A fine dicembre una sentenza del Consiglio di Stato ha messo fuori ruolo migliaia di insegnanti dagli asili e dalle scuole elementari, migliaia di persone si sono ritrovaste da un momento all’altro con la prospettiva di venire espulsi dal sistema scolastico, magari, per molti di loro, dopo avervi lavorato anche per molti anni.
In risposta a questa sentenza si è sviluppata, soprattutto in alcune città, una mobilitazione spontanea: manifestazioni, assemblee, blocchi stradali. Milano è una delle città in cui la protesta si è sviluppata in modo più ampio e radicale: dal blocco della tangenziale all’irruzione di centinaia di maestre e maestri alla Camera del Lavoro (oltre che per tenere un’assemblea, anche per denunciare la passività della CGIL), da Milano è partita la sospensione degli insegnanti dalle attività accessorie. Abbiamo incontrato Olga, che ci ha parlato della natura di questa mobilitazione, degli obiettivi e delle prospettive, riportiamo di seguito uno stralcio dell’intervista che abbiamo raccolto.
Tempo fa abbiamo intervistato una tua collega (Resistenza n. 10/2016), anche lei membro del Coordinamento Lavoratori della Scuola 3 Ottobre, oggi torniamo a parlare delle mobilitazioni degli insegnanti contro l’esclusione dalle GAE (le graduatorie a esaurimento) dei diplomati magistrali. Puoi spiegarci meglio cosa è successo e perché gli insegnanti sono nuovamente sul piede di guerra?
La questione dei diplomati magistrali è tecnicamente molto complessa da spiegare, perché si iscrive all’interno di quel grande pasticcio che è il sistema di reclutamento dei docenti con le sue graduatorie ad esaurimento che non si esauriscono mai, la follia delle fasce e i mille ricorsi portati avanti negli anni da avvocati spesso senza scrupoli. Semplificando molto possiamo dire che migliaia di maestri e maestre diplomate magistrali ante 2001, che da anni fanno funzionare le scuole (ci sono maestre che hanno anche 15 anni di servizio) e che avevano finalmente ottenuto il ruolo o stavano per ottenerlo, a causa di una sentenza dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato vedranno i loro contratti di lavoro andare in fumo. Inoltre a causa della legge 107 (Buona scuola), che impedisce la reiterazione dei contratti a tempo determinato per più di 36 mesi, questi lavoratori rischiano di non poter più lavorare nella scuola neanche come precari.
Milano è alla testa in questa mobilitazione, sia per la combattività che stanno dimostrando le insegnanti, sia per le iniziative che state prendendo. Ci puoi raccontare meglio come state portando avanti la mobilitazione, come state promuovendo il protagonismo delle insegnanti, come e se vi state coordinando con altri lavoratori di altre categorie?
Il mondo della scuola milanese e in generale della Lombardia è molto coinvolto dal problema a causa del numero molto alto di diplomati magistrali di ruolo e precari presenti nelle nostre scuole. Ciò ha determinato una presenza molto alta al presidio che si è tenuto giorno 8 gennaio sotto l’Ufficio scolastico regionale dove circa duemila fra maestri e maestre, al di là delle sigle sindacali di appartenenza, hanno innescato una protesta che ha portato al blocco per più di un’ora di piazzale Corvetto e, conseguentemente, dell’ingresso della tangenziale. Possiamo quindi dire che da subito i lavoratori, raccogliendo anche le esperienze di protesta dei coordinamenti dei precari degli anni scorsi, protagonisti delle lotte contro tagli della Gelmini e la Buona scuola, si sono autoorganizzati in un coordinamento trasversale ad ogni sindacato. In questo modo sono state immediatamente lanciate nuove iniziative di protesta fra cui la campagna di dimissione dagli incarichi accessori e la convocazione di una grande assemblea domenica scorsa (14 gennaio – ndr) a cui hanno partecipato più di duecento docenti che ha dato vita a gruppi coordinati tra loro a Milano, Como, Bergamo e Brescia che stanno organizzando continue iniziative sui territori. La mobilitazione sta assumendo carattere sempre più generale anche grazie alla partecipazione al movimento di docenti di altri ordini e grado e, infatti, dalla semplice rivendicazione dell’assunzione per i diplomati magistrali si è passati alla richiesta di assunzione per tutti i precari della scuola e alla richiesta di abrogazione della Buona scuola e il rifiuto del nuovo contratto della scuola che i confederali si accingono a firmare e che contiene al suo interno misure repressive per i lavoratori che “sanno di Ventennio”.
Puoi spiegarci meglio come funzionano le dimissioni dagli incarichi accessori e che tipo di ricadute pratiche stanno avendo?
Il nostro contratto di lavoro, almeno fin quando non lo cambiano, e ciò purtroppo avverrà a breve con la complicità dei sindacati di regime, prevede tutta una serie di attività che esulano dalla normale attività di insegnamento e che i docenti svolgono spesso a titolo totalmente gratuito o per miseri compensi. Fra queste attività non obbligatorie troviamo ad esempio l’accompagnamento degli alunni alle uscite didattiche, il coordinamento dei consigli di classe, le funzioni strumentali come il Responsabile di plesso, la partecipazione al gruppo per l’inclusione o ad altre commissioni e progetti, insomma tutte attività che sono fondamentali per il buon funzionamento organizzativo. Dimettendosi da queste attività i docenti possono dall’interno bloccare il funzionamento della scuola creando disagi e quindi rendendo visibile il malcontento alla dirigenza e alle famiglie, in ogni lettera di dimissioni che viene consegnata, infatti, vengono illustrate le ragioni della protesta. Questa campagna di dimissioni, sebbene sia ancora all’inizio e non si sia estesa a tutte le scuole primarie, ha già portato i primi importanti effetti provocando attestati di solidarietà sia da parte dei dirigenti scolastici che dei genitori e se si estendesse a tutti i docenti potrebbe arrivare a bloccare letteralmente le scuole.
La vostra lotta può fare scuola in tutta Italia, nel senso che potete avere un ruolo a livello nazionale, come pensi che possiate spingere altri lavoratori nel resto della regione e nel resto d’Italia a seguire il vostro esempio?
Stiamo tentando, anche grazie ai contatti sviluppati negli anni durante le lotte, di coordinarci anche con città di Italia come Bologna e Torino. In questo sicuramente potrebbe essere di supporto l’appoggio dei sindacati di base, se riescono a superare le divisioni, per poter creare un fronte unitario che coinvolga anche le altre componenti della scuola su rivendicazioni comuni come l’assunzione di tutti i precari e il rifiuto netto del nuovo contratto della scuola.