Presentiamo l’intervista a Maurizio Ughetto, delegato FIOM della Embraco di Riva di Chieri (TO). Con la pubblicazione di questa intervista vogliamo far conoscere la lotta in corso in questa azienda, che è divenuta nota a livello nazionale nel corso della campagna elettorale e che nelle settimane e mesi a venire necessita nuovamente della più ampia solidarietà, visto l’esito ancora incerto della vertenza. Come ci spiega Maurizio, l’operaio intervistato, l’accordo raggiunto tra Embraco, sindacati e governo permette ad Embraco e Whirlpool (la multinazionale cui Embraco fa capo) di delocalizzare la produzione di Riva di Chieri (TO) in Slovacchia dando in cambio ai lavoratori il rinvio di nove mesi delle lettere di licenziamento dei 503 dipendenti. Mesi durante i quali le Autorità tramite Invitalia (una società controllata dal Ministero delle Finanze) dovrebbero trovare un nuovo capitalista pronto a riavviare la produzione a Riva di Chieri. Questo è il contenuto dell’accordo al centro del tavolo di trattativa che si terrà a Roma il 9 aprile e che rischia di essere ancor più peggiorato dalle mire di Whirpool e Embraco che con l’obiettivo di accelerare i loro progetti e massimizzare i loro profitti stanno cercando di sabotare quello che già rischia d’essere un accordo capestro. Sono infatti numerosi i casi di riconversioni industriali trasformatesi in speculazioni. Al di là delle comparsate elettorali di Calenda (le cui esternazioni sul caso Embraco sono foglia di fico della soggezione della Repubblica Pontificia agli interessi delle multinazionali) quel che conta, come sostiene anche Maurizio nell’intervista, è tenere alta e rilanciare la mobilitazione in difesa dei posti di lavoro. La mobilitazione dei lavoratori è ciò che ha fatto della vicenda Embraco una questione politica nazionale ed è anche l’ingrediente determinante per difendere i posti di lavoro a Riva di Chieri, al di là che si continui a produrre compressori per frigoriferi oppure altro. Di ciò ne ha coscienza anche Maurizio, che esorta al coordinamento delle forze anche tra operai di aziende diverse e appartenenti a sindacati diversi, contro il nemico comune.
Questo è il tema principale di cui tratta l’intervista ma non l’unico perché affronta anche quella che è la storia dello stabilimento di Riva di Chieri, che affonda le radici in quella che è stata la storia di FIAT e delle proprietà industriali degli Agnelli, proprietari dello stabilimento fino al 1985, anno in cui lo cedettero a Whirlpool. Una storia esemplare che conferma una volta di più gli intenti ieri di Agnelli e Romiti e oggi di Elkann e Marchionne di smantellare la produzione industriale del gruppo ubicata in Italia in favore o della delocalizzazione dove vi è costo inferiore della forza lavoro (come progressivamente avvenuto con la produzione automobilistica) o dell’abbandono di rami produttivi (come avvenuto per la produzione di frigoriferi) per consolidare la propria posizione nel campo della finanza e della speculazione.
Lo stabilimento della Embraco di Riva di Chieri (TO) ha una storia prestigiosa alle spalle, infatti costituiva un pezzo importante del complesso industriale sviluppato in Italia dagli Agnelli. Puoi parlarci della storia di questo stabilimento?
Questo stabilimento sorge negli anni ’30 del secolo scorso con il nome di Aspera Frigo Fiat ed era inizialmente specializzato nella produzione di frigoriferi. Nel corso della sua storia ha conosciuto un grande sviluppo, arrivò ad impiegare diverse migliaia di dipendenti, da queste officine fuoriuscivano prodotti d’avanguardia a livello mondiale così come erano d’avanguardia le capacità produttive sviluppate. Il pezzo forte dello stabilimento era la produzione della componentistica, in particolare dei compressori per frigoriferi. Nel 1985 gli Agnelli, nell’ambito dello smantellamento delle loro produzioni industriali in Italia, decidono di cessare i loro affari nel campo della produzione dei frigoriferi e cedono lo stabilimento agli statunitensi di Whirlpool con cui già in passato avevano stabilito alleanze e accordi di vario tipo. Sotto la direzione di Whirlpool si passa a produrre soltanto compressori da destinare al mercato internazionale che è lo stesso tipo di produzione che facciamo ancora oggi. Quindi, come si può capire dalla sua storia, parliamo di uno stabilimento importante nella storia dell’industria italiana.
Quando avviene il subentro di Embraco a Whirlpool e quale è il processo che ha portato alla situazione attuale?
Nel 1995/96 Whirlpool cede lo stabilimento di Riva di Chieri ad Embraco che era ed è un’azienda brasiliana corporata a Whirlpool. Lo stabilimento cambiò anche nome (prese a chiamarsi “Aspera Embraco” da che prima era “Aspera Whirlpool”) ma in sostanza restava dipendente da Whirlpool, da cui Embraco era dipendente e che era anche il maggior acquirente dei compressori che qui si producevano (il resto della produzione veniva acquistato dai tedeschi di Bosch). Sotto la direzione di Embraco lo stabilimento ha avuto una fase di crescita fino al 2001 / 2002, annate in cui ci furono anche nuove assunzioni. Sembrava si lavorasse in un’azienda che non avrebbe mai chiuso. Invece poi nel 2004 è iniziato il declino: il personale è stato ridotto a 1500 unità e venne imposto un anno di mobilità per tutti. Dal 2004 in poi è stato un continuo di tentativi dei padroni di Embraco e Whirlpool di chiudere tutto e spostare la produzione all’estero, padroni che allo stesso tempo con il ricatto di andarsene via intascavano aiuti di Stato uno dopo l’altro. Di questo passo si è arrivati alla riduzione a 500 del numero degli operai addetti e alla decisione di Whirlpool e Embraco, a fine 2017, di chiudere lo stabilimento e spostare tutta la produzione in Slovacchia.
