La storia della gloriosa rivoluzione d’Ottobre ci insegna che le donne si emancipano, nella misura massima in cui già in questa società è possibile emanciparsi, combattendo nel Partito e impegnandosi nella lotta di classe: tanto più si emancipano quanto più partecipano alla lotta di classe. Parlare di emancipazione delle donne al di fuori di questi due contesti, significa eludere il problema e fare diversione. Quando la lotta di classe contro la borghesia e il clero è cresciuta, anche l’emancipazione delle donne prima o poi è cresciuta. Quanto la lotta di classe è calata, anche l’emancipazione delle donne ha seguito la stessa sorte.
Le donne sono una componente fondamentale del movimento popolare del nostro paese: sono in prima linea nelle lotte per la difesa dei posti di lavoro, nelle lotte ambientali, nelle lotte per la sanità e l’istruzione pubblica, nelle lotte per il diritto all’abitare, nelle lotte contro il femminicidio, contro l’ingerenza del Vaticano (diritto ad una maternità cosciente e consapevole, diritto al divorzio, ecc.), nelle lotte contro gli omicidi di Stato e in molte altre battaglie. Le donne delle masse popolari svolgono un ruolo di primo piano nella costruzione e nell’attività di reti, organismi, associazioni, movimenti, coordinamenti e sindacati che si battono contro gli effetti peggiori della crisi.
Le donne, i giovani e gli immigrati costituiscono la parte delle masse popolari che più subisce l’oppressione del regime della Repubblica Pontificia, su cui gli effetti della crisi generale del capitalismo si riversano in misura più grave e che sono bersaglio della mobilitazione reazionaria. Oggi la principale minaccia di mobilitazione reazionaria delle masse popolari nel nostro paese viene dai vertici della Repubblica Pontificia: la guerra tra poveri fa parte del programma comune della borghesia imperialista attuato dai governi delle Larghe Intese. Sono loro che perseguitano gli immigrati (affogamenti nel Mediterraneo, CIE, ecc.), eliminano diritti e conquiste dei lavoratori e delle masse popolari, dividono le masse popolari (tra immigrati e autoctoni, giovani e adulti, lavoratori e pensionati, “garantiti” e precari, ecc.) e mettono in mille modi una parte contro l’altra per contendersi la miseria.
Il passo da compiere ora sulla sua strada, per avanzare nel rivoluzionamento del paese, è la costituzione del Governo di Blocco Popolare (GBP). Il Governo di Blocco Popolare è l’obiettivo tattico di questa fase. Esso combina l’organizzazione delle masse popolari (in organizzazioni operaie e in organizzazioni popolari) in senso rivoluzionario che cioè si organizzano e si mobilitano per trovare soluzioni positive ai problemi e agli effetti della crisi, contro la tendenza della rassegnazione o della guerra fra poveri, con il fatto che iniziano già da subito a operare come nuove autorità pubbliche, iniziano a porsi come classe dirigente della società.
Questo articolo è rivolto alle donne delle masse popolari che animano la lotta di classe nel nostro paese, in particolare a quelle con la falce e martello nel cuore, perché sono elemento fondamentale nella rinascita del movimento comunista. Nella prima ondata delle rivoluzione proletaria le donne hanno svolto un ruolo determinante per la costruzione dei primi paesi socialisti, per l’abbattimento dei regimi nazi-fascisti, per la conquista di diritti e migliori condizioni di vita per le masse popolari. Ma come vivevano le donne nel primo paese socialista della storia? Nell’URSS di cui quest’anno celebriamo il Centenario? Consigliamo la lettura dell’articolo che segue per approfondire l’argomento.
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L’articolo tratto da “O Militante”, rivista teorica del Partito Comunista Portoghese, tradotto in italiano da Marica Guazzora per Marx21.it. L’articolo è un estratto da Tatiana Sinitsina storia, “La vita sovietica”, anno 1, n ° 6/7 -. Ottobre / novembre 1975. 26 p.
