Di fronte a ogni mobilitazione delle masse popolari dobbiamo imparare a mettere in secondo piano l’orientamento della corrente o del gruppo che la promuove e a concentrarci sui seguenti aspetti:
– quali classi partecipano alla mobilitazione (e dare priorità a quelle a cui partecipa attivamente la classe operaia);
– a quali misure pratiche la mobilitazione apre la strada (direttamente, per come si esprime oggi, o potenzialmente, a seguito dell’intervento mirato e cosciente dei comunisti);
– secondo quali vie e con quali strumenti possiamo incanalarla verso la lotta per la costituzione del Governo di Blocco Popolare o comunque come farla contribuire a questo obiettivo indipendentemente dagli obiettivi dei suoi promotori.
In termini pratici, il nostro intervento consiste:
– nell’individuare fra chi partecipa la parte più avanzata, cioè quella che si distingue perché nella pratica agisce già (anche in modo contraddittorio) in modo da favorire l’organizzazione e la mobilitazione del resto delle masse popolari e spinge per portare l’organismo promotore a operare come nuova autorità pubblica;
– nel mostrare sia direttamente, sul campo, che attraverso la propaganda il contesto in cui la mobilitazione si inserisce e le prospettive che apre e nell’orientarla ad avanzare in quel senso;
– nel mostrare i passi concreti da compiere e sostenere la parte avanzata (che non corrisponde necessariamente ai promotori della mobilitazione) affinché li compia;
– nell’indicare i legami da sviluppare con altri organismi e con altre mobilitazioni e sostenere la parte avanzata affinché li sviluppi.
In questo modo si lega la singola mobilitazione alla più generale lotta per il governo del paese e si contrastano le tendenze, come il localismo e il particolarismo, attraverso cui la mobilitazione popolare finisce facilmente alla coda della classe dominante (il Vaticano, i partiti delle Larghe Intese, la destra reazionaria) o nell’inconcludenza della sinistra borghese.
Dobbiamo infine dare ampio risalto alle iniziative e alle mobilitazioni che sono da esempio per altri. In questa fase di grandi denunce e allarmi sul “moderno fascismo”, sono di esempio nella lotta contro le misure reazionarie, promosse dai partiti delle Larghe Intese con i precedenti governi e proseguite oggi da Matteo Salvini nel governo M5S-Lega, quelle mobilitazioni e iniziative che violano divieti, limitazioni della libertà e fogli di via; è esemplare tanto l’iniziativa con cui il Movimento NO TAV ha “salutato” i fogli di via da Chiomonte a carico di decine di militanti, legandoli a palloncini rossi che li hanno fatti volare via (20/10/2018), quanto il comunicato con cui il movimento antifascista di Padova annuncia pubblicamente che i militanti raggiunti anch’essi dai fogli di via violeranno le limitazioni per continuare a svolgere attività politica e sociale in città (15/10/2018).
La partecipazione a Italia 5 Stelle a Roma
Il 20 e il 21 ottobre una squadra di compagni e compagne ha partecipato alla manifestazione nazionale del M5S al circo Massimo. Gli obiettivi erano vari: fare inchiesta sul movimento interno al M5S (ruolo dei meet up, partecipazione dal basso, ecc.); fare inchiesta sull’orientamento degli eletti alla Camera e al Senato, presenti in grande numero; favorire la partecipazione di organizzazioni operaie e popolari affinché intervenissero direttamente sugli eletti, sui sottosegretari, segretari e ministri incalzandoli sul rispetto delle promesse e delle parti positive del Contratto di governo.
Non ci dilunghiamo sui tanti aspetti che pure meriterebbero una riflessione per paragonare la narrazione che hanno fatto dell’iniziativa i media di regime (che dimostra quanto il M5S “faccia paura”: dalla strumentalizzazione delle parole di Grillo alla “conta” al ribasso dei partecipanti), né su questioni particolari (gli elementi emersi nelle discussioni individuali, gli elementi che abbiamo raccolto ai tavoli di discussione, i contatti che abbiamo raccolto e la disponibilità che abbiamo incontrato e riscontrato). Ci soffermiamo solo su alcuni aspetti di carattere generale, tutti toccati nella lettera che una compagna che ha partecipato alla squadra di intervento ci ha scritto.
