[Bergamo] Infortuni e morti sul lavoro

Fra emergenze nazionali come disoccupazione, precarietà, sfratti, smantellamento di Sanità e Scuola pubbliche, la sicurezza sui luoghi di lavoro in tutti i comparti produttivi, è quella più urgente

Dal 1945 nessuna missione di guerra, calamità naturale, epidemia, né terrorismo hanno provocato un numero così alto di vittime: 14mila morti in 10 anni e un numero enorme di feriti e invalidi, più di 300 morti da inizio anno e la bergamasca si trova in alta classifica. In un’era sociale in cui la conoscenza tecnologica e organizzativa per la produzione ci consente di conoscere tutti i rischi per la salute, le cause di queste tragedie sono da ricercare nella corsa al profitto, al taglio dei costi e dei tempi, alla progressiva eliminazione delle tutele, ai ricatti come il precariato e alla violazione delle norme esistenti. Queste sono le armi, in questo fronte della guerra non dichiarata che i padroni conducono contro i lavoratori per garantirsi lussi, privilegi e la sopravvivenza nella crisi generale in corso.

Operai, non aspettatevi misure urgenti e straordinarie, per interrompere la scia di morti e feriti, dai governi che non sono vostra espressione diretta! Non delegate la contrattazione a quei sindacati di regime che al più chiamano alle veglie funebri, ai funerali e alle preghiere anziché alla mobilitazione efficace!

La CGIL, il principale sindacato del paese, per bocca della sua segretaria generale Camusso, fa sapere che gli incidenti e le morti sul lavoro sono causate dal basso numeri di ispettori. E’ il vecchio trucco di far sembrare il dito più grande della luna. Al massimo, il numero degli ispettori del lavoro è, come le leggi in materia, espressione di una supposta volontà politica, ma, proprio come le leggi che non vengono rispettate, è un palliativo. Dobbiamo avanzare con più determinazione nella sicurezza e integrità fisica sui posti di lavoro. Dobbiamo imporre che l’ultima parola sulla sicurezza sia di chi è sul posto di lavoro. Cosa possono fare gli ispettori se non seguire nei loro controlli le disposizioni elaborate fuori dalle postazioni di lavoro? Certo molte cose noi non le sappiamo, ce le nascondono per impedirci di crescere fino a diventare protagonisti di tutto quanto produciamo come lavoratori. Per questo dobbiamo organizzarci e collegarci tra noi, imparare a interrogare i vari tecnici del nostro e di altri settori di lavoro specifici quando si presentano condizioni di lavoro che non ci convincono. Questa è la strada per aumentare la sicurezza sui posti di lavoro!

L’esperienza insegna che gli unici modi per far rispettare la legalità ai padroni sono l’organizzazione e la mobilitazione degli operai. L’Organizzazione per promuovere conoscenza e formazione sull’argomento, in modo indipendente e per promuovere il controllo e la vigilanza nei reparti e nei cantieri; la Mobilitazione per fare della sicurezza un problema di ordine pubblico (scioperi, picchetti, cortei, blocchi), cioè un problema politico.

Certo, una simile mobilitazione porta inevitabilmente a fare i conti con le contromisure e con la reazione dei padroni: richiami, contestazioni, licenziamenti. Ma questo, più che un ostacolo, è un monito a diventare capaci di dispiegare tutta la forza dei lavoratori, a costruire alleanze solide, a sviluppare (dare e chiedere) la solidarietà. È e sarà una lotta “senza esclusione di colpi”, poiché la sicurezza nei luoghi di lavoro è inconciliabile con il profitto. E il profitto è il pilastro del modo di produzione capitalista. Ma anche questo non deve essere motivo di disfattismo e sfiducia e anzi si tratta di una verità che deve temprare i lavoratori più coscienti e le avanguardie di lotta: nel capitalismo gli operai sono carne da macello per il profitto dei padroni, solo nel socialismo la salute e la sicurezza possono essere perseguite e garantite universalmente.

L’organizzazione e la mobilitazione degli operai sui luoghi di lavoro, per la vigilanza e per il rispetto delle norme, per resistere ai ricatti e alle ritorsioni del padrone è la scuola pratica attraverso cui la classe operaia impara a gestire le aziende e a diventare classe dirigente della società, ad elevare le proprie capacità per dirigere il paese con il Governo di Blocco Popolare, espressione della propria organizzazione nelle aziende e nei territori

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