Ivan Simion, un’altra vittima di una guerra di sterminio non dichiarata in corso a Torino e nel paese intero

Ieri 29 marzo, un operaio romeno di 53 anni, Ivan Simion, si è tolto la vita impiccandosi nel parco di Stupinigi, alle porte di Torino. Della sua vicenda trattano le cronache cittadine ( qui di seguito il trafiletto pubblicato da Repubblica: http://torino.repubblica.it/cronaca/2018/03/29/news/torino_operaio_suicida-192517183/). Ivan da mesi non riceveva più lo stipendio dall’azienda per cui lavorava. Si diffondono a macchia d’olio gli atti di disperazione dei proletari ridotti letteralmente alla canna del gas dalla crisi capitalistica e dalle politiche anti-popolari dei governi della Repubblica Pontificia. Sono solo alcune delle vittime di una guerra di sterminio non dichiarata che la borghesia imperialista, la classe dominante fatta di boia e criminali assetati di profitto che detiene il potere nel nostro paese, conduce contro le masse popolari, quanti per vivere devono lavorare.

Per commentare l’episodio rIproponiamo un comunicato della sezione di Torino scritto circa un anno fa a seguito di un caso analogo, quello di Concetta Candido, l’operaia rimasta disoccupata che nel giugno del 2018 si diede fuoco negli uffici INPS di Barriera di Milano. La mano criminale che rende infernale la vita dei proletari  è sempre la stessa ed è sempre la stessa anche la soluzione a tutto questo: la rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato nel nostro paese e  il rafforzamento su questa base del tessuto di organizzazioni autonome della classe operaia e delle masse popolari, un tessuto la cui esistenza ieri rendeva forti gli operai e le masse popolari contro i capitalisti e la cui debolezza è oggi all’origine di fatti di disperazione come questi che ci troviamo a commentare.

 

Sulla vicenda di Concetta Candido e le mobilitazioni dei prossimi mesi

01.08.2018

E’ passato poco più di un mese da quando Concetta Candido, disoccupata di Settimo Torinese (TO) di 46 anni precedentemente operaia addetta alle pulizie, si dava fuoco all’interno degli uffici INPS di Barriera di Milano. Ad oggi, a causa delle ustioni riportate, le sue condizioni di salute sono ancora critiche.

A differenza della miriade di gesti individuali di disperazione compiuti dalle tante vittime della crisi, la sua vicenda è salita agli onori delle cronache. Per un giorno le dirigenze INPS hanno dovuto occuparsi della disoccupata che da mesi rimandavano a casa senza possibilità di accedere all’assegno di disoccupazione che le spettava di diritto. Per un giorno i media hanno dovuto occuparsi dei drammi degli ultimi oltre che delle “afflizioni” dei milionari di Torino e altrove. Ovviamente quanto basta per spacciare l’immagine fasulla di dirigenze INPS “attente” agli “utenti” e per ridurre la vicenda ad uno dei tanti episodi di cronaca nera cittadina. In definitiva per ricondurre la vicenda nella sacca dell’abbandono, dell’emarginazione sociale e della guerra tra poveri, il solo posto nella società che la classe dominante è in grado di dare agli esuberi che il suo sistema produce in quantità.

Casi come questo sono la manifestazione della guerra di sterminio non dichiarata che la classe dominante conduce contro i lavoratori e le masse popolari a Torino come nel resto del paese. E’ una guerra che dal 2008, anno di inizio della fase acuta e terminale della seconda crisi generale del capitalismo in corso dal 1975, ha visto lievitare abbondantemente ll bollettino delle sue vittime. Vittime uccise o comunque menomate nella mente e nel fisico a causa di miseria, sfruttamento, malasanità, malattie professionali, depressione, alcool e droga, inquinamento ambientale, incidenti sul lavoro, incidenti stradali, eventi naturali catastrofici prevedibili e contenibili quali terremoti e alluvioni, stragi di immigrati che cercano di raggiungere il nostro paese, ecc.

Gli atti di ribellione individuali e i gesti di disperazione ad essi connessi sono la più immediata delle reazioni di fronte alle condizioni infami di vita e di lavoro in cui la borghesia costringe lavoratori e masse popolari. Che gesti simili avvengano a Torino dimostra una volta di più che il mondo reale in cui le masse popolari torinesi sono immerse è ben diverso dall’immagine virtuale che ne viene spacciata, al di là delle chiacchiere di politicanti e pennivendoli sulla “smart city” e della sociologia d’accatto dei cultori della scomparsa della classe operaia.