La lotta dei 503 dipendenti Embraco per la difesa del posto di lavoro ha avuto grande eco mediatica ed ha fatto irruzione in campagna elettorale. A che punto siete dopo le varie iniziative di lotta portate avanti e i tavoli di trattativa tra Calenda e Whirpool?
Le premesse che Embraco se ne andasse dall’Italia c’erano tutte. Infatti si può dire che ce l’aspettavamo. Per questo motivo credo anche che se i sindacati avessero preso iniziative più incisive in passato, forse si sarebbe riusciti ad evitare la situazione di oggi. Comunque dopo la comunicazione di chiusura dell’azienda ci siamo mobilitati tutti, al di là delle sigle sindacali di appartenenza. Abbiamo lavorato per far schierare tutti in nostra difesa, fino ad arrivare a Gentiloni e al Papa. Proprio perché dovevamo mostrare di non essere soli. Inoltre abbiamo ricevuto tanta solidarietà da lavoratori sparsi in tutto il paese. Questo è stato importante. Sapere che altri lavoratori ci sostenevano e che tanti erano nella nostra stessa situazione, minacciati di perdere il posto di lavoro, ci ha fatto vedere che non eravamo soli e ci ha aiutato a capire l’importanza di quello che stavamo facendo lottando in difesa del nostro posto di lavoro. Per ora i risultati non sono soddisfacenti. Di tavolo di trattativa in tavolo di trattativa siamo riusciti a costringere Whirlpool a cambiare atteggiamento. Da che volevano portare tutto in Slovacchia senza discutere e lasciandoci in mezzo ad una strada siamo riusciti ad imporre il rinvio di nove mesi della chiusura dello stabilimento. Durante questi nove mesi il governo tramite Invitalia dovrà occuparsi di trovare un nuovo capitalista pronto ad investire su Riva di Chieri. Intanto Embraco ha rilanciato rispetto alla sua volontà di andare via chiudendo la mensa aziendale, il servizio di trasporti per gli operai che vengono da altre città e togliendoci i superminimi. Queste sono iniziative prese unilateralmente e senza passare per un accordo con le parti sindacali. Calenda e il governo Gentiloni l’hanno sbandierato come un grande risultato ed hanno garantito che troveranno nuovi compratori. Io penso che come lavoratori, per quel che ci riguarda, più che fidarci di promesse fatte sotto elezioni è importante tenere alta la mobilitazione e l’attenzione sul nostro caso. Lunedì 9 aprile a Roma ci sarà la firma definitiva dell’accordo e in questa sede il governo presenterà le proposte in campo per il rilancio della produzione a Riva di Chieri. Sappiamo che c’è il rischio che si facciano sotto aziende interessate solo ad intascare gli aiuti di Stato. Per quel che ci riguarda se non ci verranno fatte proposte serie significa che torneremo a mobilitarci.
La solidarietà di lavoratori di altre aziende anch’essi in lotta per la difesa del posto di lavoro vi ha incoraggiato e dato forza. State continuando a sviluppare questi legami in vista dei prossimi mesi di lotta?
In questi mesi abbiamo imparato molte cose e ci siamo fatti un’esperienza di cosa significa lottare per difendere la propria azienda dalla chiusura. In molti che si trovano in situazioni analoghe alla nostra ci chiedono informazioni e consigli su come organizzarsi che noi nel nostro piccolo cerchiamo di dare, ci chiedono aiuto e solidarietà. Sotto questo punto di vista è fondamentale coordinare le forze e lottare per l’obiettivo comune che è difendere i nostri interessi di lavoratori attaccati dai padroni come quelli di Whirlpool e Embraco, ma anche dai governi che uno dopo l’altro hanno sempre peggiorato la nostra condizione.
Anche con questi obiettivi, alcuni lavoratori degli stabilimenti FCA di varie zone d’Italia si stanno organizzando nel movimento degli Operai Autorganizzati FCA. E’ un coordinamento che ha lo scopo di coordinare le attività dei lavoratori che, stabilimento per stabilimento, vogliono organizzarsi contro i piani di “morte lenta” di Marchionne. Cosa ne pensi di questa esperienza? La ritieni replicabile anche nel gruppo Whirlpool qui in Italia?
Questa degli operai FCA che hanno promosso il coordinamento è un’iniziativa giusta. Noi sosteniamo tutti i lavoratori che si attivano per difendere i loro diritti. Quindi come sosteniamo gli operai FCA di Mirafiori e siamo disponibili a sostenerne le future iniziative di lotta, alla stessa maniera sosteniamo i duecento lavoratori di Italia Online di Torino (la ex Seat Pagine Gialle) licenziati da un giorno all’altro e che stanno lottando per far valere i loro diritti. La solidarietà tra operai al di là del sindacato d’appartenenza è la prima cosa, quando ci si ritrova in situazioni come la nostra e di tanti altri: quindi ben vengano tutte le iniziative che la alimentano.