[Italia] L’articolo apparso su “La Voce delle Lotte” e la posizione del P.CARC

Il 15 gennaio, il sito internet “La voce delle lotte” ha pubblicato un articolo in cui si tratta della lista Potere al Popolo e delle elezioni politiche imminenti nel nostro paese. Posto un errore fatto dai compagni nell’indicare il Partito dei Carc come forza aderente a Potere al Popolo, cogliamo l’occasione per trattare ulteriormente della linea che la Carovana del (nuovo) Partito Comunista Italiano si è fata per le imminenti elezioni politiche, in modo da entrare nel merito del ragionamento fatto da questi compagni, con cui auspichiamo un proseguimento nel confronto.

Riteniamo che tale discussione sia sintetizzabile nell’editoriale di Resistenza di Gennaio (in fondo). Aggiungiamo che le elezioni non decidono da sole quale sarà il corso delle cose nei mesi e anni futuri. Il corso catastrofico delle cose non nasce da una libera scelta dei gruppi borghesi, da un errore intellettuale, da una dottrina sbagliata (il neoliberismo, l’ordoliberalismo, ecc.) o dalla cattiveria della borghesia. Varie sono le vie attraverso le quali il corso può snodarsi, ma in tutte le sue varianti è il corso al quale la borghesia è costretta dalla crisi per sovraccumulazione assoluta di capitale. La borghesia italiana e con essa la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti difenderanno i loro interessi e il loro sistema con ogni mezzo. Il governo che impersona un corso diverso deve avere la forza per imporlo alla borghesia, ai suoi accoliti, agenti e servi. Il Governo di Blocco Popolare se arriva a costituirsi questa forza ce l’ha, per cui quello di cui gli operai e le masse popolari hanno bisogno non è un governo “meno peggio” di un altro, ma è un Governo di Blocco Popolare: un governo che si fondi sul protagonismo e la forza delle organizzazioni operaie e delle organizzazioni popolari, un organismo di lotta che non passa per le elezioni e che darà forza e forma di legge a quello che le organizzazioni operaie e popolari indicheranno. È da questa scuola di lotta, coscienza e organizzazione che rinascerà il movimento comunista nel nostro paese e la costruzione della rivoluzione socialista avanzerà a un livello superiore.

Rispetto alla posizione del Partito dei CARC su Potere al Popolo rinviamo alla lettura dell’articolo “Sulla lista Potere al Popolo” pubblicato su Resistenza di Gennaio.

***

“I comunisti e le elezioni: Quello di cui gli operai e le masse popolari hanno bisogno non è un governo “meno peggio” di un altro, ma è un Governo di Blocco Popolare”

Se gli annunci ufficiali saranno confermati, il 4 marzo si svolgeranno le elezioni politiche e, accorpate ad esse, elezioni regionali (in Lazio, Lombardia, Molise, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta) e amministrative in più di 500 comuni (unico capoluogo di regione è Ancona).

