Il 12 ottobre in tutta Italia gli studenti sono scesi in piazza per contestare la mancata traduzione delle promesse elettorali del Governo Di Maio-Salvini nel campo dell’Istruzione, in particolare rispetto al mancato superamento della “Buona Scuola” nonostante questa misura sia annunciata nel contratto di governo. Per il 16 novembre è stata annunciata una seconda mobilitazione nazionale.
Nel Contratto di Governo, nella parte dedicata alla scuola, si dice espressamente che: “In questi anni le riforme che hanno coinvolto il mondo della scuola si sono mostrate insufficienti e spesso inadeguate, come la c.d. “Buona Scuola”, ed è per questo che intendiamo superarle con urgenza per consentire un necessario cambio di rotta, intervenendo sul fenomeno delle cd. “classi pollaio”, dell’edilizia scolastica (…)”. Su questo tema (una vera e propria emergenza nazionale, basti pensare che dal 2013 ad oggi sono stati 207 i crolli di edifici scolastici; tre scuole su quattro sono senza agibilità statica, solo una su venti è in grado di resistere a un terremoto, e la lista potrebbe essere infinita…) il Ministro dell’Istruzione Marco Busetti aveva promesso di sbloccare 7 miliardi per la rimessa in sesto degli edifici, ma di recente ha sostenuto che non c’è bisogno di fare altri investimenti nell’Istruzione: “bisogna riscaldarsi con la legna che c’è!”.
Sta di fatto che, ad oggi, il tema della sicurezza nelle scuole è stato trattato esclusivamente dal Ministro degli Interni Matteo Salvini. Con l’iniziativa “scuole sicure” (il progetto al momento coinvolge 15 città) sono stati investiti 2,5 milioni di euro per “mettere le scuole al sicuro” non dai sismi, dagli incendi, dall’amianto, ma dagli “spacciatori di morte”. I soldi investiti, quindi, sono destinati al contrasto della diffusione delle sostanze stupefacenti nelle scuole tramite l’acquisto di telecamere di sorveglianza, al pagamento di straordinari (o a nuove assunzioni temporanee) di vigili urbani da mandare in pattuglia davanti alle scuole, a campagna formative (anche se solo il 10% del 50% dei fondi ricevuti da ogni istituto, potrà essere usato per attività di educazione all’interno delle scuole.). Il provvedimento, inoltre, sollecita i comuni affinché individuino le scuole fra i luoghi dove applicare il Daspo.
È chiaro che con questo provvedimento si aggira completamente il reale problema della sicurezza e si eludono gli impegni presi in campagna elettorale. Organizzazioni studentesche, docenti, genitori e sindacati, sono insorti contro la militarizzazione delle scuole usata come specchietto per allodole: giusto! Bisogna costringere il governo a ritirare il provvedimento e a stanziare i fondi necessari alla rimessa in sesto degli edifici scolastici sviluppando iniziative di agitazione e attuazione delle misure che servono.
Si tratta di approfittare fino in fondo della disponibilità che Di Maio ha dimostrato a fronte delle manifestazioni del 12 ottobre: di fronte al “rogo” di due manichini raffiguranti lui e Salvini durante il corteo di Torino, mentre Salvini ha gridato allo scandalo (proprio lui che, il 25 gennaio scorso, aveva minimizzato il rogo del manichino raffigurante Laura Boldrini ad opera dei “Giovani Padani” della Lega di Busto Arsizio https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/01/26/fantoccio-boldrini-bruciato-busto-arsizio-uno-schifo-che-salvini-chiama-sciocchezza/4118334/ e ha fatto personalmente di peggio usando per rappresentarla durante un comizio https://milano.repubblica.it/cronaca/2016/07/25/news/salvini_boldrini-144779884/ una bambola gonfiabile), Di Maio ha risposto pubblicamente agli studenti che “i Ministeri sono aperti, venite per confrontarvi” e che si augura “che le studentesse identificate non siano denunciate per vilipendio” che è un reato medievale di cui auspica la cancellazione (hanno dunque fatto bene e sono un esempio gli studenti della Rete della Conoscenza ad aver accettato l’invito). Si tratta di mobilitare in ogni scuola gli studenti (che si coordinano con insegnanti, personale ATA e genitori) a costituire organizzazioni giovanili che si occupano della scuola (dei problemi degli studenti, del sistema scolastico, della difesa e del potenziamento della scuola pubblica) e che escono dalla scuola per legarsi alle organizzazioni operaie e alle organizzazioni popolari che già esistono sul territorio e a quelle che si formeranno, per prendere direttamente le misure favorevoli alle masse che è possibile attuare a livello locale. Per esempio:
– avviare campagne di boicottaggio di “scuole sicure” spingendo gli enti locali a investire i fondi stanziati in progetti di riqualificazione e messa in sicurezza delle scuole, altro che militarizzazione! In questo senso è utile avvalersi degli eletti di M5S e Lega (a livello locale e nazionale) costringendoli ad appoggiare, partecipare e a farsi promotori di ispezioni e sopralluoghi nelle scuole; di interrogazioni nei consigli comunali e regionali (accompagnate da irruzioni e presenza di studenti, insegnanti e genitori) per imporgli di stanziare i fondi necessari ai progetti di riqualifica. Spingerli con iniziative dal basso: questionari, petizioni, raccolte firme, campagne di denuncia (tirando in ballo la stampa), assemblee, manifestazioni, organizzando scioperi al contrario in cui avvalersi del sostegno dei lavoratori e dei disoccupati della zona come hanno fatto, a novembre scorso, i compagni della Sezione di Napoli Est del P. CARC che ha effettuato un volantinaggio all’istituto Curie (una scuola superiore di Ponticelli) per fare inchiesta su quali fossero le principali problematiche all’interno dell’istituto. Molti dei ragazzi hanno sottolineato che a pochi passi dalla scuola c’era una discarica abusiva e più volte la scuola aveva segnalato alle autorità (Regione e ASL) la presenza della discarica, senza ricevere nessuna risposta. Un compagno e lavoratore della società partecipata ARPAC Multiservizi (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale in Campania) ha mobilitato direttamente alcuni lavoratori della società affinché ispezionassero la discarica e ne verificassero la tossicità. L’ispezione è avvenuta, a dimostrazione di come il farla o meno fosse una questione di volontà e non di possibilità (vedi qui: http://www.carc.it/2018/01/31/la-mobilitazione-delle-masse-popolari-e-piu-efficace-di-ogni-programma-elettorale/). Questo è un singolo e particolare esempio che dimostra gli appigli, le possibilità, le occasioni in cui e per cui promuovere la mobilitazione degli studenti, passando dalle “parole ai fatti”, è possibile oltre che necessario a sviluppare la mobilitazione e l’organizzazione del coordinamento tra studenti, insegnanti e abitanti del quartiere.
