Nelle scorse settimane il quotidiano online Contropiano ha pubblicato un articolo dal titolo “Sulla compagna cocaina”, in cui tratta della diffusione dell’uso di sostanze stupefacenti tra le file delle organizzazioni politiche, centri sociali e movimenti che per un verso o per l’altro si mobilitano contro gli effetti più gravi della crisi promuovendo valori progressisti, radicali, di lotta e partecipazione popolare alla vita collettiva. Insomma di tutte quelle organizzazioni, strutture e personalità che compongono quello che comunemente viene definito “ambiente dei compagni”.
Questo nostro commento all’articolo è rivolto, quindi, innanzitutto, alle compagne, ai compagni, a tutti quelli che aspirano a comprendere il funzionamento della società in cui viviamo e a tutti quelli che in qualche modo già si attivano per cambiarla.
La denuncia pubblica che si fa in questo articolo è molto importante e ci sentiamo di sostenerla perché ci dà modo di approfondire e alimentare il dibattito non solo sulla cosa in sé (la sinistra borghese tende a schiacciare la discussione su “droga sì, droga no” lasciando il campo a inutile opinionismo) ma inserirla all’interno della società odierna, al momento storico in cui ci troviamo e alla battaglia ideologica che occorre sviluppare per alimentare al costruzione della rivoluzione socialista nel nostro paese. Fare questo significa approcciarsi a qualsiasi questione con la Concezione Comunista del Mondo, diversamente qualsiasi discussione diviene mero chiacchiericcio.
È decisivo innanzitutto inserire tali vicende nel regime politico del nostro paese e nelle condizioni oggettive del nostro e degli altri paesi imperialisti. Il regime politico dei paesi imperialisti è detto regime di controrivoluzione preventiva. Esso storicamente ha rappresentato un grosso passo in avanti nella gestione della società che la borghesia ha dovuto darsi tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900 (in particolare esso prese avvio negli USA) rispetto al modo di gestire la società che l’aveva contraddistinta a partire dalle rivolte che si svilupparono intorno al 1848, nelle quali fu molto più grande e sviluppata la partecipazione delle masse popolari. Proprio in quegli anni nasce il movimento comunista e lo spauracchio che questo rappresentava e rappresenta per la borghesia.
Il regime di controrivoluzione preventiva consiste nella presa d’atto del carattere sempre più collettivo della produzione che il capitalismo ha sviluppato e del ruolo superiore che le masse popolari ricoprono in esso non solo nella produzione ma anche nella gestione della società. In sostanza la borghesia per governare non poteva più fare a meno della collaborazione delle masse popolari e il suo Stato è responsabile del loro benessere: per assicurarsi che producano merci e garantirsi la loro collaborazione a gestire la società borghese, i capitalisti devono tenere conto di un benessere minimo delle masse popolari. Con il regime di controrivoluzione preventiva, in sostanza, la borghesia ha costruito una barriera all’instaurazione del socialismo che il movimento comunista non è ancora riuscito a varcare in alcun paese imperialista.
Il carattere sempre più collettivo della produzione e la partecipazione delle masse popolari alla gestione della società confliggono con la caratteristica fondamentale del capitalismo, la proprietà privata dei mezzi di produzione. Unica soluzione realistica per far coincidere il carattere collettivo della produzione con la gestione politica collettiva della società da parte delle masse popolari è l’instaurazione del socialismo.
Per questo motivo il regime di controrivoluzione preventiva non è altro che un articolato sistema di manipolazione, di corruzione e di repressione che si fonda su cinque pilastri: 1. Intossicazione delle coscienze e operazioni che mirano a tenere arretrate e ignoranti le masse popolari (diffusione di teorie religiose, politiche fintamente radicali, promozione di attività di evasione dalla realtà e alterazione delle coscienze, fake news ecc.); 2. Dare la speranza di potere elevare la propria situazione materiale ma rendere più vana possibile ogni conquista riempiendo la vita delle masse popolari di scadenze, imposte, bisogni e interessi inutili, dannosi e futili; 3. Sviluppo di strumenti che facciano credere alle masse popolari che lo stato borghese sia lo stato di tutto il popolo (rappresentanza democratica, divisione dello stato in potere esecutivo, giudiziario e legislativo, pluripartitismo) nascondendo i due livelli di gestione del potere borghese, quello che viene stabilito, approvato e gestito pubblicamente e quello che viene stabilito, approvato e gestito dietro le quinte; 4. Formare organizzazioni che diano ai lavoratori l’illusione di rappresentanza sindacale autonoma dalla borghesia ma dirette da uomini di fiducia della borghesia (es. sindacati di regime) che lavorano a tenere buoni i lavoratori e gli operai; 5. Repressione diretta dei comunisti e secondariamente delle avanguardie di lotta delle masse popolari.
