A 25 anni dalla fondazione dei CARC, intervista a Pietro Vangeli, Segretario Nazionale del P.CARC

Fermezza strategica e flessibilità tattica per contribuire alla rivoluzione socialista in Italia

Ricorre il 25° Anniversario della fondazione dei CARC. Tu sei Segretario nazionale e hai preso parte al percorso della Carovana del (nuovo)PCI fin dalle origini. Ti chiedo, anzitutto, se puoi darci una prima sintesi del percorso di formazione di quello che è oggi il P.CARC.

Nel periodo precedente il IV Congresso del P.CARC, nel 2015, e in quello immediatamente successivo, abbiamo trattato della storia dei CARC per permettere ai compagni di più giovane militanza di conoscere i presupposti per cui agli inizi degli anni ‘90 abbiamo costituito i CARC (dopo il Convegno di Viareggio del 21-22 novembre 1992), gli obiettivi che all’epoca ci ponevamo, la ricostruzione di un vero partito comunista in Italia, e i motivi, i presupposti e il contenuto delle trasformazioni che abbiamo condotto in questi 25 anni. Quel lavoro è stato tradotto anche in iniziative pubbliche che ci hanno permesso di riprendere contatti con compagni che nel frattempo avevano lasciato la Carovana del (nuovo)PCI e di avviare nuove relazioni con compagni e compagne che nella storia della Carovana hanno trovato un filo logico, delle risposte, degli stimoli che si intrecciavano al loro percorso politico. Sintetizzare la trentennale storia della Carovana e i 25 anni dei CARC è obiettivo ambizioso in poco spazio. In ogni caso, a premessa va sottolineato che sui numeri 11-12/2016 e 2/2017 di Resistenza furono pubblicate due intervista al segretario generale del (nuovo)PCI, il compagno Ulisse: lo studio e la discussione di quelle interviste hanno rafforzato e sviluppato la ricostruzione che abbiamo fatto e hanno favorito una maggiore comprensione del legame dialettico fra i due partiti ((nuovo)PCI e P.CARC), mentre nel n. 50 della  rivista La Voce del (nuovo)PCI (www.nuovopci.it) è presente una mia intervista in cui si ripercorre brevemente il percorso degli ultimi 10 anni della vita del P.CARC.

“Dal 1985 al 1992 la redazione di Rapporti Sociali (RS) ha elaborato le tesi che hanno definito il quadro teorico da cui sono nati i CARC. Queste tesi sono state discusse pubblicamente nel novembre del 1992, a Viareggio, nel corso di un convegno in cui i promotori, ovvero la redazione di RS e i Centri di documentazione Filorosso, hanno messo sul tavolo della discussione il risultato dei loro studi.
Tutto il movimento rivoluzionario italiano è stato chiamato al confronto, in particolare su una questione essenziale, la madre di tutte le questioni a cui la redazione di RS aveva cercato di fornire una risposta: come mai nessuno dei tentativi fatti dalle Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista (FSRS) per ricostruire il partito comunista ha avuto successo nonostante la situazione rivoluzionaria in sviluppo?
Nel gruppo di testa e più in generale nei comunisti che hanno seguito con attenzione la resistenza alla repressione messa in campo dal Coordinamento e poi l’elaborazione teorica realizzata dalla redazione di RS, si era fatta incalzante la necessità di stringere, di sintetizzare costruendo una vera e propria nuova organizzazione comunista. Per soddisfare questa esigenza fu indetto il Convegno di Viareggio. In quella sede i promotori hanno chiarito una volta per tutte le loro posizioni politiche e definito le discriminanti per, eventualmente, intraprendere un nuovo cammino insieme ad altri compagni” (M. Franchi, Storia dei CARC)

