È uscito il numero 60 de La Voce del (nuovo PCI): “Continuatori della rivoluzione proletaria mondiale!”

“Tutti quelli che, pur dicendosi comunisti, nell’analisi del corso delle cose e nella progettazione della loro attività non tengono conto della continuità tra la lotta in corso oggi e la prima ondata della rivoluzione proletaria sollevata nel mondo intero dalla vittoria della Rivoluzione d’Ottobre e dalla costruzione dell’Unione Sovietica, sono fuori strada. Noi riprendiamo e continuiamo la stessa rivoluzione, in condizioni largamente cambiate, quindi in forme nuove, ma sulla base dei suoi risultati, imparando dalla sua preziosa esperienza” (da La Voce del (n)PCI n°60)

Il numero 60 de La Voce è uno strumento per comprendere la realtà e una guida per l’azione, è dedicato a chi vuole fare la rivoluzione dandosi i mezzi ideologici e pratici per farla. Nelle pagine della rivista sono illustrate analisi, orientamento, metodi ed esperienze che approfondiscono gli aspetti che sono sintetizzati nella citazione riportata, tratta dall’articolo “Continuatori della rivoluzione proletaria mondiale”. Questo individua e mette in luce un aspetto ideologico di primaria importanza per condurre il nostro lavoro di comunisti. Tenere conto della continuità fra il nostro lavoro di oggi e l’esperienza del vecchio movimento comunista significa comprendere il lascito di quell’esperienza e darsi gli strumenti per superarne i limiti, comprendere perché allora non si arrivò a fare la rivoluzione nei paesi imperialisti e cosa bisogna fare per farlo oggi alle nuove condizioni.

Chi dice di voler essere comunista, ma pensa che non serva il partito comunista per diventarlo; chi dice di volere la rivoluzione, ma solo se questa sarà “internazionale”; chi dice di voler cambiare il corso delle cose, ma non si dà i mezzi per farlo, non lavora per cambiare la sua concezione, mentalità e personalità per raggiungere il suo obiettivo: sono vari esempi di chi non fa un bilancio serio della prima ondata, ma semplicemente prende per buone le argomentazioni della borghesia e tira una riga, ai limiti del passato risponde con il rifiuto di considerarlo come esperienza da cui trarre insegnamento. La borghesia fa di tutto per impedire che le masse popolari siano in grado di elaborare un bilancio dell’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria, attraverso i suoi tirapiedi propaganda che essa sia una serie di “errori e orrori”, che si debba ripartire da zero, che oggi tutto sia cambiato.

Chiaramente oggi le condizioni non sono le stesse di 100 anni fa, ma la base materiale della società è sempre la stessa, il suo nucleo fondante è sempre lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, l’estrazione del plusvalore dal lavoro della classe operaia: che lo si faccia producendo automobili o un servizio logistico non cambia la natura del rapporto di produzione in essere. Le condizioni oggettive per la rivoluzione oggi sono addirittura più mature che non in passato, più collettivo e meccanizzato è il processo produttivo, più aspra è la contraddizione fra questo e il retrivo rapporto di produzione basato sulla proprietà privata del capitalista. Oggi anche il livello generale delle masse popolari è più alto, non siamo alle prese con ampie masse da alfabetizzare o completamente succubi dell’oscurantismo clericale. Per questi motivi dobbiamo, alle condizioni odierne, essere e concepirci come continuatori della prima ondata della rivoluzione, eredi di una storia che non è finita nel 1989 (il “crollo del muro di Berlino”, la cui premessa fu la direzione dei revisionisti moderni alla testa del movimento comunista internazionale dal 1956), come invece sogna e propaganda la borghesia. Già nel 1871, dopo la sconfitta della Comune di Parigi, la borghesia si faceva coraggio declamando la sua vittoria, la fine del comunismo…

Per fare la rivoluzione nei paesi imperialisti alle condizioni odierne bisogna comprendere essenzialmente tre cose. La prima è la strategia della Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata (la rivoluzione non scoppia, ma si costruisce) che comprende il legame fra rivoluzione nazionale e carattere internazionalista (la rivoluzione internazionale è formata da tante rivoluzioni nazionali): i comunisti devono trovare le vie particolari per farla e consolidarla alle condizioni di ogni singolo paese, non attendere e propagandare una fantomatica “rivoluzione mondiale”.

La seconda è la linea di massa: le masse popolari imparano dalla loro esperienza e si trasformano nel corso della rivoluzione diretta dal partito comunista, la pratica è il principale fattore di elevazione della loro coscienza. La terza è che i comunisti devono trasformare la loro concezione, mentalità e personalità per diventare l’avanguardia, la classe dirigente di cui le masse popolari hanno bisogno per poter fare la rivoluzione socialista.

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