Comunicato congiunto PCI Federazione di Brescia e Partito dei CARC Sezione di Brescia.
Con la fine della campagna elettorale non si esaurisce la necessità di mettere al centro la questione del lavoro come asse portante della vita sociale della città e oltre. Una necessità ulteriormente affermata dalla vicenda Invatec – Medtronic, con il suo portato drammatico di centinaia di posti di lavoro messi in discussione. Il freno a questa china discendente lo troviamo nella lotta per ricreare un contesto che riporti al centro il protagonismo dei lavoratori, troppo spesso relegati a massa di manovra o numeri di esuberi in sede di trattativa sindacale.
C’è bisogno di una prospettiva politica e del protagonismo della classe operaia e di questo abbiamo parlato all’incontro pubblico “Brescia, le elezioni e il futuro dell’Iveco”, svoltosi lunedì 4 giugno presso la sala civica di via Villa Glori a Brescia.
Malgrado la sempre crescente richiesta di qualità urbanistica da parte della cittadinanza, gli ultimi trent’anni segnati dalla cosiddetta deregulation ci hanno consegnato tessuti urbani profondamente feriti, ed in alcuni casi devastati, dalla terziarizzazione, ovvero dalla dismissione degli impianti produttivi per lasciare i lavoratori al loro destino nell’ambito del settore dei ‘servizi’. Come se l’incipiente era dei centri commerciali potesse garantire gli stessi livelli occupazionali e lo stesso benessere.
Non si tratta solo di interessi nella cessione di aree ex-industriali alla speculazione edilizia, né si tratta solo di crisi industriale. C’è stata una scelta a mente fredda di spostare impianti, di frammentare le produzioni, oltre che il disinteresse a tutelare le produzioni stesse quando le difficoltà erano solo di ordine finanziario. La sorte di Torino valga come monito per tutti: una città industriale ridotta ad un cimitero di capannoni ed una popolazione che per la sua parte maggioritaria si prepara ad entrare di fatto ed in silenzio nel sottoproletariato o nella miseria in mezzo ai quartieri dormitorio.
A Brescia sta accadendo lentamente la stessa cosa: gli impianti storici dismessi (ATB, Pietra, ecc.) si contano a decine e il più grande di quelli rimasti, l’Iveco, sta lentamente svuotando il proprio stabilimento, pur non obsoleto, preferendo deportare tutte le mattine centinaia di propri dipendenti verso altri impianti tra Mantova e Piacenza.
Viene da chiedersi: ma i bresciani lo sanno, e se lo sanno sono d’accordo? Tra tutte le domande rivolte a loro sotto elezioni, domande spesso espressione di insostenibile leggerezza, questa domanda cruciale mancava. Perché questo evento è destinato a cambiare tutto in città, città a vocazione industriale in grado di esprimere una capacità ed una cultura produttiva senza eguali.
Non c’è in gioco solo il benessere portato dal lavoro e dalla produzione, c’è in gioco una visione di politica industriale nazionale ma anche un modo di vivere la democrazia e la società. Siamo sicuri che il contributo di questa classe operaia alla crescita civile di tutti sia stato neutro e sarà possibile privarsene? Magari i manager sono molto propensi a disfarsene, ma noi, ma le amministrazioni e la città di Brescia, è proprio vero che i nostri interessi coincidono con quelli dei manager?
Una città segnata dal degrado sociale del declino produttivo non sarà certo un buon lascito per i nostri figli! Questo tema cruciale va ben oltre la contingenza elettorale, è un tema che attiene alle concrete basi sociali della società. L’iniziativa del 4 giugno, per piccola che sia stata, vuole essere l’apertura di un confronto sul futuro di Brescia e non solo. Mettere a confronto compagni di diversa provenienza (erano presenti anche esponenti di Potere al Popolo), lavoratori ed esponenti sindacali, ascoltare la testimonianza di Mimmo De Stradis della FCA di Melfi, che ci ha parlato del coordinamento degli operai (il Movimento Operai Autorganizzati FCA – MOAF) contro il Piano Marchionne che mira a dismettere importanti patrimoni produttivi del nostro paese: tutto questo è stato un passo verso la ricerca delle soluzioni ai problemi descritti più sopra. Soluzioni che si trovano a livello locale tanto più si ricerca una soluzione generale e si lavora per costruirla, a partire dall’aspetto strategico della mobilitazione e organizzazione della classe operaia (aspetto imprescindibile nella costruzione della rivoluzione socialista).
Nessuno si salva da solo: ricreare il contesto generale favorevole è il modo concreto di conseguire ogni obiettivo particolare.