[Piombino] Per il lavoro, per il referendum! che il governo venga a Piombino e ascolti i comitati

Intervista al Comitato di Salute Pubblica di Piombino del 12.10.18

Abbiamo incontrato il Comitato di Salute Pubblica di Piombino per parlare del loro percorso di lotta. Il CSP si è mobilitato negli ultimi mesi contro il progetto di ampliamento della discarica comunale chiamata Rimateria. Questo impianto, nato per riciclare i rifiuti dell’adiacente Sito di Interesse Nazionale (SIN), decine di ettari di terreno dove sono abbandonate da decenni migliaia di tonnellate di rifiuti dell’acciaieria di Piombino, ha prodotto un “debito” per il Comune (a ininterrotta gestione PD). A fronte di questo “debito”, imposto dalle regole EU di bilancio, il Comune sceglie di vendere progressivamente le quote di Rimateria a privati per far cassa. Privati che in questo caso sono cooperative emiliane con dietro Monte dei Paschi. La logica di lor signori dice che, se Jindal, il nuovo padrone delle acciaierie, non ha intenzione di far ripartire l’impianto subito e fare anche le bonifiche, Rimaterianon può aspettare e quindi per far cassa deve importare rifiuti da fuori. Milioni di tonnellate di rifiuti speciali che vanno ad aggiungersi a quelli che ci sono già. Come dire, già che c’è un’enorme discarica a cielo aperto, invece di dare lavoro e salute al territorio avviando le bonifiche, speculiamoci buttandoci sopra altra roba, ricattiamo i lavoratori della discarica dicendo che l’unica soluzione per continuare a lavorare è avvelenare la città. Dividi et impera, dicevano i Romani. Lo Stato borghese con le sue “regole di bilancio” produce il terreno per dar sbocco a un capitale finanziario sempre più a corto di occasioni di valorizzazione, nel contesto della crisi generale per sovraccumulazione assoluta di capitale. La partita sulle privatizzazioni delle “partecipate” (dall’acqua pubblica, ai trasporti pubblici fino, appunto, alla gestione dei rifiuti) va vista sotto questa luce.
Tutto questo produce la resistenza spontanea e inevitabile delle masse popolari che, in questo caso, hanno visto cumuli maleodoranti di decine di metri innalzarsi dal nulla e hanno cominciato a mobilitarsi per capire, per opporsi. L’intervista che riportiamo mostra bene il cammino di come un gruppo di persone anche ristretto ma determinato, mobilitandosi, arriva a formare un’organizzazione popolare (OP), un “collante” come lo chiamano loro. Ci mostra anche quale ruolo fondamentale questa OP abbia giocato nella partita fin dagli esordi (controllo popolare e denuncia) e stia sempre più giocando, al punto da far traballare la giunta; quanto seriamente sia presa dai padroni e dai loro pappagalli in Comune (esemplare la scelta del Comune di pagare i migliori avvocati della città contro CSP). La questione più importante che questa intervista dimostra, tuttavia, è la trasformazione che questa OP sta facendo verso una Nuova Autorità Pubblica (NAP), cioè verso un’organizzazione che propone direttamente un piano popolare di gestione del territorio che sia in accordo con gli interessi delle masse popolari e che lo fa ingoiare con la mobilitazione alle istituzioni: lavoro, bonifiche, riciclo. Il capitalismo e i bisogni delle masse popolari, come dimostra in modo lampante il caso di Piombino, sono ormai incompatibili. La crisi generale (economica, sociale, politica, ambientale) in cui la borghesia imperialista ci trascina non è frutto della sua avidità ma di un limite intrinseco del sistema. Piombino ha bisogno di occupazione, di un piano di bonifiche del SIN, di un piano siderurgico nazionale, di smantellare gli impianti in decadenza e farne di nuovi, con tecnologia pulita e lontano dalle case. Tutto questo vorrebbe dire piena occupazione e salute ed è perfettamente fattibile da un governo nazionale. Abbiamo gli uomini e i mezzi per farlo. Le masse popolari, mobilitandosi, stanno creando organizzazioni che propongono e impongono queste soluzioni al governo.
A Piombino è attiva da anni anche un’organizzazione operaia degli operai AFERPI, l’acciaieria, chiamata Camping CIG, alle cui vicende il nostro giornale Resistenza ha dato ampia risonanza.
Quest’organizzazione operaia è riuscita a fare quello che i dirigenti sindacali non volevano fare, è riuscita a farsi ricevere al MISE e ha scritto una lettera all’attuale Ministro del Lavoro. C. CIG chiede un piano nazionale per la siderurgia, lavoro e salute nell’interesse di tutti. Con il suo instancabile lavoro di lotta e coordinamento, con, ad esempio, il lavoro di critica al nuovo farlocco piano aziendale di JWD, C. CIG ha dimostrato di sapersi occupare dell’azienda, di aver le potenzialità per cominciare immaginare il futuro delle acciaierie senza tener conto dell’interesse dello squalo di turno. C. CIG e CSP insieme possono e devono immaginare il futuro della città,
mobilitarsi congiuntamente per far venire il governo a Piombino e riscattare le masse popolari della città. Possiamo, insieme e fin da ora, creare un percorso di mobilitazione per il lavoro e per il referendum, che costringa questo governo traballante a venire a sentire che cosa i piombinesi hanno da dire su Piombino. Questa è l’unica via realistica per ottenere quello che tutti vogliono, tutti sanno, ma i padroni e loro lacchè non fanno perché va contro, e sempre più andrà contro, i loro interessi.
Il ruolo dei comunisti oggi è quello di appoggiare senza riserve la mobilitazione delle masse, di legarsi a quanto di esse esista di più sano, combattivo, avanzato. Come comunisti promuoviamo le organizzazioni operaie e popolari affinché si coordinino fino a imporre un loro governo di emergenza nazionale (che noi della Carovana del (n)PCI chiamiamo GBP – Governo di Blocco Popolare), unica vera alternativa alla mobilitazione reazionaria, unico sbocco che i padroni hanno per far fronte alla crisi in cui ci trascinano. Che l’esperienza di Piombino sia d’esempio per altre 10, 100, 1000 lotte come Piombino, come in Val Susa, come in Puglia per la TAP, come alla Bekaert di Figline Valdarno, alla Rational di Massa o nei magazzini della logistica in Emilia. Non sono i padroni a essere forti, sono le masse popolari che devono far valere la loro forza!

