La Commissione Gramsci del Partito dei CARC prosegue nell’opera intrapresa a febbraio: seguire la vita di Antonio Gramsci e trovare cosa in ciascun mese dell’uno o l’altro anno fece o scrisse, cosa gli successe, cosa successe al Partito che aveva fondato.[1]
Nel dicembre del 1917 Gramsci è a Torino, alle prese con la cultura per i proletari, per gli operai, per i compagni di partito.[2]È quello che il Centro di Formazione del Partito dei CARC sta facendo a Torino in questo dicembre del 2018 con un corso sul marxismo. Dedichiamo quindi questo anniversario della vita di Gramsci ai partecipanti a questo corso, due operaie e un operaio della FIAT (quella che dopo l’intervento di Marchionne è diventata FIAT Chrysler Auto), e due giovani, uno operaio e uno studente e ci rivolgiamo soprattutto a loro.
Vediamo insieme cosa dai tempi di Gramsci è passato, cosa resta, cosa c’è di nuovo. Centouno anni di storia sono tanti, ma noi cerchiamo di restare all’essenziale, come anche impariamo a fare nel corso torinese. Tempi e spazi a nostra disposizione per lo studio sono pochi, infatti, ma il libro che stiamo leggendo mostra come chi sa ciò che vuole sa anche descrivere con poche parole e poche pagine non solo i secoli ma anche i millenni.
Nel dicembre del 1917 un compagno del partito di Gramsci (il Partito Socialista Italiano scrive al giornale del partito (l’Avanti!) e dice che serve fare una associazione di cultura anche se il momento, secondo lui, è poco favorevole. Serve perché, dice, “sono molti i compagni che per immaturità di convinzioni e per insofferenza dell’opera minuta che è necessario svolgere si sono allontanati dalle organizzazioni per lasciarsi trascinare ai divertimenti”. Il compagno dice che con il lavoro culturale “troverebbero un soddisfacimento ai loro istintivi bisogni, troverebbero un posto di riposo e di istruzione che di nuovo li affezionerebbe al movimento politico, all’ideale nostro”.
È vero che con la cultura i compagni possono riprendere passione per l’ideale rivoluzionario? È vero. Anche per questo facciamo corsi e seminari sul marxismo. Il compagno del PSI sbaglia però nel giudicare il suo tempo e i compagni suoi. Il momento non è poco favorevole, dato che è passato poco più di un mese dalla Rivoluzione d’Ottobre. I compagni suoi, inoltre, non si sono allontanati perché sono immaturi, perché non vogliono impegnarsi in modo continuativo a partire dalle cose più piccole e preferiscono darsi ai divertimenti, ma perché il PSI cui appartenevano non è stato all’altezza dei suoi compiti: invece di condurre la classe operaia verso la rivoluzione socialista ha lasciato che la borghesia mandasse operai e contadini a morire a centinaia di migliaia nella guerra che ancora è in corso (la Prima Guerra Mondiale, che terminerà nel novembre del 1918) e si tirerà indietro anche quando gli operai occuperanno le fabbriche, come avverrà nel 1919 e 1920.
Gramsci condivide la proposta di avviare l’attività culturale. Ha una comprensione chiara di quale cultura serve ai proletari. Dice che la cultura che finora è stata data agli operai è come un piatto di minestra che gli intellettuali borghesi mettono in tavola per spirito di beneficenza, per pietà e buon cuore. Agli operai la cultura che serve è quella per vincere, dice. Ricorda che il proletariato torinese è il più avanzato d’Italia. Si è dato strutture politiche (il PSI) ed economiche (l’Alleanza cooperativa) potenti, e ciò che gli manca è di organizzarsi anche sul piano culturale.
