[Piombino] Intervista a Mauro Sozzi tecnico in pensione della ex – Lucchini di Piombino

A seguito della battaglia per un lavoro utile e dignitoso portata avanti dagli operai e dai cittadini di Piombino, oggi che la l’acciaieria è stata svenduta all’indiana Jindal South West senza nessuna garanzia per i lavoratori, pubblichiamo l’intervista fatta qualche mese fa a Mauro Sozzi.

Il tecnico in pensione della ex – Lucchini di Piombino ha raccontato ad alcuni compagni quale sia lo stato della produzione di acciaio a livello mondiale e a Piombino, cosa significa produrre acciaio e quali sono i numeri reali, in termini di manodopera e risorse, relativi alla produzione partendo dalle origini della siderurgia e dalla sua esperienza.

***

[…] la siderurgia nel vero senso della parola è nata in Cina, India e Medio Oriente per poi risalire il Danubio fino all’Inghilterra. L’Inghilterra è stata la culla della siderurgia. Si iniziò a fare la ghisa bruciando il carbone di legna fino a che poi Darby, un metallurgista inglese, scoprì che distillando il carbon fossile si otteneva il coke, che poteva sostituire il carbone di legna con dei vantaggi. Da allora nacque l’altoforno.

Oggi nell’altoforno si consumano mediamente 400 kg di coke per tonnellata. Solo i giapponesi ne consumano circa 350 kg […]. I giapponesi infatti, eccezionali in siderurgia, nell’Ottocento sono progrediti al passo degli altri Paesi europei dove l’Inghilterra è diventata la padrona del mondo con la siderurgia. Oggi i giapponesi producono 110 milioni di tonnellate di acciaio all’anno usando 50 kg di coke in meno per tonnellata.

Il coke è fatto con il carbon fossile bruciato sotto vuoto nei forni a coke senza ossigeno. La distillazione produce la perdita di idrogeno e di altri sottoprodotti ottenendo una resa del 70%: ad esempio da 1 tonnellata di carbon fossile si ottiene 700 kg di coke.

Dalla seconda metà dell’Ottocento in poi in Inghilterra poi Russia, Svezia e Giappone sono state prodotte 1000 tonnellate l’anno, in Italia invece no, doveva ancora diventare uno Stato unitario.

Ai tempi degli Etruschi venivano usati i forni catalani a carbone a legna, che non raggiungevano alte temperature e permettevano di estrarre, direttamente dal minerale, il ferro e gli altri ossidi che poi venivano martellati.  Quando poi venne scoperto il coke, si cominciò ad insufflare aria in modo da raggiungere temperature più elevate. Il carbone cominciò a entrare in soluzione con il ferro producendo la ghisa che prese il nome di pig-iron, cioè ferro-maiale perché affatto malleabile. Successivamente si scoprì che insufflando aria nella ghisa liquida questa si trasformava in acciaio (Bessemer in inglese). Si iniziò dunque ad insufflare aria nel convertitore (recipiente dalla forma a pera dove veniva inserita la ghisa liquida) in modo tale che il 20% di ossigeno in essa contenuto si combinasse con il carbonio della ghisa. Tale combinazione, dando luogo ad una reazione esotermica (trasformazione che comporta un trasferimento di calore dal sistema all’ambiente), sviluppava anidride carbonica e ossido di carbonio. L’operazione comportava l’abbassamento del tenore del carbonio dalla ghisa e veniva interrotta quando si raggiungeva il tenore necessario per ottenere il tipo di acciaio desiderato (la ghisa per essere tale necessita di un elevato tenore di carbonio, superiore all’1,7, mentre a tenori più bassi, tra lo 0,06 e l’1,7 si ha l’acciaio).

Questa scoperta fece fare un balzo notevole alla siderurgia perchè prima erano necessarie ore per fare una tonnellata di acciaio, invece con l’insufflazione, in 30/40 minuti si otteneva. È quello che oggi avviene con il processo LD (Liz-Donawitz) che prevede le insufflazioni di ossigeno puro al 99% comportando un miglioramento rispetto al Bessemer.