L’INTERVISTA

Potete raccontarci in modo sintetico come è nato il Comitato?

Siamo partiti da un piccolissimo gruppo di persone di Colmata, un quartiere residenziale periferico, vicino alla discarica. Tre anni fa dissero che in discarica ci volevano mettere l’amianto. La cosa ha sollevato preoccupazione e ha iniziato a crearsi un gruppo che si incontrava nelle case a discutere sul da farsi. Questa fase ha prodotto una serie di assemblee pubbliche che sono riuscite a fermare il progetto amianto: abbiamo scritto alla Regione che non stavano adempiendo alle loro stesse leggi sullo smaltimento di questo materiale cancerogeno e alla fine si sono bloccati tutti i permessi.
Questo ci ha fatto capire che dovevamo controllare quello che succedeva in quella discarica.
Tramite l’ARPAT e anche chiedendo di essere ammessi noi stessi a vedere quello che succedeva lì dentro, abbiamo scoperto che i dati erano anche mille volte superiori ai limiti massimi consentiti o che quello che dichiaravano non corrispondeva a verità. A forza di fare pressioni e denunce una mattina hanno sequestrato l’impianto. Poi c’è stato il dissequestro parziale sotto il controllo dei NOE, finalizzato alla messa a norma. Hanno anche strumentalizzato i lavoratori con il ricatto occupazionale ma se non fosse stato per la mobilitazione tutte le coperture che si vedono oggi, e che tutelano le falde acquifere, non ci sarebbero state perché dicevano di non avere i soldi.
Nel mezzo di tutto questo è uscito fuori il progetto di ampliamento che prevede circa il raddoppio dell’area della discarica odierna. A quel punto ci siamo chiesti: che cosa facciamo? Abbiamo già ottenuto delle vittorie, dobbiamo continuare. Lì è nato formalmente il Comitato di Salute Pubblica.
Il CSP ha tre linee di intervento: 1. La lotta contro l’ampliamento della discarica di Rimateria; 2. La lotta contro la CREO, un’altra società privata che ha già le concessioni dalla Regione per cominciare a trattare rifiuti urbani e non solo (fanghi di depuratori e altro) per bruciarli e fare della lignite in un altro sito; 3. La lotta per la sanità e l’ospedale. Queste tre linee di intervento vanno parallelamente e ci troviamo regolarmente per fare il punto.

