La propaganda razzista ha trovato condizioni più favorevoli e slancio da quando Salvini è Ministro dell’Interno. Salvini non è più razzista di nessuno dei suoi predecessori di destra o di “sinistra” (citiamo solo il caso di Napolitano che nel 1997 comandò alla Marina Militare l’affondamento della Kater i Rades carica di migranti nel Canale d’Otranto, circa 100 i morti), la Lega è stata artefice diretta o indiretta di tutte le leggi sull’immigrazione degli ultimi 20 anni (quelle stesse che oggi Salvini indica come troppo permissive), la propaganda razzista è principalmente un modo per sviare l’attenzione dalle difficoltà del governo di mantenere le promesse fatte in campagna elettorale. Questi aspetti sono sullo sfondo di questo articolo, non vanno persi di vista, ma la questione che analizziamo è un’altra: la classe dominante opera costantemente per trasformare le contraddizioni fra se stessa e le masse popolari in contraddizioni fra gruppi e settori delle masse popolari e rispetto alla questione immigrazione fa ricorso anche a personaggi che usano Marx e il marxismo per dimostrare che gli immigrati (e non la borghesia e il suo clero) ledono gli interessi e i diritti della classe operaia e delle masse popolari del nostro paese. Uno di questi personaggi, il principale, ma non l’unico, è Diego Fusaro. Le sue tesi non hanno niente a che vedere con il marxismo e, benché facciano leva su aspetti veri e anche fondati dal punto di vista dell’“ortodossia marxista”, rientrano a pieno titolo nell’intossicazione dell’opinione pubblica, nella diversione dalla lotta di classe e nella propaganda reazionaria.
I “cavalli di battaglia” di Fusaro sono essenzialmente due: a. la tesi dell’esercito industriale di riserva (“Libro I” de Il Capitale) secondo la quale la borghesia crea e mantiene un alto numero di disoccupati e sotto-occupati perché il modo di produzione capitalista ne ha bisogno per mantenere bassi i salari; b. la citazione di una lettera che Marx scrisse nel 1870 a Sigfrid Meyer e August Vogt che in un passaggio recita “In tutti i centri industriali e commerciali dell’Inghilterra vi è adesso una classe operaia divisa in due campi ostili, proletari inglesi e proletari irlandesi. L’operaio comune inglese odia l’operaio irlandese come un concorrente che comprime il tenore di vita. Egli si sente di fronte a quest’ultimo come parte della nazione dominante e proprio per questo si trasforma in strumento dei suoi aristocratici e capitalisti contro l’Irlanda, consolidando in tal modo il loro dominio su se stesso. L’operaio inglese nutre pregiudizi religiosi, sociali e nazionali verso quello irlandese. Egli si comporta all’incirca come i bianchi poveri verso i negri negli Stati un tempo schiavisti dell’unione americana. L’irlandese lo ripaga con gli interessi nella stessa moneta. Egli vede nell’operaio inglese il corresponsabile e lo strumento idiota del dominio inglese sull’Irlanda. Questo antagonismo viene alimentato artificialmente e accresciuto dalla stampa, dal pulpito, dai giornali umoristici, insomma con tutti i mezzi a disposizione delle classi dominanti. Questo antagonismo è il segreto dell’impotenza della classe operaia inglese, a dispetto della sua organizzazione. Esso è il segreto della conservazione del potere da parte della classe capitalistica. E quest’ultima lo sa benissimo”.
Fusaro, combinando arbitrariamente le due citazioni, afferma e propaganda che la borghesia imperialista è artefice e promotrice delle migrazioni dai paesi oppressi ai paesi imperialisti perché usa gli immigrati come esercito industriale di riserva contro la classe operaia dei paesi imperialisti. L’unica conclusione possibile per chi accoglie questa tesi è che per difendere gli interessi della classe operaia e delle masse popolari italiane si debba contrastare l’immigrazione e combattere gli immigrati… Ecco come, definendosi marxista e citando Marx, si fa servizio alla borghesia imperialista.
