Lo scorso luglio è uscito il numero 59 de La Voce del (nuovo)PCI, un numero che ruota attorno a due aspetti principali: l’analisi della situazione politica e i compiti dei comunisti; l’opera di rafforzamento del Partito. Per “presentare” il numero trattiamo qui di un articolo in particolare perché affronta direttamente alcune delle critiche sulla natura e sui compiti della Carovana che anche i compagni del P.CARC ricevono. L’articolo in questione è “A quelli che sostengono che siamo una setta” e ne riportiamo ampi stralci.
“Che la borghesia e la sinistra borghese denigrino il (n)PCI, il P.CARC e ogni organismo in qualche misura legato alla Carovana del (n)PCI non è strano né deprimente: è anzi un buon segnale. Se il nemico e le persone e gli organismi intellettualmente o moralmente succubi del nemico ci lodassero, sarebbe un cattivo segnale.
Che noi siamo una setta è una malignità corrente. La parola setta ha una sua storia che le conferisce un’accezione negativa. Nel movimento comunista della prima parte dell’Ottocento indicava i gruppi primitivi dei socialisti utopisti (come la Lega dei Giusti che però grazie all’opera di Marx ed Engels divenne nel 1848 Lega dei Comunisti e pubblicò il Manifesto del partito comunista), che al modo delle società segrete della borghesia (Carboneria, Massoneria, ecc.) raggruppavano cospiratori in generale attorno a qualche individuo carismatico. Tratto comune era che ognuna aveva suoi obiettivi segreti, una linea d’azione segreta e propri metodi e riti d’iniziazione. Molte tenevano segreta perfino la loro esistenza.
È chiaro che il (n)PCI non è segreto in questo senso (e tanto meno lo sono il P.CARC e altri organismi pubblici in qualche misura legati alla Carovana del (n)PCI). Il (n)PCI diffonde più ampiamente che riesce il suo Manifesto Programma, propaganda la sua esistenza, la concezione del mondo che lo guida, i suoi obiettivi, la sua linea generale e i suoi metodi d’azione. Sono ben noti il sito Internet www.nuovopci.it, la rivista La Voce, i Comunicati e gli Avvisi ai naviganti, i saluti che mandiamo a chi ce li chiede e la corrispondenza che teniamo anche in chiaro con persone e organismi che non praticano corrispondenza protetta dalla polizia e da occhi indiscreti e ostili. Non nascondiamo, tutt’altro, che promuoviamo la rivoluzione socialista con l’obiettivo di instaurare il socialismo.
A cosa si appigliano quindi i nostri calunniatori (ogni calunnia ha qualche efficacia solo se il calunniatore si appiglia a qualche apparenza reale)?
Uno è la clandestinità. Noi nascondiamo accuratamente chi sono i nostri membri e le attività di ogni nostro singolo organismo e membro. Lo scopo del Partito è abbattere e sostituire lo Stato borghese e sappiamo bene che la borghesia non risparmia mezzi e non esita a ricorrere a crimini, stragi e guerre per perpetuare il suo dominio sulla società. Chi si professa rivoluzionario e non tiene conto di questo, non fa che chiacchierare e imbrogliare quelli che gli danno retta. Noi abbiamo tratto insegnamento dall’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria. Il Partito si è quindi costituito nella clandestinità e opera nella clandestinità e grazie alla clandestinità i suoi membri e organismi arrivano dovunque, tra le masse popolari e anche nelle classi dominanti, nelle istituzioni del clero e della borghesia. (…)
Ma la clandestinità non è l’unico appiglio dei nostri denigratori che ci indicano come una setta. Ce ne sono almeno altri due.
Noi ammettiamo come membro del Partito solo persone che assimilano e praticano nella lotta di classe la scienza comunista, il marxismo-leninismo-maoismo, e a questo fine accettano di trasformare le loro idee e la loro condotta, di liberarsi dal retaggio della formazione che hanno ricevuto e dal senso comune, di abituarsi a criticare, ad autocriticarsi e a trasformare la propria concezione, la propria mentalità e in una certa misura anche la propria personalità. Con le espressioni Riforma Intellettuale e Morale (RIM) e processo di Critica-Autocritica-Trasformazione (CAT) indichiamo questo percorso di trasformazione che avviene secondo criteri per niente misteriosi o arbitrari, ma al contrario derivati dall’esperienza e dalla necessità di dirigere la trasformazione del mondo di cui siamo i promotori, di diventare membri della classe dirigente particolare di cui gli operai, i proletari e le masse popolari hanno bisogno per fare la rivoluzione socialista, instaurare il socialismo e compiere la transizione dal capitalismo al comunismo.