“Il clima che abbiamo trovato è molto simile a quello che si respirava alle vecchie feste dell’Unità: una vasta partecipazione popolare, decine di migliaia di persone che a vario titolo partecipavano per parlare, ragionare, discutere di politica e dei problemi del paese, delle soluzioni ai quali vogliono essere partecipi. Abbiamo trovato tanta gente davvero preparata: dai membri del meet up locale al consigliere comunale, dal consigliere regionale al deputato o al senatore. Io personalmente ho avuto qualche difficoltà all’inizio perché la concezione prevalente in tutti quelli che incontravo o con cui parlavo era il legalitarismo, cioè l’illusione che “se le cose non vanno a causa delle leggi, basta cambiare le leggi” – insomma, una concezione che nega la lotta di classe – ma ho preso man mano coscienza del fatto che questa fiducia nel sistema borghese che trasuda in ogni attivista o eletto del M5S non è collusione con la classe dominante. La loro pratica li porterà ad andare oltre, a sperimentare e verificare che il teatrino della politica borghese è una nassa. Lo dico per due motivi: il primo è che abbiamo toccato con mano che il M5S non è più “il movimento di protesta” che raccoglie “il voto di protesta”, nel corso del tempo ha formulato un programma di governo per il paese e lo vuole attuare. L’esperienza di governo sarà in questo sento estremamente educativa. Il secondo, legato al primo, è che davvero in ogni angolo trasparivano la sfiducia e la ribellione verso il sistema politico e i partiti delle Larghe Intese, ma sotto forma di proposta. Sfiducia e una ribellione tanto radicate che né io né nessun altro membro della squadra abbiamo trovato una sola persona che avesse parole tenere con l’alleato di governo e che anzi indicava la Lega come un lascito del vecchio e marcio sistema. Sfatato, dunque, il mito del “compromesso al ribasso per governare”: in tanti ci hanno comunicato il timore che il M5S, anche con la complicità del “sistema politico” (partiti, giornali, TV, ecc.) sia messo in ombra dalla Lega e da Salvini con il preciso intento di indebolirlo e disgregarlo. (…)
Abbiamo “condotto in porto” alcune operazioni, in particolare per quanto riguarda il lavoro operaio: abbiamo organizzato l’incontro fra alcuni operai della ex Lucchini di Piombino e della Piaggio di Pontedera con esponenti della Commissione Lavoro della Camera; abbiamo sostenuto il Comitato dei parenti delle vittime dei veleni di guerra a portare alla ribalta la loro lotta e imporre la questione al governo (Di Maio, Trenta…), abbiamo preso contatti estremamente utili per sostenere la mobilitazione dei lavoratori della grande distribuzione contro le aperture domenicali e nei giorni festivi degli esercizi commerciali e sostenuto gli attivisti NO TAP, presenti in forze, a incalzare il governo affinché mantenesse le promesse che invece si sta rimangiando. (…)
Torniamo a casa con un patrimonio di relazioni, contatti, impegni tutti utili a sostenere la mobilitazione e l’intervento delle masse popolari nei confronti del governo. E con una grande conferma: senza la sua base, la spinta della sua base, il controllo attivo e la partecipazione diretta della sua base, il M5S non sarebbe quello che è e la natura e il ruolo del governo M5S-Lega sarebbero estremamente diversi (…).
P. B.
Mobilitare la base della Lega per allargare la breccia
Riportiamo estratti dal rapporto di un nostro compagno che è intervenuto a un’iniziativa della Lega a Omegna in cui si discuteva del referendum per l‘annessione alla Lombardia della provincia del VCO che si è svolto il 21 ottobre scorso.
“La platea era composta da circa 100 persone. Sono intervenuto davanti al pubblico presentandomi come allevatore, venuto dalle valli proprio per capire cosa fare al Referendum e dicendo che non capivo la natura stessa del Referendum perché i problemi reali mi sembrano altri. Ho elencato alcuni effetti della crisi in Lombardia e Piemonte tra cui la chiusura per la crisi di decine di aziende agricole, la chiusura delle fabbriche (ho riportato esempi locali) e ho affermato che il problema vero è la crisi generale, chiedendo spiegazioni su come il governo stia intervenendo per trovare soluzioni. Ho quindi fatto appello proprio ai leghisti presenti, dicendo che la Lega è al governo e che quindi ha il potere per portare fino in fondo la rottura dei trattati internazionali che limitano le autonomie locali, le politiche per un lavoro utile e dignitoso per tutti e ho concluso che avrebbe dovuto incoraggiare la partecipazione popolare per farlo.
La reazione al mio intervento è stata evidente, un compagno del PCI presente fra i relatori della serata ha ripreso il mio intervento sulla questione del lavoro, mentre Zanetta (un esponente della Lega favorevole al referendum) è sbiancato e ha cominciato a farfugliare che lui era stato della DC e che era sempre stato dalla parte dei lavoratori, facendo l’elenco di alcune lotte degli anni ‘70 a cui aveva partecipato a Verbania. Il segretario provinciale della Lega ha detto che lui era orgogliosamente populista e che era d’accordo con il rompere con i trattati.
A fine dibattito sono stato circondato da 5 leghisti e dal segretario provinciale che mi ha detto che avevo ragione, che bisognava che il popolo controllasse gli eletti della Lega perché “quando vanno a Roma cambiano”, ma che non era facile cambiare i trattati. Io l’ho incalzato sulla mobilitazione popolare: “se non sono storie le cose che dite e le promesse che fate dovete mobilitare i lavoratori”.
Il limite del mio intervento è stato che ero da solo e non ho potuto curare a dovere “la platea” perché sono stato attorniato dai “pezzi grossi” della serata. Ma in generale si conferma giusta la linea del Partito in particolare in questa zona, dove la Lega raccoglie tradizionalmente il voto di allevatori e agricoltori la cui storia, però, è legata strettamente al vecchio movimento comunista.”
M. C.