Oggi gli altoforni grandi hanno capacità di 7000/8000 tonnellate al giorno, esistono sistemi oggi sofisticati, PC che in base alla carica inserita, al tipo di ghisa e alla quantità di rottame, estrapola la quantità di ossigeno da insufflare e la lavorazione è ancora più veloce.

Notevoli sono state le variazioni nel mondo. C’è stato bisogno di tanto carbone, di tanto minerale e quei Paesi che ne erano abbastanza ricchi, pensate oggi Brasile, Australia, Inghilterra gestivano la quasi totalità del minerale al mondo, paesi che prima compravano l’acciaio dall’Inghilterra oggi al 13°/14° posto tra i paesi produttori d’acciaio. Nel 1970 il maggiore produttore d’acciaio al mondo erano gli Stati Uniti. Oggi il maggiore produttore è la Cina che è ricca di minerali e di carbone. La Cina produce circa 900 milioni di tonnellate d’acciaio all’anno, quasi la metà dell’acciaio di tutto il mondo. Secondo alla Cina è il Giappone con 110 milioni di tonnellate, poi l’India che fa circa 100 milioni di tonnellate l’anno. Gli Stati Uniti di Trump oggi producono circa 100 milioni di tonnellate all’anno ma, con le politiche di aiuto per chi investe in America e i dazi alla Cina, senz’altro la produzione di acciaio aumenterà. La Russia invece ha diminuito la produzione, oggi produce circa 70 milioni di tonnellate l’anno. La Corea del Sud produce circa 80 milioni di acciaio l’anno.

E l’Italia quanto produceva quando funzionava l’acciaieria?

A Piombino venivano prodotte circa 1 milione e mezzo di tonnellate l’anno.

L’Italia ne produceva 32 milioni di tonnellate l’anno ed in Europa era seconda solo alla Germania che ne produceva 45 tonnellate all’anno. Oggi l’Italia è passata a produrre solo 24 tonnellate di acciaio all’anno.

Torniamo ai convertitori..

Abbiamo citato Bessemer, Thomas, LD ma prima ancora il Martin-Siemens. Si tratta di forni dove si caricava ghisa liquida oltre che rottame, ma che necessitavano di combustibile per scaldarsi, oggi il combustibile non serve più perché grazie al processo LD la temperatura dei forni sale a 1700°.

Ha preso poi campo la siderurgia a forno elettrico per ridurre danni ambientali prodotti dall’altoforno tradizionale che per fare 1 tonnellata di ghisa necessita di 1750 kg di minerale di ferro provocando per combustione la produzione di alti livelli di anidride carbonica e ossido di carbonio.

Nel forno elettrico invece, veniva inserito solo il rottame che si riciclava senza creare problemi di anidride carbonica e ossido di carbonio, anche se la produzione con il forno elettrico era limitata rispetto a quella del ciclo integrale. Negli ultimi 100 anni però lo sviluppo della tecnologia ha consentito di equiparare, se non aumentare, la produzione di acciaio del forno elettrico rispetto al ciclo integrale.

Negli ultimi tempi il 25-27% della produzione di acciaio nel mondo viene realizzata dal forno elettrico e si stima che tra circa 15 anni la quantità di acciaio prodotta da forno elettrico si aggirerà intorno al 50% del totale.

Oggi ci sono forni elettrici da 300 e più tonnellate con un crogiolo di 10 metri e alti 5/6 metri. Quando il materiale è inserito all’interno viene fuso e viene fatto un primo preliminare: si toglie dal forno e si mette in un forno siviera (atto a raccogliere il metallo fuso che viene spillato da un forno fusorio tipo l’altoforno) dove vengono fatte le affinazioni.

Se si vuole produrre acciaio per le rotaie seve lo 0.50% di carbonio, 1.30% di magnese e 0.20% di silicio, si prende dei campioni e si fa i ritocchi. Dopo le analisi necessarie si procede con la colata.