In secondo luogo c’è che noi epuriamo le nostre file liberandole dagli individui che, quali che siano stati i loro meriti nel passato, si ostinano a non percorrere il processo di trasformazione intellettuale e morale che la scienza e l’esperienza mostrano essere necessari. Il partito comunista non è composto da chi condivide la concezione comunista del mondo, il programma e la linea politica del partito: è composto da chi li attua e si dà i mezzi per attuarli. La divaricazione non è tra chi è a favore della RIM e chi è contro la RIM: la divaricazione è tra chi pratica la RIM e chi non la pratica, sia che si dichiari contrario sia che si dichiari a favore.
Il partito comunista deve essere formato da compagni che si impegnano nel costituire lo Stato Maggiore della classe operaia per mobilitarla e dirigerla a instaurare il socialismo e si danno i mezzi per esserlo. Questa è la rinascita del movimento comunista nei paesi imperialisti. Ovviamente la bontà della nostra linea in definitiva sarà dimostrata dal successo della nostra opera, ma la dimostrazione la daranno quelli che vi partecipano. Questa è la scelta che ogni aspirante comunista deve fare oggi.
La borghesia, come le classi dominanti che l’hanno preceduta, escludono i membri delle classi sfruttate e oppresse, che noi indichiamo complessivamente con l’espressione “masse popolari” dall’imparare a pensare e a organizzarsi oltre il livello elementare necessario per lavorare e in generale le escludono dalle attività umane superiori o “specificamente umane”. Per condurre la guerra popolare rivoluzionaria necessaria per emanciparsi dalla borghesia, le masse popolari hanno quindi bisogno di una classe dirigente. Certamente una classe dirigente la cui particolarità, che la distingue dalle classi dirigenti che dominano e sfruttano, è di essere strettamente legata alle masse popolari (dalle cui file quindi devono provenire gran parte dei membri del Partito) e di lavorare alla propria estinzione: a condurre le masse popolari a trasformarsi attraverso l’esercizio del potere fino a non aver più bisogno di una classe dirigente distinta dal complesso delle masse popolari.
Che il partito comunista deve essere una nuova classe dirigente è cosa particolarmente difficile da capire e da fare per i comunisti dei paesi imperialisti europei e dei paesi di colonizzazione europea (in particolare USA, Australia e Canada). In tutti questi paesi i partiti socialisti e comunisti hanno alcuni tratti comuni al partito socialista e comunista formatisi in Italia. Qui il partito socialista prima e poi quello comunista sono derivati dalle attività culturali e umanitarie dei Turati e dei Prampolini, dalla lotta elettorale (le campagne per avere propri consiglieri comunali e propri deputati), dalla lotta rivendicativa politica (contro autorità locali o statali) e sindacale (contro capitalisti e padroni). Nonostante gli sforzi fatti nell’ambito dell’Internazionale Comunista per bolscevizzare il PCI e nonostante la scuola fornita dall’Unione Sovietica, esso non è arrivato a liberarsi dai limiti di questa origine e diventare un partito adeguato a promuovere la rivoluzione socialista fino alla vittoria. Per questo non è stato adeguato (si è rivelato impotente) quando si trattava di prendere il potere e instaurare la dittatura del proletariato.
Ovviamente tutti i chiacchieroni di buona volontà e anche personalmente onesti e devoti alla causa ammantano questi limiti di buone ragioni. Il più corrente è che “il partito deve formarsi nel fuoco delle lotte”. Effettivamente il PSI e il PCI si erano formati nel fuoco delle lotte: ma non è bastato. Lo “stretto legame” che deve unire il Partito alle masse popolari e in particolare agli operai è il legame che intercorre tra chi dirige e insegna e chi ha bisogno di imparare e di fare: un legame di fiducia reciproca. È il legame che il (n)PCI mira a instaurare con le masse popolari.
Che i nemici delle masse popolari (borghesia e clero) e individui e gruppi intellettualmente o moralmente dipendenti da essi ci indichino come una setta, non ci spaventa: ce ne vantiamo. Con molta umiltà e altrettanto orgoglio dobbiamo tenere ben presente che anche i bolscevichi guidati da Lenin erano accusati di essere una setta da opportunisti di vario genere e tipo: i loro accusatori sono finiti nella spazzatura della storia, i bolscevichi hanno aperto la strada ai “dieci giorni che hanno sconvolto il mondo”.