[Italia] 21 gennaio 1921 – 2018: levare in alto la bandiera dell’orgoglio comunista, approfondire il dibattito sul bilancio dell’esperienza del primo PCI

Il ricordo del vecchio PCI, di cui il 21 gennaio 2018 ricorre il 97° anniversario della nascita, è ancora nel cuore di centinaia di miglaia di elementi delle masse popolari del nostro paese. Il Partito dei CARC partecipa e promuove la manifestazione che proprio domenica 21 gennaio si svolgerà a Livorno e invita tutti a sottoscrivere l’appello diramato nei giorni scorsi (qui il link: http://www.carc.it/2018/01/03/il-21-gennaio-2018-a-livorno-celebriamo-la-nascita-del-primo-partito-comunista-italiano/ ).

La nascita il 21 gennaio del 1921 a Livorno del primo Partito Comunista Italiano è una ricorrenza che ha sempre ispirato in milioni di lavoratori fiducia in se stessi, nella propria classe e nel movimento comunista mondiale, il cui nome è legato al ricordo delle più grandi conquiste che i lavoratori hanno strappato ai capitalisti. Sono le manifestazioni di quell’orgoglio di essere comunisti che ancora è vivo nei cuori e nelle menti di centinaia di migliaia tra lavoratori, giovani, donne, anziani che non si sono fatti corrompere dall’affermazione delle concezioni prima del revisionismo moderno e poi della sinistra borghese in capo al vecchio movimento comunista. Ma questo tenace orgoglio comunista per essere un ingrediente della rinascita del movimento comunista deve combinarsi con la comprensione del perché il vecchio PCI (differentemente dai bolscevichi di Lenin e Stalin) non ha instaurato il socialismo, quindi con l’apprendimento delle lezioni che questa esperienza ci lascia in eredità.

La ricorrenza del centenario della Rivoluzione d’Ottobre è stata occasione per un rilancio del dibattito anche su questi temi. Con la campagna “Il Segnale delll’Aurora”, da un capo all’altro del paese, abbiamo promosso e partecipato a decine e decine di momenti di dibattito sulle lezioni della Rivoluzione d’Ottobre e sui compiti dei comunisti oggi. Sono numerose le tesi di compagni di altre organizzazioni con cui abbiamo avuto modo di confrontarci, non solo a proposito della Rivoluzione d’Ottobre ma anche riguardo agli insegnamenti dell’esperienza del vecchio PCI. Ciò è l’indice di un atteggiamento sano ed avanzato. Di chi è proteso a cimentarsi nell’uso degli insegnamenti della Rivoluzione d’Ottobre e della scienza che da essa possiamo ereditare per conoscere quali furono i limiti che impedirono al vecchio PCI di fare la rivoluzione socialista nel nostro paese  e che lo portarono ad intraprendere il corso rovinoso noto a tutti.