Con la crisi economica la borghesia non ha più avuto le condizioni materiali e concrete per gestire tale regime. Per tale motivo a partire dall’avvio della crisi si è data un programma politico comune che ritira tutte le conquiste democratiche, sociali e civili strappate dalle masse popolari. Questo processo ha generato il crollo di tutti i pilastri del regime di controrivoluzione preventiva ad eccezione del primo e dell’ultimo che vengono invece allargati e rafforzati via via che la crisi si fa più acuta e che la resistenza spontanea delle masse popolari ai suoi effetti si incrementa.
La diffusione massiccia e generalizzata di droghe è parte di questo sistema, è un dispositivo del regime di controrivoluzione preventiva utile a impedire la costruzione delle condizioni soggettive che permettano alle masse popolari di instaurare il socialismo.
Il regime di controrivoluzione preventiva riguarda le masse popolari di tutti i paesi imperialisti senza esclusione dei comunisti, di chi lotta contro gli effetti della crisi e di chi già oggi cerca una soluzione per uscire dal marasma in cui siamo immersi. La diffusione di droghe, alcool, maschilismo, violenza e tutte le altre forme di abbrutimento anche negli ambienti dei compagni non è una novità e necessita di una vera e propria battaglia ideologica per affermare quale sia la linea giusta da tenere per lo sviluppo delle condizioni per fare dell’Italia un paese socialista.
Una delle tendenze più arretrate rispetto alla trattazione di queste “questioni spinose” è quella che si fonda sul vecchio detto “i panni sporchi si lavano in famiglia”. È una concezione sbagliata e clericale molto diffusa anche in quelli che abbiamo definito “ambienti dei compagni”, questa ha portato, ad esempio, a non denunciare pubblicamente episodi di violenza di genere anche quando si è verificata negli spazi militanti, basti pensare a quanto accaduto recentemente a Parma o quanto, nelle scorse settimane, hanno denunciato gli abitanti della Schipa Occupata della “Campagna Magnammece o’ Pesone” di Napoli.
Non denunciare pubblicamente o farlo solo in parte magari senza portare gli esempi concreti (questo un limite presente anche nell’articolo di Contropiano) significa limitarsi a parlare dei limiti o degli errori e non di chi li commette e li incarna, quali sono le ragioni e quali le conseguenze: è il modo di fare tipico dei “cardinali”, che hanno tutto l’interesse a mantenere le masse popolari nell’ignoranza e nella non conoscenza, alla maniera di chi in definitiva non ha fiducia che le masse popolari possano fare giudizio e valutare grazie alla conoscenza della verità.
Queste concezioni finiscono per generare un atteggiamento omertoso che distrugge o soffoca il dibattito franco e aperto tra diverse organizzazioni politiche e sindacali che in molti casi arrivano addirittura a condannare questa pratica propria da sempre del movimento comunista rivoluzionario. La lotta ideologica è finalizzata alla trasformazione dello stato di cose presenti e di conseguenza all’evoluzione ideologica del movimento comunista e di chi si assume la responsabilità di guidarlo. La mancanza di dibattito franco aperto e di lotta ideologica alle posizioni nocive per la classe operaia e le masse popolari porta, in definitiva, a risolvere le contraddizioni tra compagni con metodi da bande rivali, come accaduto in questi giorni a Piacenza tra USB e Si Cobas, che finiscono per rafforzare la borghesia e il proprio regime politico.
