[Milano] Intervista a Luciano Pasetti

Il 24 dicembre si è concluso il primo grado della causa per il reintegro di Luciano Pasetti [vedi la mobilitazionepagina facebook] con una sentenza in cui il Tribunale del Lavoro di Milano ordina il suo reintegro alle medesime condizioni (inquadramento, contratto, mansioni precedenti o equivalenti) esistenti al momento del suo licenziamento.

Abbiamo rivolto a Luciano alcune domande “a caldo”.

Dopo 9 mesi di battaglia politica e 5 udienze in Tribunale il processo contro Carrefour si é concluso con il tuo reintegro. Quali sono le motivazioni della decisione del Giudice?
Il Giudice del Lavoro, dopo aver letto le memorie depositate dai miei legali e da quelli dell’azienda, ha cercato da subito di raggiungere una conciliazione chiedendo all’azienda quale fosse la proposta economica con cui voleva chiudere il rapporto di lavoro. L’offerta era di 5800 euro lordi… era offensiva e ridicola e l’ho rispedita al mittente poiché da subito e sempre ho perseguito l’obiettivo del reintegro senza condizioni o penalizzazioni, riconoscendo che si trattava di un licenziamento politico.
Durante il processo le accuse dell’azienda nei miei confronti si sono mostrate inconsistenti, ma l’azienda ha rifiutato fermamente ogni proposta di reintegro, anche nella formula che prevedeva una sanzione contro di me, al posto del licenziamento, e un reintegro in altra filiale: la loro linea è stata quella di presentarmi come un lavoratore inaffidabile, con molte “recidive” e che con la mobilitazione messa in campo per denunciare il licenziamento politico e per il reintegro le avrebbe causato un grave danno di immagine. A un certo punto del processo è stato evidente che le accuse contro di me erano tutte cadute, gli stessi testimoni dell’azienda smentivano la sua versione. Quindi il Giudice ha annullato il mio licenziamento, condannato Carrefour a reintegrarmi con effetto immediato per illegittimità del licenziamento, al risarcimento degli stipendi arretrati non corrisposti e al pagamento delle spese legali e processuali. Insomma, una sentenza che ha ribaltato tutte le previsioni nefaste di chi diceva fin dal primo giorno che la mia era una causa persa….

Quali sono state le armi con cui è stata combattuta la battaglia e qual è l’insegnamento principale che trai da questa esperienza?
Dal primo giorno, con i compagni del Partito abbiamo cercato di costruire un’ampia mobilitazione per condurre la battaglia dal punto di vista politico e non solo processuale o sindacale, abbiamo cercato di costruire una rete che permettesse a chiunque di partecipare alla battaglia e una risposta positiva c’è stata da tanti compagni e tante compagne, militanti politici e sindacali con cui ho condiviso tante battaglie a Milano e in Lombardia. Quel coordinamento, che ha operato con il nome “Compagni e compagne di Luciano Pasetti”, ha promosso presidi ai supermercati con picchetti delle merci – bloccando anche 4 filiali Carrefour in un giorno – presidi, raccolta firme, partecipazione alle manifestazioni politiche e sindacali, presidi sotto il Tribunale in occasione di tutte le udienze. Poi la mobilitazione si è allargata, grazie alle Sezioni del P.CARC è arrivata in altre regioni, coinvolgendo tanti altri lavoratori di ogni settore. La lotta per il mio reintegro è stata trasformata in una mobilitazione più generale contro Jobs Act, legge Fornero, per il ripristino dell’articolo 18 e contro i licenziamenti politici di ogni lavoratore.
Per usare ogni appiglio della situazione politica abbiamo allargato l’intervento cercando di costruire un fronte anche nel campo della politica istituzionale, chiedendo solidarietà e prese di posizione a consiglieri di Municipio, consiglieri comunali e regionali dal PD al M5S… e devo dire che su questo fronte il sostegno alla mobilitazione è stato abbastanza debole….
Se devo trarre un insegnamento, il principale è che non è possibile condurre una battaglia da solo, bisogna chiedere solidarietà e permettere a chiunque voglia mobilitarsi di farlo con gli strumenti che più gli sono affini, che la battaglia va condotta senza lasciarsi legare le mani dalle “prassi” correnti, che ogni singola battaglia si sviluppa e può vincere se si combina alla promozione dell’aggregazione dei lavoratori e alla loro mobilitazione più generale, a prescindere dal sindacato di appartenenza o da chi hanno votato. Nel caso della mia lotta, ai picchetti non c’erano solo “compagni”, c’erano lavoratori immigrati e altri che avevano votato Lega, iscritti ai sindacati di base e delegati della UGL. Su una battaglia concreta la classe si unisce e si schiera, al di là di tutto. Questo è stato un grande insegnamento.