Una tesi che abbiamo riscontrato essere diffusa è quella secondo cui, in sintesi, l’opportunismo è stata la tara che ha deviato il movimento comunista del nostro paese ed oggi il movimento comunista può rinascere e tornare ad essere forte soltanto con una lotta strenua contro questa deviazione e con un’azione serrata dei comunisti tesa a promuovere sempre una politica rivoluzionaria. Questo è quanto ha detto ad esempio Paolo Spena del Comitato Centrale del PC Rizzo alla conferenza sulle lezioni della Rivoluzione d’Ottobre svoltasi a Gaeta (LT) il 25 novembre scorso. E’ una tesi che non si può dire che non contenga delle verità. E’ inoppugnabile che il vecchio PCI ha avuto una deriva opportunistica e che i comunisti devono sempre promuovere una politica rivoluzionaria. Aggiungiamo che un identico modo di ragionare lo riscontriamo non solo nella propaganda del PC Rizzo ma anche in quella del PCI Alboresi. In effetti quanto detto da Spena a Gaeta  è comune tra le forze che individuano la chiave per la rinascita del movimento comunista non nel bilancio dell’esperienza del vecchio PCI bensì nella continuità con esso.  Per il PC Rizzo si tratta di far rinascere il movimento comunista proseguendo sulla via della sinistra del vecchio PCI (dei Secchia, Alberganti, Vaia, ecc. , degli oppositori del corso avviato da Togliatti e Longo), ristabilire in questo modo i giusti principi del marxismo-leninismo e su questa base organizzarsi in Partito. Invece il PCI Alboresi dice di ripartire proprio dalla continuità con il PCI “grande e forte” dei revisionisti moderni (Togliatti, Longo, ecc.) e dei precursori della sinistra borghese (Berlinguer), su questa base ristabilire i giusti principi e  organizzarsi in Partito. Come vediamo cambia soltanto l’individuazione del punto da cui ripartire ma per gli uni e per gli altri la chiave della rinascita del movimento comunista sta nel riavvolgere il nastro della storia e ripartire da una presunta età dell’oro… dalla teoria e dalla pratica del movimento comunista italiano prima che l’opportunismo dilagasse e fino a quando i comunisti erano rivoluzionari. Ai fautori della rottura completa con il vecchio movimento comunista (Rete dei Comunisti e dintorni) essi oppongono la continuità completa con il vecchio movimento comunista. Sicuramente sono in una posizione più avvantaggiata per arrivare prima o poi a fare un serio bilancio dell’esperienza del vecchio movimento comunista italiano, rispetto a chi dice che “tutto è cambiato”, “la situazione è complessa” e in definitiva dalla prima ondata della rivoluzione proletaria non c’è nulla da imparare. Ma le conclusioni cui giungono dimostrano che per ora il loro bilancio dell’esperienza è sbagliato perché indicano ai comunisti italiani di “ripartire” o niente meno che dai revisionisti moderni, da coloro che iniziarono il processo di affossamento del vecchio PCI (PCI Alboresi) o da chi è uscito sconfitto dalla lotta tra due linee che si svolse nel movimento comunista italiano nel dopoguerra (PC Rizzo).

Basare la rinascita del movimento comunista italiano sulle lezioni dell’esperienza del vecchio PCI è attività che richiede rigore scientifico  e in cui non è ammessa la demagogia, il seminare l’illusione che basta tornare al “grande e forte” vecchio PCI, di Secchia o di Togliatti a seconda delle preferenze. All’opposto i comunisti oggi hanno il dovere di chiedersi perché il vecchio movimento comunista ha perso, perché la sinistra del vecchio PCI fu sostanzialmente impotente di fronte alla deriva impressa dai revisionisti moderni (è ciò che devono chiedersi i compagni del PC Rizzo), perché i Togliatti, Longo e Berlinguer hanno preparato la strada al crollo del movimento comunista italiano (è ciò che devono chiedersi i compagni del PCI Alboresi). Altrimenti le loro levate di scudi “contro l’opportunismo” e a favore di una “politica rivoluzionaria” dei comunisti saranno soltanto sparate demagogiche buone a surriscaldare e strumentalizzare l’orgoglio comunista diffuso nel paese ma del tutto inutili e anzi nocive per la rinascita del movimento comunista e di ostacolo allo sviluppo di un dibattito scientifico.

Andare a fondo su questi temi è da sempre una prerogativa della carovana del (nuovo)PCI che ha compiuto uno studio sistematico dell’esperienza del vecchio movimento comunista italiano, compresa l’esperienza della sinistra del vecchio PCI (rimandiamo all’articolo “Pietro Secchia e due importanti lezioni” de La Voce n.26 che fa un’avanzata esposizione dei risultati di questo studio). Invitiamo al confronto su questi temi anche il compagno Paolo Spena del CC del PC  Rizzo. Il dilagare dell’opportunismo in capo al vecchio PCI più che una causa fu l’effetto dei limiti della sinistra del vecchio PCI e questi, a loro volta, furono l’effetto concatenato di limiti strutturali del movimento comunista dei paesi imperialisti. E’ materia di cui trattano gli articoli contenuti nel numero 57 de “La Voce” del (nuovo)PCI che invitiamo tutti a leggere rivolgendoci in particolare a coloro che vogliono fare di questo 97° anniversario della nascita del primo PCI non solo momento di celebrazione dell’orgoglio comunista ma anche di sviluppo del dibattito su questioni imprescindibili e di fondo. In particolare segnaliamo l’articolo “Il Partito Comunista di tipo nuovo” (pag.26 – 30) la cui introduzione usiamo per rispondere alla questione posta all’inizio dell’articolo: perché il vecchio PCI non ha instaurato il socialismo nel nostro paese a differenza dei bolscevichi di Lenin e Stalin in Russia?

