07.01.2018
Giovedì 21 dicembre a Roma, nel quartiere popolare di Primavalle, la Casa del Popolo (CdP) “Giuseppe Tanas” ha ospitato un’importante iniziativa di dibattito sulle lezioni della Rivoluzione d’Ottobre e i compiti dei comunisti oggi. L’iniziativa è stata co-promossa dai compagni della CdP insieme alla sezione romana del Partito dei CARC e al compagno Roberto Villani del PRC e del giornale “La Città Futura” e vi hanno aderito e partecipato anche i compagni romani di Rete dei Comunisti, Collettivo Militant e Patria Socialista. All’iniziativa avevano dato l’adesione anche Partito Comunista, Partito Comunista Italiano e Clash City Workers ma poi non hanno partecipato. L’iniziativa è stata l’occasione per avviare un confronto unitario tra le organizzazioni che nei mesi addietro avevano promosso campagne e attività per il centenario della Rivoluzione d’Ottobre. Non era scontato che un simile dibattito potesse avere luogo: la debolezza del movimento comunista si misura anche in spirito di concorrenza, settarismo e resistenze al dibattito tra organizzazioni sul bilancio della prima ondata della rivoluzione proletaria, sull’analisi della situazione politica e sui compiti dei comunisti. A fronte di questa situazione di partenza (ben rappresentata dall’ordine sparso con cui sono avvenute le celebrazioni del centenario a Roma) il dibattito del 21 dicembre rappresenta una positiva inversione di tendenza. Ai compagni della CdP “G.Tanas” va il merito di averla resa possibile mettendo a disposizione i propri spazi e osando nella sua realizzazione. Alle organizzazioni che hanno partecipato al dibattito va il plauso per aver contribuito ad una piccola ma importante iniziativa che ha promosso il dibattito dei comunisti e ha contribuito a definire meglio ciò che unisce e ciò che divide le organizzazioni comuniste operanti a Roma che hanno in comune la difesa della Rivoluzione d’Ottobre e della prima ondata della rivoluzione proletaria cui essa ha dato inizio. Le divergenze e i punti in comune emersi, per chi non si lascia distogliere dalla sfiducia e dalla rassegnazione, saranno materiale prezioso e utile ad alimentare rapporti costruttivi ai fini della rinascita del movimento comunista, fondati sull’unità di azione (su tutti i terreni in cui essa è praticabile e vi sono obiettivi comuni) e sulla lotta (sulle questioni di concezioni del mondo, analisi della situazione e linea politica su cui vi sono divergenze). Questa iniziativa ci ha dimostrato come la ricorrenza del centenario ha contribuito in maniera importante a rafforzare la tendenza, tra i partiti, le organizzazioni e i gruppi comunisti esistenti nel nostro paese, a trarre ispirazione dalla Rivoluzione di Ottobre e dall’esperienza dei primi paesi socialisti per fondare la loro azione nel presente sulla base dei princìpi della concezione comunista del mondo. Allo stesso tempo il dibattito dimostra che questa tendenza positiva è contrastata da una grande confusione sul bilancio della Rivoluzione d’Ottobre, i suoi insegnamenti, la sua attualità tra le forze e gli esponenti che si dichiarano comunisti, prodotto di cinquanta anni di predominio prima dei revisionisti moderni e poi della sinistra borghese. Tesi quali “siamo in una situazione completamente diversa” e “la rivoluzione socialista non è più possibile” sono il motto dei disfattisti e degli attendisti di oggi, di quelli che non riescono a concepire che la rivoluzione socialista oggi è possibile oltre che necessaria o al massimo la spostano in un indefinibile futuro. Si tratta di posizioni che sono frutto del senso comune diffuso dalla sinistra borghese per la quale il socialismo è impossibile e al massimo è possibile riformare il capitalismo. E’ con l’una e con l’altra tendenza che ci siamo confrontati il 21 dicembre. Di seguito riportiamo gli elementi principali emersi nel dibattito.