Nel 1975 io e Vittorio Barbieri producemmo il primo acciaio effervescente da forno elettrico, anche se ci avevano detto che non si poteva fare, che veniva colato in lingottiera.

Perché effervescente?

Perché viene colato acciaio liquido con un tenore di ossido di ferro molto alto, perciò l’ equilibrio fra ossido di ferro, carbonio e temperatura viene alterato e si verifica una reazione tra ossigeno e carbonio. Quindi quando viene colato l’acciaio dentro le lingottiere a solidificare si ha lo sviluppo di ossido di carbonio con conseguente effervescenza.

L’avete visto l’acciaio effervescente colare? è come aprire una bottiglia di champagne, poi a mano a mano si calma perché ossigeno e carbonio si consumano.

L’acciaio effervescente quando viene colato sulla testa della lingottiera o del ferro silicio o alluminio, che sono disossidanti. forma uno strato di pelle di un paio di centimetri.

A questo punto si può laminare, le soffiature che sono rimaste dentro nella laminazione vengono saldano. L’effervescente aveva la capacità di avere uno spessore di pelle ottimo, privo di carbonio, per cui andava benissimo per fare lamierini di profondo stampaggio o acciaio dolce. Quando poi è subentrata la colata continua le lingottiere facevano un lingotto intorno alle 6 tonnellate. Il pirolo/siviera le riempiva come fa un fiasco di vino fa con i bicchieri. Quando si raffreddava si tiravano fuori i lingotti e si mettevano nei forni a pozzo a temperatura di laminazione: intorno a 1200°, poi venivano mandati al blooming e laminati.

Qualche problema nacque quando dal Martin Siemens si passò al processo LD perché nonostante la produzione avesse avuto un salto di qualità, in un primo momento non si riuscì a convincere gli italiani.

Io e Crispoldi, un altro metallurgista che lavorava con me alla qualità, provammo a fare una decina di colate da LD per confrontarle con una decina di colate fatte al Martin Siemens dimostrando che la qualità delle rotaie era uguale o addirittura migliore. Da allora iniziò la fabbricazione con l’LD.

Quando si passò alla colata continua ci fu lo stesso problema, perché le FFSS pretendevano che ci fosse un certo rapporto di riduzione tra la sezione iniziale del lingotto e la sezione finale della rotaia, cioè la sezione finale della rotaia doveva essere almeno (dò dei numeri per farvi capire ma siamo lì) 30 volte più piccola della dimensione di partenza. Dicevano allora che dalla colata continua non si potevano fare sezioni come quelle del lingotto perchè erano quasi di 1 metro quadrato. Allora andai in Inghilterra dove le facevano già da un pò di tempo e feci una relazione che dimostrava la validità della colata continua rispetto al lingotto, visti i minori problemi di segregazione poichè l’acciaio solidifica prima. Passammo allora a fare le rotaie da colata continua e ogni colata veniva calcolata a seconda del tonnellaggio, ad esempio 150 tonnellate servivano per una trentina di lingotti da 6 tonnellate ciascuno.

Oggi con la colata continua si ottiene un acciaio migliore risparmiando il 10% delle spuntature (circa 600 kg su 6 tonnellate); pensate in una produzione mondiale: qualche centinaia di tonnellate, da scarto diventavano buone e la produzione aumentava.

L’impianto da forno elettrico ha bisogno di meno spazio ma per costruirli quanto costano e quanto tempo ci vuole?

Nel 1975 a Osoppo, l’imprenditore Pittini decise di investire negli impianti dove si lavorava la vergella creando un’acciaieria elettrica. Si procurò un forno dalla capacità di 80 tonnellate, servirono 160 mila metri quadrati di terreno (Mauro mostra una foto dell’acciaieria e mostra il procedimento del forno). Già allora avevano previsto una carica continua con il preridotto per il futuro. Gli impianti: campata forni, campata servizi, coperta rottami, scoperta rottami, deposito billette, officina manutenzione. Questo è il nocciolo dello stabilimento […] Noi si parla tanto dell’inquinamento ma questo non è tanto dai fumi dell’altoforno o dell’acciaieria perché c’è un impianto di abbattimento fumi. Per il fumo che esce dal forno c’è un getto di acqua pressurizzata che serve a togliere le particelle volatili.

