Questo numero di Resistenza va in stampa dopo lo sciopero generale del 27 ottobre, indetto da CUB, SI COBAS, SGB, SLAI COBAS e USI, e prima di quello del 10 novembre, indetto da USB e Confederazione COBAS.
Molti elementi utili a noi comunisti e ai lavoratori avanzati che li useranno nella loro azione sono già emersi e possiamo trattarli per mettere meglio a fuoco come sviluppare i risultati di entrambi gli scioperi per far avanzare la lotta di classe in corso. Premessa e introduzione a questo articolo è il ragionamento sviluppato sul numero 10/2017 di Resistenza nell’articolo “Assemblea del 23 settembre”, a cui rimandiamo. L’esito dell’assemblea del 23 settembre a Milano, infatti, ha messo in luce le tendenze principali che si sono poi manifestate nella preparazione e nello svolgimento dello sciopero generale del 27 ottobre, che influiranno sull’esito dello sciopero generale del 10 novembre e determineranno lo sviluppo che i sindacati alternativi e di base daranno ai risultati di entrambi:
– da una parte la tendenza avanzata a perseguire l’unità dei lavoratori nello sciopero e l’allargamento della mobilitazione ad altri settori popolari in lotta contro gli effetti della crisi;
– dall’altra la tendenza arretrata (espressa da una parte dei gruppi dirigenti dei sindacati alternativi e di base), settaria e di concorrenza, che ha portato alla decisione di tenere due scioperi distinti, poi si è riversata nella scarsa mobilitazione per la preparazione dello sciopero (poche assemblee, poche iniziative rivolte ai lavoratori di altri sindacati o alle categorie in cui i sindacati promotori non sono presenti, poca visibilità sui posti di lavoro). Questa tendenza ha fatto sì che l’adesione allo sciopero si sia tradotta solo in parte nella partecipazione ai cortei, si è espressa nei comizi finali dei dirigenti dei sindacati promotori, che si sono accaniti contro i sindacati “concorrenti” al punto che è stato difficile discernere se il nemico principale degli operai e dei lavoratori fossero la CGIL e l’USB o il governo e i padroni.
Ci concentriamo sulla tendenza positiva, sulle sue manifestazioni e sui suoi promotori, perché anche se ancora minoritaria è l’aspetto principale della giornata di sciopero del 27 ottobre: sono esempi concreti che permettono di considerare i risultati e le prospettive e indicano una strada percorribile da tutti coloro che vogliono valorizzare, rafforzandole, le mobilitazioni del prossimo periodo a partire dallo sciopero generale del 10 novembre.
La spinta a superare le divisioni sindacali e a promuovere l’unità di operai e lavoratori è arrivata dalle RSU USB della FCA di Melfi, della Sevel di Atessa e dalle RSU del settore aeroportuale di Linate e Fiumicino, dalla RSU USB dell’Istituto Maugeri di Tradate e dalla RSU Cobas delle Poste di Firenze che hanno promosso entrambi gli scioperi. Molti di loro fanno parte dell’aggregato che ha lanciato l’appello “per la formazione di un fronte unico sindacale di classe per un’azione generale di lotta di tutta la classe lavoratrice in difesa della libertà di sciopero”, che si pone come un punto di riferimento nella lotta per il rinnovamento del movimento sindacale.
Spinte positive sono state inoltre:
– la proclamazione dello sciopero di delegati FIOM della Electrolux che commentano sulla pagina Facebook “Skatenati Electrolux”:Lo sciopero indetto dall’FLMU CUB, una organizzazione di base con una presenza poco più che simbolica in Electrolux, ha visto un’adesione a sorpresa più che significativa tra gli operai, con un centinaio di adesioni nel primo turno e una linea ferma, e sole due linee in funzione nel secondo turno, con centinaia di operai in sciopero;
– il presidio promosso dai delegati FIOM di Massa e Carrara in sostegno a un membro della RSU preso di mira dalla dirigenza dei Nuovi Cantieri Apuani (e sfidando il Direttivo provinciale che non voleva una manifestazione in concomitanza con lo sciopero generale dei sindacati di base).
La spinta a usare lo sciopero per collegare le mobilitazioni operaie con le lotte degli altri settori delle masse popolari l’hanno data soprattutto gli studenti di Napoli (in piazza con un corteo molto partecipato), le Mamme NO Inceneritore della Piana fiorentina che hanno propagandato la mobilitazione contro la speculazione e la devastazione ambientale di cui sono promotrici per il 2 dicembre, il movimento di lotta per la casa, l’aggregato “Milano sciopera” che ha promosso, rivolgendosi a studenti medi e universitari, lavoratori stabili e precari, disoccupati, una mobilitazione nel centro commerciale Portello (uno dei tanti, ma simbolico nella città) in cui in nome della produttività vengono violati sistematicamente i diritti dei lavoratori, moltissimi dei quali precari.