Nell’articolo di Contropiano, inoltre, si indica il movimento degli anni ’70 come più maturo ad affrontare questo tipo di contraddizioni (la diffusione dell’uso di droghe tra i compagni) senza indicare le ragioni di questa maturità superiore ma neanche indicare i limiti che quel movimento ha avuto nel fronteggiare questo tipo di fenomeni. La ragione fondamentale sta nel fatto che in quegli anni il movimento comunista internazionale e nazionale era forte. In particolare il movimento comunista del nostro paese godeva innanzitutto di due punti di forza: da un lato la forza del movimento comunista internazionale (decisamente superiore ad oggi), dall’altro viveva dell’enorme autorevolezza ereditata della Resistenza. Va detto, però, che del movimento comunista internazionale ma soprattutto della Resistenza il movimento rivoluzionario italiano aveva la combattività (da questo punto di vista probabilmente a livello maggiore che negli altri paesi imperialisti) ma anche i limiti. La mancanza di una scienza all’altezza che guidasse la situazione, in sostanza, fu anche la causa della diffusione dell’uso di sostanze stupefacenti tra le file delle organizzazioni che aspiravano al comunismo (questo già dall’inizio degli anni ’70) e più in generale nel reflusso che colpì il movimento rivoluzionario del nostro paese negli anni ottanta decimandolo sotto la scure della repressione della borghesia (che, come detto, entrava nella sua crisi generale e cominciava le prime prove di attuazione del programma comune) ma anche attraverso la diversione (eroina, nichilismo, religioni e credenze orientali ecc.).
Oggi il movimento comunista è debole ma sta via via rialzandosi da quella sconfitta, liberandosi di tutte quelle concezioni disfattiste e attendiste che negli anni Ottanta assunsero la forma della dissociazione e del pentitismo. Le condizioni oggettive e la tendenza oggettiva al comunismo (il carattere sempre più collettivo della produzione) vanno in questa direzione. Il punto da cui partire sta innanzitutto nell’affermare che la sconfitta subita dal movimento comunista dei paesi imperialisti nel secolo sorso consiste principalmente nella scarsa e inadeguata comprensione della Concezione Comunista del Mondo, inquinata da idee e concezioni provenienti dalla borghesia (scuola di Francoforte, operaismo, figli dei fiori, militarismo ecc.). Fu proprio dalla lotta a queste concezioni, al disfattismo, all’attendismo, alla dissociazione e al pentitismo che mosse i primi passi la Carovana del (n)PCI (all’epoca innanzitutto dai Comitati contro la Repressione e dalla Redazione Rapporti Sociali) assumendosi il compito storico di andare contro la corrente diffusa.
La lotta al senso comune e il rafforzamento ideologico e politico del movimento rivoluzionario del nostro paese passano quindi dalla comprensione che non è la prima volta che il movimento comunista si ritrova ad affrontare determinate contraddizioni. Ciò è utile per fissare alcuni aspetti che ci permettono di non partire da zero e fare tesoro delle esperienze di chi ci ha preceduti.
Lenin in “Estremismo, malattia infantile del comunismo” fa una ricostruzione storica delle fasi che hanno condotto il partito bolscevico a instaurare il socialismo in Russia. Un passaggio molo importante riguarda l’analisi che fa del movimento rivoluzionario russo a seguito della sconfitta subita nel 1905. La debolezza in cui era stato ricacciato il movimento comunista con quella sconfitta e il riflusso che essa generò nel movimento rivoluzionario russo finirono per diffondere in tutto il paese un’ondata di disfattismo e attendismo (nello sviluppo di pratiche di evasione dalla realtà che andavano all’assunzione di sostanze, alla religiosità fino all’organizzazione di veri e propri riti magici).
Nel suo scritto Lenin mostra bene come in quella fase la lotta ideologica a queste concezioni unita al lavoro di costruzione del nuovo potere rappresentarono un punto di forza dei bolscevichi.
