Sta suscitando un grosso dibattito in queste settimane la battaglia intrapresa da Rossella Capobianco e alcuni genitori di ragazzi disabili legati alla Consulta Popolare Sanità e Salute del Comune di Napoli. Il centro della questione è la denuncia della mancanza nella città di Napoli di servizi estivi per i ragazzi adolescenti affetti da disabilità.
Tale argomento è stato al centro della presentazione della Consulta Popolare Sanità e Salute del Comune di Napoli che si è tenuta a Scampia il 13 e 14 luglio durante la Festa della Riscossa Popolare al Cantiere 167. Proprio in quell’occasione Rossella ha raccontato la sua disavventura con l’Amministrazione Comunale di Napoli e il fatto che in Italia, la politica dell’inclusione dei disabili nel tessuto sociale, scolastico e lavorativo, è sancita dalla legge 104/92, legge che come tante altre misure che tutelano le masse popolari viene calpestata, elusa e aggirata.
Nella battaglia di Rossella e di tutti i genitori di ragazzi disabili risulta evidente come ogni singolo diritto dei propri figli debba essere conquistato con le unghie e con i denti. Questa la realtà per i genitori proletari dei disabili che si battono contro un sistema classista in cui vige la regola “se puoi pagare vivi, se non puoi muori”.
Questo dato è particolarmente pesante nel sud Italia dove le politiche di assistenza familiare e sanitaria sono inesistenti (assenza di asili e altre strutture minime di sostegno alla maternità, inesistenza di campi estivi per abili e disabili ecc.). Proprio di questi giorni è in corso nell’ASL Napoli 2 un taglio di oltre 70 operatori psichiatrici e di altrettante figure di prossimità e cure per chi soffre di malattie mentali e comportamentali. Al contempo i tanti bandi pubblici, fondi europei e nazionali stanziati finiscono nelle casse di enti, scuole e presidi che molto spesso neanche erogano questi servizi, né rendono pubblica la loro esistenza in modo da assicurare la partecipazione agli amici degli amici o ai “figli di”.
Il sistema pubblico, in sostanza, scarica tutto sulle spalle di parenti e genitori, i quali sono spesso costretti a lasciare il lavoro entrando in un vortice che in molti casi porta addirittura a suicidarsi. In particolare sulle madri dei ragazzi viene scaricata completamente la responsabilità dell’assistenza dei figli a causa di uno Stato incompetente e allo sbando che per giustificare le proprie carenze non fa altro che far leva sui sensi di colpa di queste donne (tipici della morale cattolica) accusandole di non essere delle buone madri se non si prendono cura dei propri figli “sfortunati”.
Questo è lo stesso trattamento che l’assessora alle Politiche Sociali, Roberta Gaeta, ha avuto nel gestire questa vicenda. L’assessora al di là delle belle parole non ha mosso un dito per risolvere le problematiche portatele da Rossella e da questi genitori. L’unica proposta fatta è stata la “concessione” di dare a Tommy, il figlio di Rossella, la possibilità di frequentare per una settimana a fine luglio un campo estivo, dopo un’intera estate passata in casa con la madre. Una “pezza a colori” inaccettabile che Rossella ha rifiutato sia perché è inaccettabile pensare di lavarsi la coscienza e tenere buona una madre in difficoltà offrendo un contentino ridicolo come quello proposto, sia perché la questione centrale non è mettere una pezza per le singole emergenze ma battersi per attuare quello che la Costituzione italiana e le leggi dello Stato sanciscono e puntualmente viene eluso e ignorato.
Questa vicenda non è un episodio isolato dall’azione che l’amministrazione De Magistris compie a Napoli. Negli ultimi anni abbiamo assistito a progressivi tagli dei fondi per le politiche sociali senza che si aprisse una battaglia seria contro tutti quegli enti e attività che si occupano di assistenza ai disabili e agli ammalati, speculando sulle vite di chi soffre, sui limiti del sistema pubblico di assistenza e sulle famiglie di disabili e malati.
Non convincono affatto le risposte date a Rossella e ad altri genitori di ragazzi disabili da parte di consiglieri comunali DEMA ed esponenti dell’Amministrazione Comunale che si sono limitati a dire che “è una situazione complicata”. Eppure cooperative come la GESCO di Sergio D’Angelo, assessore alle politiche sociali della prima giunta DEMA, tante attività sociali tengono a Napoli, tanti ambiti di collaborazione hanno con la giunta De Magistris e tanti progetti portano avanti dagli immigrati ai progetti scolastici ecc.