La Rivoluzione d’Ottobre e i diritti delle donne
Fu l’Unione Sovietica il primo paese del mondo a mettere in pratica e a sviluppare come nessun altro i diritti sociali fondamentali come l’uguaglianza dei diritti delle donne e degli uomini nella famiglia nella vita e nel lavoro, i diritti e la protezione della maternità. La Rivoluzione d’Ottobre dette un impulso straordinario al conseguimento dei diritti delle donne raggiungendo nel giro di pochi giorni i diritti che nel nostro paese abbiamo messo decenni a raggiungere, ed è servita di esempio e di incoraggiamento per la lotta delle donne in tutto il mondo. Il processo di costruzione del socialismo in URSS ha sempre mantenuto al centro delle sue preoccupazioni l’emancipazione femminile. La scomparsa dell’URSS ha portato a battute d’arresto brutali nelle condizioni di vita delle donne, non solo negli ex territori sovietici, ma a livello internazionale.
Questi fatti non sono ancora noti alla maggior parte delle donne. Fate una semplice esperimento: scrivete su Google “diritti delle donne”, e il primo testo che appare, da Wikipedia, omette qualsiasi riferimento all’URSS. E neppure al fatto assolutamente indiscutibile che questa è stata la prima società al mondo in cui tutti, uomini o donne, analfabeti o laureati di qualsiasi nazionalità o condizione sociale, hanno ottenuto gli stessi diritti.
E’ partendo da questa realtà che questo articolo cerca di contribuire a fornire gli elementi e gli strumenti necessari per la battaglia ideologica scatenata intorno al centenario della Rivoluzione d’Ottobre.
Il contesto
La realtà russa nell’ottobre del 1917 era molto complessa. Da un lato, l’arretratezza secolare del paese, l’incubo della guerra, le enormi disparità sul piano economico, sociale e culturale delle varie repubbliche che costituirono l’Unione Sovietica. In alcune regioni c’erano rapporti semi-feudali, e il ruolo delle donne era di subordinazione, in particolare nelle regioni dell’Asia centrale, dove le donne facevano parte del “patrimonio” del marito.
D’altro lato, i diritti delle donne e dei bambini erano fin dall’inizio parte integrante del programma della rivoluzionari russa. (…) Nel progetto del Programma del Partito Operaio Socialdemocratico della Russia, scritto da Lenin, già erano contenute rivendicazioni quali, ad esempio, il suffragio universale, uguale diritto al lavoro, l’istruzione universale e gratuita. Nel marzo del 1917, dopo la rivoluzione di febbraio, si tenne a Pietrogrado, il Primo Congresso delle Donne Lavoratrici dove fu approvato un programma con i diritti e le misure relativi alla tutela della maternità e dell’infanzia, che hanno costituito la base del sistema sovietico in queste aree di intervento.
Le prime decisioni
L’esistenza di questo programma aiuta a capire come sia stato possibile avanzare così tanto e così rapidamente. “Il primo stato socialista del mondo, fin dai primi giorni di esistenza, abolì tutte le leggi che discriminavano le donne nella famiglia e nella società. Nel 1919, dopo soli due anni, Lenin richiamò l’attenzione che in questo breve periodo di tempo “il potere sovietico, in uno dei paesi più arretrati d’Europa, ha fatto di più per la liberazione della donna e l’uguaglianza con il sesso” forte ” di ciò che è stato fatto in 130 anni sommando tutte le repubbliche progressiste, istruite e “democratiche” nel mondo”.
In data 8 novembre 1917, il decreto della Pace e della Terra stabilì che l’uso della terra era concesso a tutti i cittadini, senza distinzione di sesso.
In data 11 novembre, fu approvato il decreto che sancì otto ore di lavoro giornaliero, con pause per la refezione, un giorno fisso di riposo settimanale, il diritto alle ferie retribuite e il divieto di lavoro al di sotto dei 14 anni. Lo stesso giorno, fu anche approvato il decreto della Sicurezza Sociale, che forniva la protezione per le malattie, per la vecchiaia, il parto, la vedovanza, ecc. Due giorni dopo, la prima ministro donna al mondo assunse la carica di Commissario del Popolo per la Sicurezza Sociale. Il suo nome era Alexandra Kollontai e qualche tempo dopo sarebbe diventata anche la prima ambasciatrice donna del mondo (nel 1922, in Svezia).
