Il P.CARC aderisce, partecipa e chiama a partecipare alla manifestazione dell’11 novembre promossa dalla Piattaforma Eurostop a Roma
– PER l’abolizione completa delle 4 leggi infami: Jobsact, legge Fornero, Buona scuola, leggi di polizia Minniti Orlando
– PER nazionalizzare banche e settori produttivi strategici, per l’intervento pubblico nella economia e per il rifiuto di tutti i vincoli di bilancio imposti dalla Unione Europea. Per la disdetta immediata del trattato CETA. Lavoro e reddito per tutte e tutti
– PER il rilancio delle stato sociale, della sanità, della scuola, delle pensioni pubbliche, per dare la casa a chi non ce l’ha
– PER il taglio immediato delle spese militari e il ritiro delle truppe all’estero
– Per un piano straordinario di lotta alla povertà finanziato dai ricchi, dalle banche e dalle multinazionali, che fermi le guerre tra poveri e garantisca diritti e dignità a tutti, nativi e migranti
– PER la solidarietà e l’eguaglianza contro la violenza di sesso, il razzismo, l’oppressione di classe
PER applicare quella Costituzione che un anno fa abbiamo difeso e che i governi e le politiche dell’Unione Europea stanno distruggendo.
Dopo lo sciopero generale del 27 ottobre, fare dello sciopero generale del 10 novembre e della manifestazione nazionale dell’11 novembre a Roma l’occasione per moltiplicare le organizzazioni operaie e popolari nelle aziende capitaliste e nelle aziende pubbliche, per coordinarle, per mobilitarle fino a rendere ingovernabile il paese e imporre ai vertici della Repubblica Pontificia un governo di emergenza popolare che prenda nelle sue mani la direzione del Paese, difenda i diritti strappati con la Resistenza antifascista attuando le parti progressiste della Costituzione da sempre disattese a partire da un lavoro utile e dignitoso per tutti e li estenda abolendo i debiti e gli interessi verso le banche e la UE, cacciando la NATO (siamo occupati da 116 basi!), abolendo i privilegi della classe dominante (Vaticano compreso).
“Portare nelle strade la verità” è lo slogan con cui la Piattaforma Eurostop ha indetto la manifestazione nazionale dell’11 novembre, dato che “i governanti italiani ed europei nascondono le loro politiche di austerità e guerra dietro una montagna di false notizie” e quindi bisogna “rompere la bolla di bugie nella quale vogliono farci vivere”.
La verità è che la classe dominante del nostro paese e la sua comunità internazionale non hanno soluzioni alla crisi attuale. La troika, i mercati finanziari, la comunità internazionale (cioè le istituzioni dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti) dettano legge ai governi espressione dei poteri forti: la loro legge suprema è far pagare interessi, privatizzare e creare spazio per le loro speculazioni e far fruttare i loro capitali finanziari. La crisi del capitalismo non lascia loro altra strada.
La verità è che finché il nostro paese sarà governato da governi come quello Gentiloni-Renzi, da governi espressione dei poteri forti (del Vaticano, della Confindustria, delle organizzazioni criminali, degli imperialisti USA e UE: i vertici della Repubblica Pontificia), le cose continueranno a peggiorare. Aspettarsi, chiedere, pretendere interventi efficaci da questa gente è illudersi, è condannarsi a subire le loro decisioni.
La verità è che cambiare il corso delle cose è possibile, ma sono le masse popolari organizzate, i lavoratori organizzati che lo possono fare. Di fronte alla crisi del capitalismo sono due le vie opposte:
assegnare a ogni azienda compiti produttivi secondo un piano nazionale: nessuna azienda deve essere chiusa!