(1907-1910). Lo zarismo ha vinto. Tutti i partiti rivoluzionari e di opposizione sono battuti. Scoraggiamento, demoralizzazione, scissioni, decomposizione, tradimento, pornografia invece di politica. Si rafforza la tendenza all’idealismo filosofico; il misticismo è l’involucro che copre le tendenze controrivoluzionarie. Ma appunto la grande sconfitta è al tempo stesso, per i partiti rivoluzionari e per la classe rivoluzionaria, un’effettiva ed utilissima scuola, una scuola di dialettica storica, una scuola dove si impara a capire la lotta politica, una scuola dove si impara la scienza e l’arte di condurre la lotta politica. […] Fra tutti i partiti d’opposizione e rivoluzionari battuti, il partito dei bolscevichi si ritirò con maggiore ordine, con le minori perdite per il suo “esercito”, conservandone meglio il nucleo, con scissioni minori (per profondità e insanabilità), con la minor demoralizzazione e con la maggiore capacità di riprendere il lavoro nel modo più ampio, giusto ed energico. E i bolscevichi ottennero questo soltanto perché smascherarono e cacciarono spietatamente tutti i declamatori di frasi rivoluzionarie, i quali non volevano capire che bisognava ritirarsi, che bisognava sapersi ritirare, che bisognava imparare a qualunque costo a lavorare legalmente nei Parlamenti più reazionari, nelle più reazionarie organizzazioni sindacali, cooperative, di assicurazione e simili. […] Da principio, la ripresa fu incredibilmente lenta […] i bolscevichi, superando immense difficoltà, respinsero i menscevichi. La loro funzione come agenti borghesi nel movimento operaio era già stata perfettamente compresa dopo il 1905 da tutta la borghesia: essa quindi li appoggiava, in mille modi, contro i bolscevichi. Ma i bolscevichi non sarebbero mai riusciti a respingerli, se non avessero applicato una tattica giusta, la tattica di unire il lavoro clandestino con l’utilizzazione obbligatoria delle “possibilità legali”.
In definitiva se oggi tra i compagni si è diffuso l’uso di sostanze come la cocaina (un tempo considerata la droga dei ricchi, ma oggi venduta a buon mercato e di scarsa qualità in ogni piazza, addirittura per avere “ispirazioni politiche geniali”) è a causa della debolezza del movimento comunista e della scarsa diffusione della scienza di cui è portatore ovvero la Concezione Comunista del Mondo. È la mancanza di un progetto, una strategia e una tattica, per arrivare a fare il socialismo nel nostro paese che crea anche tra i compagni un clima, un sentire, di sfiducia verso il futuro e di disfattismo. L’attendismo lo si può mascherare con le parole più belle o con le teorie e le proposte più riformiste o più massimaliste…ma ciò non cambia la sostanza, che è assuefazione al sistema della borghesia ed è resa: la rivoluzione non oggi perché non ci sono le condizioni, domani forse ma dopodomani sicuramente!
L’apoteosi di questo andazzo è il suicidio politico, che spesso si trasforma in “galleggiamento” in qualche maniera per dire “esisto”, o nei casi più tristi il suicidio del compagno stesso (ed anche di questi casi, purtroppo ne abbiamo avuto un aumento). È questa la massima espressione dell’individualismo, sia nel caso del suicidio che nel caso del “galleggiamento” (io salvo la mia coscienza, poi che le masse popolari vadano pure alla malora).
Siamo d’accordo dunque che il problema esiste, ma vanno avanzate delle soluzioni di combattimento: parlare apertamente dell’uso di sostanze stupefacenti e di abuso di alcool tra compagni, indagare le origini e le cause ideologiche di questi comportamenti diffusi tra la masse popolari dalla borghesia perché funzionali al proprio sistema di intossicamento e diversione dalla lotta di classe; condannare apertamente questi come altri comportamenti immorali (immorali perché danneggiano i compiti della lotta di classe) ed alzare la vigilanza rivoluzionaria negli spazi di aggregazione, all’interno dei collettivi; promuovere lo studio della scienza comunista per risolvere i problemi anche quotidiani e la sua diffusione attraverso dibattiti ed iniziative di discussione; aprirsi al dibattito franco e aperto per approfondire la discussione politica sulla situazione generale e particolare, esercitarsi nella critica e l’autocritica pubblica; soprattutto domandarsi sempre “questa cosa alimenta la mobilitazione morale e intellettuale delle masse popolari? Alimenta positivamente la lotta di classe?”.
Una strategia e una tattica per fare dell’Italia un nuovo paese socialista esiste oggi ed è illustrato nel Manifesto programma del nuovo Partito Comunista Italiano; la Concezione Comunista del Mondo come guida all’azione dei comunisti è illustrata e trattata nella pubblicistica del nuovo PCI, nella rivista quadrimestrale “La Voce” sono trattati anche molti temi che attengono alla necessità dei comunisti di trasformarsi (gli uomini e le donne che in carne ed ossa lo comprendono e lo fanno vivere) per poter condurre con efficacia la lotta di classe, ma soprattutto per vincere!