Sbarrare la strada alla mobilitazione reazionaria

L’affermazione elettorale di Casapound a Ostia, in odor di malavita e con tutti gli strascichi del caso, le irruzioni intimidatorie dei nazisti del Fronte Veneto Skinhead a varie iniziative promosse dall’associazionismo nel nord Italia, il presidio di Forza Nuova fuori dalle redazioni de l’Espresso e Repubblica in risposta alle inchieste sulle fonti di finanziamento dei gruppi neofascisti, la copertura mediatica data a ogni starnuto di Salvini: notizie, fatti e dichiarazioni che vengono gonfiate, sopravvalutate e infine rafforzate dai media e dalle forze politiche sostenitrici e promotrici delle Larghe intese.

L’antifascismo padronale. L’allarme del “pericolo fascista” viene oggi lanciato in pompa magna, da chi per primo i fascisti li ha sdoganati ieri (tutti ricorderete il compatimento per i “ragazzi di Salò” di Luciano Violante dell’allora, 1996, PDS); da chi per anni ha contrastato del movimento antifascista con la repressione e la criminalizzazione, proteggendo e foraggiando i gruppi fascisti in nome della “pluralità delle idee”; da chi ha sempre eluso e violato la Costituzione del ’48, impedendo che si sviluppasse il protagonismo delle masse popolari per la sua applicazione (utilizzando la violenza e la manovalanza fascista: Gladio, Strategia della Tensione, ecc., ecc.); da chi con i fascisti e le organizzazioni criminali ci fa da sempre affari (dalla Banda della Magliana a Mafia Capitale); da chi, infine, ha la responsabilità di aver ridotto il nostro paese alla situazione attuale.

La crisi spinge i vertici della Repubblica Pontificia ad alimentare la mobilitazione reazionaria delle masse popolari e la tendenza alla guerra. E’ un processo oggettivo perché non hanno altre soluzioni compatibili con il loro sistema sociale, è il loro modo di affrontare la crisi e i suoi effetti: i campi di concentramento in Libia per arginare i flussi migratori portano la firma di Minniti, non di Casapound o di Salvini; Jobs Act e Legge Fornero, per citare due delle riforme che hanno peggiorano drasticamente le condizioni di vita delle masse popolari, sono frutto di governi “democratici”, non di Forza Nuova o di Lealtà Azione.

I vertici della Repubblica Pontificia promuovono direttamente e “democraticamente” la mobilitazione reazionaria. Non hanno ancora bisogno di affidarsi a esponenti apertamente fascisti o reazionari, scimmiottatori del ventennio, cosa che implicherebbe un regolamento di conti anche al loro interno: la lotta su come gestire e affrontare la crisi è aperta, tutt’altro che decisa. È fuori di dubbio che i gruppi borghesi stiano testando le capacità dei gruppi e dei partiti più reazionari, in questo senso le “prove di fascismo” sono incoraggiate, ampliandone la visibilità e favorendone anche l’affermazione elettorale. L’antifascismo padronale, di facciata, è un ulteriore regalo ai gruppi fascisti che possono accreditarsi come unica opposizione alle Larghe intese e ai vertici della Repubblica Pontificia. Su questa linea si gioca anche il ruolo politico di Salvini, che però è ancora penalizzato dall’evidente collusione e internità della Lega al sistema politico e dalle responsabilità dello sfacelo del paese a cui ha la Lega ha contribuito e contribuisce, talvolta da posizioni di governo a livello nazionale, regionale (come in Lombardia e Veneto) e comunale.

Lo spauracchio del nuovo fascismo e dell’imperversare degli scimmiottatori del ventennio serve ai vertici della Repubblica Pontificia prima di tutto a creare condizioni favorevoli a imporre alle masse popolari un governo “responsabile”, “democratico” e di Larghe intese.

Sulla scorta del “pericolo fascista” lanciato da giornali e televisioni, molte amministrazioni locali (in particolare quelle influenzate dalla sinistra borghese) stanno approvando in queste settimane ordini del giorno per negare spazi ad associazioni e movimenti che non rinnegano fascismo e razzismo. E’ una spinta positiva, ma senza l’azione delle organizzazioni operaie e popolari che verificano la loro applicazione e se necessario la impongono, è più che altro fumo negli occhi di questa campagna elettorale, fatta anche in nome dell’antifascismo, ma sempre sulle spalle dei lavoratori e delle masse popolari.

L’antifascismo popolare. C’è solo un modo per sbarrare la strada alla mobilitazione reazionaria delle masse popolari promossa dai vertici della Repubblica Pontificia e togliere l’acqua in cui sguazzano gli scimmiottatori del fascismo e del nazismo: la mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari, diretta dal partito comunista. Più concretamente, vuol dire orientare e dirigere la mobilitazione popolare a eliminare le cause della guerra fra poveri, prendendo strade positive, agendo direttamente a fare fronte agli effetti più gravi della crisi. Ancora più in concreto, significa che devono essere le organizzazioni operaie e popolari a mobilitarsi per prendere direttamente in mano la questione del lavoro e della disoccupazione, quella dell’assegnazione delle case popolari, quella della pratica dei diritti e delle tutele che sono state conquistate nel 1945 e, a prezzo di dure lotte, sono diventate “per tutti”, quelle che i vertici della Repubblica Pontificia stanno eliminando e quelle, le stesse, che i gruppi e i partiti scimmiottatori del fascismo pretendono solo per alcuni (“prima gli italiani”), indicando alle masse popolari di accontentarsi di spartirsi la miseria.

La lotta per il diritto al lavoro utile e dignitoso, per la casa, per l’istruzione, per i trasporti, per la sanità pubblica e gratuita, ecc. sono la forma dell’antifascismo di cui c’è bisogno in questo paese; l’organizzazione, il coordinamento, la mobilitazione delle masse popolari che assumono il ruolo di nuove autorità pubbliche, ne sono il contenuto. La lotta per la costituzione del Governo di Blocco Popolare ne è la sintesi.

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