20 Deputati e 20 Senatori di tutti i gruppi, un Presidente (Casini), molte audizioni (alcune trasmesse in streaming, altre trascritte e altre secretate), illimitati poteri di inchiesta, assimilabili a quelli della Magistratura, un obiettivo (accertare se ci sono state responsabilità nella crisi che ha portato al fallimento di numerose banche e istituti di credito e di chi sono) e un tempo massimo molto limitato (entro fine legislatura: febbraio 2018). Queste le “regole d’ingaggio” della Commissione Parlamentare d’inchiesta sulle banche, istituita dal Parlamento in primavera e riunitasi in prima seduta alla fine del settembre scorso.
Una Commissione Parlamentare d’inchiesta è il modo migliore, quello “classico”, con cui i vertici della Repubblica Pontificia insabbiano le questioni più scottanti, quelle che un vivace giornalismo d’inchiesta, a volte coraggiosamente, porta alla luce e approfondisce.
C’è voluta una Commissione Parlamentare d’inchiesta per insabbiare le responsabilità (mandanti, esecutori, guardoni e omertosi) delle torture durante il G8 di Genova nel 2001, di cui si sono resi protagonisti Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza ed Esercito sotto il comando di alti dirigenti e sotto il controllo e la verifica di esponenti del governo della Banda Berlusconi. Responsabilità per cui, in barba alla Commissione Parlamentare, alla Costituzione, allo stato di diritto, i protagonisti sono stati promossi e hanno fatto carriera nelle Forze dell’Ordine o in altri rami dell’apparato statale. C’è voluta una Commissione Parlamentare d’inchiesta sulle stragi (istituita nel 1988 e attiva nella redazione di specifiche relazioni fino al 2010) per rendere impenetrabili i segreti sulle Stragi di Stato (da Piazza Fontana a Ustica), nonostante i legami fra Regime DC, servizi segreti, fascisti e organizzazioni criminali fossero – e sono – ampiamente conosciuti (“di dominio pubblico”). Ma si sa: se non ci sono le “accertate rilevanze” delle istituzioni e delle autorità della Repubblica Pontificia, ciò che “tutti sanno” non vale niente. E non esiste peggior cieco di chi non vuole vedere…
C’è voluta non l’istituzione di una Commissione Parlamentare antimafia (avviata nel 1962), ma una legge che costituisse la commissione “in automatico” ad ogni legislatura dal 1962 a oggi, per consentire alle organizzazioni criminali di radicarsi, spartirsi il paese, proliferare, entrare direttamente in campo politico ed esprimere un governo (Berlusconi) a colpi di bombe, omicidi e stragi (Falcone e Borsellino) a quelle stesse istituzioni che formano le Commissioni e ne selezionano i membri.
Adesso è il turno delle banche. La riflessione da fare, però, non riguarda solo le banche e non si limita alle Commissioni Parlamentari d’inchiesta. La Repubblica Pontificia italiana è il paese dove tutto è in ordine, ma niente è a posto, il paese in cui sperare di sistemare le cose facendo funzionare le istituzioni e facendo rispettare le leggi porta al risultato certo di rimanere con un pugno di mosche in mano. Sia questo spunto per i tanti che ambiscono a vincere le elezioni per cambiare il paese….