Il confronto sulle lezioni della Rivoluzione d’Ottobre. De Marchis del Partito dei CARC ha esposto quelle che, alla luce della concezione comunista del mondo (cioè il marxismo-leninismo-maoismo), sono le due lezioni principali che chi opera per fare la rivoluzione socialista in un paese imperialista come l’Italia, deve ricavare dall’esperienza della Rivoluzione d’Ottobre:
– che il Partito comunista è capace di dare una giusta direzione alla classe operaia e alle altre classi delle masse popolari solo se ha assimilato la concezione comunista del mondo, la applica nelle condizioni concrete del proprio paese e del suo contesto internazionale e la sviluppa; il Partito comunista non è principalmente l’organizzazione degli operai d’avanguardia nel promuovere le lotte rivendicative e nel partecipare alle assemblee elettive come sponda politica delle lotte (questa era la caratteristica dei Partiti comunisti esistiti nei paesi imperialisti come quello italiano per esempio, che non avevano assimilato e applicato gli insegnamenti del Partito di Lenin e Stalin); il Partito comunista è principalmente il corpo scelto dei depositari, fautori e praticanti della concezione comunista del mondo, lo Stato Maggiore che promuove e dirige la costruzione della rivoluzione socialista,
– che la rivoluzione socialista non ha la forma di un’insurrezione o di una sommossa che scoppia, essa è una guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata, un processo che il partito comunista dirige e costruisce facendo leva sulle lotte spontanee della classe operaia e delle masse popolari ed elevandone il grado di combattività man mano che per propria esperienza esse verificano che il Partito comunista sa dirigerle nella lotta contro l’oppressione e lo sfruttamento.
Ad ulteriore conferma della prima delle due lezioni indicate, De Marchis tratta del crollo dei primi paesi socialisti e dell’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria spiegando come furono i limiti della sinistra del vecchio movimento comunista (quella parte del vecchio movimento comunista che era più determinata e devota alla causa del comunismo) nell’assimilazione della concezione comunista del mondo a permettere ai revisionisti moderni (capeggiati in URSS da Kruscev, in Cina da Deng Tsiao Ping, in Europa da Togliatti e Thorez) di prendere la testa dei Partiti Comunisti e deviare il movimento comunista. A partire dai limiti e dalle deviazioni rispetto alla scienza, la concezione comunista del mondo, che aveva consentito a Lenin e Stalin di dirigere con successo l’edificazione del primo paese socialista della storia dell’umanità, è iniziato il processo che ha portato all’esaurimento della prima ondata. Mettendo al centro l’assimilazione di questa scienza e giovandosi dei suoi avanzamenti (il maoismo, terza tappa superiore dopo il marxismo e il leninismo) oggi i comunisti possono far rinascere il movimento comunista, fare dell’Italia un nuovo paese socialista e contribuire così alla seconda ondata della rivoluzione proletaria nel mondo.
Andrea Cafiero della CdP “G.Tanas”, Roberto Villani de “La Città Futura” e Ivan Collini di “Patria Socialista” hanno espresso idee giuste su questioni di principio di primaria importanza: nei loro interventi emerge che è dall’azione dei comunisti che dipende la rinascita del movimento comunista nel nostro paese e la loro autorevolezza tra le masse popolari. Villani ha sottolineato che la situazione oggettiva creata dalla crisi del capitalismo e dal corso delle cose alimenta e rende la situazione favorevole per la rivoluzione socialista e che l’aspetto decisivo è creare le condizioni soggettive, far rinascere il movimento comunista nel nostro paese. Tuttavia emerge che la loro convinzione che “dipende da noi!” e la considerazione per la scienza che ispirò l’azione dei bolscevichi di Lenin e Stalin convive con uno scetticismo di fondo per il valore scientifico della Rivoluzione d”Ottobre e quindi verso l’approccio di chi oggi, come noi del Partito dei CARC, estrapola insegnamenti da questa esperienza e li propone come principi scientificamente validi, nel senso che la storia ha dato prova della loro efficacia e che noi oggi dobbiamo impossessarcene e applicarli tenendo conto della situazione concreta in cui operiamo. Esempio di questo scetticismo è l’affermazione di Villani secondo cui nel campo delle organizzazioni comuniste italiane nessuno ha tratto giusti insegnamenti dalla Rivoluzione d’Ottobre e nessuno è in grado di indicare come debba essere il PC da costruire, perché “se qualcuno ci fosse riuscito, ci troveremmo in una situazione diversa e non nello stato di debolezza attuale”. Villani, che pur parla dell’importanza della fedeltà ai principi del marxismo-leninismo, mette in discussione proprio il loro valore scientifico. Delle due l’una. Se la Rivoluzione d’Ottobre e la prima ondata della rivoluzione proletaria ci lasciano in eredità un patrimonio di esperienza e scienza è allora principalmente alla luce di questa scienza che possiamo stabilire di quale partito ci sia bisogno. Se invece ciò non costituisce patrimonio scientifico, è lecito dire come fatto da Villani che “nessuno ha ragione”… e che è futile “catechismo” (per dirla con la franchezza di Collini) pensare che dalla Rivoluzione d’Ottobre siano ricavabili i principi universali di una scienza che i comunisti oggi devono assimilare e applicare per poter svolgere il loro ruolo nella lotta di classe.
