In ogni paese imperialista e in ogni nazione schiacciata dal tallone della comunità internazionale degli imperialisti USA, UE e sionisti, il disordine regna sovrano, la direzione e gestione criminale della società da parte della borghesia e del suo clero rompe sempre più la coesione sociale, alimenta l’abbrutimento ed il degrado, si moltiplicano i femminicidi e le violenze di genere, le discriminazioni razziali, religiose e sessuali. La crisi politica, economica e ambientale avanza e la classe dominante ha sempre maggiori difficoltà a governare, mentre le masse popolari si mobilitano progressivamente per far fronte ai peggiori effetti della crisi. Questa resistenza provoca una sempre maggiore e diffusa repressione, un segno evidente di debolezza di chi non riesce più a dirigere la società (anche a causa della guerra per bande che la dilania) e non ha più alcuna soluzione positiva da portare alle masse popolari. Gli attacchi repressivi del nemico di classe si intensificano man mano che la lotta delle masse popolari avanza, per fare fronte agli effetti della crisi. I governi espressione dei poteri forti (i gruppi imperialisti americani, europei e sionisti, i caporioni della finanza internazionale, il Vaticano, ecc.) alimentano la guerra tra poveri scagliando le proprie contraddizioni, che sono origine e causa del disastroso corso delle cose, sulle masse popolari in modo da frammentarle e dividerle. La classe dominante, per perseguire questi obiettivi, si dota di strumenti legislativi come il decreto Minniti, la Buona Scuola dei presidi sceriffi, il Jobs Act, ecc.
Nella nostra città ha suscitato particolare sdegno la pubblicazione di un video dove si vede, all’interno di una stanza della caserma Baldissera del VI battaglione dei carabinieri, una bandiera di guerra del II Reich che un carabiniere ha ben pensato di appendere. Era la bandiera della marina militare della Germania imperiale, la stessa bandiera che viene sventolata da gruppi neonazisti di mezza Europa, mentre viene impedito, negli stadi, di sventolare quella raffigurante Federico Aldrovandi, ucciso a 18 anni da quattro poliziotti a Ferrara all’alba del 25 settembre 2005. Poliziotti poi condannati per quell’omicidio e che non sono mai stati espulsi dal corpo di polizia. Così come sono rimasti sostanzialmente impunti i carabinieri che nella notte del 3 marzo del 2014 uccisero Riccardo Magherini durante un violento fermo a San Frediano, così come i due carabinieri che nella notte fra il 6 e 7 settembre scorso hanno violentato due turiste americane. Tutto questo dimostra ancora una volta il reale volto dello Stato, e in particolar modo il ruolo delle forze dell’ordine come difensori dei Governi delle Larghe Intese responsabili della macelleria sociale a danno dei lavoratori, degli studenti e delle masse popolari in generale, e il particolare trattamento a loro riservato… altro che “la legge è uguale per tutti!” e non può essere che questa la legge di una società divisa in classi.
Oggi il nostro Partito si trova ad affrontare numerosi processi; meri tentativi di stroncare la nostra attività di sostegno, organizzazione e coordinamento delle organizzazioni operaie e popolari. Il 2 novembre si è tenuta presso il Tribunale di Bologna, l’udienza per i fatti risalenti al 2 maggio 2012: quattro compagni e simpatizzanti del Partito dei CARC sono stati accusati di aver attaccato un manifesto in zona universitaria ed aver reagito con frasi ingiuriose al controllo degli agenti della DIGOS locale, Giuseppe Pagliaro e Alberto Nessi. Dietro alle accuse formali, il dato politico è che con questo procedimento il PM Antonello Gustapane ha cercato (e cerca) di dirigere i colpi di coda di un procedimento, l’Ottavo Procedimento Giudiziario (OPG – OPG) contro la Carovana del nuovo Partito Comunista Italiano, di cui il P.CARC ne è parte integrante. Con l’OPG, la classe dominante ha tentato di cancellare i diritti di organizzazione, di espressione e la conseguente agibilità politica dei comunisti conquistati con la Resistenza antifascista ed espressi nelle parti più progressiste della nostra Costituzione, ma si è concluso con una piena vittoria: grazie alla lotta contro la repressione è stato respinto il tentativo di mettere fuori legge i comunisti nel nostro Paese. Questa è la vera radice del procedimento contro i compagni condannati a Bologna. Infatti l’udienza di primo grado si è conclusa con una condanna per tre compagni, rispettivamente a 3 mesi e 1000 euro per il reato di imbrattamento, 5 mesi per il reato di imbrattamento e oltraggio a pubblico ufficiale, e 2 mesi per il solo oltraggio, e l’assoluzione per il quarto compagno.