Il CSP di Piombino è riuscito a costruire un’importante mobilitazione per la città. Centinaia di persone sono scese in piazza contro l’ampliamento e la privatizzazione della discarica.
Potete raccontarci come avete costruito questa mobilitazione?

Uscì all’improvviso che stavano vendendo le quote di Rimateria, l’azienda che gestisce la discarica, ai privati. Il giro di soldi è milionario. Dietro c’è Unirecuperi, che è una consociata di Unieco, che è la più grande debitrice del Monte dei Paschi. È una cooperativa dell’Emilia Romagna amica di Prodi e tutta la cricca che arriva fino al Comune. Poi c’è una miriade di aziende private che saltano fuori continuamente. In una di queste è coinvolto anche il fratello del Sindaco.
Di fronte alla privatizzazione ci siamo ritrovati a chiamare tutti i nostri contatti e indire un’assembla pubblica. Quella sera la sala era piena. Lì abbiamo lanciato la manifestazione. Alcuni erano scettici. Dicevano “io ne ho fatte tante, poi se ci va male…”, “facciamo un presidio e vediamo”. Abbiamo azzardato. Abbiamo cominciato a fare banchetti per preparare la manifestazione. Quattro in quindici giorni, al mercato e in piazza, fermando la gente e chiedendo una firma per sensibilizzare. Persone da altri quartieri, anche lontani, che via via che la montagna aumentava sentivano il puzzo e si rendevano contro che stava diventando un problema di tutti. Abbiamo raccolto tremila firme, in parte online e in parte cartacee, anche attraverso l’aiuto dei commercianti (farmacie, negozi di ogni genere) che hanno chiesto di poter raccogliere loro le firme. Abbiamo cercato di portare questo pacco di firme all’Assessore all’ambiente in Regione, Federica Fratoni. Alla prima richiesta ha rifiutato di incontrarci. Alla seconda richiesta ci hanno messo in contatto con il Segretario Generale regionale il quale ci ha detto che “chiedere l’incontro con l’Assessore è un percorso illegale, perché è un tentativo di influenzare il giudizio di un Assessore”. Eravamo allibiti. Poi la mattina della manifestazione siamo rimasti tutti sbalorditi. C’è stata tanta, tanta gente. La gente vuole partecipare e non vuole questa discarica. Questo è quello che loro non hanno realizzato.

Da questa mobilitazione nasce l’idea del referendum. A che punto siete su questo?

A un certo punto abbiamo deciso di lanciare il referendum. Sull’onda della mobilitazione, il referendum è stato portato in Consiglio Comunale da tutte le forze di opposizione: da Rifondazione, al M5S fino al gruppo della destra. È un fronte unito contro la maggioranza. Tuttavia, il Consiglio Comunale ha bocciato il referendum. Allora abbiamo dovuto presentare noi i quesiti, su iniziativa popolare. Ora si è aperta una commissione che ha tempo fino a ottobre per darci la risposta se siano “accettabili”. Per capire quanto la cosa ha smosso gli equilibri: il loro tecnico è l’unico avvocato amministrativista di Piombino, l’avvocato Grassi, pagato dal Comune. Nonostante la commissione sia già formata da tre avvocati dipendenti del Comune, ne hanno preso un altro a pagamento. C’è un interesse dietro di cui noi non ci rendiamo nemmeno conto. I due quesiti riguardano uno il no alla la privatizzazione e l’altro il no al progetto di ampliamento che hanno presentato. Se il referendum che abbiamo presento ci venisse accettato dovremo raccogliere 2500 firme e dopo indirlo. Se il parere fosse negativo allora si può fare un ulteriore passaggio in Consiglio Comunale che può anche ribaltare tutto. La maggioranza nel Consiglio si sta
sfaldando, quindi anche questo non è un passaggio dall’esito scontato.

La vittoria del referendum sull’acqua pubblica del 2011, come la vostra lotta, ha dimostrato che tra le masse popolari c’è una forte spinta alla partecipazione, quando si parla di difesa dei beni comuni, e una resistenza alle privatizzazioni. Tuttavia, quell’esperienza ha dimostrato anche che una giusta iniziativa come quella di un referendum può rimanere lettera morta se non è accompagnata dalla mobilitazione popolare. Quali iniziative pensate di mettere in campo per vincere questa battaglia?

