Trasmettiamo una lettera di un compagno italiano ai compagni antimilitaristi sardi.
Il 17 maggio si è tenuta, presso il tribunale di Lanusei in Sardegna, l’ennesima udienza sul processo denominato “I veleni di Quirra”, che fa riferimento alle numerose morti tra militari e civili a causa dei test missilistici e di componentistiche d’armi (e chissà cos’altro!) portati avanti nel Poligono Interforze di Salto di Quirra, nell’Ogliastra, il poligono più grande d’Europa per estensione territoriale (oltre 12000 ettari di terra tra demanio militare e servitù militari). Il processo ha visto, dal 2011 a oggi, un forte ridimensionamento: gli imputati sono scesi da 20 a 8, i capi d’accusa da “disastro ambientale” e “omicidio colposo” per generali, colonnelli e altre figure, a “omissione di controlli e di cartellonistica”. Una pagliacciata insomma, il tutto mentre il ministro Pinotti negli ultimi mesi del governo Renzi – Gentiloni (e anche dopo le elezioni del 4 marzo, a governo oramai decaduto) si è adoperata con grande lena per affermare e far affermare pubblicamente che “nei poligoni di tiro non c’è uranio” o che “nelle basi e nei poligoni non vengono usate sostanze tossiche”. La ministra Pinotti mente sapendo di mentire, perché basta leggere ogni scheda tecnica dei missili fatti brillare nei poligoni di tiro in Sardegna e in Italia per leggere chiaramente che vengono usati metalli, leghe e sostanze che sono cancerogene. Se fosse così vero che nei poligoni e nelle basi militari non ci sono materiali cancerogeni e inquinanti, la ministra Pinotti deve spiegare alle famiglie dei militari e dei civili morti e malati che hanno vissuto e lavorato presso i poligoni militari in Sardegna (in particolar modo il poligono di Salto di Quirra, di Capo Teulada e Capo Frasca) come mai proprio nel 2014, dopo che è stata nominata Ministro della Difesa, è stato definito di adeguare i limiti e le soglie di inquinamento possibili per i poligoni di tiro e le aree militari ai limiti previsti per le zone industriali, che per alcune sostanze arrivano a valori 100 volte superiori il limite fissato in precedenza per i soli poligoni di tiro. E’ chiaro che ogni indagine rivelerà che le sostanze sono tutte sotto la soglia massima che può causare danni alle persone e all’ambiente!
E’ chiaro che il governo Renzi – Gentiloni si è reso compartecipe dell’insabbiamento della verità e delle indagini sui “Veleni di Quirra”, epurando e trasferendo (o costringendo a farlo) tutti coloro che hanno portato avanti le inchieste e le indagini, adoperandosi addirittura per costruire una difesa pubblica dell’operato dello Stato Maggiore della Difesa attraverso conferenze e interviste in cui si è sempre declamata la salubrità delle zone interessate dai poligoni di tiro, soprattutto in Sardegna.
In Sardegna, tante sono le componenti del movimento antimilitarista che si stanno organizzando per rivendicare la smobilitazione delle basi militari e dei poligoni di tiro, che in totale ricoprono circa 35000 ettari, una superficie che rappresenta il 65% di tutto il demanio militare e di tutte le zone soggette a servitù militari d’Italia. Zone dove operano non solo forze italiane, ma dove si addestrano le forze NATO e dove Israele addestrò le sue truppe per l’operazione “Piombo Fuso”. La lotta quindi dei compagni antimilitaristi sardi è una lotta non solo contro l’occupazione militare, ma contro la guerra imperialista e contro e l’abuso del proprio territorio da parte delle forze armate NATO. La loro lotta è intrecciata a quella dei comunisti, degli antimilitaristi e dei sinceri democratici italiani, che lottano contro lo stato di cose presenti e per l’instaurazione di un governo che faccia gli interessi delle masse popolari, che azzeri i costi della partecipazione italiana alla guerra imperialista e si impegni a utilizzare quelle risorse per il pieno impiego dei disoccupati nelle bonifiche dei territori inquinati, nella riapertura di aziende strategiche, nell’intervento sul dissesto idrogeologico ecc. La Sardegna è un territorio ricco di risorse ma impoverito e lasciato a se stesso dal governo italiano e dalla complicità del governo della Regione Autonoma della Sardegna: mancano ferrovie adeguate, strade sicure e rimesse in sesto e in generale una rete di viabilità decente, un trasporto pubblico dignitoso, interi territori coltivabili sono abbandonati, una ecatombe di fabbriche da rimettere in moto in maniera compatibile con l’ambiente sono diffuse tra la zona del Sulcis fino a Porto Torres, da Ottana a Cagliari. Per non cadere sotto il tallone della borghesia, il consiglio che posso dare ai compagni antimilitaristi sardi è quella di lottare per lo smantellamento delle basi e dei poligoni militari ma al tempo stesso lottare per un lavoro utile e dignitoso per ogni adulto, esponendosi e lottando anche sul fronte dei posti di lavoro che via via vengono tolti: per ogni posto di lavoro che viene cancellato, prende forza la spinta della disoccupazione a far arruolare centinaia di giovani disoccupati, prende forza la retorica dei vertici militari secondo cui “il comparto difesa è la più grande industria della Sardegna”. Le lotte che via via si intrecceranno, daranno vita ad una collaborazione positiva tra i compagni italiani e i compagni sardi, con benefici per tutti: ogni vittoria contribuirà a rafforzare le lotte e le mobilitazioni di tutti.
Emanuele L.