La verità è che l’Amministrazione Comunale ha mentito circa la disponibilità dei campi estivi per i ragazzi disabili perché a fronte dei tanti progetti di cui si parla, la realtà dice che quasi nessuno di questi progetti è efficace e rispondente alle esigenze delle masse popolari. È emblematico che solamente quando è stata accesa l’attenzione mediatica sulla vicenda, l’assessora Gaeta abbia cercato di arrabattare una soluzione improponibile. Altro che critica pubblica a Rossella, l’assessora deve dimettersi!
Il sindaco di Napoli deve esprimersi su questa vicenda. Che fine ha fatto la cultura della legalità e il sostegno agli ultimi di cui quest’amministrazione si fregia di essere avanguardia? Forse passa in secondo piano quando non ci sono voti da raccogliere o quando ci sono interessi da scardinare? Rompere sistemi clientelari e speculativi come quello delle cure e assistenza dei ragazzi disabili è ambito in cui c’è più da perdere che da guadagnare in termini di voti e consensi? Che fine fanno i fondi che vengono erogati per questo tipo di progetti in varie scuole della città di Napoli?
Il sindaco di Napoli e i consiglieri DEMA facciano nomi e cognomi di chi specula sulla vita e sulla morte di disabili e ammalati, raccolgano la possibilità di essere coerenti con i principi sanciti dalla nostra Costituzione e abbiano a cuore gli interessi delle masse popolari più che quelli delle clientele e degli equilibri politici interni all’esecutivo di palazzo San Giacomo.
Allo stesso ricordiamo che il nuovo governo M5S-Lega ha istituito il Ministero alla disabilità. Gli eletti in parlamento del M5S e i consiglieri napoletani e campani facciano funzionare questo Ministero, sostengano i genitori e i portatori di handicap che si stanno mobilitando per esprimere le proprie esigenze e imporle dal basso.
Quello che Rossella ha denunciato, in sostanza, è il fatto che nella società capitalista vige un sistema classista che tutela i figli disabili di chi può permettersi determinati servizi e cure pagandoli privatamente e penalizza chi non ha quel tipo di possibilità o conoscenze.
Il sistema capitalista è proprio della classe borghese, una classe che fonda la sua esistenza sulla valorizzazione del capitale, sul profitto e sul guadagno individuale dei capitalisti. Tutto questo crea la situazione catastrofica in cui siamo immersi: oggi, ad esempio, è possibile produrre tutto quello che occorre agli uomini per vivere dignitosamente, però mentre una parte importante della popolazione mondiale non ha neanche di che sfamarsi, un’altra parte è malata di obesità.
La rivoluzione socialista è il percorso in cui la parte più avanzata e organizzata della classe operaie e delle masse popolari toglie il potere dalle mani dei capitalisti, del clero e del resto della feccia che oggi specula sulla pelle delle masse popolari, dando vita a una società in cui la produzione di tutti i beni e servizi viene nazionalizzata e pianificata in base alle esigenze delle masse popolari e non del profitto dei singoli capitalisti.
Una società in cui viene promossa la partecipazione sempre più collettiva e popolare alla gestione della società, in cui a ciascuno è dato un ruolo e non esistono esuberi. Una società in cui viene promosso il protagonismo, l’organizzazione e la vita sociale dei bambini, adulti e anziani portatori di handicap e disabilità, altro che elemosinare la gentile concessione di essere inseriti in qualche progetto!
Quella di Rossella e dei genitori, che a ragione si sono rivolti e hanno aderito alla Consulta Popolare Sanità e Salute del Comune di Napoli, è una battaglia sacrosanta che va sostenuta e diffusa. L’unica arma per contrastare lo stato di cose presenti è fare come in tanti ospedali, della Campania o della Toscana, si sta già facendo: organizzare comitati di lavoratori e utenti che difendano il diritto alla salute e alle cure costruendo dal basso un nuovo sistema sanitario.
I primi passi che è possibile compiere stanno nella costruzione di un comitato dei genitori che cominci a riunirsi e a ragionare sulle soluzioni che meglio rispondono alle loro esigenze e cominciare ad applicare queste dal basso imponendole alle istituzioni. È decisivo promuovere una mobilitazione per fare dei diritti di questi ragazzi e queste ragazze un problema d’opinione pubblica e di ordine pubblico, cioè una questione politica.
L’organizzazione e la mobilitazione delle masse popolari per la vigilanza e per il rispetto delle norme, per resistere ai ricatti e ai raggiri delle istituzioni è la scuola pratica attraverso cui imparare a gestire la vita sociale propria e dei propri figli, diventare classe dirigente della società, ad elevare le proprie capacità per dirigere il paese con il Governo di Blocco Popolare, espressione della propria organizzazione nelle aziende private, pubbliche e nei territori. Un governo d’emergenza delle Organizzazioni Operaie e Popolari che mette al centro i nostri interessi e si dà i mezzi per tradurli in misure concrete. Questo, insieme all’applicazione immediata e dal basso della Costituzione, è il passo decisivo verso l’unica vera soluzione, il socialismo.
