Negli ultimi giorni tanto risalto mediatico ha avuto la vicenda che ha visto protagonisti Rossella Capobianco e suo figlio Tommy, un giovane affetto da disabilità cui era negata la possibilità di frequentare un campo estivo come tutti i suoi coetanei.
Su tale vicenda abbiamo diffuso un comunicato pubblico in cui si denunciava la situazione in cui versano i servizi sociali del territorio di Napoli e della Campania, richiedendo le dimissioni dell’assessora del Comune di Napoli, Roberta Gaeta, che si era scagliata pubblicamente contro la battaglia portata avanti da Rossella anziché fare autocritica e cambiare registro rispetto al modo di gestire i servizi sociali negli ultimi anni. Alle domande esposte in quel comunicato su quali fossero gli interessi che ruotano attorno a bandi e servizi sociali l’assessora e il Comune non hanno dato risposta.
Nel frattempo un’inchiesta che stanno mettendo in piedi alcuni genitori di ragazzi disabili ha mostrato come ci siano decine di strutture che hanno ricevuto fondi europei per erogare servizi estivi per i giovani disabili, servizi di cui nella realtà non c’è traccia. Quello che è emerso è che i servizi sociali sono appannaggio di amici degli amici o di determinate categorie.
L’esperienza condotta da Rossella è ricca di insegnamenti per chi la guarda con gli occhi della Concezione Comunista del Mondo. La soluzione individuale data a Tommy è certamente un esito positivo di questa vicenda anche se non è l’aspetto principale, perché come Tommy tanti sono i giovani ragazzi disabili che ancora non hanno accesso alle cure e ai servizi di cui hanno bisogno per avere una vita dignitosa.
Quello che l’esperienza portata avanti da Rossella e Tommy deve insegnare è che quando le masse popolari si mobilitano e rendono la propria lotta una questione di opinione pubblica, di lotta politica e se necessario di ordine pubblico, riescono a innescare dinamiche capaci di cambiare effettivamente lo stato di cose presenti.
Rendere i limiti dei servizi sociali del Comune di Napoli una questione di opinione pubblica ha innescato, infatti, un meccanismo di concorrenza tra istituzioni (in questo caso Comune di Napoli e Regione Campania) che ha permesso a Tommy e Rossella di sfruttare la contraddizione da un lato per prendersi i servizi che gli erano negati, dall’altro di parlare ai genitori che vivono quelle stesse problematiche infondendogli fiducia, mostrando che “si può fare” se ci si organizza, se si osa sognare e vincere.
L’adesione di Rossella e di altri genitori che vivono problematiche simili alla Consulta Popolare Sanità e Salute è un segnale importante che va incanalato in nuova mobilitazione, un controllo popolare delle istituzioni e una spinta all’autorganizzazione di tali servizi che certamente alimenterà la spinta a costruire un nuovo modello di società in cui non esistono esuberi e dove i problemi e le difficoltà individuali trovano risposte e sostegno collettivo.
È quindi chiaro che non basta la soluzione offerta dalla Regione Campania a Tommy e Rossella di partecipare al campo estivo riservato ai dipendenti della Regione, né tanto meno la soluzione proposta dal Comune di Napoli che permette a Tommy di frequentare un campo estivo alla fine del mese di agosto. Entrambe le soluzioni sono pezze a colori dovute alla concorrenza che si è sviluppata tra istituzioni per risolvere il caso singolo di Tommy e salvarsi la faccia davanti all’opinione pubblica.
Si tratta di concorrenza elettorale, di teatrino della politica. Vera protagonista della vicenda è la lotta di Tommy, Rossella e la breccia che questa ha aperto, una breccia che deve aprire la strada agli altri genitori di giovani disabili!
Non bastano questi gesti da politicanti a nascondere la verità! La Regione Campania a guida De Luca sta smantellando pezzo pezzo la sanità della nostra Regione e sta chiudendo gli ospedali e i servizi sociali che le masse popolari hanno conquistato con dure lotte nel secolo scorso. Quello campano è un governo regionale corrotto e completamente in linea con gli interessi dei partiti delle Larghe Intese e dei principali gruppi di interesse e di potere del nostro paese; un governo regionale servo del Vaticano, della Confindustria, dell’Unione Europea e degli imperialisti statunitensi. Un governo regionale che ha contribuito e contribuisce a pieno titolo all’esecuzione del programma comune della borghesia contro le masse popolari, una vera e propria guerra di sterminio non dichiarata che miete vittime e distrugge esistenze tra la classe operaia e le masse popolari.
L’amministrazione De Magistris in questi anni ha mostrato una natura contraddittoria. Da un lato si è posta in rottura con i governi delle Larghe Intese, dall’altro ha prestato il fianco a questi ultimi non schierandosi apertamente dalla parte delle masse popolari che si organizzano sui territori. Da un lato ha difeso l’acqua pubblica dall’altro assume una posizione ambigua su ANM; da un lato istituisce la Consulta Popolare Salute e Sanità dall’altro non si schiera apertamente contro le politiche centrali e regionali di smantellamento del sistema sanitario; da un lato viola i vincoli di bilancio per garantire i servizi di istruzione comunali e salvaguardare i posti di lavoro delle maestre che vi lavorano, dall’altro si esprime per bocca dell’assessora Gaeta contro una madre che rivendica il diritto per il suo figlio disabile.
Questa ambiguità sta sempre più indebolendo l’esperienza della “città ribelle”. De Magistris e i suoi devono comprendere che sono destinati a saltare se non si schierano dalla parte delle masse popolari organizzate, se non attuano la parti più progressiste della Costituzione e si pongono fino in fondo in rottura con i poteri forti, se non rendono concrete le promesse fatte in campagna elettorale sul “lavoro utile e dignitoso”, se non danno realmente “potere al popolo” visto che governano la terza città di Italia, se non si spingono ad alimentare e promuovere concretamente il protagonismo e la partecipazione delle masse popolari. Limitandosi a fare i “buoni amministratori” si finisce per fare il gioco della Confindustria, del Vaticano, della Camorra e dei centri di potere del nostro paese!
Le organizzazioni operaie e le organizzazioni popolari della città di Napoli devono spingere su questi temi, alimentare la mobilitazione e partecipazione per imporre il tipo di amministrazione che serve alle masse popolari, devono contendere alle autorità costituite la gestione di aziende private e pubbliche, di scuole e quartieri che i padroni e il loro ceto politico lasciano andare alla malora. Le organizzazioni operaie e popolari della città di Napoli devono porsi da Nuove Autorità Pubbliche!
Sono già tanti gli esempi in città che dimostrano che questa strada è percorribile: basta pensare all’esperienza del Comitato Vele di Scampia che ha imposto un proprio censimento per l’assegnazione delle case, l’abbattimento delle Vele e la riqualificazione di interi pezzi di quartiere o all’esperienza del Comitato contro la chiusura dell’ospedale San Gennaro che ha occupato un ospedale che la Regione voleva chiudere e lo sta riaprendo un pezzo alla volta con il Controllo Popolare e l’autorganizzazione dal basso.
Sono questi i nuclei su cui puntare per costruire elevare le proprie capacità per dirigere il paese con il Governo di Blocco Popolare, espressione della propria organizzazione nelle aziende private, pubbliche e nei territori. Un governo d’emergenza delle Organizzazioni Operaie e Popolari che mette al centro i nostri interessi e si dà i mezzi per tradurli in misure concrete.
Tutte queste esperienze ci mostrano in piccolo quello che è valido e vero in grande: non sono i padroni ad essere forti sono le masse popolari che devono far valere la propria forza. Facciamo valere la nostra forza!