Un contrasto analogo e più marcato emerge negli interventi di Marco Santopadre di Rete dei Comunisti e da Danilo Ruggieri del Collettivo Militant. Santopadre parla dell’importanza che i comunisti propagandino un orizzonte rivoluzionario alle masse popolari e parla di “praticare la rivoluzione”. Ruggieri indica i principi leninisti relativi al Partito comunista, all’analisi dell’imperialismo e all’internazionalismo, come la “cassetta degli attrezzi”, i fondamenti che i comunisti ereditano dalla Rivoluzione d’Ottobre. Sono riferimenti, quelli richiamati da Santopadre e Ruggieri, su cui anche il Partito dei CARC si trova grosso modo d’accordo ma a condizione che siano concepiti come principi d’azione, ingredienti di una scienza che la Rivoluzione d’Ottobre ci lascia in eredità e che è nostro compito assimilare e applicare alla situazione concreta di oggi. Ed è qui che emerge la divergenza tra noi da una parte e Santopadre e Ruggieri dall’altra. Infatti per loro teoria e pratica non coincidono e anzi giudicano sbagliato ricavare dalla Rivoluzione d’Ottobre lezioni, principi e criteri da impiegare nel presente, descrivendo questa attività come “manualistica” o “ricetta” per la rivoluzione del tutto inservibile oggi poiché la società “è cambiata” e non c’è “blocco sociale” che spinge per la rinascita del movimento comunista. Non a caso parlano delle lezioni della Rivoluzione d’Ottobre in termini vaghi e diminutivi: per Santopadre e Ruggieri la concezione comunista del mondo non è la scienza delle attività con cui gli uomini hanno fatto e fanno la loro storia, la Rivoluzione d’Ottobre e i prodigi della prima ondata della rivoluzione proletaria non sono il risultato dell’applicazione di questa scienza e l’assimilazione e l’applicazione di questa scienza non è l’aspetto fondamentale della rinascita del movimento comunista. Ed è così che sull’onda del loro rifiuto della “manualistica” mandano a farsi benedire anche il “Che fare” di Lenin che dal 1902 spiega che è il Partito Comunista che eleva la coscienza e l’organizzazione della classe operaia e delle masse popolari. Per Santopadre e Ruggieri questa è una teoria che ieri funzionava mentre oggi sarebbe “tutto cambiato” (non dicono che al netto dei cambiamenti l’economia mondiale resta capitalista), la classe operaia e le masse popolari sono disgregate e non spingono verso il movimento comunista (non dicono che senza l’azione del movimento comunista cosciente e organizzato è ovvio che il “blocco sociale” sia disgregato). Secondo loro non resta che aspettare che si crei il “blocco sociale” che si formerebbe spontaneamente senza l’azione dei comunisti.
Il confronto sui compiti dei comunisti oggi. De Marchis del Partito dei CARC indica anzitutto il compito di intensificare la politica da fronte tra le organizzazioni comuniste (che è unità d’azione dove siano praticabili obiettivi comuni, dibattito franco e aperto e lotta ideologica, solidarietà reciproca contro la repressione) alimentando in particolare il dibattito sulle questioni di analisi della situazione, linea politica e concezione del mondo (bilancio della prima ondata della rivoluzione proletaria, analisi della situazione, strategia per fare la rivoluzione socialista). Afferma che è a queste condizioni che l’unità dei comunisti cessa di essere una parola d’ordine declamata strumentalmente e diventa un processo concreto. Secondo De Marchis un punto centrale in questo dibattito deve essere la risposta al quesito su quale Partito comunista bisogna costruire nel nostro paese, che secondo il P.CARC va modellato sulla base delle lezioni che traiamo dalla Rivoluzione d’Ottobre e dalle rivoluzioni socialiste vittoriose, come quella cinese. E’ un partito come il (nuovo)PCI costituitosi nella clandestinità nel 2004 e che ha elaborato e sta attuando la linea per fare la rivoluzione socialista in un paese imperialista come il nostro. Questo è il Partito comunista che il Partito dei CARC sostiene, concorrendo alla realizzazione della sua strategia per fare la rivoluzione socialista in Italia. Questa strategia in questa fase si traduce nell’obiettivo tattico dell’instaurazione di un Governo di Blocco Popolare, un governo del paese al servizio delle masse popolari organizzate che sia strumento per avanzare nella rivoluzione socialista e scuola di comunismo per le masse popolari tramite cui creare condizioni più avanzate per la rinascita del movimento comunista e per lo sviluppo della guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata cui il (nuovo)PCI ha dato inizio. Afferma De Marchis che bisogna usare anche la prossima campagna elettorale per alimentare il movimento per una nuova governabilità del paese da parte delle masse popolari organizzate, per dare impulso alla creazione di Organizzazioni Operaie nelle aziende capitaliste e di Organizzazioni Popolari nelle aziende pubbliche, nelle scuole e nei quartieri, al loro coordinamento su scala via via più ampia, al loro agire da Nuova Autorità Pubblica, cioè da organismi di nuovo potere analoghi per ruolo a ciò che furono i soviet nella Rivoluzione d’Ottobre. Questo, per De Marchis e il Partito dei CARC, è intervenire da comunisti nella campagna elettorale e nella lotta di classe dei prossimi mesi.
