Venerdì 12 gennaio si è svolta nel tribunale di Massa l’ultima udienza del processo in cui era imputato il compagno Marco Lenzoni, un infermiere che nel 2014 aveva partecipato ad una mobilitazione contro l’approvazione in parlamento del Jobs Act. Il giudice si è espresso con una condanna a due mesi di reclusione e una multa di 150€ a carico di Marco perché ritenuto il promotore di uno spostamento non preavvisato dal palazzo del Comune di Massa alla sede del PD (che dista 150 metri circa). L’accusa si è basata unicamente sulle dichiarazioni degli agenti della Digos, non riuscendo a produrre prove tangibili ad avvalorare le tesi della accusa. Questa è la sentenza dei poteri forti che difendono senza esitazioni gli interessi dei capitalisti: per fare questo si sono serviti del codice Rocco del regime fascista (1931) che è ancora in vigore nel regolare l’ordine pubblico nel nostro Paese.
L’avvocato della difesa, Michela Poletti, ha fatto leva sulla mancanza di prove a carico di Marco e sul fatto che dal dopoguerra in poi la giurisprudenza ha fatto valere il principio secondo cui bisogna dare la precedenza al diritto di espressione e di dissenso rispetto alle norme repressive che sono sancite nel codice fascista.
L’esito del processo dimostra come la borghesia, nella fase terminale della crisi del capitalismo, oggi più che mai sia pronta a calpestare la propria democrazia e la propria legalità (mantenendo in vigore il codice Rocco di origine fascista) pur di difendere i propri interessi di classe.
In questo senso questa sentenza è una sentenza politica.
Noi non siamo stupiti dall’esito di questo processo (anche se abbiamo lottato per ottenere l’assoluzione di Marco): questo conferma che ci troviamo in una situazione di emergenza dove la borghesia ricorre a ogni sistema pur di difendere i propri profitti che sono nettamente contrapposti rispetto agli interessi e le necessità delle masse popolari.
Non esiste una giustizia al di sopra delle classi: non a caso le parti progressiste contenute nella Costituzione (quelle scritte sotto la spinta del prestigio che aveva raggiunto il movimento comunista dopo la vittoria della Resistenza) non sono mai state applicate dai governi della Repubblica Pontificia.
Noi non usciamo demoralizzati da questa sentenza: continueremo a dare battaglia e ricorreremo in appello valorizzando la mobilitazione che abbiamo sviluppato durante tutto lo svolgimento del processo.
Durante ogni udienza siamo riusciti ad organizzare un presidio di sostegno a Marco, abbiamo lanciato una vera e propria campagna a sostegno di chi, come Marco, applica dal basso le parti progressiste della Costituzione (raccolta di comunicati di solidarietà, di fotografie con Marco, di iniziative economiche di solidarietà). Il processo contro Marco ha contribuito a rafforzare il coordinamento di forze che dalla battaglia contro la chiusura della Rational, alla battaglia per il reintegro degli operai NCA licenziati, si è andato consolidando sul nostro territorio.
Non ci aspettiamo soluzioni dalle istituzioni borghesi e non ci aspettiamo la clemenza dei loro tribunali.
Faremo di questo processo (con il ricorso in appello) un’occasione per alimentare il dibattito collettivo e il coordinamento di forze in modo che ogni mobilitazione e ogni lotta rappresenti un’esperienza importante per sviluppare il coordinamento delle masse popolari.
La battaglia per l’assoluzione di Marco e contro il Jobs Act è una parte della lotta di classe in corso: il passo successivo, e decisivo, è quello di sviluppare il coordinamento tra le organizzazioni operaie e popolari e legarsi al movimento di resistenza delle masse popolari del territorio e del paese intero al fine di imparare a gestire direttamente parti crescenti della vita sociale. Per costruire, dunque, un Governo di Emergenza Popolare, un governo frutto ed espressione delle organizzazioni operaie e popolari del nostro paese in grado di alimentare la mobilitazione rivoluzionaria. Questa è la prospettiva e l’unico sbocco unitario e positivo alle mille mobilitazioni che già oggi attraversano, sparse, il Paese. È la soluzione più efficace per mettere mano allo stato di emergenza cui ci ha condotto la borghesia imperialista e la via più realistica per promuovere la rinascita del movimento comunista e avanzare verso l’instaurazione del socialismo.