Per i vertici della Repubblica Pontificia le elezioni non servono a decidere del governo del paese, ma a ottenere la copertura elettorale alla soluzione di governo su cui si sono accordati sottobanco. Nel caso concreto, dato che non hanno raggiunto un accordo stabile e che non controllano con sicurezza l’esito hanno cercato di evitarle finché hanno potuto (la Corte Costituzionale aveva già nel 2013 invalidato la legge con cui nel febbraio era stato eletto il Parlamento, ma la sua sentenza è stata aggirata). A patto che non accadano “avvenimenti straordinari che compromettono la stabilità istituzionale” (è possibile che ricorrano a colpi di mano, alla strategia della tensione o al “pericolo fascista” per condizionare l’esito del voto) le elezioni si terranno in una situazione politica che allo stesso tempo è chiara e intricata. Ciò che la rende chiara è l’accordo dei principali gruppi dei vertici della Repubblica Pontificia a procedere in ogni caso verso una soluzione di Larghe intese (molti segnali vanno in questo senso, a partire dal contenuto della riforma elettorale, dalle voci che in caso di “una situazione di stallo” c’è un accordo di massima tra i poteri forti per mantenere in vita il governo Gentiloni: “Avanti con Gentiloni se non c’è maggioranza. Poi si rivoterà” ha dichiarato Berlusconi). Ciò che la rende intricata è la difficoltà a trovare una figura abbastanza affidabile, autorevole e “responsabile” a cui assegnare l’incarico di governo. A complicare la cosa, per i promotori delle Larghe intese, c’è la concreta possibilità che il M5S vinca e si affermi come principale forza in Parlamento. Ciò aprirebbe grandi possibilità di manovra per noi comunisti, non per le promesse e i progetti di Luigi Di Maio & Co, ma in ragione dell’instabilità interna del M5S. Negli ultimi anni, infine, una parte crescente delle masse popolari ha rigettato il programma delle Larghe intese con l’astensione o votando per il M5S, anche su questa parte noi comunisti abbiamo sviluppato e svilupperemo la nostra influenza.

Il ruolo delle elezioni per i comunisti

Condividiamo quanto scrive il (n)PCI: “Le elezioni non decidono da sole quale sarà il corso delle cose nei mesi e anni futuri. Il corso catastrofico delle cose non nasce da una libera scelta dei gruppi borghesi, da un errore intellettuale, da una dottrina sbagliata (il neoliberismo, l’ordoliberalismo, ecc.) o dalla cattiveria della borghesia. Varie sono le vie attraverso le quali il corso può snodarsi, ma in tutte le sue varianti è il corso al quale la borghesia è costretta dalla crisi per sovraccumulazione assoluta di capitale. La borghesia italiana e con essa la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti difenderanno i loro interessi e il loro sistema con ogni mezzo. Il governo che impersona un corso diverso deve avere la forza per imporlo alla borghesia, ai suoi accoliti, agenti e servi. Il Governo di Blocco Popolare se arriva a costituirsi questa forza ce l’ha” (Comunicato del (n)PCI n. 13 / 2017).

Non è attraverso la presentazione di liste con programmi “più di sinistra” (o addirittura “comunisti” e “rivoluzionari”) che si avanza nella costruzione di un governo che faccia fronte anche solo agli effetti più gravi e urgenti della crisi, neppure nel caso miracoloso in cui una tale lista vincesse le elezioni. Lo dimostrano molti esempi: in Italia il II governo Prodi-D’Alema-Bertinotti (2006 – 2008: 1 ministro, Ferrero, 1 viceministro e 6 sottosegretari del PRC; 1 ministro, Di Pietro e 2 sottosegretari dell’Italia dei Valori; 1 ministro, Bianchi e 2 sottosegretari del PdCI) e in Grecia il governo Tsipras, per citarne solo due. Noi comunisti dobbiamo approfittare del sommovimento della campagna elettorale (rimandiamo in proposito a “L’estremismo, malattia infantile del comunismo” di Lenin, pubblicato su La Voce del (nuovo)PCI n. 57) per farne uno strumento di organizzazione, di lotta, di orientamento e di formazione per la classe operaia e le masse popolari perché costituiscano un nuovo ordinamento politico, il Governo di Blocco Popolare, l’unica reale alternativa immediata benché transitoria ai governi dei vertici della Repubblica Pontificia. La questione decisiva non è quindi quale lista sostenere o quale programma sottoporre agli elettori, ma come usare le elezioni:

  1. per promuovere, sostenere e sviluppare la creazione di organizzazioni operaie e popolari, il rafforzamento di quelle esistenti e il loro coordinamento, per farle agire come le nuove autorità pubbliche che attuano le misure a favore delle masse popolari (lavoro, diritti, salute, istruzione, sanità) iniziando da quelle previste dalla Costituzione, da sempre violate o eluse;
  2. per far agire da Comitato di Salvezza Nazionale di fatto (cioè già prima che venga formalmente costituito) quei personaggi e quegli aggregati che godono della fiducia delle masse popolari, ma oggi si attestano ancora a pretendere dal sistema politico della borghesia imperialista “onestà”, “il rispetto delle regole e dei principi democratici” (li definiamo “esponenti dei tre serbatoi”: esponenti della sinistra borghese non pregiudizialmente anticomunisti, i sinceri democratici delle amministrazioni locali e della società civile, i dirigenti dei sindacati alternativi e di base e della sinistra dei sindacati di regime);
  3. per alimentare l’ingovernabilità dall’alto, rompere il fronte delle Larghe intese o, per lo meno, rendergli la vita difficile;
  4. per propagandare l’obiettivo del Governo di Blocco Popolare e spiegare in cosa consiste, per elevare la coscienza dei lavoratori e delle masse popolari che per porre fine al corso disastroso delle cose occorre instaurare il socialismo.

Le forze in campo nella campagna elettorale.

I partiti, i movimenti, gli embrioni e i progetti di lista che per caratteristiche proprie, per legame con le masse popolari, per convinzione o per convenienza possono “alimentare l’ingovernabilità dall’alto, rompere il fronte delle Larghe intese o, per lo meno, rendergli la vita difficile” sono molti. Non trattiamo qui del ruolo particolare della Lega Nord (una tigre di carta della mobilitazione reazionaria – in proposito rimandiamo al Comunicato del 17 ottobre della Segreteria Federale Lombardia reperibile su www.carc.it) e ci soffermiamo invece su quello che si muove “a sinistra”, cioè l’ambito favorevole per combinare le quattro questioni decisive che abbiamo appena indicato.

Liberi e Uguali (MDP, SI, Possibile, ecc. dietro la candidatura di Pietro Grasso. Rientrano nella lista anche personaggi e gruppi del PCI di Alboresi e del PRC scontenti della decisione dei vertici dei loro partiti di aderire a Potere al Popolo). Aspetto decisivo per inquadrare la lista sono gli obiettivi per cui è stata costituita: a. ottenere un risultato “capace di influenzare da sinistra il PD” (salvo poi sostenere dall’esterno un governo delle Larghe intese nei momenti decisivi “perché il paese lo richiede”, per fermare un governo della destra o del M5S); b. raccogliere una parte di voti dei delusi del PD ed evitarne la dispersione, arginare l’astensione fra i delusi del PD, pescare voti nel bacino di scontento da cui attinge il M5S.

Lista del popolo promossa da Antonio Ingroia e Giulietto Chiesa, che raccoglie alcuni personaggi politici, borghesi illuminati e sovranisti su un programma di rottura con la UE e chiama a raccolta le masse popolari “contro il catastrofico corso delle cose”. La concezione dei promotori è tipicamente elettoralista, ma lo scarso legame con la classe operaia e le masse popolari e la mancanza di un radicamento tradizionale anche solo associativo o sindacale portano a prevedere uno scarso risultato in termini elettorali. Tuttavia i referenti a cui i promotori si rivolgono, i legami che vantano e il ruolo che hanno nella società civile e nella sinistra borghese rendono importante il progetto principalmente rispetto alla costituzione di un Comitato di Salvezza Nazionale di fatto.

Il PC di Rizzo proverà a presentare una propria lista autonoma: “Facciamo della lista del PC la lista aperta, di tutti i comunisti, delle avanguardie delle lotte, dei lavoratori e delle lavoratrici che pensano che la questione comunista in Italia non sia chiusa, che la lotta per l’abbattimento del capitalismo e la costruzione del socialismo è la lotta del nostro tempo”.

PCL e Sinistra Classe Rivoluzione hanno avviato la raccolta di firme per presentare una propria lista autonoma (“Per una sinistra rivoluzionaria”).

