La situazione politica, i nostri compiti e le prospettive
A premessa di questo articolo è necessario fissare due questioni generali senza le quali la comprensione della situazione politica non è possibile, come incomprensibili sarebbero l’orientamento e la linea di condotta di cui noi comunisti siamo promotori.
1. La crisi politica di lungo corso in atto nel nostro paese, il marasma sociale e culturale, lo sgretolamento della coesione sociale, la devastazione dell’ambiente e del territorio sono diretta conseguenza della crisi del modo di produzione capitalista. È una crisi generale che ha il suo nucleo nell’economia e che solo con il superamento del capitalismo può avere soluzione (vedi “La crisi non “passa” da sola”). Tale soluzione è la rivoluzione socialista e l’instaurazione del socialismo. O la rivoluzione socialista schiude la via alla costruzione di un nuovo e superiore ordinamento sociale basato sulla dittatura del proletariato, sulla conversione delle aziende capitaliste in aziende pubbliche che producono i beni e i servizi di cui la popolazione ha bisogno, sulla crescente partecipazione delle masse popolari alla gestione e direzione della società, oppure gli effetti della crisi sono destinati ad aggravarsi, le condizioni di vita e di lavoro delle masse popolari peggioreranno ulteriormente e la classe dominante trascinerà l’umanità in una guerra di enorme portata distruttiva. In definitiva queste sono le due sole vie aperte davanti a noi, il bivio al quale l’umanità si trova. Da qui seguono lo scontro tra due classi antagoniste e le due rispettive linee.
2. Chi cerca di analizzare la realtà con la lente distorta dello scontro fra idee e valori è destinato a non capire lui e ad alimentare confusione in coloro ai quali si rivolge. Lo scontro in atto è fra i portatori di interessi contrapposti e inconciliabili: da una parte quelli della classe operaia e delle masse popolari, dall’altra quelli della borghesia imperialista e del suo clero. Questo significa che sia nell’analisi della situazione che nella definizione della linea da seguire, i comunisti devono individuare e considerare come positivo tutto ciò che rafforza la classe operaia e le masse popolari (la loro organizzazione, la loro combattività, la loro coscienza) e indebolisce la classe dominante; devono basarsi sui fatti anziché sulle opinioni e sulle dichiarazioni; devono a loro volta fare anziché predicare; devono promuovere l’organizzazione e la mobilitazione delle masse popolari affinché facciano, anziché porsi nei loro confronti come chi chiede la delega per operare in loro nome e per loro conto. La delega in campo politico (elezioni, costruire la sponda politica, ecc.) appartiene a un’epoca in cui attraverso i riti della democrazia borghese e del teatrino della politica borghese la classe dominante mobilitava sul suo terreno e a sostegno del suo mondo la classe operaia e le masse popolari. Quell’epoca è storicamente superata, sia perché alla classe dominante stanno sempre più strette le regole, le leggi e gli strumenti della democrazia borghese e cerca in ogni modo di limitarli, sia perché la società intera per funzionare necessita di un superiore grado di democrazia, quella consiliare, sovietica, socialista. Tale forma di democrazia è realizzabile solo in una società in cui i mezzi di produzione sono di proprietà collettiva e, a partire da ciò, tutti gli individui concorrono al funzionamento e alla direzione della società come loro attività ordinaria e corrente, godono dei medesimi diritti, il libero sviluppo di ognuno è la condizione del libero sviluppo di tutti. Favorire l’esperienza pratica attraverso cui le masse popolari organizzate imparano già oggi a governare la società in prima persona è parte della mobilitazione necessaria ad avanzare nella rivoluzione socialista.
La situazione politica e lo scontro fra interessi contrapposti e inconciliabili. Stanti le contraddizioni provocate dalla crisi generale del capitalismo (guerra per bande fra frazioni dei gruppi imperialisti a livello internazionale e a livello nazionale; contraddizioni fra classe dominante e masse popolari) la borghesia imperialista ha interesse – e quindi persegue l’obiettivo – che le masse popolari possano incidere solo marginalmente – ma è meglio se non incidono per niente – sulla situazione politica. Da quando è iniziata la fase terminale della crisi generale del capitalismo, nel 2008, in tutti i paesi imperialisti, compresa l’Italia, ogni volta che le masse popolari hanno avuto la possibilità di esprimersi, lo hanno fatto contro la borghesia imperialista. Da qui la progressiva restrizione degli spazi di partecipazione democratica e l’aumento di ostacoli di ogni tipo. Se prendiamo a esempio il nostro paese, il discorso è chiaro: leggi elettorali incostituzionali e antidemocratiche, soglie di sbarramento, liste bloccate, premi di maggioranza, quorum, firme per la presentazione delle liste, ecc. Oltre a ciò i vertici della Repubblica Pontificia si riservano la possibilità di violare l’esito di referendum ed elezioni ogni volta che non è per loro soddisfacente.