A Rossella e a tutti i genitori che intendono mobilitarsi per avere giustizia per i propri figli esprimiamo quindi il nostro sostegno e diciamo che l’esperienza insegna: l’unico modo per far rispettare la legalità alle istituzioni e ai padroni è alimentare l’organizzazione e la mobilitazione delle masse popolari.
Sono le masse popolari che scrivono la storia, facciamo valere la nostra forza!
***
Alleghiamo a seguire, il post diffuso da Rossella Capobianco:
In risposta a quanto asserito dall’Assessore al Welfare del comune di Napoli, Roberta Gaeta in un post pubblicato sulla sua pagina in cui sono stata taggata, in merito al mio atteggiamento definito “muro” contro la loro disponibilità, riporto la mia versione dettagliata dei fatti.
Il 2 luglio, denunciavo la grave disattenzione e la sciagurata superficialità dell’Assessorato al Welfare del Comune di Napoli, sulla questione vergognosa del campo estivo dell’Istituto Martuscelli.
Dato il clamore della notizia, grazie alle numerose condivisioni e all’interessamento di alcune persone interne a Palazzo San Giacomo, fui contattata dal Commissario del Martuscelli, Andrea Torino, dalla Segreteria dell’Assessorato e dal Garante per la tutela delle persone disabili della Regione Campania, Giuseppe Bove. Insomma, le massime autorità politiche ed istituzionali della città, in merito alla mancata erogazione di un servizio essenziale per il benessere di mio figlio.
Il Commissario Torino, nel corso di una lunga telefonata, mi informò della non responsabilità dell’Istituto Martuscelli sulla non inclusione di mio figlio al campo estivo, visto che la gestione e l’organizzazione del progetto era interamente a carico dell’Associazione che aveva partecipato e vinto il bando. In sintesi, mi fu data la stessa giustificazione alla Ponzio Pilato che l’Assessore Gaeta si precipitò a mettere per iscritto in un post pubblicato su Facebook, in cui fui taggata ed invitata ufficialmente a chiarire di persona la situazione. Per la cronaca, riporto le parole dell’Assessore: “CAMPI ESTIVI AL MARTUSCELLI: FACCIAMO CHIAREZZA!
L’Assessorato al Welfare del Comune di Napoli ha sottoscritto, in data 19 aprile 2018, un protocollo d’intesa con l’Istituto Domenico Martuscelli con lo scopo di partecipare al processo di rilancio delle attività statutarie dell’Ente, con l’avvio di progetti specifici in ambito sociale e di promozione della cittadinanza attiva.
E’ stata individuata come prima azione un progetto di valorizzazione del parco esterno, da dedicare appunto ad attività estive, attraverso la messa a bando gratuita degli spazi per la realizzazione di attività sociali svolti da enti, associazioni e cooperative del terzo settore. La gestione delle attività, ivi comprese modalità di iscrizione e di ammissione, è da imputarsi unicamente agli enti selezionati dall’avviso pubblico.
La sinergia messa in campo con l’Istituto Domenico Martuscelli, infatti, è volta alla costruzione e al rilancio di un sistema di welfare cittadino sempre più efficace e adeguato ai bisogni espressi dalle persone.
Dispiace apprendere quanto accaduto nel caso della signora Rossella Capobianco e sono disponibile ad incontrarla quanto prima per fare chiarezza: l’ascolto del territorio e delle criticità dei cittadini è ciò che può darci la possibilità di fare di più e di farlo meglio”. “Fare di più e di farlo meglio”: le ultime parole famose!
Il giorno 5 luglio, fui convocata nell’ufficio dell’Assessore e, in quell’occasione, ebbi modo di mettere al corrente Roberta Gaeta ed il suo staff (che furono anche molto gentili con me e mio figlio), della vergognosa situazione in cui versano i disabili adolescenti a Napoli e di trovare assolutamente delle soluzioni, affinché mio figlio e tutti i ragazzi come lui non avessero più dovuto vedersi sbattere la porta in faccia, alla richiesta di usufruire di un qualunque servizio reso da privati, solo perché bisognosi di aiuto e di un operatore dedicato. Trovare delle soluzioni istituzionali, però, perché non è possibile che il Comune di Napoli si sia totalmente dimenticato di questi ragazzi e non offra loro alcuna possibilità di vivere una vita dignitosa e di frequentare luoghi di aggregazione come qualunque altro cittadino partenopeo adolescente!