In entrambi i casi si tratta del comportamento elettorale usuale di gruppi e personaggi legati a una linea concepita per situazioni del tutto diverse dall’attuale come ben illustra il Comunicato n. 13 del (nuovo)PCI reperibile sul sito www.nuovopci.it di cui riportiamo uno stralcio a fianco.

Potere al Popolo, la lista che la rete Clash City Workers ha proposto e promuove a nome dell’aggregato di masse popolari in lotta dell’ex-OPG di Napoli, ha raccolto l’adesione del PRC, di parte consistente di Eurostop (Rete dei Comunisti, PCI di Alboresi, vari organismi minori) e in generale è la lista nella quale confluiscono l’entusiasmo e la spinta da parte di molti compagni di organismi delle masse popolari in lotta (approfondiamo il discorso nell’articolo a pag. 1).

Il M5S è la forza più consistente. Insieme all’esito elettorale, ma più che l’esito elettorale, l’aspetto decisivo è l’esito della lotta interna che ne definirà il ruolo nel prossimo periodo (vedi Resistenza n. 11-12/2017 “La situazione politica in Italia e i compiti dei comunisti”): al servizio dei poteri forti in qualità di “forza responsabile” o al servizio delle masse popolari, riprendendo parte del suo percorso originario e sviluppandolo.

Proprio perché materialisti dialettici partiamo dalla realtà di oggi, non trasferiamo (da bigotti o da pigri, in entrambi i casi dogmaticamente) nel presente linee elaborate per situazioni diverse dall’attuale.

– Alcuni che pur si professano comunisti si credono ancora (anche solo istintivamente, per abitudine: si comportano come se fossimo ancora) nelle condizioni primitive in cui erano in Europa e negli USA i proletari e gli altri lavoratori nella seconda metà dell’Ottocento quando la II Internazionale svolse in Europa e negli USA il compito storico di portare in massa il proletariato a praticare, oltre alla lotta economica, la lotta politica partecipando alla lotta politica borghese sotto l’insegna di un proprio partito: il compito che Stalin (Principi del leninismo) riconosce che la II Internazionale ha svolto.

– Altri si credono ancora (anche solo istintivamente, per abitudine: si comportano come se fossimo ancora) nelle condizioni in cui nei paesi imperialisti eravamo nella prima parte del Novecento quando (per effetto della Rivoluzione d’Ottobre e delle guerre scatenate dalla borghesia, in sintesi per effetto della prima ondata della rivoluzione proletaria) l’avanguardia degli operai era conquistata al comunismo e si trattava di guidarla a mobilitare il grosso del proletariato e delle altre classi delle masse popolari fino a prendere il potere, instaurare il governo e tutte le altre istituzioni del proprio potere e imporli a recalcitranti e oppositori: le condizioni di cui parla Lenin il L’“estremismo”, malattia infantile del comunismo, quando spiega che, anche se il parlamentarismo era già allora storicamente superato, l’avanguardia doveva tener conto che non era anche di fatto superato per la parte decisiva del proletariato e delle masse popolari (ma quello citato è solo uno scritto tra tanti di Lenin e anche Stalin e Gramsci trattano in lungo e in largo di questo compito, perché quella era la situazione).

Questa non è più la situazione attuale: oggi nei paesi imperialisti una gran parte delle masse popolari non va più neanche a votare e tra quelli che ancora votano, pochi votano per i partiti riformisti. La fiducia delle masse popolari nella via parlamentare è morta con la morte del capitalismo dal volto umano. La falce e il martello è ancora nel cuore di molti, ma i partiti che cercano voti brandendo la falce e il martello ne raccolgono ben pochi.

Oggi, dopo l’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria, il nostro compito è la rinascita del movimento comunista.

Dal Comunicato 13/2017 del (nuovo)PCI

L’orientamento e l’intervento del P.CARC.