Per tornare alla domanda, ci sono cinque grandi fasi in cui si può suddividere la storia di questi 25 anni: a. la fase precedente alla costituzione dei CARC, che per schematizzare racchiudiamo nel periodo che va dal 1983 al 1992, caratterizzata dall’attività del Bollettino dei Comitati Contro la Repressione e dalla redazione di Rapporti Sociali; b. la fase che va dal 1992 al 1998, che è la fase in cui, con la pubblicazione del Progetto di Manifesto Programma del partito comunista, le condizioni per la ricostruzione di un vero partito comunista in Italia fanno un balzo in avanti; c. la fase che va dal 1998 al 2004, in cui viene costituita la Commissione Preparatoria del Congresso del (nuovo)PCI nel 1999 e viene fondato il (nuovo)PCI nella clandestinità nel 2004; d. la fase dal 2004 al 2009 (con la trasformazione dei CARC in Partito); e. quella dal 2009 a oggi. Queste ultime due fasi sono quelle su cui a mio avviso bisogna concentrarci per capire bene cosa è il P.CARC oggi e quali sono i suoi compiti e obiettivi; benché le fasi precedenti siano testimonianza dello stretto e indissolubile legame del processo di sviluppo della Carovana con la rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato del nostro Paese, sulla base del bilancio della prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale. Ogni trasformazione, ogni passaggio, ogni fase ha uno stretto legame con le forme, le condizioni e i risultati che la lotta di classe assumeva, è stato frutto di un’applicazione sempre più cosciente della lotta tra le due linee nel Partito e di una lotta ideologica per elaborare, affermare e applicare la scienza comunista. Il faro, il punto fermo, è stato l’obiettivo di ricostruire un vero partito comunista in Italia, fino al 2004, e di contribuire alla sua attività e alla sua opera per far avanzare la rivoluzione socialista, dal 2004 in poi. La nostra è la storia, per sintetizzare, di chi ha sempre messo al centro la lotta di classe e per questo ha “remato contro”: contro il revisionismo, il pentitismo, la dissociazione e l’anticomunismo imperante nel periodo del riflusso del movimento degli anni ‘70 del secolo scorso e della caduta del Muro di Berlino, contro le “scorciatoie” di chi propugnava la linea economicista (“ricostruire il partito comunista tramite lo sviluppo delle lotte rivendicative e il sostegno delle lotte spontanee degli operai e delle masse popolari”); contro la repressione, costante, di cui siamo stati bersaglio per decenni, ininterrottamente; contro il senso comune della sinistra borghese che affossava l’esperienza dei primi paesi socialisti e si accodava alla borghesia imperialista nell’affermare che il comunismo era definitivamente fallito. Ma è stata anche la storia di chi, nella resistenza, ha sempre cercato di seminare, coltivare e raccogliere, in campo teorico e in campo pratico e organizzativo. E’ la storia, costruita passo dopo passo, di chi, mettendo al centro la concezione comunista del mondo (la scienza) e la passione rivoluzionaria, è diventato un punto di riferimento a livello nazionale e internazionale per la rinascita del movimento comunista, mettendosi all’opera per fare qualcosa che il movimento comunista non ha ancora fatto: la rivoluzione socialista in un paese imperialista. Il Manifesto Programma del (nuovo)PCI è tradotto in 4 lingue e studiato in ogni continente, come prima lo è stata la rivista Rapporti Sociali… questo è un esempio. Se pensiamo che solo nel 2008 abbiamo – momentaneamente – vinto la battaglia contro le autorità giudiziarie che puntavano ad annientarci e a fare un passo avanti verso la messa al bando del comunismo…

Ciascuno dei periodi che hai indicato ha una qualità, una caratteristica particolare che lo distingue, per il nesso che ha con la lotta di classe del momento e per gli insegnamenti che ci ha dato, fornendo base solida alla scienza che abbiamo elaborato e che ci guida. Puoi indicarci queste caratteristiche, e come si legano tra di loro, cioè come i periodi si legano, si concatenano, in un processo unitario il cui obiettivo è fare dell’Italia un nuovo paese socialista?