Collini (Patria Socialista) parla dell’importanza di rapporti franchi e aperti nonché liberi dal politicantismo e dal settarismo tra comunisti. Villani segnala l’importanza di lavorare per moltiplicare organismi consiliari nelle aziende e nei posti di lavoro. Sono aspetti dei loro interventi a proposito dei compiti dei comunisti su cui esprimiamo piena condivisione e possono diventare campo di azione comune.
Villani espone poi un piano in tre punti con cui i comunisti devono affrontare la fase, piano che è sintetizzabile nello sviluppare l’intervento sindacale (moltiplicando lotte e movimenti rivendicativi), nella ricostruzione di un Partito comunista (ispirato al vecchio PCI) e del Fronte (citando l’esperienza di “Potere al Popolo” come esempio in questa direzione). In sostanza Villani propone una linea ispirata alla tradizione del vecchio PCI che partecipando alle elezioni e alimentando lotte rivendicative è approdato alla via pacifica e parlamentare al socialismo di Togliatti &C. E’ più marcata la visione attendista nel caso di Collini, il quale, piuttosto che nelle elezioni e nelle lotte rivendicative di casa nostra, sembra individuare la via dell’attesa della rivoluzione socialista nel sostegno dei processi rivoluzionari in corso nei paesi oppressi.
Disfattista è la posizione di Santopadre di Rete dei Comunisti e di Ruggieri di Militant. Ambedue affermano che in assenza di un “blocco sociale”(la classe operaia e le masse popolari) che spinga verso la rinascita del movimento comunista è velleitario ogni progetto di rivoluzione socialista. Men che meno serve discutere delle questioni di fondo come, ad esempio, delle caratteristiche del Partito comunista poiché a loro avviso non esistono principi scientifici cui attenersi (li chiamano “manuali” e “ricette”) e in definitiva sarà il “blocco sociale” a stabilire quali dovranno essere le caratteristiche del Partito comunista. Il massimo concepibile, per dirla con le parole di Ruggieri, è “fare campagne sociali con una direttrice politica”, che significa agire da animatori di lotte rivendicative politicizzandole con obiettivi “di rottura”, dice Santopadre, come il NO all’UE, all’euro e dalla NATO.
Conclusioni. Invitiamo le organizzazioni che hanno partecipato al dibattito del 21 dicembre a creare assieme altre occasioni per proseguire e approfondire il confronto avviato perché i temi trattati sono la base per approfondire il ruolo e i compiti dei comunisti oggi. La ricorrenza del Centenario della Rivoluzione d’Ottobre ha rimesso all’ordine del giorno che esiste un patrimonio di esperienza e di scienza cui attingere per fare la rivoluzione socialista oggi, che tale patrimonio ha dimostrato la sua validità già nel secolo scorso ed è scienza viva che i comunisti dei paesi imperialisti sono chiamati ad assimilare, praticare e sviluppare. A consolidamento e rafforzamento di questo passo proponiamo alle forze intervenute a Primavalle di aderire all’appello per una celebrazione unitaria del 97° anniversario della fondazione del PCd’I (vedi qui http://www.carc.it/2018/01/03/il-21-gennaio-2018-a-livorno-celebriamo-la-nascita-del-primo-partito-comunista-italiano/).