In questo contesto era ed è interesse delle masse popolari impedire che l’esito delle elezioni del 4 marzo scorso fosse violato e rovesciato, come in effetti Mattarella ha provato a fare. La formazione del governo M5S-Lega, per le condizioni del tutto particolari in cui si è costituito e per il contesto in cui è maturato, è un avanzamento delle masse popolari sul campo dell’affermazione dei loro interessi, contro gli interessi della classe dominante. Questo è un primo aspetto che ci porta a indicare il governo M5S-Lega come una crepa nel sistema politico dei vertici della Repubblica Pontificia.
Era nell’interesse contingente dei lavoratori e delle masse popolari rompere la pluridecennale continuità rispetto all’attuazione del programma comune della borghesia imperialista, quel programma imposto dai governi delle Larghe Intese dal 1994 a oggi (banda Berlusconi e circo Prodi, Monti, Letta, Renzi e Gentiloni). Esso consiste nello smantellamento delle conquiste ottenute con le lotte dei decenni passati, nella precarizzazione del lavoro, nelle privatizzazioni e liberalizzazioni, nei tagli ai servizi pubblici, nella devastazione ambientale e grandi opere, nello smantellamento della scuola e della sanità pubbliche, nella crescente sottomissione del paese alle istituzioni e autorità della Comunità Internazionale degli imperialisti USA, sionisti ed europei.
La potenziale discontinuità con il passato è incarnata dal governo formato da M5S-Lega e dal suo programma racchiuso nel Contratto di governo. Il M5S è una forza che illude le masse popolari che per fare fronte agli effetti della crisi è sufficiente l’onestà di chi governa e il rispetto delle leggi vigenti; la Lega è un partito che ha partecipato a pieno titolo all’attuazione del programma comune della borghesia imperialista in passato e ancora lo attua direttamente nelle importanti Regioni che governa, un partito che si è riverniciato da “antisistema” premendo sulla propaganda reazionaria, nazionalista e razzista. Nessuna delle forze di governo indica la strada della mobilitazione rivoluzionaria e dell’instaurazione del socialismo come strumento e obiettivo per le masse popolari. È evidente che per queste ultime gli interessi contingenti (rompere la pluridecennale continuità con il programma comune della borghesia imperialista) e quelli di prospettiva (instaurare il socialismo) sono momentaneamente in contraddizione. Ma questo è il risultato della attuale debolezza del movimento comunista, non della arretratezza delle masse popolari. La rottura della continuità politica con il programma comune della borghesia imperialista è comunque un secondo aspetto che qualifica la crepa aperta dal governo M5S-Lega nel sistema politico delle Larghe Intese.
È nell’interesse dei vertici della Repubblica Pontificia fomentare malcontento, proteste, sfiducia e scetticismo nei confronti del governo M5S-Lega. Essi lo fanno, a ragion veduta, attaccando le dichiarazione razziste di Salvini contro gli immigrati e i rom, omettendo accuratamente che, al di là delle esternazioni, tutti i governi che lo hanno preceduto e anche alcuni Comuni attualmente governati dal Centro-sinistra hanno fatto e fanno quanto Salvini minaccia di fare. E anche di peggio. Ma per il momento si guardano bene dallo sfidare il governo affinché mantenga i punti positivi del Contratto di governo, abolizione della legge Fornero in primis.
È invece nell’interesse della classe operaia e delle masse popolari mobilitarsi per obbligare il governo a mantenere gli impegni scritti sul Contratto e obbligare il M5S a mantenere le promesse fatte in campagna elettorale, anche se non sono inserite nel Contratto (ad esempio la reintroduzione dell’articolo 18).
La questione è che per mantenere gli impegni, il governo e le forze che lo compongono sono costretti a ricorrere alla mobilitazione delle masse popolari, oppure saranno travolti dai ricatti, dalle pressioni, dalle campagne denigratorie, dalle inchieste.
