Il (nuovo)Partito comunista italiano ha pubblicato il n. 58 della sua rivista, La Voce. Una parte importante del numero è dedicata alla scienza fondata ed elaborata da Marx ed Engels e all’utilizzo che oggi i comunisti devono farne per avanzare nella rinascita del movimento comunista e nella lotta per fare dell’Italia un nuovo paese socialista: questo è infatti il giusto modo per celebrare l’anniversario dei 200 anni dalla nascita di Marx. Riportiamo gli estratti di alcuni articoli della rivista, invitando tutti i compagni e le compagne a studiare l’intero numero (reperibile sul sito www.nuovopci.it) e a contribuire alla sua diffusione. “Senza teoria rivoluzionaria, non può esserci movimento rivoluzionario” (Lenin).
ESTRATTI
Il 5 maggio ricorre il 200° anniversario della nascita di Karl Marx. La sua opera nel campo della teoria e per la nascita e lo sviluppo anche pratici del movimento comunista cosciente e organizzato, segna una svolta nella storia dell’umanità. Quando egli morì il 14 marzo 1883 a Londra, in tutti i paesi già capitalisti la parte più avanzata degli operai era organizzata in partiti e sindacati in gradi diversi ispirati alla nuova scienza che egli con Federico Engels aveva fondato ed elaborato, la scienza che ha reso finalmente gli uomini capaci di fare in modo consapevole la loro storia (che essi fino ad allora avevano fatto non solo non perseguendo un proprio obiettivo, ma senza neanche conoscere i risultati di quello che stavano facendo), finalmente capaci di creare il proprio futuro a condizione che seguano le leggi proprie della società che devono trasformare, come avviene in ogni altro campo in cui gli uomini agiscono guidati da una scienza.
“Per quanto mi riguarda, non a me compete il merito di aver scoperto l’esistenza delle classi nella società moderna e la loro lotta reciproca. Molto tempo prima di me, storiografi borghesi hanno descritto lo sviluppo storico di questa lotta delle classi ed economisti borghesi la loro anatomia economica. Ciò che io ho fatto di nuovo è stato:
- dimostrare che l’esistenza delle classi è legata puramente a determinate fasi storiche di sviluppo della produzione;
- che la lotta delle classi conduce necessariamente alla dittatura del proletariato;
- che questa dittatura medesima non costituisce se non il passaggio all’abolizione di tutte le classi e a una società senza classi” (Marx, Lettera a J.Weydemeyer).
Sono gli uomini che hanno fatto e fanno la loro storia. La storia della specie umana non è un avvenimento misterioso e inconoscibile, come se fosse determinata dal caso o da forze ultraterrene. Quelli che dicono che è impossibile sapere quale sarà il nostro futuro, dicono il falso. Non importa se lo fanno consapevolmente o meno. Essi nascondono alle masse popolari che esse stesse creano il proprio futuro, che il loro futuro dipende da loro, le distolgono dall’occuparsene e così le spingono a lasciare che la borghesia e il clero continuino la loro opera nefasta.
La chiave per comprendere la storia degli altri aspetti della società è la comprensione della natura e della storia dei modi in cui gli uomini hanno prodotto e consumato quello che usavano nella loro vita, la natura e la storia dei loro rapporti di produzione.
La lotta di classe è la base di tutta la storia degli ultimi millenni. E’ ancora la base della storia che dobbiamo fare oggi. Non è possibile capire le vicende della società attuale e condurre in esse un’azione efficace senza partire dalla lotta di classe in corso: la lotta del proletariato per instaurare il socialismo contro la borghesia che si dibatte in modo furioso per prolungare la vita del suo sorpassato sistema di relazioni sociali. Sbagliano quelli che sostengono che le classi sociali non esistono più, che la lotta di classe è roba d’altri tempi, che la società attuale non è più divisa in classi, che la classe operaia è “integrata nel sistema” (vedi la Scuola di Francoforte, vedi “i pensatori critici” borghesi alla John Kenneth Galbraith, che è stato insieme a Herbert Marcuse uno dei guru del movimento del ‘68, ecc.), che la lotta di classe non è alla base delle vicende dei nostri giorni.
Tra gli intellettuali (studiosi, professori, scrittori, dirigenti politici, ecc.) che oggi si professano marxisti bisogna distinguere due correnti: da una parte quelli che non hanno capito il materialismo dialettico e dall’altra quelli che l’hanno assimilato e lo usano.
I primi leggono Il capitale di Marx come una descrizione della società borghese attuale o come un libro di storia della società borghese. Essi si preoccupano di verificare se quello che leggono nei volumi dell’opera di Marx corrisponde o no a quello che constatano o ai fatti che conoscono della storia.
I secondi invece leggono Il capitale di Marx come un manuale di materialismo dialettico applicato al modo di produzione capitalista. Essi cioè nel leggere l’opera principale di Marx usano quello che Marx stesso aveva annotato nel 1857 sul metodo dell’economia politica (Grundrisse, Introduzione, Il metodo dell’economia politica) e quello che Engels illustra nella sua recensione (Friedrich Engels, Karl Marx – Per la critica dell’economia politica).
Lo usano cioè per analizzare la realtà e comprendere come agire per trasformarla, come metodo di conoscenza e guida per l’azione. Non riducono Marx ad un insieme di dogmi da ripetere.
L’assimilazione del marxismo ci rende capaci di orientare in modo giusto le masse popolari. Non solo rende noi comunisti capaci di fare una propaganda efficace delle singole tesi del marxismo e contrastare denigrazioni e contraffazioni, ma rende noi stessi comunisti certi che possiamo vincere e quindi capaci di infondere fiducia nelle masse popolari. La propaganda del marxismo infonde nelle masse popolari fiducia in se stesse, nella loro capacità di prendere in mano la loro sorte e costruire il loro futuro. Nonostante le apparenze e l’opinione pubblica creata dalla stessa borghesia, non è la borghesia che è forte: sono le masse popolari che ancora non fanno valere le propria forza, proprio perché la loro azione non è guidata dalla scienza che Marx insieme a Engels ha fondato e che Lenin, Stalin e Mao Tse-tung hanno ulteriormente elaborato. Avere fiducia nelle proprie forze è una condizione fondamentale per combattere e vincere. Assimilare e applicare la scienza è condizione indispensabile perché la nostra attività sia efficace e rafforzi quindi nelle nostre file anche la fiducia nelle nostre forze e rafforzi nelle masse popolari la fiducia in se stesse e nel Partito.
Certamente nei prossimi mesi saranno organizzate molte celebrazioni del bicentenario, sia da parte di personalità e organismi della sinistra borghese sia da parte dei molti organismi che al marxismo a vario titolo e più o meno legittimamente dichiarano di ispirarsi.
Noi comunisti dobbiamo:
- approfittare di queste celebrazioni, partecipare secondo le forze di cui disponiamo ad alcune di esse scelte a ragion veduta, approfittare del clima generale per far promuovere da organismi amici conferenze pubbliche e fare propaganda in particolare tra gli operai avanzati,
- rafforzare nelle nostre file l’assimilazione della scienza fondata da Marx e degli sviluppi che essa ha avuto grazie all’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria. Oggi il marxismo è diventato il marxismo-leninismo-maoismo e i principali esponenti di questa scienza sono, oltre a Marx ed Engels, Lenin e Stalin, Mao Tse-tung. La loro opera pratica ha confermato la validità dei loro apporti alla nostra scienza. Dobbiamo assumere i loro insegnamenti a guida della nostra attività.
I due compiti sono strettamente legati, si condizionano e si completano. L’avanzamento in uno ci stimola e ci rende capaci di avanzare nell’altro.