Esattamente come per le lotte rivendicative, l’esito della singola battaglia è importante, ma ciò che conta di più è quanto la mobilitazione per la singola battaglia favorisce le condizioni per condurre meglio la guerra (da posizioni più favorevoli, con maggiori capacità) e vincerla. La costituzione di un governo che sia emanazione delle organizzazioni operaie e popolari non passa attraverso il risultato delle elezioni: le elezioni borghesi sono uno strumento da usare a questo fine. È quello che faremo e che chiamiamo a fare i tanti compagni e le tante compagne che cercano una reale alternativa:

  1. rafforzare e sviluppare l’intervento sulle organizzazioni operaie e popolari affinché approfittino della campagna elettorale e dei sommovimenti politici per compiere dei passi avanti nella loro strutturazione, nel loro funzionamento, nella loro azione e nel loro coordinamento. Per essere chiari: non si tratta di costruire con la campagna elettorale la grande organizzazione popolare del futuro, ma di intervenire sulle tantissime organizzazioni che già esistono e operano diffusamente in tutto il paese, dare loro sostegno e i mezzi per fare meglio quello che già fanno, per relazionarsi e coordinarsi con altre presenti sul territorio e a livello nazionale.
  2. Operare su tutti gli organismi, gli aggregati e le liste che hanno come riferimento le masse popolari (Potere al Popolo, Lista del Popolo, PC, PCI, PRC, PCL-SCR, Liberi e Uguali, M5S), senza limitare l’azione su una singola lista o su alcuni candidati, ma promuovendo iniziative comuni, spingendole ad agire prima, durante e dopo la campagna elettorale: “Il P.CARC appoggerà le liste o la lista i cui candidati operano a partire da subito (non quelli che dicono “faremo se saremo in Parlamento” o “adesso concentriamoci su liste, firme e voti e dopo le elezioni faremo”) per sostenere in prima persona (con le loro risorse, relazioni, prestigio) le lotte degli operai delle aziende capitaliste e dei lavoratori dei servizi pubblici, le lotte delle masse popolari nei territori, ad esempio Ilva, Alitalia, FCA, ex Lucchini, Ginori, Rayanair, Ikea, le decine di aziende autogestiste, le lotte della sanità, della scuola, dei quartieri e valli, degli immigrati. I candidati devono andare subito nelle fabbriche, nei territori, negli ospedali e mettersi a disposizione delle “mille vertenze” che le organizzazioni operaie e popolari stanno portando avanti. Questa è la strada per rompere con politicantismo, elettoralismo e affarismo, per iniziare ad attuare dal basso le parti progressiste della Costituzione del 1948 e per rompere con la sfiducia e il disfattismo”, dichiara il Segretario Nazionale, Pietro Vangeli.
  3. Propagandare l’obiettivo del socialismo: riversare nella campagna elettorale i temi, gli insegnamenti e le prospettive emerse dalle celebrazioni del Centenario della Rivoluzione d’Ottobre, promuovere l’organizzazione e l’aggregazione dei tanti compagni che aspirano al socialismo, fare e far fare una scuola di comunismo agli operai avanzati e agli elementi avanzati delle masse popolari attraverso le lotte spontanee, promuovere la conoscenza e l’uso della concezione comunista del mondo.
  4. Favorire l’iniziativa del Comitato di Salvezza Nazionale di fatto e il processo per la sua costituzione come organismo stabile, intervenire negli aggregati (elettorali, politici, associativi, amministrazioni locali) promossi dai tre serbatoi (vedi articolo Attuare la Costituzione a pag. 3);
  5. Usare le contraddizioni fra partiti, istituzioni e autorità dei vertici della Repubblica Pontificia (guerra per bande, colpi di mano, scandali) per rafforzare il campo delle masse popolari.
  6. Unire e valorizzare tutto quello che è positivo e favorevole alla costituzione del Governo di Blocco Popolare, tutto quello che è utile e positivo per l’attività, l’iniziativa e l’azione delle organizzazioni operaie e popolari e delle masse popolari.

