A margine dell’assemblea nazionale contro le grandi opere inutili e imposte del 17 novembre a Venaus abbiamo raccolto una breve intervista ad Alberto Perino. La riportiamo integralmente, nella sua brevità, perché contiene numerosi spunti di riflessione e alcuni elementi di orientamento generale estremamente utili per allargare la breccia nel sistema politico che le masse popolari hanno aperto con le elezioni del 4 marzo.
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Alberto Perino del Movimento NO TAV risponde alle domande di Pablo Bonuccelli, direttore di Resistenza:
Dall’assemblea di oggi è emersa chiaramente la delusione nei confronti del M5S che sta facendo passi indietro su molte delle promesse che aveva fatto in campagna elettorale: dal TAP al MUOS, passando per le titubanze rispetto al TAV. Tuttavia l’esistenza stessa di questo governo è manifestazione di una breccia nel sistema politico. Non credi che anche solo la sua esistenza abbia scompaginato il fronte dei poteri forti, anche solo con la minaccia di sospendere le grandi opere?
Il movimento NO TAV ha un detto “chi tocca il TAV muore”. Lo abbiamo visto con alcuni partiti e con alcuni politici: faccio l’esempio di Pecoraro Scanio per dirne uno. Come diceva Cancelli, per cifre come quelle che girano attorno al TAV i poteri forti fanno le guerre. La situazione, quindi, non è facile. Noi non abbiamo governi amici, ci sono governi più ostili o meno ostili. Nei confronti del TAV, perlomeno, il governo M5S-Lega ha fermato gli appalti e questo è un fatto. Come andrà a finire non lo so. Quello di cui sono sicuro è che se ci fosse stato un altro governo a quest’ora gli appalti sarebbero conclusi e Giaglione sarebbe già stata sventrata.
Io non sono morbido con questo governo e in particolare con il M5S: li incalzo e li pungolo, alcuni di loro si incazzano, altri non rispondono più ai messaggi. C’è da dire che oggettivamente hanno problemi grossi che non dipendono nemmeno da loro. Mi spiego: il M5S si è alleato con la Lega perché nessuno si voleva alleare con il M5S. Se si fosse alleato con il PD sarebbe stato persino peggio, perché con il PD non ci sarebbe stato nessun margine di trattativa. Salvini invece almeno fa finta che i margini ci siano, e sottolineo fa finta, di voler discutere. Il problema è che quando fai una alleanza con un partito che da 30 anni è in parlamento, che è stato all’opposizione, ma anche al governo, tratti con personaggi che sono stati ministri o sottosegretari, gente che conosce tutto l’apparato, ha conoscenze, ramificazioni, contatti con i “boiardi” dell’establishment. A quelli così non gli frega niente del cambiamento. Il M5S invece non sa da che parte girarsi, non conosce i meandri della baracca e quelli che hanno più esperienza hanno al massimo una legislatura alle spalle. Ecco, così finiscono per soccombere sistematicamente a Salvini. D’altra parte quali alternative aveva il M5S?
Con la situazione politica attuale, quali sono le prospettive del movimento NO TAV?
Noi non ci facciamo nessun particolare problema: il governo fa la sua strada e noi la nostra. Noi siamo regolarmente in Clarea, abbiamo i nostri tecnici che lavorano e si oppongono al TAV a ogni livello: tecnico, ambientale, ministeriale. Facciamo le barricate di carta e facciamo le barricate di fuoco, facciamo tutto quello che possiamo. Per noi non è cambiato nulla. Ripeto: è evidente che questo governo è “meno ostile”: se ci fossero governi di altro tipo a quest’ora saremmo impegnati in battaglie campali come nel 2011…
Nel corso del tempo il movimento NO TAV è diventato un faro per tutti quelli che si ribellano, si mobilitano, resistono agli effetti della crisi. Cosa dice oggi il movimento NO TAV all’ampio movimento di studenti, lavoratori, masse popolari…
Guarda, avere questo ruolo ci carica di grandi responsabilità che all’inizio non avevamo nemmeno messo in conto. Però ci sono. Abbiamo girato l’Italia per sostenere ogni movimento di resistenza e continuiamo a farlo: tutte le settimane partecipiamo ad assemblee e iniziative. Insistiamo sempre su alcune questioni:
- per lottare bisogna conoscere, studiare, ragionare, informarsi e informare. Sono molto contento che nell’assemblea di oggi questo è venuto fuori bene da tutti, è diventato un tratto comune.
- E’ necessario partire dalle cose concrete e particolari, quella che chi denigra i movimenti chiama sindrome “NIMBY” (not in my back yard – non nel mio giardino – ndr), ma poi è altrettanto necessario allargare il discorso e legare l’aspetto particolare alle questioni più generali.
- Non si può fare un lavoro ragionato e di prospettiva con le ruspe in casa. Quando uno ha le ruspe in casa c’è da correre, si può solo correre. Quindi è importante partire prima.
Infine, la questione decisiva: essere un movimento popolare. Se un movimento diventa di elites, a un certo punto uno si gira indietro e si rende conto di non avere più nessuno alle spalle.
Queste sono le cose che diciamo sempre e che continueremo a dire tutte le volte che siamo e saremo chiamati a portare la nostra esperienza.