Il discorso da fare è molto articolato… mi soffermo su un singolo filone delle risposte possibili: quali sono gli insegnamenti che ci hanno permesso di avanzare? Anzitutto devo sottolineare che nessun percorso è lineare e nemmeno la storia del CARC lo è: fase per fase abbiamo affrontato le difficoltà politiche e ideologiche con il metodo della lotta ideologica. Abbiamo quindi perso dei pezzi e conquistato nuovi compagni, ma abbiamo garantito alla Carovana di proseguire il suo percorso su un binario essenzialmente giusto. La prima fase di esistenza del CARC è stata caratterizzata da ciò che la Carovana aveva elaborato dell’esperienza precedente, due insegnamenti basilari, decisivi, che sono diventati due pilastri della nostra attività e della nostra opera: 1. il valore della scienza nella lotta politica rivoluzionaria (“senza teoria rivoluzionaria non c’è movimento rivoluzionario” proclamato da Lenin), cioè la promozione della sua conoscenza, assimilazione e uso come base solida per ricostruire il partito comunista e per fare la rivoluzione socialista; 2. come, con quali forze, con quale linea e con quali obiettivi trasformare la resistenza delle masse popolari al procedere della crisi in mobilitazione rivoluzionaria e rovesciare la repressione contro le autorità e le istituzioni borghesi (adottando la linea di massa elaborata da Mao come metodo di direzione e di lavoro).  Su queste basi abbiamo progressivamente costruito l’unità sulla base della coesione ideologica: analisi della situazione (seconda crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale), bilancio della prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale, caratteristiche del regime politico nei paesi imperialisti (il regime di controrivoluzione preventiva). Forti di queste basi, che si sono via via consolidate nel tempo, i CARC hanno iniziato ad aggregare forze in tutta Italia e pure a individuare ed espellere le concezioni sbagliate. Il concetto è che non bastava più “tenere alta la bandiera del comunismo”, aspetto importante, certo, ma occorreva accumulare forze sulla base di una concezione giusta, cioè adeguata alla ricostruzione del partito comunista. Un salto qualitativo ci fu nel 1999 con la costituzione della Commissione Preparatoria del Congresso di fondazione del (nuovo)PCI: la parte avanzata (la sinistra) della Carovana  sostenne il progetto e partecipò direttamente alla costruzione del partito comunista dalla clandestinità e il suo operato portò alla fondazione del (nuovo)PCI nel 2004, la parte arretrata (la destra), che negava la necessità del partito clandestino, che riteneva possibile costituirlo sotto il controllo della borghesia o che confondeva la politica rivoluzionaria con attività di propaganda più o meno radicale, fu espulsa o lasciò la Carovana. Il processo di questa fase ci ha insegnato l’importanza della lotta ideologica attiva, ci ha insegnato concretamente cosa intendeva Stalin quando diceva che “epurandosi, il Partito si rafforza”, cosa intendeva Mao quando diceva che “la lotta ideologica attiva è l’arma per assicurare l’unità del partito e delle organizzazioni rivoluzionarie”.