Con la chiusura del primo grado del processo e la disposizione del tuo reintegro si apre una fase nuova della lotta: la fase della mobilitazione per l’attuazione della sentenza. Credi che ci saranno resistenze da parte dell’azienda a riaprire le porte della filiale?
Io temo che l’azienda farà di tutto per tenermi fuori dalla filiale, nonostante la sentenza. Non sarebbe il primo caso. Anche se nel frattempo non sono più delegato sindacale, perché mentre ero fuori si sono svolte le elezioni per le RSU, l’azienda cercherà di impedire la ripresa della mia attività politica e sindacale sul posto di lavoro, l’organizzazione dei lavoratori dentro e fuori le filiali. E’ vero che adesso inizia una fase nuova, quella per l’esecuzione della sentenza, e con i miei compagni stiamo ragionando sui passi da compiere. Per certo la battaglia non si è conclusa con la sentenza… In particolare proseguiremo combinando l’aspetto particolare del mio effettivo reintegro con quello più generale dell’organizzazione dei lavoratori della GdO – non solo in Carrefour – per costruire in ogni filiale organizzazioni operaie e passare “dalla difesa all’attacco”. Sono consapevole che se non si sviluppa questo secondo aspetto, non solo il mio reintegro rischia di essere temporaneo, ma nella GdO continuerebbe a prendere campo la caccia al delegato attivo, al lavoratore combattivo, al dipendente che non abbassa la testa…

Credi che il tuo reintegro sia il frutto di una combinazione di circostanze particolari o può avere un valore più generale? Quale?
Il mio reintegro é dovuto al lavoro svolto con i miei compagni del P.CARC e dalla vicinanza e solidarietà dei compagni e lavoratori che a vari livelli mi hanno sostenuto. Certamente ci sono stati aspetti particolari che hanno influito sull’esito del processo, ma in termini generali mi sembra evidente quanto sia valido il principio “chi lotta può perdere e chi non lotta ha già perso”. Abbiamo lottato fino in fondo, rischiando tutto… sono consapevole che si tratta di una singola battaglia e che la vittoria può essere duratura e di prospettiva soltanto se la singola battaglia è funzionale all’organizzazione dei lavoratori. I padroni non sono invincibili, sono i lavoratori che devono imparare a far valere la loro forza…

Vuoi condividere una considerazione finale?
Rivedendo mille volte come si è sviluppata la mia vicenda dal mio licenziamento ai blocchi merci, ai presidi, alle manifestazioni, alle raccolte firme, mi sono fatto molte domande. Sulla strada intrapresa dall’azienda per tentare di farmi fuori, coinvolgendo un cliente occasionale e usandolo per poi scaricarlo come un ferro vecchio, cercando di manovrare e usare alcuni dei miei colleghi contro di me; ma anche sul mio lavoro di delegato sindacale di lungo corso, sempre generoso nel difendere i diritti dei lavoratori e dei clienti, ma disattento nel formare altri lavoratori e coinvolgerli sulla base di ciò che ognuno si sente ed è in grado di dare…
Quindi adesso la questione che mi si pone di fronte è questa: rientrare sul mio posto di lavoro e riprendere a un livello superiore, forte anche degli insegnamenti di questa esperienza, la costruzione di organizzazioni operaie nella GdO, partendo dalla mia filiale.

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