La cosa è ancora più vera se pensi che, nel regolamento comunale, il referendum è uno strumento consultivo. Noi facciamo un passo alla volta. Stiamo aspettando una risposta sul referendum dal Comune. Il 18 ottobre faremo un’assemblea pubblica per spiegare alla gente cosa sta succedendo. Dal momento che ci diranno di no, noi faremo un’altra manifestazione. La organizzeremo meglio. Intendiamoci: il referendum è una forma di democrazia partecipata e se non fai passare il referendum di fatto tu non rispetti la democrazia. A quel punto per noi sarebbe legittimo farlo lo stesso, lo organizziamo noi. È un fatto di democrazia. Tra l’altro questo ampliamento non c’era nel
programma elettorale con cui hanno preso il mandato.

Nei vostri interventi in piazza alla manifestazione avete giustamente detto che il piano industriale per Rimateria non ha nulla a che vedere con le esigenze del territorio. Avete detto che, invece, serve una discarica per riciclare i rifiuti delle acciaierie e non per accumulare nuovi rifiuti speciali, e che serve una messa in sicurezza e un effettivo controllo di quello che già c’è. Potete spiegarci meglio qual è il piano che il CSP oggi propone per il territorio di Piombino e della Val di Cornia?

Noi siamo d’accordo che venga realizzato il “cono rovescio”, cioè, per semplicità, che venga finito il cumulo che oggi già esiste. È un ampliamento parziale che comprende da 140 a 160 mila metri cubi di materiale. Lì intorno ci sono altre aree, una persino sequestrata dalla Finanza perché pericolosa [la cosiddetta “36 ettari”, NdR], dove ci sono cumuli incontrollati di scorie di acciaieria.
Gran parte di questa roba deve essere recuperata. Vogliamo che vengano riciclati i cumuli di scorie industriali e, quello che resta, che avanza, venga messo nel cono. Il ruolo che deve avere Rimateria non è fare cumuli: è fare riciclo. Sono scorie di acciaieria, quindi roba riciclabile. Consideriamo che solo per riempire il cono rovescio ci vogliono due anni di lavoro. Dopo noi chiediamo che Rimateria abbia la funzione di riciclaggio, la funzione per cui era nata. L’errore è dire di sì ora all’ampliamento per poi aspettarsi che usino la discarica in futuro per le bonifiche: dal momento che la dai a un privato, quello deve farla macinare soldi! Non la terranno ferma, porteranno roba da
fuori, come stanno già facendo. Il nuovo piano prevede milioni di tonnellate di rifiuti speciali. Di quello che stanno mettendo oggi nemmeno un grammo viene dal nostro SIN [il Sito di Interesse Nazionale individuato dal governo a Piombino come area particolarmente inquinata da bonificare a causa dell’attività industriale, NdR]. Il sindaco fa leva sulla questione Rimateria dicendo che Rimateria è nata al servizio dell’industria e quindi se l’industria parte, noi saremmo già pronti. Chiaramente se l’industria parte fra tre anni, come dice Jindal, Rimateria non può fermarsi. Nel frattempo dobbiamo fare soldi per coprire il debito [Rimateria è una partecipata che il comune vuole privatizzare perché indebitata, NdR]. In questo modo creano la spaccatura fra cittadini e lavoratori e il ricatto occupazionale, partendo dal presupposto che la volontà del privato è legge.
In realtà, ci sono soldi fermi già stanziati dal Comune e dalla Regione per le bonifiche e per un’altra discarica di rifiuti urbani in stato di abbandono dove non c’è nemmeno il telo, da mettere in sicurezza [chiamata Poggio ai Venti, un’altra bomba ecologica, NdR]. Cinquanta milioni già stanziati per mettere in sicurezza la falda acquifera su tutto il SIN di Piombino. Dovrebbero mettere delle pompe su tutto il perimetro per pompare l’acqua e depurare tutta la falda sotto. Questo sarebbe un lavoro utile. Invece, di fronte a tutto questo, si parla di una discarica che prenderà rifiuti speciali da fuori per milioni di tonnellate! E la logica è una sola: le bonifiche si fanno a seconda della destinazione del terreno; se destini un terreno a discarica non devi fare le bonifiche. Fai una bella trombatura e cominci a farci i soldi sopra subito. La scusa è quella di pianare il debito e far tornare i conti. Di fatto la regalano ai privati. Poi decidono loro e noi ci teniamo le conseguenze.