Citiamo anche un caso che riguarda più propriamente la preparazione e la mobilitazione per lo sciopero del 10 novembre: a Napoli la RSU USB di ANM (l’azienda del trasporto pubblico locale) ha rilanciato la mobilitazione per la vertenza locale attraverso la partecipazione allo sciopero nazionale. È un esempio per altri lavoratori, iscritti all’USB e no (e, sia detto per inciso, è un esempio per nulla scontato, dato che, ad esempio, i promotori dello sciopero del 27 ottobre non l’hanno usato a Milano nella vertenza contro la privatizzazione di ATM, indicendo invece uno sciopero aziendale il 6 ottobre scorso: e per esperienza diretta possiamo dire che molti lavoratori dell’ATM non sapevano dello sciopero del 27 ottobre). A completare il quadro, aggiungiamo che
– hanno aderito allo sciopero più lavoratori di quelli che hanno poi partecipato ai cortei,
– cortei e presidi, anche se piccoli, si sono tenuti in tutte le principali città,
– i sindacati di regime hanno anch’essi indetto per il 27 ottobre scioperi di alcune categorie, in particolare nella logistica, dove la CGIL ha indetto tre giorni di mobilitazioni per il rinnovo del CCNL scaduto da quasi due anni;
– il governo è intervenuto con le precettazioni nei “servizi di pubblica utilità”, in primis nei trasporti dove lo sciopero è stato ridotto da 24 a 4 ore: come indicato dal SI COBAS di Napoli-Caserta, “ciò da un lato è la riconferma dei piani del governo e dei padroni tesi a svuotare e rendere innocuo e inoffensivo lo strumento dello sciopero; dall’altro impone una severa e profonda riflessione all’intero mondo del sindacalismo di base, a partire dal cartello di sigle promotrici del 27 ottobre, sulla necessità di trovare strumenti di lotta adeguati per aggirare e forzare la camicia di forza delle normative antisciopero”.
Ne discendono tre lezioni:
- per cambiare il corso delle cose il fattore fondamentale è costituire nelle aziende capitaliste e in quelle pubbliche organismi di lavoratori che si occupano sistematicamente della salvaguardia delle aziende, si collegano con organismi analoghi di altre aziende, mobilitano e organizzano le masse popolari, i disoccupati e i precari della zona circostante a svolgere i compiti che le istituzioni lasciano cadere e a gestire direttamente parti crescenti della vita sociale: cioè lavoratori abbastanza organizzati da prendere in mano l’economia del paese a prescindere dai capitalisti e dai loro traffici;
- se mobilitano su una linea efficace i lavoratori indipendentemente dal sindacato di appartenenza e dall’appartenenza o meno a un sindacato, facendo leva sull’insofferenza crescente alle condizioni imposte dai padroni, dalle loro autorità e dai sindacati complici, i sindacati alternativi e di base hanno un seguito che va ben oltre i loro iscritti e costringono anche i sindacati di regime a rincorrerli per non perdere consensi e prestigio tra i lavoratori e le masse popolari;
- di fronte alla crisi generale del capitalismo e al conseguente sfascio del tessuto produttivo, le lotte rivendicative per essere efficaci devono essere combinate con la promozione di un movimento di lotta sindacale e politico per dare al paese un governo d’emergenza tramite il quale i lavoratori, i pensionati, i precari possono raggiungere i loro obiettivi, tutelare ed estendere i loro diritti.
La tendenza alla collaborazione e all’unità d’azione si fa strada nei sindacati alternativi e di base, ma lentamente: la lotta contro il settarismo e la concorrenza (tra i sindacati di base stessi e verso i sindacati di regime, in primis la FIOM e la CGIL) è tutta aperta, in particolare nei gruppi dirigenti. Settarismo e concorrenza non sono “tare individuali” di questo o quel dirigente sindacale, ma sono espressione di una concezione e di un modo di fare sindacato che guarda più al passato del “capitalismo dal volto umano” che al futuro, che riduce la lotta sindacale a contrattazione delle condizioni dell’asservimento dei lavoratori ai capitalisti e alle loro autorità o che unifica (apertamente o di fatto) nella stessa organizzazione la lotta sindacale e la lotta politica. Saranno superate passo dopo passo sulla spinta dell’azione di noi comunisti e delle esigenze della lotta in corso. La questione decisiva, quella da cui discende anche l’efficacia dell’azione sindacale, è la rinascita del movimento comunista (basta guardare alla storia del nostro paese: il movimento sindacale à stato forte quando il movimento comunista era forte e avanzava, in Italia e a livello internazionale) e che il partito comunista sia all’altezza del compito di dirigere le masse popolari a instaurare il socialismo (quindi la concezione che lo guida, la comprensione che ha della situazione, la linea che segue, il piano d’azione che attua per arrivare a instaurare il socialismo).