Il peso e il ruolo della mobilitazione della classe operaia e delle masse popolari sull’opera del governo è un terzo aspetto che attiene alla crepa che si è aperta nel sistema politico.
Il governo M5S-Lega è il risultato della breccia che, stante il sistema istituzionale della Repubblica Pontificia, le masse popolari hanno aperto nel sistema politico delle Larghe Intese, ma è anche il risultato di un accordo tra i gruppi d’interesse e istituzioni che sono i mandanti del sistema politico delle Larghe Intese con i dirigenti del M5S e della Lega. Il M5S e la Lega non si sono dati i mezzi per fare una politica contro quei gruppi di interesse e contro quelle istituzioni, a noi comunisti il compito di far leva sulla breccia che le masse popolari hanno aperto per rafforzare la loro organizzazione, la loro combattività e per elevare la loro coscienza.
Mille mobilitazioni di base per far valere tutta la forza della classe operaia e delle masse popolari. La sinistra borghese non ragiona sulla base della divisione della società in classi e sugli interessi contrapposti e inconciliabili fra masse popolari e classe dominante. Non distingue, quindi non riesce a combinare, interessi contingenti e interessi di prospettiva. Non concepisce altra società che non sia quella capitalista, quindi limita la sua elaborazione e la sua mobilitazione al miglioramento del capitalismo, ma questo è un obiettivo irrealistico. Non concepisce la possibilità e la necessità di costruire una società socialista, quindi non si pone di fronte alle cose, ai processi e alle fasi con lo sguardo e l’atteggiamento di chi vuole in ogni situazione conquistare posizioni per la rivoluzione socialista. Dice anzi che la rivoluzione socialista non è possibile (tutti quelli che dicono “la rivoluzione socialista è impossibile”, “non ci sono le condizioni”, “non è il momento”, ecc. anche se si definiscono comunisti sono permeati dalle concezioni della sinistra borghese). Si spiega così l’atteggiamento unilaterale verso il governo M5S-Lega (“opposizione senza se e senza ma fino a cacciare il governo più fascista dal dopoguerra”), cosa che è a sua volta dimostrazione di quanto e come la sinistra borghese è del tutto staccata da quella classe operaia e da quelle masse popolari che pure dice – solo a parole – di voler rappresentare. A breve diventerà ancora più chiaro di quanto lo sia oggi e a una platea più vasta di quanto lo è oggi, che la denuncia delle “misure a favore dei padroni” annunciate dal governo è ridicola, che l’allarmismo preventivo su quello che il governo M5S-Lega farà contro le masse popolari è ridicolo se non diventano alimento per la mobilitazione della classe operaia e delle masse popolari. Un esempio: la Flat tax è una riforma da respingere. Dunque alla lotta, senza sconti, senza reticenze, senza risparmio di energie. E così per tutto il resto, punto per punto: promuovere mille iniziative di base per costringere il governo M5S-Lega ad attuare le parti progressiste del Contratto di governo (in particolare abolizione della legge Fornero, abolizione di pensioni d’oro, vitalizi, stipendi d’oro per i funzionari di stato, introduzione del reddito di cittadinanza, blocco del TAV e del TAP); impedirne l’approvazione e l’attuazione delle parti reazionarie (Flat tax, politiche razziste e discriminatorie, sgomberi degli occupanti di case per necessità); imporre al governo M5S-Lega alcune misure urgenti che erano nei programmi elettorali di entrambe le forze (in particolare abolizione del Jobs Act, salvataggio di ILVA e Alitalia) e misure che non erano nei programmi elettorali, ma sono necessarie a fare fronte alle emergenze nazionali (diritto alla casa, morti sul lavoro, disoccupazione galoppante, abbandono e degrado dei servizi pubblici, piano Marchionne e morte lenta delle aziende).