A forza di citazioni di Marx, Fusaro e i suoi emuli finiscono con il negare una delle tesi principali e fondamentali del marxismo, cioè che non può esistere, non esiste, un piano del capitale. La questione dell’allargamento dell’esercito industriale di riserva illimitato creato dalla borghesia attraverso l’immigrazione, inoltre, è reale, ma ha a che fare:
a. con le conseguenze del saccheggio, delle rapine, delle aggressioni, della sottomissione e delle guerra a cui la Comunità internazionale degli imperialisti USA e sionisti e UE sottopone i paesi oppressi:
b. con il salto epocale che l’umanità ha bisogno di compiere dopo che è passata da uno stadio (fino a duecento anni fa) in cui il singolo lavoratore (o la sua famiglie o la comunità locale) producevano tutto quel che gli occorreva ad uno stadio in cui può produrre di tutto e con potenzialità illimitate, ma in cui il singolo lavoratore da solo non è in grado di produrre niente di quello che egli usa, in cui ognuno contribuisce ad un meccanismo di produzione di beni e servizi che è collettivo e mondiale, però finalizzato al profitto dei capitalisti anziché al benessere degli uomini.
Molto praticamente, se Salvini procedesse, secondo i proclami che fa, all’espulsione di 500 mila immigrati, l’esercito industriale di riserva passerebbe da 4 milioni a 3,5 milioni: sarebbe evidente tanto che quei 500 mila immigrati non sono l’aspetto decisivo dell’esercito industriale di riserva, quanto il fatto che il “il marxismo” di Diego Fusaro è una patacca buona per alimentare la mobilitazione reazionaria delle masse popolari ne i salotti televisivi. Per quanto attiene al salto epocale che l’umanità ha bisogno di compiere, per gente come Fusaro la questione è del tutto sconosciuta e incomprensibile: non basta scimmiottare Marx e “parlare di classe operaia” secondo categorie e caratteristiche vere quanto secondarie (la provenienza, la “razza”, la miseria in cui vivono, ecc.) è necessario riconoscere e partire dal suo ruolo oggettivo nella società capitalista e dal suo ruolo soggettivo nella rivoluzione socialista e nella società socialista. Fusaro e i suoi emuli usano in modo gretto il marxismo come strumento di analisi della realtà (farlocca, perchè non ha le radici nella lotta di classe), ma non usano la concezione comunista del mondo come strumento per trasformare la realtà e danno quindi soluzioni che appartengono all’armamentario della classe dominante (Fusaro dà un senso verniciato di comunismo al “prima gli italiani”).
Il movimento comunista ha elaborato un’analisi e una linea di prospettiva per fare fronte alle contraddizioni prodotte dai flussi migratori ed è riassunta da Lenin in“Il capitalismo e l’immigrazione operaia” (Za Pravdu, n.22 in Opere Complete Vol. 19 – con l’attenzione di dare al termine “industria” il significato attuale di “azienda capitalista”): “Il capitalismo ha creato un tipo particolare di migrazione di popoli. I paesi che si sviluppano industrialmente in fretta, introducendo più macchine e soppiantando i paesi arretrati nel mercato mondiale, elevano il salario al di sopra della media e attirano gli operai salariati di quei Paesi.
Centinaia di migliaia di operai si spostano in questo modo per centinaia e migliaia di verste. Il capitalismo avanzato li assorbe violentemente nel suo vortice, li strappa dalle località sperdute, li fa partecipare al movimento storico mondiale, li mette faccia a faccia con la possente, unita classe internazionale degli industriali.
Non c’è dubbio che solo l’estrema povertà costringe gli uomini ad abbandonare la patria e che i capitalisti sfruttano nella maniera più disonesta gli operai immigrati. Ma solo i reazionari possono chiudere gli occhi sul significato progressivo di questa migrazione moderna dei popoli. La liberazione dall’oppressione del capitale non avviene e non può avvenire senza un ulteriore sviluppo del capitalismo, senza la lotta di classe sul terreno del capitalismo stesso. E proprio a questa lotta il capitalismo trascina le masse lavoratrici di tutto il mondo, spezzando il ristagno e l’arretratezza della vita locale, distruggendo le barriere e i pregiudizi nazionali, unendo gli operai di tutti i paesi nelle più grandi fabbriche e miniere dell’America, della Germania, ecc.”
Il legame di classe fra il proletariato autoctono e quello immigrato è l’aspetto decisivo da comprendere non solo per contrastare le tesi reazionarie di Fusaro e il pietismo che la sinistra borghese mutua dalla propaganda del Vaticano, ma soprattutto per capire il che fare?
Nella società capitalista la questione immigrazione può essere soltanto o strumento in mano a una parte della classe dominante per alimentare la guerra fra poveri oppure giro di affari per quella parte di classe dominante che regola e organizza “l’accoglienza”. Stanti gli effetti della fase terminale della crisi generale del capitalismo si sviluppa maggiormente la prima strada, benchè per una parte della classe dominante continua a esistere anche la seconda.