E la scoria?

La scoria sarà il 10/15% su 100 tonnellate di acciaio, si parla di circa 10 tonnellate. La scoria dell’acciaieria è ricca di ossido di ferro, ne contiene 18/20%, e quando è liquida si travasa in una vasca dove un getto d’acqua la raffredda e viene granulata […] poi c’è il silaggio […]

Secondo te oggi a Piombino e a livello nazionale cosa si deve fare?

Penso che gli indiani prenderanno lo stabilimento per utilizzare il treno vergella, il treno medio piccolo e anche il treno rotaie così com’è. Quello che abbiamo noi è un treno rotaie che ha due gabbie e tre cilindri, invece in un treno rotaie nuovo continuo a ogni passaggio c’è una coppia/gabbia che ha due cilindri, in totale sono 12 passaggi avanti e indietro.

La rotaia ha un profilo asimmetrico, per cui prima si raffredda la parte più sottile comportando il distorcersi di tutta la rotaia perciò, bisogna aspettarne il raffreddamento per procedere a raddrizzarla con una bella macchina con dei bei cilindri. Serve un altro capannone di almeno 300 m. Inoltre alle rotaie ci vuole un po’ per raffreddarsi, ci vuole una placca di raffreddamento. Le rotaie le devi fare e vendere. Oggi le rotaie le fanno alla Usinor, all’Alpine, British Steel, ThyssenKrupp. Oggi il Sud Africa e la Spagna, le rotaie, se le fanno da sé. Lo stabilimento di Piombino avrà fatto in cinquant’anni forse 2 milioni di tonnellate di rotaie.

Quando negli anni Ottanta del Novecento decisero di migliorare la produzione volevano fare più rotaie, ma era un prodotto maturo, così passarono agli acciai speciali […].

Mauro passiamo alle domande.

1) Quali sono effettivamente le produzioni che possano ripartire immediatamente. Si parla di tre laminatori che producono vergelle, rotaie e barre. Quanti soldi occorrono e quanti operai potrebbero essere impiegati per fare questo lavoro?

Per fare una stima dei soldi dovrei sapere le condizioni degli impianti vergella che sono medio piccoli, ma essendo recenti penso che siano sempre abbastanza buoni. Il più vecchio è il treno rotaie ma nella sua concessione va bene così.

Per i tre treni si possono impiegare 100/150 lavoratori, dipende dalla produzione e da come vuoi marciare. Per fare un esempio: l’acciaieria a Osoppo è nata con un forno da 80 tonnellate e una produzione di 200 mila tonnellate. Nell’89 la produzione delle Ferriere Nord passò a mezzo milione di tonnellate. Oggi con il forno elettrico produce con il ciclo integrale. Ci lavoravano 170 operai. 

2) Dopo la questione dei dazi di Trump quali sono gli sbocchi in Italia?

Oggi il mondo è globalizzato. Gli Stati Uniti oggi producono 30 mila tonnellate di acciaio in meno rispetto agli anni ’70, importano 50 miliardi di dollari nel campo del ferro. Se la politica di Trump va avanti, aumenterà la produzione interna e diminuirà la richiesta dall’esterno. I cinesi invece, che portavano negli Stati Uniti 100 milioni di tonnellate, lo vendono sotto prezzo.

L’Italia esporta quasi la metà di quello che produce, sarà più difficile esportare i nostri 30 milioni di tonnellate l’anno.