Gli interessi della classe operaia e delle masse popolarti e il ruolo dei comunisti
La classe operaia e le masse popolari hanno interesse ad allargare la crepa nel sistema politico dei vertici della Repubblica Pontificia e alimentare l’ingovernabilità del paese dal basso. In questa fase il compito dei comunisti non è mobilitarsi e mobilitare per cacciare il governo M5S-Lega, per quanto sia contraddittorio. Senza la costituzione del Governo di Blocco Popolare, cacciare il governo attuale significa aiutare i vertici della Repubblica Pontificia a “sanare la crepa”. Il compito dei comunisti è mobilitare le organizzazioni operaie e popolari per
– fare pressioni sul governo M5S-Lega perché attui le promesse elettorali,
– indicare al governo le misure da prendere caso per caso per fare fronte agli effetti più gravi della crisi,
– attuare direttamente le misure necessarie per fare fronte agli effetti della crisi che è possibile attuare localmente, senza aspettare che il governo si muova.
Per quanto sia giusto mobilitarsi contro la propaganda reazionaria promossa a piena voce da Salvini e sarà ancora più giusto, a maggior ragione, mobilitarsi contro le misure reazionarie che eventualmente il governo M5S-Lega assumerà, non dobbiamo cadere nel tranello di limitarci a questo, alla contestazione, a “contrastare la destra”. L’aspetto decisivo è moltiplicare le forze per valorizzare il positivo, che esiste:
– fra le fila del governo;
– fra le organizzazioni operaie e popolari (dagli operai FCA ai braccianti immigrati del sud Italia, dai lavoratori della ex-Lucchini di Piombino – vedi la lettera a fianco – ai lavoratori Alitalia, agli operai dell’ILVA di Taranto);
– fra gli esponenti della società civile che, preoccupati per il futuro del paese, si attivano (vedi articoli a pag. 3).
In questa fase, la cosa più dannosa per i lavoratori e il resto delle masse popolari è “restare a guardare cosa farà il nuovo governo”, è la linea attendista che crea il terreno più adatto a che il governo M5S-Lega faccia più e meglio per i vertici della Repubblica Pontificia di quello che hanno fatto i governi delle Larghe Intese. A questo proposito “non bisogna andare per il sottile”: la parte più avanzata delle organizzazioni operaie e popolari deve avvalersi e usare anche quelle mobilitazioni che, con lo scopo di recuperare consensi ed elettorato, saranno promosse dai partiti della sinistra borghese, dal PD e dai sindacati di regime.
Valorizzare tutto il positivo, sostenere la creazione di organizzazioni operaie e popolari, il loro coordinamento e la loro iniziativa autonoma dalle istituzioni e dalle autorità della borghesia, individuare le soluzioni contro gli effetti più gravi della crisi, mobilitarsi direttamente e mobilitare per attuarle è la strada più efficace per arginare e isolare la destra e per avanzare nella costruzione della nuova governabilità del paese dal basso.
Approfittare della situazione politica favorevole al campo delle masse popolari, della crepa nel sistema politico delle Larghe Intese, per promuovere l’organizzazione e la mobilitazione delle masse popolari fino a imporre ai vertici della Repubblica Pontificia il Governo di Blocco Popolare, questa è la strada per la rinascita del movimento comunista. A questo obiettivo il P.CARC chiama a contribuire tutti i compagni e le compagne, i lavoratori, i giovani, i disoccupati, gli immigrati che riconoscono la giustezza di due principi fondamentali del patrimonio teorico e pratico del movimento comunista: la lotta di classe è il motore della storia, attraverso la lotta di classe sono le masse popolari che scrivono la storia.
Egregio Sig. Ministro Di Maio, le scriviamo a nome di un gruppo di lavoratori e cittadini piombinesi, denominato “Coordinamento Art. 1 – Camping CIG”, per invitarla a venire quanto prima nella nostra città, colpita dalla nota vicenda della crisi del locale stabilimento siderurgico, ove sono in gioco più di 3000 posti di lavoro; vicenda ora giunta alla delicatissima fase della cessione delle acciaierie dal gruppo algerino Cevital-Aferpi al gruppo indiano Jindal South West Steel (Jsw).
Siamo molto preoccupati. Dopo che Mise e amministrazioni locali hanno perso inutilmente ben quattro anni nella conduzione fallimentare della fase precedente (quella a gestione Cevital-Aferpi), con l’unico risultato di far degradare gravemente l’assetto impiantistico e commerciale della fabbrica, la vicenda è stata sottoposta ora ad una brusca, quasi forsennata e poco trasparente accelerazione, da parte del ministro uscente Calenda, delle amministrazioni locali Pd (regionale e comunale) e della stessa JSW, quasi si voglia chiudere in fretta e furia la partita, impedendo al nuovo governo di entrar nel merito ma impedendo anche ai lavoratori e cittadini di rendersi conto delle scelte che si stanno compiendo sulle loro teste.
