi perdete il lavoro» avrebbe detto Giuntoli la quale, ieri, per voce del suo legale Pier Nicola Badiani, ha manifestato «la volontà di dimettersi da tutte le cariche rivestite per concentrarsi sulla sua difesa, con piena fiducia nella magistratura, e per tutelare le strutture e i posti di lavoro».

Secondo quanto sta emergendo sarebbero in corso anche altre indagini sulle entrate e le uscite relative agli acquisti di cibo e prodotti per la pulizia che potrebbero essere stati fatti in un negozio ricollegabile ad una delle coop.

E altri accertamenti si stanno conducendo sulle dichiarazioni delle presenze dei richiedenti rispetto al numero effettivo dei soggetti ospitati. Gli inquirenti sospettano che siano state dichiarati più ospiti rispetto a quelli effettivi per accaparrarsi più soldi dallo Stato.

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