L’attività del P.CARC dopo la fondazione del (nuovo)PCI è stata caratterizzata da una profonda riflessione: avevamo raggiunto l’obiettivo per cui i CARC erano nati, si trattava a quel punto di capire come proseguire, cosa dovevano diventare i CARC e come. Devo aprire una parentesi, fondamentale per capire la scelta di diventare un partito e per capire il motivo per cui la Carovana è composta oggi da due partiti comunisti distinti. Il (nuovo)PCI è stato costituito da un’avanguardia, come ogni partito che ha fatto la rivoluzione socialista nella storia. Ma le condizioni in cui il (nuovo)PCI operava e opera sono particolari, definite sulla base della storia politica del nostro Paese e del suo regime politico, il regime di controrivoluzione preventiva. Una storia determinata dal lascito del più grande partito comunista d’occidente, il PCI che aveva lottato contro il fascismo e diretto la Resistenza ed era finito in mano ai revisionisti moderni, che aveva cementato nella classe operaia e nelle masse popolari, anche nelle loro parti più avanzate e combattive, quelle due tare che il movimento comunista nei paesi imperialisti non aveva mai superato: l’elettoralismo e l’economicismo, che sono alla base del legalitarismo. Detto in altri termini: il lavoro e l’opera del (nuovo)PCI, guidare la Guerra Popolare  Rivoluzionaria per fare dell’Italia un nuovo paese socialista, per avanzare più speditamente, aveva bisogno anche di un partito di comunisti guidato dalla concezione comunista del mondo (quindi non inquinato dal revisionismo e dal senso comune della sinistra borghese, dalle due tare e dal legalitarsimo) che opera nei residui spazi politici che la borghesia non ha ancora eliminato, quelli che ereditiamo dalla vittoria della Resistenza sul nazifascismo e che sono stati conquistati con le lotte dei decenni successivi. Ecco, i CARC sono diventati un partito, nel 2005, che ha come referenti tutti coloro che hanno la falce e il martello nel cuore, che interviene in ogni ambito dove si mobilitano le masse popolari, anche, ma non solo, nella lotta politica promossa dalla borghesia: le elezioni, i referendum, le campagne di opinione. Ma siamo sempre stati e siamo un partito rivoluzionario, che promuove l’organizzazione degli operai e delle masse popolari per fare la rivoluzione socialista, che non cede alle logiche della “democrazia rappresentativa”, che non lotta per conquistare posti nelle assemblee elettive, ma usa la democrazia borghese per far avanzare la mobilitazione rivoluzionaria delle masse. Fra gli insegnamenti che abbiamo tratto dall’esperienza degli ultimi 12 anni, fra i principali vi sono quelli che riguardano la costruzione di un rapporto sano con le masse popolari organizzate e con il loro movimento spontaneo (quello che si sviluppa senza l’intervento  dei comunisti), un rapporto non settario (che hanno cioè quelli che pensano che le masse siano arretrare e abbrutite, incapaci di capire e di partecipare alla lotta di classe) e non codista (quelli che si mettono al carro delle lotte e delle organizzazioni popolari senza far compiere loro una scuola di comunismo attraverso l’esperienza pratica). Con i lavori del IV Congresso, nel 2015, abbiamo definito che dovevamo diventare il Partito del Governo di Blocco Popolare (GBP), e questo definisce meglio il ruolo particolare e specifico  del P.CARC nella dialettica fra i due partiti di comunisti della Carovana del (nuovo)PCI.

Dici “siamo sempre stati e siamo un partito rivoluzionario” e “promuoviamo l’organizzazione degli operai e delle masse popolari per fare la rivoluzione socialista”, ma questo non coincide con l’opera del (nuovo)PCI?

Sì, detta così in effetti sembra un doppione. Ma non lo è. Quando nel 2008 è iniziata la fase acuta e terminale della crisi, le condizioni oggettive per la rivoluzione socialista hanno avuto un grande sviluppo, ma la Carovana del (nuovo)PCI era ancora debole. Debole in senso organizzativo, ma anche in termini di influenza, legami e prestigio fra la classe operaia e le masse popolari. Ma la mobilitazione spontanea delle masse popolari ha avuto un grande sviluppo e un ulteriore sviluppo e slancio avrà man mano che gli effetti della crisi peggiorano. La questione è: o quella mobilitazione viene incanalata, valorizzata e diretta dai comunisti in senso rivoluzionario (mobilitazione rivoluzionaria delle masse), oppure sarà usata dalla borghesia imperialista e dal clero, diventando mobilitazione reazionaria. Il (nuovo)PCI ha elaborato nel 2009 la linea del Governo di Blocco Popolare per combinare in modo positivo la già citata debolezza della Carovana, la mobilitazione spontanea delle masse popolari, l’esistenza di una folta schiera di elementi della base rossa (operai e giovani, donne che si considerano comunisti) e di elementi della sinistra borghese, amministratori progressisti, sindacalisti onesti che esiste nel nostro paese come lascito della forza del vecchio movimento comunista con le sue tare. Ecco, il P.CARC contribuisce alla rivoluzione socialista perseguendo con ogni forza e risorsa la costituzione del -Governo di Blocco Popolare, questa è la strada più breve attraverso cui rinasce il movimento comunista cosciente e organizzato. P.CARC e (nuovo)PCI appartengono allo stesso percorso e condividono molte cose: concezione del mondo, strategia, tattica, ma sono due partiti diversi con compiti e obiettivi complementari, sono appunto partiti fratelli. Più precisamente: l’obiettivo del (nuovo)PCI è l’instaurazione del socialismo, l’obiettivo del P.CARC è contribuirvi attraverso la costituzione del Governo di Blocco Popolare. Chi avrà la curiosità di rileggere le interviste al compagno Ulisse già citate, capirà più profondamente la questione.