Le mie parole furono accolte con vivo interesse e mi fu anche promessa la risoluzione “tampone” per il mio povero figlio disabile che trascorre tutta l’estate a casa. Nello specifico, mi fu detto che l’Assessorato avrebbe contattato le scuole della mia Municipalità, per vedere di inserire Tommy in qualche progetto estivo e una settimana al soggiorno di Marechiaro, con la facoltà di andarlo a prendere il pomeriggio.
Attendo la lista delle scuole per vari giorni, finché vengo contattata per informarmi che nessuna scuola della III e IV Municipalità aderiva a progetti, ma solo scuole della VII. Accetto, nonostante la zona di Secondigliano sia piuttosto lontana da casa mia. Nel frattempo, attivo le mie conoscenze e vengo a sapere che una scuola della III Municipalità propone un bellissimo progetto, per cui varie classi vengono accompagnate a Posillipo, al mare, per un paio di settimane, dal 9 luglio. Riportai la notizia all’Assessorato, magari Tommy poteva essere inserito lì.
Fui ricontattata per informarmi che non era possibile, visto che mio figlio non era alunno di quella scuola, ma, notiziona, pare che l’Istituto Ristori, a cui mio figlio è iscritto per il prossimo anno scolastico, faccia un progetto bellissimo e Tommy potrebbe essere inserito. Vengo contattata ancora per informarmi che alla Ristori non è possibile, visto che Tommy è un nuovo iscritto, ma rimane ferma la possibilità delle scuole della VII e mi fu chiesto di scegliere fra due quale fosse quella che preferivo. Scelsi la scuola Parini.
Martedì 17 luglio, vengo contattata per l’ennesima volta – intanto mio figlio sta sempre a casa – e mi viene dato per certo che già dal giorno seguente, il 18 luglio, Tommy avrebbe partecipato al campo estivo della Parini, mancava solo la formalità di una firma della dirigente, che in quel giorno non era presente. Restiamo che alle ore 9 del 18 luglio, sarei stata contattata per avere la conferma della imminente partecipazione di mio figlio al suddetto campo estivo. Il 18 luglio alle ore 9 non arriva alcuna chiamata, allora chiamo io in Assessorato per 4/5 volte, fino a mezzogiorno, ma nessuno risponde. Finalmente, alle 14.47 arriva la telefonata e, come nulla fosse, mi viene detto che Tommy non potrà partecipare al campo estivo della Parini, poiché sprovvisto di assicurazione, non essendo allievo di quella scuola. Resto esterrefatta! Comunque, mi viene anche detto che, dopo vari interventi dell’Assessorato – per inciso, anche il Garante regionale, Giuseppe Bove, aveva sollecitato delucidazioni in merito – finalmente la responsabile del campo estivo del Martuscelli, all’origine di tutta questa triste e deprecabile storia, si era resa disponibile per accogliere mio figlio dalla settimana successiva, ovvero l’ultima di sette settimane di attività.
Mi sento letteralmente presa per il culo, lo comunico e comunico anche la risposta che avrei dato alla responsabile del campo estivo del Martuscelli, Elvira Sartori, che mi avrebbe contattato il 19 luglio.
Il 19 luglio mi arriva un messaggio su Whatsapp della sig.ra Elvira Sartori, che riporto testualmente:
“Gentile signora Capobranco, siamo lieti di comunicarle che nella settimana 23-27 luglio si è creata disponibilità per accogliere al campo estivo presso l’Istituto Martuscelli suo figlio Tommaso. Come già chiaritole per vie brevi, lo scopo principale della nostra Associazione “la città adattabile Napoli per l’Autismo” è favorire la piena integrazione sociale di bambini e ragazzi con disabilità all’Interno di gruppi di coetanei normotipici: è stato pertanto necessario, oltre che rispettare l’ordine di protocollazione delle richieste, attendere la formazione del gruppo prima di procedere all’inserimento del ragazzo.
La prego di comunicarmi entro breve la sua disponibilità”.
Segue la mia risposta:
“Gentile signora Sartori,
la ringrazio per avere offerto a mio figlio, dopo il clamore che ho suscitato, la possibilità di frequentare l’ultima di sette settimane di attività al campo estivo. Considerando il modo in cui è stato gestito ed ideato il progetto, a mio parere poco inclusivo e destinato solo a pochi eletti, la mia risposta è un secco: NO, grazie!
Io vado avanti per la mia strada e non mi accontento di elemosine riparatorie dell’ultimo minuto. Io e mio figlio abbiamo una dignità e non consento a nessuno di calpestarla!”.
Non espongo qui i miei pensieri più intimi, la rabbia, la delusione e il dolore che ho provato. Lascio a chi ha avuto la bontà di seguire la mia vicenda il compito di trarre le conclusioni. Primo Levi scrisse: “Se questo è un uomo”, io potrei intitolare la storia che ho voluto rendere pubblica: ”Se questa è l’amministrazione che ci meritiamo…”.