Torino era ed è città operaia, anche se è una classe operaia certamente meno concentrata e più frammentata (sono sensibilmente di meno i grandi concentramenti operai in un unico stabilimento), meno settoriale e più variegata (è sensibilmente ridimensionata la produzione legata al mercato dell’automobile mentre si è molto sviluppata la produzione di servizi). Tuttavia ieri, grazie alla forza e all’azione del movimento comunista, la classe operaia era in grado di dispiegare la propria forza organizzata di fronte allo Stato e ai capitalisti. Oggi che il movimento comunista è debole viene meno sia la sua organizzazione politica (che non può avvenire altro che nel Partito Comunista) e a discendere a livello sindacale, culturale, ecc. Il tutto in una fase di crisi generale del capitalismo e guerra di sterminio non dichiarata che abbiamo su descritto.

Inutile biasimare la scarsa combattività o le pulsioni auto-distruttive degli operai. La coscienza di classe degli operai può accrescersi solo a condizione che avanzi la rinascita del movimento comunista. Il quadro è desolante solo per chi ha abbandonato la concezione comunista del mondo e si lascia ammaliare dalla cultura borghese di sinistra. Per questi una vicenda come quella di Concetta Candido è un ulteriore dimostrazione che la classe operaia non esiste più e che la rinascita del movimento comunista è o una velleità “novecentesca” o da rimandare al futuro successivo ad una fatalistica “ricomposizione” della classe, decisiva per l’elevazione della sua coscienza. Gli uni dimenticano che fin quando ci sarà capitalismo ci sarà anche classe operaia. Gli altri dimenticano che la classe operaia esiste in carne ed ossa al di là delle loro teorizzazioni e che il movimento comunista nel corso della sua storia ha dimostrato non esserci altra via per l’elevazione della coscienza della classe operaia che non sia l’azione in tal senso svolta dai comunisti organizzati in partito.

Invece, per il movimento comunista che lotta per fare dell’Italia un nuovo paese socialista (di cui il P.CARC è espressione come parte della carovana del (nuovo)PCI), il malessere e la ribellione diffusa che emerge dalle piccole e dalle grandi azioni collettive che la classe operaia torinese intraprende e dalla miriade di gesti individuali di ribellione, è il potenziale rivoluzionario che combinato all’azione dei comunisti può tornare a sconvolgere il mondo come fu nella prima ondata della rivoluzione proletaria. Gesti come quello di Concetta sono la conferma dell’urgenza della rinascita del movimento comunista, ci spingono a superare i nostri limiti attuali e a cimentarci nell’opera di formare una nuova leva di operai comunisti che mettano la lotta per la rivoluzione socialista al centro della propria azione, di sviluppare quel tessuto di organizzazione che permetta agli operai di far valere la loro forza dentro e fuori dall’azienda.

Portare coscienza e organizzazione agli operai delle aziende capitaliste, ai lavoratori delle aziende pubbliche e al resto delle masse popolari deve essere l’aspetto centrale della costruzione delle mobilitazioni dei prossimi mesi. Dalle proteste contro il G7 di industria e finanza di fine settembre allo sciopero del 27 ottobre. Che ogni protesta e mobilitazione contribuisca ad organizzare i non organizzati, creando Organizzazioni Operaie nelle aziende capitaliste e Organizzazioni Popolari nelle aziende pubbliche, nelle scuole, su base territoriale, mirando non principalmente ad avanzare rivendicazioni a governo, regione, ecc. bensì ad alimentare un movimento che renda ingovernabile il paese fino a costringere la classe dominante a ingoiare l’ìnstaurazione di un Governo di Blocco Popolare. Un governo che rompa con l’asservimento ai poteri forti, al Vaticano, ai capitalisti, ai re della finanza, all’UE, l’euro e alla NATO. Questo è il percorso verso cui incanalare oggi le mille lotte dei lavoratori e delle masse popolari per avanzare nella rivoluzione socialista.

Trasformare la ribellione in coscienza e organizzazione per fare la rivoluzione socialista!

Che la moltiplicazione di Organizzazioni Operaie e Organizzazioni Popolari sia l’aspetto centrale delle mobilitazioni e delle proteste che avranno luogo a Torino nei prossimi mesi!

 

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