Nella società socialista il “problema immigrazione” non esisterà:
– perché non esisterà concorrenza fra lavoratori per il posto di lavoro, dato che il lavoro sarà equamente diviso in base alle reali necessità della società e anzi sarà un dovere, oltre che un diritto. Le forze produttive sono già oggi abbastanza sviluppate da consentire una giornata lavorative di poche ore ciascuno;
– perché non vi sarà concorrenza fra elementi o settori delle masse popolari per accedere alle condizioni specificamente umane della vita: casa, cure mediche, educazione, istruzione, arte, sport, partecipazione crescente alla gestione e alla direzione della società. Anzi già oggi il livello di sviluppo raggiunto dai mezzi di produzione, il livello di ricchezza complessivamente raggiunto dalla società capitalista e il livello di conoscenze e tecniche consentirebbero l’accesso illimitato e universale a condizioni di vita pienamente dignitose a tutta la popolazione, è solo la ricerca del profitto dei capitalisti che impedisce che le masse popolari possano usufruirne.
Instaurare il socialismo in Italia sarebbe, infine, uno sconvolgimento delle relazioni imposte dalla Comunità internazionale degli imperialisti e dei sionisti, si tratterebbe, si tratterà, di una potente spinta alla seconda ondata della rivoluzione proletaria mondiale con ripercussioni dirette anche nei paesi oppressi da cui gli immigrati provengono, come lo è stata la rivoluzione russa che ha aperto la strada alla prima che, nei paesi oppressi, è stata la culla delle lotte anticoloniali e di liberazione nazionale.
L’omicidio di Soumaila Sacko. È stato ammazzato un operaio e un attivista sindacale. È stato ammazzato come Nunzio Sansone (Palermo, 1947), Placido Rizzotto (Corleone, 1948), Pio La Torre (Palermo, 1982) e altre decine e decine, tutti nel sud Italia. Il colore della pelle non è l’aspetto principale. Ma era “un fratello immigrato” gridano i papa boys della sinistra, alimentando quella nefasta concezione per cui possano esistere fratelli e sorelle al posto di compagni e compagne, operai e operaie, lavoratori e lavoratrici. Il movimento operaio si è emancipato dal socialismo utopistico dei fratelli e delle sorelle grazie al socialismo scientifico (marxismo) già a metà del 1800, se ne è tenuto ben distante, nella pratica, fino alle grandi mobilitazioni che nel nostro paese hanno permesso alle masse popolari di conquistare il livello di civiltà e benessere e i diritti che oggi i padroni vogliono strappare (mai sentito dire a Mirafiori o alla Breda di Sesto San Giovanni negli anni ‘60 e ‘70 “solidarietà ai fratelli terroni”…). È stato ripescato ed è diventato oggi un armamentario del “pensiero debole” che la sinistra borghese ha mutuato dalla metafisica cattolica.
Quando i padroni ammazzano un operaio, le circostanze, le specificità, le particolarità sono questioni accessorie. È la lotta di classe che si dispiega ai tempi della fase terminale della seconda crisi generale del capitalismo. La soluzione non è scritta nel Vangelo o nell’Impero di Toni Negri. La soluzione l’hanno scritta ieri gli operai e gli altri lavoratori, di qualunque provenienza fossero, con la lotta guidata dal Partito comunista di Lenin che ha portato alla vittoria della Rivoluzione sovietica (1917) all’instaurazione dell’URSS dopo la “guerra civile” (1921). E la scrivono oggi gli operai e gli altri lavoratori, a partire da quelli con la falce e martello nel cuore, grazie all’ideale che li ispira e che li unisce ai comunisti di tutto il mondo, li lega all’esperienza storica del movimento comunista e della prima ondata della rivoluzione proletaria che nella prima parte del secolo scorso ha impresso in ogni angolo del mondo e in ogni campo un impulso potente al progresso dell’umanità.
L’omicidio di un operaio, sindacalista e immigrato (…) è la dimostrazione di dove i vertici della Repubblica Pontifica portano le masse popolari del nostro paese: lo sfruttamento più feroce si combina con la criminalità organizzata e la violenza vigliacca della polizia e dei fascisti, lo sfruttamento e la disoccupazione si combinano con il razzismo, la miseria, l’inquinamento e la guerra
La riposta più efficace, l’unica che combina la contingente gravità di un omicidio con la prospettiva, è la più ampia mobilitazione possibile della classe operaia e del resto delle masse popolari contro il degrado generale delle condizioni di vita e di lavoro della popolazione tutta” – Comunicato Direzione Nazionale del P.CARC del 5 giugno 2018 “Sull’omicidio di Soumaila Sacko, operaio e attivista sindacale”.