Sig. Ministro, la esortiamo caldamente a “fermare subito i giochi” e ad entrare in prima persona rapidamente nel merito della vicenda, se si vuole evitare di trovarci tutti, a cose fatte, con una polpetta avvelenata, letale per noi, per la nostra città, per il suo Governo, e per il Paese. Stanno tentando di concludere una complessa e delicata partita senza che i lavoratori, i cittadini e loro rappresentanti sindacali e istituzionali siano messi in grado di esaminare dettagliatamente il piano industriale dell’impresa (di cui sono state messe a disposizione solo scarne “linee giuda”), piano sul quale devono necessariamente fondarsi i successivi Accordo Sindacale e Accordo di Programma. (…)
Sig Ministro, le forze attualmente al governo si sono espresse più volte nel senso di una inversione di rotta in tema di difesa degli interessi nazionali e del nostro patrimonio industriale, anche mediante una ripresa del ruolo dello Stato nel promuovere politiche industriali di sviluppo fondate sul rilancio di una spesa pubblica produttiva, eliminando sprechi e ruberie. Siamo quindi in attesa di assistere ad un concreto cambio di rotta nella gestione della grave crisi del nostro territorio.
In un recente passato Lei ha già mostrato interesse e disponibilità per la complicata vicenda piombinese, quando ebbe un incontro (febbraio 2017) con i locali rappresentanti della sua forza politica (tra cui alcuni appartenenti al nostro gruppo) ove ebbe a sostenere che, nel caso ci fossero state serie difficoltà con un investitore privato, sarebbe stato necessario pensare ad un investimento dello Stato. Anche l’attuale Ministro Salvini, in occasione di una sua visita a Piombino per un comizio elettorale nel febbraio 2018, ebbe a sostenere che, se il privato non avesse presentato un buon piano industriale, sarebbe stato necessario procedere alla nazionalizzazione.
Riteniamo che, se vogliamo che “politica industriale” e “salvaguardia dell’industria nazionale” non restino parole vuote, nei settori strategici per il Paese (quale sicuramente è la Siderurgia) lo Stato non possa restare completamente esterno alla gestione delle maggiori aziende che condizionano tutto il mercato. Nel caso specifico, JSW acquisterà l’impianto siderurgico (e buona parte di preziose aree retroportuali) al costo di diverse decine di mln, mentre lo Stato ne sborserà qualche centinaio, sotto varie forme di agevolazioni e contributi. Riteniamo che ogni euro sborsato dalla parte pubblica debba tradursi in peso nella gestione aziendale, cioè in partecipazione al capitale, unico strumento per concretizzare il dettato Costituzionale, secondo il quale la proprietà privata dell’impresa deve comunque assicurare la funzione sociale della stessa (artt. 41, 42, 43 della Costituzione), in quanto a stabilità di occupazione, rispetto dei diritti del lavoro e rispetto dell’ambiente.
Signor Ministro, nell’esortarla ad accettare il nostro invito ci permettiamo di suggerire alcuni degli obiettivi che ci paiono ineludibili:
1) obbligare l’azienda a fornire tempestivamente un completo e dettagliato piano industriale e finanziario da mettere a disposizione di tutte le componenti istituzionali, sindacali e associative in campo;
2) assicurare tempestivamente la Sua presenza in Piombino per un confronto ampio e partecipato sul piano industriale e sul successivo e conseguente Accordo di Programma;
3) verificare che negli accordi siano inserite clausole precise e cadenzate, efficaci e rigorose di penali cui l’imprenditore debba sottostare in caso di inadempienza agli accordi;
4) assicurare la prosecuzione della sorveglianza ministeriale per l’intero periodo necessario alla realizzazione del Piano, anche aumentando le quote di partecipazione pubblica al capitale, pronti anche alla temporanea gestione totalmente pubblica in caso di inadempienze gravi;
5) assicurare il mantenimento dei livelli occupazionali nel settore siderurgico piombinese e nel suo indotto, garantendo anche la prosecuzione degli ammortizzatori sociali con copertura economica pari a quella già in essere, per tutto il periodo necessario alla realizzazione dell’intero programma di rilancio.
Nell’augurio di averla quanto prima tra noi, restiamo in attesa di un suo cortese riscontro.