Nel 1980 o giù di lì l’Italsider aveva bisogno di acciaio e l’Argentina, che allora si dava alla siderurgia, decise di fare uno stabilimento sfruttando l’economia di scala dimenticandosi forse quale fosse il consumo interno del Paese e arrivando a produrre circa 4 milioni di tonnellate l’anno d’acciaio. Ma dove li metteva? 2 milioni avrebbe potuto usarli, ma gli altri? fermava l’acciaieria?! Io andai in Argentina. Questo Paese “sgangherò” il mercato italiano dei semiprodotti perché i prezzi erano stracciati. Oggi c’è una potenzialità di 2 miliardi di tonnellate d’acciaio se ne produce circa 1800. Nella Comunità Europea si è perso circa 40 milioni di tonnellate d’acciaio su 500 siti dove si fabbrica acciaio e 40.000 maestranze dal 2008/2010.

3) Com’è divisa la produzione d’acciaio in Italia?

In Italia ci sono 24 aziende che producono acciaio. L’ILVA di Taranto aveva una potenzialità di 10 milioni di tonnellate, ora 6 per i problemi ecologici e l’Arvedi di Cremona con 4 milioni di tonnellate. Le altre 22 aziende fanno una media di 600 mila tonnellate all’anno. Oggi il 12% dell’acciaio prodotto viene utilizzato per le auto, il 45% in infrastrutture […].

4) Che cosa pensi del documento della FIOM sulla storia dell’Afo? noi all’interno del coordinamento cosa bisogna fare?

Pensare di rimettere in sesto l’acciaieria con l’altoforno o forno elettrico.. mah! l’inquinamento non deriva dai fumi, deriva dai carbonili e dal deposito di coke: al giorno per 7000 tonnellate di ghisa vanno impiegate 2800 tonnellate di coke.. sapete che magazzino di coke devi fare? Poi si dice acciaio pulito, mi viene da ridere.

Nel documento della FIOM mi sarebbe piaciuto trovarci scritto cosa dobbiamo fare senza acciaio! Piombino aveva il treno vergella che faceva mezzo milione di tonnellate l’anno, fiore all’occhiello. Non si è mai pensato che nel raggio di 200 km da Piombino centro potesse nascere una trafileria, perché con l’acciaieria che c’era si poteva mettere su degli impianti di trafilatura e avviare un’industria metallurgica che sfruttasse certi prodotti dello stabilimento. Non so perché hanno sempre lasciato lo stabilimento con questa mono-produzione di acciaio e basta, anche perchè la metà di questo andava via come semiprodotti e non come prodotto finito, così se ne perdeva tutto il valore aggiunto.

La FIOM e tutta la parte di sinistra […] avrebbero dovuto puntare i piedi e non fare voli donchisciotteschi, tenere conto di quello che è il mondo. La Cina fa più di 20 milioni di automobili all’anno, 10 anni fa forse 2. Oggi la Cina ha 37 centrali nucleari e altri 12 (se non sbaglio) in fabbricazione e pure l’India. La situazione mondiale è questa, se Piombino ripartisse, l’acciaio ce lo chiederebbero sempre meno. Bisogna fare delle cose in grande per Piombino, dobbiamo fare delle cose che diano una svolta grande, per me la sinistra questo dovrebbe fare, vedere lontano. Non è difficile vedere oggi come stanno le cose. Rimettere in marcia l’altoforno? io dico per l’amor di Dio. Poi rimetti in marcia l’altoforno ma quelle 7 mila tonnellate di ghisa le devi trasformare in acciaio e ti serve un’acciaieria e a chi lo dai poi questo acciaio? Faccio spesso riferimento al Giappone, è un po’ più grande dell’Italia, ma è senza materie prime, come noi, però ha sempre portato avanti le infrastrutture, le tecnologie, nella siderurgia è il top.

Nel 1905 “barcocchiò” la Russia era già una potenza. Oggi il Giappone fa 110 milioni di tonnellate e il 60% di queste le esporta tutte, ha fatto gli stabilimenti sul mare come si deve e ha creato le infrastrutture, ha sviluppato l’energia atomica e anche dopo Fukushima ne ha impiantate altre 2. Il Giappone nella siderurgia e nella metallurgia è all’avanguardia, è forte in quantità, fa acciai speciali, trasporta i minerali su navi da 200 mila tonnellate di carico ciascuna !