– Campagne di boicottaggio del contributo scolastico, formalmente volontario, ma in realtà (a causa del progressivo definanziamento dell’istruzione pubblica) sempre più fonte di finanziamento per molti istituti. Il contratto di governo recita: “ Una scuola inclusiva è, inoltre, una scuola in grado di limitare la dispersione scolastica che in alcune regioni raggiunge percentuali non più accettabili. A tutti gli studenti deve essere consentito l’accesso agli studi, nel rispetto del principio di uguaglianza di tutti i cittadini”. Ebbene, assicurare l’accesso agli studi, lottare la dispersione scolastica, significa incrementare i finanziamenti alla scuola pubblica e abolire ladrocini come quelli del contributo scolastico che obbliga le famiglie a pagare due volte la scuola pubblica (una volta con la fiscalità generale, e una seconda con il contributo scolastico da versare al momento dell’iscrizione a scuola). Ad oggi non esiste alcune legge che disciplina il contributo scolastico, tutto è delegato ai singoli istituti (e ai presidi) in virtù di quell’ “autonomia scolastica”, che da Berlinguer a Renzi, ha trasformato le scuole in aziende che competono sul mercato dell’istruzione. Da anni gli studenti (spesso coordinati con i genitori) mettono in campo iniziative di boicottaggio: occorre coordinarsi per rendere questa lotta “di massa” con la finalità di abolire il contributo e, in generale, di mettere in discussione tutto l’impianto aziendalista che da vent’anni a questa parte connota la nostra scuola.
– Mobilitarsi per abolire i finanziamenti alle scuole paritarie facendo leva su quanto il M5S, da sempre, ha affermato su questo punto. È del 2017, infatti, una loro proposta di legge proprio per l’abolizione dei finanziamenti alle scuole paritarie. L’azione degli studenti dev’essere finalizzata non solo a contrastare le parti più reazionarie del contratto e dei provvedimenti governativi (per esempio il Ddl “scuole sicure”), né deve fermarsi a pretendere solo l’applicazione delle misure annunciate in campagna elettorale e presenti nel contratto (ad esempio il superamento della c.d. “Buona Scuola”). Bisogna intervenire anche su ciò che nel contratto di governo non è considerato: per l’appunto l’abolizione dei finanziamenti alle scuole paritarie (circa 300 milioni di euro all’anno).
– Boicottare l’alternanza scuola-lavoro e laddove è possibile avvalersene! L’alternanza scuola-lavoro di Renzi è una dimostrazione che nella società capitalista tutto viene sottomesso alle leggi del profitto e che nelle mani della borghesia ogni cosa diventa strumento per alimentare lo sfruttamento e la guerra fra poveri, anche quando i presupposti sono positivi, come in questo caso il ruolo della formazione pratica, sul campo, nell’educazione dei giovani. Sono gli studenti insieme agli insegnanti che devono decidere se e come investire le ore di alternanza scuola-lavoro; costituire commissioni che definiscano i progetti in conformità alle attitudini e alle necessità degli studenti e non agli interessi delle aziende!
In sintesi si tratta di mettere in campo una serie concatenata di mobilitazioni scuola per scuola, città per città, regione per regione fino a fare di queste iniziative un movimento nazionale a difesa dell’Istruzione pubblica.
Gli studenti possono avvalersi della mobilitazione di tutti gli altri settori delle masse popolari che già sono in mobilitazione sostenendo, partecipando, rinforzando, tutte le mobilitazioni che rivendicano l’attuazione delle parti favorevoli alle masse popolari del Contratto di governo: reddito di cittadinanza vero, che consenta una vita dignitosa, abolizione del Jobs Act e della legge Fornero, abolizione del TAP e del TAV, ecc. e contrastando tutte le misure reazionarie antipopolari: sia quelle contenute nel Contratto di governo, sia quelle che il governo prende volta per volta (rompere ogni continuità con la guerra ai poveri promossa dai governi precedenti, contrastare il razzismo di stato, la repressione e la criminalizzazione dei movimenti).
Questa è la via attraverso cui gli studenti possono concorrere all’allargamento della crepa nel sistema politico che le masse popolari hanno aperto il 4 marzo per andare fino in fondo con la costruzione di un governo fondato sugli organismi operai e popolari e che dia forza e forma di legge alle risoluzioni da questi assunte caso per caso.