Su Resistenza abbiamo trattato spesso, riguardo a questo argomento, della necessità del partito comunista clandestino ai fini della rivoluzione socialista, ma non abbiamo mai chiaramente trattato dell’esigenza di un partito pubblico di comunisti. Una tua riflessione a riguardo sarebbe molto utile.

Partiamo da un fatto: l’esistenza di un partito clandestino e di un partito di comunisti che opera “alla luce del sole”, distinti, è una caratteristica specifica e peculiare della Carovana del (nuovo)PCI e attiene al carattere sperimentale della Guerra Popolare Rivoluzionaria che stiamo conducendo in un paese imperialista. Per quanto attiene al nostro paese, il P.CARC ha un ruolo insostituibile. Questo perché: 1. l’aspetto principale della mobilitazione della classe operaia e delle masse popolari è di carattere difensivo: difendere quei diritti e quelle conquiste in campo economico e in campi politico che furono ottenute con le lotte dei decenni passati e che la borghesia sta via via eliminando. Un partito guidato dalla concezione comunista del mondo incarna la più avanzata tendenza possibile in questa lotta e la sintetizza nella linea difendere, praticandoli, i diritti e le conquiste, strappare nuove conquiste dove è possibile, far emergere in ogni ambito gli interessi di classe, la lotta di classe e il vero volto del regime della borghesia e del suo clero. Quel praticandoli è importante! Ne sia esempio la lotta per l’attuazione dal basso delle parti progressiste della Costituzione da sempre violate o eluse: è un ambito in cui a mobilitarsi sono forze ben più ampie rispetto a quelle che già la Carovana orienta e organizza… operare pubblicamente consente al P.CARC di dispiegare il più ampio intervento, stanti i limiti della legalità borghese, che la situazione politica consente; 2. ho già parlato delle due tare e del legalitarismo… senza alcun giudizio sprezzante, bisogna considerare che nel nostro paese è persino difficile che i lavoratori dei trasporti, ad esempio, violino le restrizioni governative per uno sciopero… intendo dire che la formazione alla lotta politica rivoluzionaria è un processo che deve partire dalle condizioni concrete in cui la rivoluzione socialista deve essere fatta, non basta che ci sia un’avanguardia disposta a farla, anche se ciò è indispensabile. Vale lo stesso discorso per quanto riguarda l’economicismo: la convinzione che a suon di scioperi, di piattaforme rivendicative e lotte radicali sia possibile cambiare le cose è ancora molto radicata, in profondità. Ma è una tesi sbagliata perché non tiene conto della realtà; 3. la linea del Governo di Blocco Popolare è di gran lunga facilitata se esiste un partito comunista che opera pubblicamente per attuarla. Se non ci fosse il P.CARC, al (nuovo)PCI mancherebbe il supporto, la collaborazione, la sperimentazione e l’elaborazione di un partito comunista che, pur piccolo, si

dedica alla costituzione del GBP rivolgendosi alle ampie masse, a chi è disposto a mobilitarsi anche se oggi non ha ancora una concezione e una conoscenza adeguata delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe in corso. Operando direttamente sul terreno della “democrazia borghese” eleviamo l’organizzazione, la mobilitazione e la coscienza delle masse a farla finita con il sistema della “democrazia borghese” e a lottare per costruire il sistema della democrazia proletaria, il socialismo.