“La formazione intellettuale, morale e organizzativa del movimento comunista (quindi anche di ognuno dei suoi membri) è la questione che decide dei tempi e dell’esito della rivoluzione socialista, quindi da trattare con scienza e coscienza.

Quale che sia il percorso storico di un particolare partito comunista, l’inizio del suo percorso logico è la concezione comunista del mondo. Il Partito non si forma come la parte più avanzata della classe operaia in lotta. Questo è stato però il percorso storico dei partiti comunisti dei paesi imperialisti. È stato uno dei limiti del movimento comunista europeo e in generale dei paesi imperialisti (Europa e America del Nord) che i comunisti si concepissero come la parte più avanzata del movimento degli operai (delle persone costrette dalla mancanza di altri mezzi per procurarsi di che vivere, a vendere la propria forza-lavoro ai capitalisti). È un aspetto del limite che ha impedito finora che in questi paesi la rivoluzione socialista facesse il suo corso e arrivasse a instaurare il socialismo (con le conseguenze internazionali su cui qui non mi soffermo). Il Partito comunista non è solo un’organizzazione di lotta, la più avanzata organizzazione di lotta: è principalmente l’organizzazione dei depositari, fautori e praticanti nel marxismo, la scienza delle attività con le quali gli uomini fanno la loro storia, la scienza fondata da Marx ed Engels. Questo è chiaramente indicato già nel Manifesto del partito comunista del 1848. Nel capitolo II di esso viene indicato chiaramente cosa distingue i comunisti dagli altri proletari.

Questo errore (questa concezione arretrata di se stessi e del proprio ruolo, del partito comunista solo come la parte più combattiva e radicale del movimento operaio) sorse spontaneamente dalle condizioni in cui il movimento comunista si sviluppò nei paesi imperialisti. I comunisti di questi paesi non se ne sono mai liberati nonostante le sollecitazioni del Partito di Lenin e di Stalin. Gramsci impostò un programma per superarla nel PCI e iniziò ad attuarlo dalla fine del 1923 quando l’Internazionale Comunista lo incaricò di dirigere il PCI, ma la sua opera fu stroncata dai fascisti arrestandolo e facendolo morire in carcere.

A causa delle condizioni economiche, politiche e intellettuali della società borghese, ben prima che Marx ed Engels elaborassero la scienza che ci guida e fondassero il movimento comunista, nei paesi ora paesi imperialisti la classe operaia incominciò a lottare contro i capitalisti (la borghesia) e le loro autorità e poi a partecipare con i partiti radicali, riformatori, progressisti, socialisti, ecc. alle attività politiche (alle iniziative con cui la borghesia prima influenzava e poi determinava e addirittura decideva l’attività dello Stato e della Pubblica Amministrazione). Fu anzi il movimento operaio che indusse Marx ed Engels a intraprendere e compiere la loro opera. La loro opera si svolse come parte del movimento operaio e successivamente via via i risultati della loro opera permearono il movimento operaio fino a diventare (per fissare una data, con la fondazione della II Internazionale, nel luglio 1889) la sua dottrina ufficiale e a determinarne ufficialmente la linea. Questo a grandi linee il processo storico della formazione del movimento comunista dei paesi imperialisti (Europa occidentale e America del Nord).

Il processo storico della formazione del movimento comunista in Russia (nell’Impero zarista) fu radicalmente diverso. Qui un gruppo di intellettuali approdò al marxismo e il marxismo divenne la dottrina guida degli intellettuali rivoluzionari. Il primo gruppo organizzato di marxisti venne creato all’estero nel 1883. Questi intellettuali portarono il marxismo agli operai e via via organizzarono in Russia un movimento operaio fino a farne una forza organizzata e influente in campo economico e politico: quello che nel 1917 prese il potere.”

 

 

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