Alcuni esempi pratici

La classe operaia è protagonista di numerose mobilitazioni (vedi articoli a pag. 6), alcune sono di carattere nazionale, moltissime di carattere locale, tutte sono manifestazione della resistenza agli effetti della crisi, che è un processo generale, e possono – devono – diventare il terreno della campagna elettorale dei comunisti e su cui i comunisti spingono tutte le forze progressiste a intervenire.

La lotta al degrado nei quartieri e nelle città e la questione della sicurezza sarà un tema della campagna elettorale, usato dai partiti delle Larghe intese (e dalla finta opposizione impersonata dalla Lega e dai gruppi scimmiottatori del fascismo del secolo scorso) per alimentare il razzismo e la contrapposizione fra settori delle masse popolari. I banchetti di raccolta firme per la presentazione delle liste possono diventare l’ambito in cui incitare a organizzarsi per elaborare i programmi dei lavori che

servono, per attuarli e farli attuare, i promotori delle liste possono – devono – mobilitarsi per organizzare chi è disponibile a fare quei lavori (scioperi alla rovescia), attivando i disoccupati della zona e ponendo al centro della campagna elettorale la retribuzione del lavoro svolto. Su iniziative simili o del medesimo tenore, il P.CARC sostiene qualunque lista progressista e di sinistra a tenere banchetti, iniziative e assemblee.

La campagna elettorale, se condotta con la concezione elettoralista, divide e contrappone gruppi di lavoratori e di masse popolari. Tra di essi invece possiamo e dobbiamo sviluppare unità di azione. Le sedi del P.CARC sono aperte alla discussione, al confronto, al coordinamento. Le iniziative che promuoveremo saranno tutte orientate all’unità, all’organizzazione per fare subito quello che già abbiamo le forze per fare, alla costruzione di un fronte unitario che pone la questione della nuova governabilità del paese, a partire dalla pratica della lotta di classe.

Quello di cui gli operai e le masse popolari hanno bisogno non è un governo “meno peggio” di un altro, ma un Governo di Blocco Popolare che dia forma e forza di legge all’iniziativa delle organizzazioni operaie e popolari orientandosi su 6 misure generali:

  1. Assegnare a ogni azienda compiti produttivi (di beni o servizi) utili e adatti alla sua natura, secondo un piano nazionale (nessuna azienda deve essere chiusa).
  2. Distribuire i prodotti alle famiglie e agli individui, alle aziende e ad usi collettivi secondo piani e criteri chiari, universalmente noti e democraticamente decisi.
  3. Assegnare a ogni individuo un lavoro socialmente utile e garantirgli, in cambio della sua scrupolosa esecuzione, le condizioni necessarie per una vita dignitosa e per la partecipazione alla gestione della società (nessun lavoratore deve essere licenziato, ad ogni adulto un lavoro utile e dignitoso, nessun individuo deve essere emarginato).
  4. Eliminare attività e produzioni inutili o dannose per l’uomo o per l’ambiente, assegnando alle aziende altri compiti.
  5. Avviare la riorganizzazione delle altre relazioni sociali in conformità alla nuova base produttiva e al nuovo sistema di distribuzione.
  6. Stabilire relazioni di solidarietà, collaborazione o scambio con gli altri paesi disposti a stabilirle con noi.

La costituzione di un simile governo è il nostro obiettivo. Imponendolo ai vertici della Repubblica Pontificia e facendolo funzionare contro boicottaggi, sabotaggi e aggressioni avanzeremo nella rinascita del movimento comunista.