Gramsci ha ragione: il partito della classe operaia deve occuparsi non solo di politica e di economia, ma in generale di cultura. La concezione del mondo che deve farsi è integrale e riguarda tutti gli aspetti della vita. Questa concezione è, dice più avanti, anche filosofia e morale. Che succede se il partito non lo fa? Succede una delle cose più gravi per noi, dice Gramsci, e cioè che ci muoviamo solo quando ci sono i problemi, quando siamo sotto attacco, con tutte le conseguenze negative che elenca.
noi aspettiamo l’attualità per discutere dei problemi e per fissare le direttive della nostra azione. Costretti dall’urgenza, diamo dei problemi soluzioni affrettate, nel senso che non tutti quelli che al movimento partecipano si sono impadroniti dei termini esatti della questione e pertanto, se seguono la direttiva fissata, lo fanno per spirito di disciplina e per la fiducia che nutrono nei dirigenti più che per un’intima convinzione, per una razionale spontaneità. Così avviene che, a ogni ora storica importante, si verificano gli sbandamenti, gli ammorbidimenti, le beghe interne, le questioni personali.
(…)
Non esiste la convinzione ferma diffusa. Non esiste quella preparazione di lunga mano che dà la prontezza del deliberare in qualsiasi momento, che determina gli accordi immediati, accordi effettivi, profondi, che rafforzano l’azione.[3]
Ciascuno di noi che legge queste parole rifletta se valgono per vicende ultime come, ad esempio, la frattura tra il Partito della Rifondazione Comunista e Potere al Popolo. Rifletta se le ha riscontrate nella sua esperienza in campo politic o sindacale, se si è sempre trovato ad agire in emergenza, quando i padroni o i governi al loro servizio attaccavano, e quindi ad agire per difendersi invece che agire per cambiare in meglio la propria vita e il mondo, e nell’emergenza non sapere a chi fare affidamento e perciò affidarsi a questo o quel dirigente per disciplina più che per intima convinzione, e poi, a fronte dei dubbi che inevitabilmente insorgono quando si agisce in questo modo, cedere, e fare delle battaglie di principio battaglie di persone, mettendo le questioni particolari davanti a quelle generali, i propri problemi davanti a quelli di tutti, come se di fronte alla minaccia di inondazione invece di unirsi e mettere in atto un piano preparato in anticipo ciascuno cercasse di cavarsela da sé. L’unità è lo strumento per la vittoria dei lavoratori e questo lo sa benissimo ogni lavoratore che ha avuto un minimo di esperienza di lotta sindacale e lo sa benissimo ogni padrone che con ogni mezzo cerca di dividere i lavoratori. Questa unità non si basa solo sulla ricerca di soluzioni economiche e politiche ai propri problemi, ma si basa su un modo di pensare unitario, che va costruito, curato, alimentato. Questa e la cultura di cui parla Gramsci e l’associazione da costruire deve essere laboratorio e fabbrica di questa cultura. Dice:
L’associazione di cultura dovrebbe curare questa preparazione, dovrebbe creare queste convinzioni, Disinteressatamente, cioè senza aspettare lo stimolo dell’attualità, in essa dovrebbe discutersi tutto ciò che interessa o potrà interessare un giorno il proletariato.
Inoltre, esistono dei problemi filosofici, religiosi, morali, che l’azione politica ed economica presuppone, senza che gli organismi economici e politici possano in sede propria discuterli e propagandarne le soluzioni proprie. Essi hanno una grande importanza. Sono essi che determinano le cosiddette crisi spirituali e ci mettono tra i piedi, ogni tanto, i cosiddetti “casi”.
I “casi” di cui parla sono probabilmente i “crolli” degli individui, le persone che “scoppiano”, quelli che nella nostra epoca non succedono più “ogni tanto” ma sono diventati un fenomeno di massa. Sono casi che riguardano tanti, come quando decine di migliaia di operai vengono messi in cassa integrazione, dichiarati esuberi, si chiedono che senso ha la loro vita, e non sanno darsi una risposta, mentre crescono attorno a loro e presso di loro atteggiamenti distruttivi e autodistruttivi, l’uso delle droghe, la violenza in famiglia, l’abbrutimento.