Questo è il piano di guerra che serve alla classe operaia e al resto delle masse popolari per non subire la guerra dei padroni e delle loro autorità, per combattere e vincere! a. Il contesto politico in cui si svolge la manifestazione. A fronte della crescente ingovernabilità del paese attraverso gli strumenti ordinari (assemblee elettive e istituzioni dell’esecutivo: Parlamento e Governo), le varie fazioni che compongono i vertici della Repubblica Pontificia sono alle prese con una lotta interna che, nonostante regolamenti di conti, colpi di mano, voltagabbana e brogli, non si risolverà con le elezioni politiche previste nel 2018 (l’esito delle elezioni regionali in Sicilia sono in questo senso una anticipazione). Le masse popolari sono in fermento: dall’Ilva all’Alitalia, alla ex Lucchini di Piombino alla Ginori, dal movimento studentesco a quello per il diritto alla casa, dai comitati per la difesa della sanità pubblica agli immigrati che scenderanno in piazza il 16 dicembre a Roma per la giustizia sociale e il diritto all’uguaglianza, dal movimento NO TAV e NO TAP ai terremotati del Centro Italia … ovunque, in tutti i settori e gli ambiti e in tutte le zone del paese c’è un fiorire di iniziative di protesta e di lotta. La classe operaia e le masse popolari (i loro settori più avanzati) sono disponibili alla mobilitazione. Cosa manca? “Manca unità” dice qualcuno. “Manca che la coscienza sia più diffusa” dice qualcun altro. “Manca la disponibilità a violare le leggi, cioè manca la combattività” si sente. Unità, coscienza e combattività non cascano dal cielo, non sono qualcosa che le masse popolari o hanno oppure non hanno. Unità, coscienza e combattività crescono se le masse popolari hanno organismi dirigenti capaci di coagulare il loro malcontento e incanalarlo verso un obiettivo giusto. La Piattaforma Eurostop, sindacati alternativi e di base, la sinistra FIOM e CGIL, il M5S e gli altri aggregati e personaggi che oggi godono di fiducia e seguito tra le masse popolari possono fin da subito avere un ruolo importante se agiscono da Comitato di Salvezza Nazionale: cioè se (anziché redigere rivendicazioni e piani da sottoporre ai governi della borghesia, fare cartelli elettorali, campagne referendarie o di denuncia, scimmiottare i governi ombra dei partiti borghesi) utilizzano il ruolo, il prestigio e le risorse che hanno per moltiplicare e rafforzare le organizzazioni operaie e popolari, per favorire il loro coordinamento territoriale e tematico, per orientarle a costituire un loro governo d’emergenza. Un esempio. Se diciamo che l’Italia deve rompere con la UE, l’Euro e la NATO e chiamiamo operai e masse popolari a sostenere questa parola d’ordine, bisogna dire anche a chi rivolgiamo questa parola d’ordine, perché non sia una preghiera vana. A chi la rivolgiamo? Al governo Gentiloni-Renzi? Ci prenderebbero per poco seri, gli operai e le masse popolari che chiamiamo a mobilitarsi, e per degli ingenui o degli azzeccagarbugli Gentiloni e i suoi mandanti. Possiamo sperare di rivolgerla a un governo, composto da esponenti di partiti di sinistra, progressisti, illuminati e “amici delle masse popolari” che si afferma tramite le elezioni? Senza la mobilitazione delle organizzazioni operaie e popolari, senza lavoratori abbastanza organizzati da prendere in mano l’economia del paese a prescindere dai capitalisti e dai loro traffici, il governo Prodi nel 1998 in Italia e Tsipras in Grecia ci mostrano quali e quante possibilità ci sono…. Per rompere con UE, euro e NATO è necessario un governo che sia disposto a farlo e che abbia le forze per farlo, che goda della fiducia e del sostegno della parte organizzata e attiva delle masse popolari per farlo. Un tale governo va imposto con la forza ai vertici della Repubblica Pontificia, cioè a quel verminaio di comitati d’affari, esponenti pubblici e occulti di imperialisti USA e UE, Vaticano e sionisti, organizzazioni criminali e finanza che governano il paese. Sono un gigante dai piedi di argilla: sono al governo del paese, ma sono alla prese con una crisi politica che si aggrava di giorno in giorno. Un governo di emergenza popolare imposto ai vertici della Repubblica Pontificia, rendendo ingovernabile il paese dal basso, attraverso 8 vie: La tendenza alla collaborazione e all’unità d’azione si fa strada nei sindacati alternativi e di base, ma lentamente: la lotta contro il settarismo e la concorrenza (tra i sindacati di base stessi e verso i sindacati di regime, in primis la FIOM e la CGIL) è tutta aperta, in particolare nei gruppi dirigenti. Settarismo e concorrenza non sono “tare individuali” di questo o quel dirigente sindacale, ma sono espressione di una concezione e di un modo di fare sindacato che guarda più al passato del “capitalismo dal volto umano” che al futuro, che riduce la lotta sindacale a contrattazione delle condizioni dell’asservimento dei lavoratori ai capitalisti e alle loro autorità o che unifica (apertamente o di fatto) nella stessa organizzazione la lotta sindacale e la lotta politica. Saranno superate passo dopo passo sulla spinta dell’azione di noi comunisti e delle esigenze della lotta in corso. La questione