In città da anni è attiva un’organizzazione operaia che si chiama C. CIG – Articolo 1 che sta mettendo in campo una serie di iniziative per chiedere il reintegro dei lavoratori, la nazionalizzazione di Aferpi e un piano nazionale della siderurgia. Nei loro documenti toccano spesso il tema delle bonifiche e della riconversione ecocompatibile degli stabilimenti. A luglio, gli operai di C. CIG sono stati ricevuti al MISE e ora stanno discutendo sui passi da fare per far venire il governo a Piombino. Pensate sia possibile una convergenza con loro per fare un piano comune per il territorio e imporlo al governo con la mobilitazione?

Sarebbe una bella cosa che il governo venisse a Piombino. Alcuni di noi sono anche iscritti a C. CIG. Noi non abbiamo problemi a parlare con chiunque. Noi siamo convinti che dobbiamo lottare per ottenere il referendum. Questo referendum deve servire per aprire una discussione e noi siamo disposti a contribuire a questa discussione. La questione da porre, però, è questa: c’è la forza in Piombino per fare una manifestazione di coordinamento, che raccolga il fronte di tutta l’opposizione al sistema di governo di tutti questi anni, e chieda al governo le bonifiche? Su questo alcuni di noi sono scettici. Ma noi saremmo d’accordo a farla.
All’interno dello stesso C. CIG non c’è una posizione chiara. Legambiente, che sta dentro C. CIG, per esempio, è a favore dell’ampliamento della discarica, il che è paradossale. Noi non siamo per dividere i lavoratori dai cittadini, su questo volgiamo essere molto chiari. Però vogliamo che prima di tutto venga la salute. Intanto leviamo la discarica (e questa posizione sembra sia ora passata anche all’interno di C. CIG). Poi se faranno i forni elettrici, bisogna capire dove farli, certamente non davanti alle case. Sul fatto che le bonifiche siano necessarie c’è un accordo unanime. Che esista una tecnologia pulita per fare l’acciaio è un fatto. Che i forni vadano fatti lontani dalle case è buon senso ed è
assolutamente fattibile. Gli operai vivono in città come gli altri e respirano la stessa aria, così come i commercianti hanno bisogno di occupazione per non chiudere. L’unico problema, come dite voi stessi, è la scelta politica di anteporre il vincolo di bilancio e gli interessi dei grandi gruppi privati ai bisogni del territorio. I lavori di bonifica impiegherebbero anni di lavoro e si potrebbero iniziare subito. Chi è al governo nazionale ha il potere di fare accadere tutto questo, con un colpo di penna, come hanno fatto salvando MPS in una mattinata. Per arrivare a “inchiodare” il governo su questo, però, serve un fronte comune.
Col governo è giusto parlare. Questo governo qui deve capire una cosa, che forse non ha ancora ben chiara. Devono venire a Piombino e devono parlare con i comitati di base. Questo sarebbe un fatto importante che ci trova assolutamente d’accordo. Se viene il ministro o un sottosegretario deve parlare con C.CIG, con il CSP e non con i sindacati e partiti istituzionalizzati che abbiamo visto non risolvono nulla. Noi vediamo come un fatto positivo lavorare per arrivare a questo.
Che l’industria possa coesistere con l’ambiente e la salute deve essere possibile. Ci hanno detto che ci sono degli impianti che riciclano il 95% del prodotto. Esistono realtà in cui non ci sono discariche puzzolenti e ci sono industrie pulite. Perché qui bisogna ricattare la cittadinanza e i lavoratori? Non è giusto. Noi abbiamo scritto più volte al Ministro dell’Ambiente Costa senza ricevere risposta. Non riusciamo ad arrivarci. Quindi se la proposta è fare corpo per questo, è nell’interesse di tutti. Come C. CIG ha fatto con il MISE. Noi avremmo un fascicolo da presentare a Costa che fa impressione!
Certo, costruire gruppi di lavoro non è semplice in questa situazione. Noi però abbiamo fatto un collante. Per arrivare al fronte comune, però, ci vuole del tempo. Va costruito. Ma da parte nostra la volontà c’è.

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