Per fare un’acciaieria, come sento dire, da 2 milioni di tonnellate per rimettere dentro 2000 persone più 2000 dell’indotto bisogna che facciano un’acciaieria almeno di 2 milioni di tonnellate, ma per un’acciaieria così ce ne vuole di quattrini!

5) Quanti quattrini?

Un paio di miliardi, c’è da ricostruire tutto: le strade, le ferrovie. Se fai un’acciaieria da 2 milioni di tonnellate di produzione l’anno devi portare 3 milioni di carica tra rottame (lo devi selezionare), preridotto (servirebbero dei piazzali coperti perché ha problemi di autocombustione) e ghisa. Incasini tutte le infrastrutture del porto.

Arvedi è il più avanzato nella tecnologia moderna, cola bramme da 2/3 cm di spessore, poi passa a un riduttore che la riduce con il cuore ancora liquido e in una filiera di 150/200 m nasce l’acciaio liquido e esce il prodotto finito.

I problemi di una produzione da forno elettrico ci sono, ci sono problemi qualitativi, perché il forno elettrico carica a rottame elementi come rame, nichel, arsenico.. danno fastidio se fai prodotti laminati piani per profondo stampaggio se il tenore di questi elementi è un po’ altino la lamiera si rompe. Tanto è vero che Arvedi ha rilevato Servola (sono convinto che è per questo) perché quando fa i prodotti da profondo stampaggio (non c’è problemi per le rotaie con il forno elettrico) quando fa le cariche per laminati piani ci mette in carica parecchia ghisa e rottame migliore.

6) Jindal cosa farà a Piombino?

Secondo me, se io fossi loro, prenderei i semiprodotti dall’India e li trasformerei qui a Piombino per un mercato che loro hanno, il mercato europeo e se verranno fuori problemi di dazi allora ci sarà da ridere.

7) Qualcuno del sindacato sostiene che se Jindal non produce l’acciaio in Europa non può vendere rotaie e semiprodotti in Europa, è vero?

I semiprodotti si sono sempre presi dove si voleva, io sono andato in Turchia, in Argentina, l’unico ostacolo sarebbero le barriere doganali, come nel 1860 c’era chi sosteneva di voler mettere dei dazi alti perché così non si comprava dall’esterno, ma stiamo attenti!

Mi viene da pensare anche quando sento dire: allora nazionalizziamo! i soldi delle nazionalizzazioni sono soldi nostri, le investi dove non guadagni? sarebbe assurdo. Investi dove almeno ci vai pari, no! Anche sul discorso della nazionalizzazione sarebbe bello distribuire il guadagno come si deve, ma bisogna stare attenti.

Gli indiani possono portare i semiprodotti a Piombino, laminarseli qui se dovessero rimettere in marcia lo stabilimento ecc.. ma voi pensate che Pittini abbia venduto perché guadagnava troppo o perché ci rimetteva? che fai rimetti in marcia lo stabilimento come prima? Pensate i treni finitori, vergella e medio piccolo, sono a 6 km dall’acciaieria.. ma sapete quanto ci costa la movimentazione intorno? anche l’altoforno è a un paio di km.. sapete quanto ci costano questi spostamenti all’interno? […] Noi secondo me bisogna andare verso una produzione di nicchia, quantitativi limitati ma speciali, in poche parole dovremmo puntare a una boutique piuttosto che a un grande magazzino. In Italia abbiamo Pittini che è un leader nel settore delle costruzioni dell’edilizia per tutte le reti saldate, esporta in Austria, Germania e fa un tipo di vergella particolare. Non bisogna più pensare alla quantità ma alla qualità, cercare di fare acciai che vengono utilizzati ad hoc. Bisogna pensare a sviluppare altri settori nel modo migliore: nautica, cantieristica, edilizia.

Oggi con la siderurgia siamo in un pasticcio.

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