Fare dei banchetti elettorali uno strumento di organizzazione e mobilitazione popolare

10, 100, 1000 banchetti elettorali con cui raccogliere e incitare le persone volenterose in ogni quartiere, in ogni città, in ogni scuola, in ogni ospedale, in ogni azienda, in ogni istituzione perché si mettano insieme, individuino i lavori che occorre fare, li propagandino, si colleghino con altri organismi che fanno altrove o in altri campi la stessa cosa, si facciano aiutare da tecnici volenterosi dove ne hanno bisogno, impongano con le buone o le cattive alle autorità locali (comuni e regioni) di provvedere, di finanziare i lavori delle squadre di lavoratori che essi stessi formano, si coordinino e si coalizzino con altri organismi per costringere le autorità a provvedere, per costituire nuove autorità locali, per rendere il paese ingovernabile dai vertici della Repubblica Pontificia fino a costituire un loro governo d’emergenza e farlo ingoiare ai vertici della Repubblica Pontificia.

***

Da www.lavocedellelotte.it

Potere al Popolo o fronte anticapitalista operaio e rivoluzionario?

Da diverse settimane il dibattito a sinistra è entrato nel vivo. Al centro della discussione è ovviamente il percorso Potere al Popolo, una lista elettorale costruita da militanti del movimentismo di diverse tendenze e ispirazioni teoriche (post modernismo e operaismo su tutte) assieme ai gruppi dirigenti delle organizzazioni della recente storia della sinistra radicale non rivoluzionaria (Rifondazione, PCI, Carc, Sinistra Anticapitalista, Rete dei Comunisti) e a segmenti importanti dell’ala demoprogressista della borghesia di sinistra de l’Altra Europa con Tsipras, i costituzionalisti democratici e le organizzazioni cristiane di base attive nelle reti di solidarietà ai migranti.

Un insieme di gruppi e organizzazioni differenti tra loro, ma accomunate tutte dalla stessa mancanza di strategia (cioè un piano per il superamento del capitalismo). Un percorso che se sfociasse in partito politico e se riuscisse a intercettare settori della burocrazia sindacale Cgil (come già sta provando a fare da tempo a Napoli e ora sul piano nazionale) e a drenare voti degli elettori del popolo della sinistra dal M5S potrebbe riuscire a superare lo sbarramento del 3% (una ipotesi non prevedibile al momento, ma possibile sicuramente).

Non ci vogliamo soffermare in questo contributo al dibattito sui demeriti della lista Potere al Popolo (proprio mentre scriviamo stanno diventando pubbliche le candidature della lista e già i nomi in diversi collegi sono espressione delle aree neoriformiste, della burocrazia sindacale e così via, quindi ci torneremo con un articolo approfondito di merito su programma e candidati).

Per non rischiare di ridurre la lotta al riformismo a un posizionamento “da barricata” di principio, pensiamo sia necessario improntare anche una critica alle aree rivoluzionarie o a tutti quei compagni e militanti che riconoscono il progetto di PaP come una pericolosa deriva riformista che sta in poco tempo liquidando tutte le organizzazioni di lotta di sinistra del Paese.

La sinistra rivoluzionaria oggi è incapace a costruire un’alternativa credibile anche tra i militanti di sinistra e che possa proiettarsi sul terreno delle grandi masse, per diversi fattori. Uno è oggettivo e cioè: non vi è un grande movimento generalizzato di lotte di classe, una stagione politica di mobilitazione che coinvolga milioni di persone sul terreno dello scontro frontale con lo Stato e i padroni. Ma questo elemento non è il solo (bisogna riconoscerlo, altrimenti il rischio è quello di trasformarsi in un gruppo di ciarlatani che per giustificare le proprie incapacità soggettive coprendole con una visione ideologica di problemi oggettivi “non superabili” nel breve periodo).

Ci sono una serie di aspetti soggettivi che i rivoluzionari fanno fatica a superare per via di errori dovuti alla mancanza di “tradizione”. Una tradizione che si è persa e che si perde in relazione a queste incapacità e che in Italia bisogna provare a (ri)costruire.