Si è quindi concluso il primo grado di un processo farsa che ha caratteristiche tutt’altro che democratiche: durante l’udienza il giudice ha condannato i tre compagni avvalendosi solamente della testimonianza dell’agente della Digos senza disporre di alcuna ulteriore prova! Della serie “ce la cantiamo e suoniamo da soli!”.
Nei prossimi mesi, a sostegno del ricorso in appello per i compagni condannati a Bologna, condurremo una campagna di solidarietà politica ed economica. Attraverso la resistenza alla repressione, la lotta contro la repressione e la solidarietà è possibile trasformare le operazioni repressive in uno strumento per estendere coordinamento, unità e lotta.
Contro l’aggravarsi del ricorso delle autorità alla repressione occorre rafforzare:
la resistenza alla repressione delle organizzazioni e dei compagni e in generale dei lavoratori: non cedere a pressioni e ricatti, non isolarsi ma rafforzare i legami con i compagni e con le organizzazioni in occasione di ogni operazione repressiva,
la lotta contro la repressione: ogni azione repressiva del regime deve essere denunciata su larga scala e dare luogo a proteste e manifestazioni pubbliche,
passare da imputati e accusati ad accusatori: usare le iniziative repressive e i procedimenti giudiziari per mettere il regime, le sue istituzioni e le sue autorità, individui e gruppi, sul banco degli accusati,
sviluppare la solidarietà politica ed economica delle masse popolari con i compagni e le organizzazioni che il regime colpisce con le sue operazioni repressive.
Se così concepita la lotta e la resistenza alla repressione rafforza la lotta di classe, rafforza il percorso di costruzione della rivoluzione socialista, che a cento anni dalla gloriosa Rivoluzione d’Ottobre è ancora oggi la soluzione strategica ai disastri e alle distruzioni prodotte dal sistema capitalista giunto alla fase terminale della sua crisi.
Il controllo popolare è un aspetto importante per contenere gli abusi, favoriti dalla totale assenza di modalità di riconoscimento delle forze dell’ordine: non è un caso che in Italia non abbiano un numero di identificazione sulla divisa. Come sezione del P. CARC di Firenze Rifredi, quindi, sosteniamo gli operai, gli studenti e tutti i cittadini che esercitano, che vogliono esercitare la vigilanza democratica praticando il diritto a controllare l’operato delle forze dell’ordine.
Vi invitiamo a partecipare ai seguenti prossimi appuntamenti:
Corteo antifascista del 16 dicembre in ricordo dei lavoratori senegalesi uccisi dal criminale di Casapound Casseri nel 2011
Domenica 17dicembre alla Festa di Riscossa Popolare della sezione del P.CARC di Peretola “Nara Manetti” in cui verrà proiettato “Diaz” con dibattito sulla repressione,
Martedì 20 dicembre presso il circolo “Il campino” all’iniziativa che terremo insieme ad alcuni lavoratori e studenti colpiti dalla repressione.
La solidarietà è un’arma, nessuno deve essere lasciato solo di fronte alla repressione!
Alimentiamo la lotta e la resistenza delle masse popolari alla guerra di sterminio non dichiarata dei padroni e dei loro servi, mettiamo loro sul banco degli imputati!