Gramsci avrà modo negli anni successivi di vedere crescere tutto ciò che di negativo qui descrive. Vedrà il suo partito, il PSI, dissolversi di fronte all’attacco dei fascisti. Il nuovo partito che fonderà, il primo PCI, saprà resistere, ma sarà anche esso costruito sull’emergenza e non in base a una preparazione ideologica fondata su una ideologia nuova, fatta per vincere, e quindi oscillerà, e avrà i difetti che Gramsci elenca in questo suo articolo, lo sbandare, l’affidarsi ai capi, eccetera. Si affiderà alla forza e all’indirizzo dell’URSS sia quando in questa prevalse la tendenza ad avanzare nella costruzione del socialismo sia quando prevalse la tendenza a tornare al capitalismo. Dopo la guerra, negli anni ’50, ancora privo di una scienza che gli consenta di capire come costruire la rivoluzione socialista in un paese imperialista, la sua direzione viene presa dai revisionisti moderni, che fanno di tutti i gravi limiti di cui parlava Gramsci regole di comportamento. Diventa regola il mettere gli affari propri davanti all’interesse collettivo, l’obbedienza ai capi, il dire una cosa e il suo contrario a seconda del proprio interesse immediato, la disciplina cieca da una parte e dall’altra l’instabilità senza principio, tutti modi di essere e di agire che hanno portato alla morte il primo PCI e hanno gettato fango sul movimento comunista.
Che c’è di nuovo rispetto a tutto questo, a partire dall’esigenza che Gramsci pone e del fatto che in cento anni non ha avuto soddisfazione?
Gli anni ’80 dello scorso secolo sono stati il decennio in cui nodi decisivi sono venuti al pettine sia per il modo di produzione capitalista sia per il movimento comunista. Un gruppo di compagni e compagne in Italia, in prima fila nello scontro di classe di quell’epoca, ha iniziato uno studio che ha portato all’elaborazione non semplicemente di una cultura, ma di una scienza che è quella che mancò all’epoca di Gramsci e anche dopo, e sulla base di questo fondamento è stata avviata la costruzione del (nuovo)PCI, portata a termine nel novembre del 2004. Questo è il nuovo, e la materia che il Centro di Formazione del Partito dei CARC spiega a Torino, con l’intento non più di costruire una associazione di cultura, ma una scuola, come iniziò a fare Gramsci stesso a Torino negli anni successivi.
Chiunque può contribuire alla costruzione di questa scuola. Si può, tra le altre cose, indicare o mettere a disposizione una sede dove raccogliere documentazione e libri, si può contribuire dal punto di vista economico, versando il proprio contributo a
- PAYPAL(https://www.paypal.me/PCARC)
- Bonifico IBAN: IT79 M030 6909 5511 0000 0003 018 -CCB Intestato a Gemmi Renzo
Ricarica Postepay n. 5333 1710 0024 1535 -Carta intestata a Gemmi Renzo
[1]Questo testo di dicembre è pubblicato in …
Gli altri sono elencati di seguito.
Febbraio: La scuola nuova, in http://www.carc.it/wp-admin/post.php?post=13078&action=edit.
Marzo, Ottimismo della ragione e della volontà, in http://www.carc.it/2018/03/22/ottimismo-della-ragione-e-della-volonta/.
Aprile, Fiducia nella classe operaia, fiducia in noi stessi, in http://www.carc.it/2018/04/22/gli-anniversari-della-vita-di-antonio-gramsci-aprile/.
Maggio, Il nuovo partito di cui parla Gramsci un secolo dopo, un nuovo governo per le masse popolari italiane, un nuovo CLN!, in http://www.carc.it/2018/05/25/il-nuovo-partito-di-cui-parla-gramsci-un-secolo-dopo-un-nuovo-governo-per-le-masse-popolari-italiane-un-nuovo-cln/.
Giugno, Il fascismo, in http://www.carc.it/2018/06/23/il-fascismo/.
Luglio, Il partito che c’è, in http://www.carc.it/2018/07/26/il-partito-che-ce/.
Agosto, Pensare e non solo ricordare, in http://www.carc.it/2018/08/29/pensare-e-non-solo-ricordare/
Settembre, Agli operai e alle operaie di ieri e di oggi, in http://www.carc.it/2018/09/21/agli-operai-e-alle-operaie-di-ieri-e-di-oggi/.
Ottobre, Scoperchiamo le carceri, in http://www.carc.it/2018/10/25/scoperchiamo-le-carceri/.
Novembre, Studiare e studiare, in http://www.carc.it/2018/11/17/studiare-e-studiare/
[2]Vedi in La città futura, Einaudi, Torino, 1982, Per una associazione di cultura, pp. 497 – 500.
[3]La città futura, cit. p. 498.