Oggi se PaP riesce a inglobare il 90% delle organizzazioni di sinistra è anche per l’incapacità dei rivoluzionari di costruire una piattaforma alternativa, che possa essere percepita come un percorso serio dalle avanguardie. Al netto, ovviamente, delle tare teoriche (checchè ne dicano i fautori del “fare e non parlare”, le falle teoriche producono errori come quelli che stanno avvenendo in queste settimane), il punto è che non esiste oggi un percorso su cui riconoscersi in altro senso, cioè non compatibile col sistema (PaP non ha un programma di superamento del capitalismo, non prevede lotta alle burocrazie sindacali, lavora compatibilmente con lo stato di cose).

La mancanza di un’alternativa rivoluzionaria è dovuta, fra le altre cose, a diversi elementi anche soggettivi come (a) l’incapacità di concepire una battaglia sul piano dell’egemonia (cioè una battaglia di propaganda in relazione agli attuali sistemi di comunicazione – unico punto di metodo condivisibile del Ex Opg – costruita sulla centralità del programma e della presenza del movimento operaio, che faccia da traino per gli altri settori di altre classi impoveriti dallo stesso gioco capitalistico) e (b) l’inadeguatezza nel saper mettere in relazione le battaglie strutturali (le lotte in fabbrica, nella logistica, nelle scuole, nei territori, etc.) con quelle sovrastrutturali (presenza elettorale, campagne di carattere politico, non strettamente sindacali, su tv, giornali, assemblee, convegni, etc.).

Allo stato odierno le aree rivoluzionerie si limitano al piano della lotta economica senza riuscire a sviluppare quello della lotta politica (es.”A noi non ci frega delle elezioni, noi facciamo le lotte tutti i giorni”). La sfida, invece, è riuscire a coniugare l’intervento nelle lotte con quello politico, che non significa avere un programma di minima (capiamoci: per programma s’intende non un qualcosa semplicemente scritto su un foglio, ma un piano strategico che è sì scritto, ma che vive quotidianamente nelle lotte di classe che si conducono e dirigono) e uno di massima, ma saper unire questi due piani.

La forza di PaP non è tanto l’intervento strutturale (non ci sono consistenti settori di lotte operaie, a parte le burocrazie sindacali presenti, lavoratori avanguardie di lotte importanti del Paese non ce ne sono, se non in parte ultraminoritaria), bensì il piano della propaganda sovrastrutturale. È proprio questa la forza di PaP, l’aver coniugato alcuni interventi di tipo movimentista o del sindacalismo di base con il piano di cosa fare sul versante politico. I compagni di PaP propongono una soluzione riformista, ma se avessero scisso i due aspetti (strutturale e sovrastrutturale) non sarebbero riusciti a innescare questo nuovo fenomeno politico.

Se c’è una lezione che i rivoluzionari devono trarre dall’attuale fase è che devono superare tare infantili o attitudini ultrasinistre e devono approcciare a un metodo serio di battaglia. La sfida è fare in modo che le lotte siano l’anatomia della prospettiva politica, le gambe su cui cammina un progetto alternativo; una prospettiva politica sia il sistema nervoso centrale che muove il corpo in modo coordinato e orientato. Solo così politicamente possiamo incidere, altrimenti dopo le delusioni riformiste (questo sarà il risultato politico di PaP, un contenitore che tradirà se si trasformerà in partito e porterà nuova disillusione, come successo a Rifondazione passata da 100 mila iscritti a quattro debosciati opportunisti in giro per le province d’Italia), ci sarà solo ulteriore disgregazione.

La nostra sfida è animare una polarizzazione su basi rivoluzionarie oggi. I percorsi come PaP rischiano di ritardare per altri 5 o 10 anni la costruzione di una forza rivoluzionaria.

Per questi motivi crediamo sia necessario lavorare alla costruzione di un fronte anticapitalista con l’insieme delle realtà che condividano un intervento pratico di lotta comune e un programma complessivo di trasformazione della società.

Un impegno che oltre noi della FIR altre realtà hanno deciso di assumersi e che costruiremo anche in termini di proiezione pubblica e di piazza.

Douglas Mortimer

 

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