Fermo l’obiettivo della costituzione del Governo di Blocco Popolare, quali sono oggi le sfide che il P.CARC sta affrontando per perseguirlo con maggiore efficacia?

Se mi concentrassi solo sugli aspetti principali, i nostri lettori non avrebbero un quadro abbastanza completo di ciò che il P.CARC è diventato. Quindi concedetemi di dilungarmi su alcuni aspetti.

L’attività generale del P.CARC comprende il lavoro delle Edizioni Rapporti Sociali, l’opera del Centro di Formazione, le iniziative delle associazioni culturali che promuoviamo o con cui collaboriamo, l’intervento su specifici filoni: il lavoro operaio e sindacale rivolto alla costruzione di organismi operai e popolari che si occupano del futuro delle aziende e del Paese, il lavoro giovani rivolto agli studenti medi e universitari, il lavoro donne, il lavoro immigrati che per il momento avanza in forme sperimentali in varie zone del paese, l’intervento per la costituzione di amministrazioni locali di emergenza, Comune per Comune in cui siamo presenti o nei Consigli di quartiere nelle metropoli. Interveniamo nelle aziende capitaliste e nelle aziende pubbliche con continuità da nord a sud, promuoviamo o sosteniamo l’attività di organizzazioni popolari nel campo della sanità, della lotta al degrado, del diritto alla casa, del diritto al lavoro utile e dignitoso. Recentemente abbiamo esteso l’intervento nel campo dei piccoli produttori (contadini, pastori, artigiani). Stiamo riprendendo la mobilitazione per la solidarietà proletaria con i rivoluzionari prigionieri, anche se per motivi che attengono all’impiego delle forze su molti fronti, non riusciamo per ora a raggiungere i livelli del passato. Stiamo riprendendo, a un livello superiore rispetto al passato, il lavoro internazionale, a cui comunque abbiamo dedicato spazio negli ultimi anni attraverso le iniziative di solidarietà al governo bolivariano del Venezuela e alla Repubblica Popolare Democratica di Corea. Abbiamo sezioni che operano nelle principali città italiane, contatti e simpatizzanti in molte altre zone, grazie ai quali lavoriamo per costruire nuove Sezioni. Resistenza, un mensile che esce con regolarità e continuità da 23 anni senza “perdere un colpo” neppure nei momenti in cui la repressione è stata più dura, offre una visuale su questa ricca attività. Questa sommaria panoramica è utile a inquadrare il P.CARC nella sua giusta dimensione e a mostrare, o almeno a far intuire, il legame fra le attività esterne (iniziative culturali e politiche, sostegno alle mobilitazioni e agli scioperi, ecc.) e la ricca attività interna di elaborazione dell’esperienza. A questo punto si possono capire meglio le sfide che abbiamo di fronte e possiamo persino sintetizzarle in una singola linea: elevare il livello del gruppo dirigente per valorizzare l’attività della base e allargare la base. Su questa linea chiameremo il Partito al confronto nel lavoro preparatorio del V Congresso che terremo nel 2018, un congresso che dovrà affrontare e superare i problemi che limitano lo sviluppo organizzativo. Sviluppare il P.CARC non è un desiderio, ma una necessità oggettiva: legare la parte avanzata della classe operaia e delle masse popolari alla rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato partendo dalla loro pratica, da quello che fanno e pensano oggi per fare avanzare la rivoluzione socialista condotta dal (nuovo)PCI, che è in corso nel nostro Paese.

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