decisiva, quella da cui discende anche l’efficacia dell’azione sindacale, è la rinascita del movimento comunista (basta guardare alla storia del nostro paese: il movimento sindacale à stato forte quando il movimento comunista era forte e avanzava, in Italia e a livello internazionale) e che il partito comunista sia all’altezza del compito di dirigere le masse popolari a instaurare il socialismo (quindi la concezione che lo guida, la comprensione che ha della situazione, la linea che segue, il piano d’azione che attua per arrivare a instaurare il socialismo). Lo sciopero del 27 ottobre ha mostrato tendenza arretrata (espressa da una parte dei gruppi dirigenti dei sindacati alternativi e di base), settaria e di concorrenza, che ha portato alla decisione di tenere due scioperi distinti, poi si è riversata nella scarsa mobilitazione per la preparazione dello sciopero (poche assemblee, poche iniziative rivolte ai lavoratori di altri sindacati o alle categorie in cui i sindacati promotori non sono presenti, poca visibilità sui posti di lavoro). Questa tendenza ha fatto sì che l’adesione allo sciopero si sia tradotta solo in parte nella partecipazione ai cortei, si è espressa nei comizi finali dei dirigenti dei sindacati promotori, che si sono accaniti contro i sindacati “concorrenti” al punto che è stato difficile discernere se il nemico principale degli operai e dei lavoratori fossero la CGIL e l’USB o il governo e i padroni. Ci concentriamo sulla tendenza positiva, sulle sue manifestazioni e sui suoi promotori, perché anche se ancora minoritaria è l’aspetto principale della giornata di sciopero del 27 ottobre: sono esempi concreti che permettono di considerare i risultati e le prospettive e indicano una strada percorribile da tutti coloro che vogliono valorizzare, rafforzandole, le mobilitazioni del prossimo periodo a partire dallo sciopero generale del 10 novembre. La spinta a superare le divisioni sindacali e a promuovere l’unità di operai e lavoratori è arrivata dalle RSU USB della FCA di Melfi, della Sevel di Atessa e dalle RSU del settore aeroportuale di Linate e Fiumicino, dalla RSU USB dell’Istituto Maugeri di Tradate e dalla RSU Cobas delle Poste di Firenze che hanno promosso entrambi gli scioperi. Molti di loro fanno parte dell’aggregato che ha lanciato l’appello “per la formazione di un fronte unico sindacale di classe per un’azione generale di lotta di tutta la classe lavoratrice in difesa della libertà di sciopero”, che si pone come un punto di riferimento nella lotta per il rinnovamento del movimento sindacale. Spinte positive sono state inoltre: – – il presidio promosso dai delegati FIOM di Massa e Carrara in sostegno a un membro della RSU preso di mira dalla dirigenza dei Nuovi Cantieri Apuani (e sfidando il Direttivo provinciale che non voleva una manifestazione in concomitanza con lo sciopero generale dei sindacati di base). b. il contesto storico in cui si svolge la manifestazione non è diverso dal contesto di ogni altra manifestazione rivendicativa di qualunque tipo, promossa da qualunque aggregato o partito o coordinamento dal 2008 a oggi. E’ il contesto in cui la crisi acuta e irreversibile della crisi generale del capitalismo sta portando il mondo, il nostro paese e la società intera alla rovina: alla guerra fra poveri, alla guerra fra stati, alla miseria dilagante. La verità da portare nelle strade è che siamo in guerra e che bisogna rivoltare la guerra che la classe dominante conduce, senza averla dichiarata apertamente, contro le masse popolari in guerra popolare rivoluzionaria. La storia insegna che o la rivoluzione socialista anticipa e impedisce la guerra imperialista o la guerra imperialista alimenta la rivoluzione socialista. E’ una verità che non si sente nei discorsi, non si legge nei comunicati di chi promuove le grandi manifestazioni con piattaforme rivendicative che dovrebbero essere accettate dai boia che governano la società (non si leggono nemmeno nella convocazione della manifestazione di Eurostop): il socialismo è l’unica soluzione al marasma attuale. La guerra popolare rivoluzionaria è l’unica strada positiva che la classe operaia e le masse popolari possono percorrere. Dobbiamo combattere. E’ possibile vincere. E’ possibile fare dell’Italia un nuovo paese socialista e farlo è la più alta forma di solidarietà con le masse popolari dei paesi imperialisti e i popoli oppressi dall’imperialismo. d. Portiamo nelle aziende, nelle officine, negli uffici, nelle scuole, oltre che nelle strade, l’appello all’organizzazione e al coordinamento, l’appello a costituire organizzazioni operaie e popolari che inizino ad agire da nuove autorità pubbliche senza aspettare riconoscimento dalle istituzioni e dalle autorità, cioè organismi che: Costruendo così la rete dal basso che, man mano che si sviluppa, si estende, assume un ruolo in questioni sempre più importanti, scalza le vecchie autorità borghesi. Costruire il Governo di Blocco Popolare per avanzare nella rivoluzione socialista! Celebriamo il Centenario della Rivoluzione d’Ottobre: basta attendismo e disfattismo. Scienza, organizzazione e lotta per fare dell’Italia un nuovo paese socialista!