Il 31 dicembre fu approvato il decreto che introdusse il matrimonio civile – che divenne l’unico riconosciuto dalla legge – si legalizzò il divorzio e si concluse la distinzione tra figli legittimi e illegittimi.
Nel mese di dicembre 1918, fu pubblicato il Codice del Lavoro. Abolì diverse discriminazioni (fine della restrizione alle professioni basate sul sesso, vietato il licenziamento delle donne in gravidanza e stabilì, tra l’altro, la parità di retribuzione a parità di lavoro) e fornì le condizioni di sostegno alle famiglie che volevano incoraggiare le donne a lavorare ed intervenire socialmente (ostetriche, infermiere ecc.).
Le donne lavoratrici
Con la rivoluzione fu promossa l’idea che l’ingresso delle donne nel mercato del lavoro è un elemento chiave per la loro emancipazione. In URSS il numero delle donne lavoratrici è aumentato nel corso degli anni. Nel 1975, le donne erano il 51% dei lavoratori, tre volte e mezzo in più rispetto al 1940.
La specificità del lavoro delle donne fu protetto, prevedendo un’età di pensionamento anticipato rispetto agli uomini (55 per le donne, 60 per gli uomini), e anche la riforma di alcuni settori (50 per le donne del settore industria, 45 a radiologia, ospedalieri e alcune professioni del teatro).
Prima della Rivoluzione d’Ottobre, il tasso di analfabetismo femminile era l’83%. Il salto fu enorme: nel 1986, le donne erano il 59% delle persone con istruzione superiore e secondaria specializzata, circa il 50% degli ingegneri industriali e del settore agricolo, il 30% dei giudici, tre medici su quattro.
Sostegno alla maternità e all’infanzia
Quattro mesi di gravidanza e congedo di maternità, con stipendio pieno, con la possibilità di soggiornare fino a un anno a casa con il bambino con il lavoro salvaguardato, lavoro più leggero al termine della gravidanza, furono diritti conquistati fin dal 1918.
Il benessere delle donne meritava costante ricerca. La contraccezione era gratuita. Il cosiddetto “parto indolore” – il metodo psico-profilattico – nacque in URSS, essendo stato introdotto nel mondo accademico sovietico nel 1949 da un gruppo di ostetrici e psichiatri. Fu divulgato nel resto del mondo a partire dal 1952, dopo che il famoso francese Lamaze fece uno stage in URSS e tornò a Parigi.
L’allattamento al seno fu accuratamente protetto. Il Codice del Lavoro del 1918 prevedeva che durante il primo anno di vita del bambino, e per tutto il periodo dell’allattamento, la mamma avesse diritto a 30 minuti di tempo ogni tre ore per nutrire il piccolo.
Almeno dagli anni ’50 esistevano banche del latte materno in tutto il paese che garantivano alle donne che per qualsiasi ragione non potevano allattare i figli, il cibo più completo che i bimbi possano avere. Il carattere innovativo di questa misura è ben significativo se ricordiamo che la prima banca del latte umano in Portogallo è nata in via sperimentale nel 2009 e ha ancora una portata molto limitata.
Lo Stato sovietico sviluppò una rete di infrastrutture di supporto e protezione dei bambini, in particolare asili nido e giardini d’infanzia con orari adatti sia al lavoro in turni che al lavoro di carattere stagionale. Queste strutture esistevano sia nelle università che nella maggior parte delle aziende. Ma esistevano anche colonie estive, villaggi turistici infantili, case dei pionieri, ecc.
Una esperienza brillante: la legalizzazione dell’aborto in Urss
Nel 1920 di fronte alla disastrose conseguenze dell’aborto clandestino (la metà delle donne soffriva di infezioni successive e ne moriva il 4%, nonostante fin dal 1918 fosse introdotto un congedo di tre settimane con salario intero in caso di aborto spontaneo o indotto) il governo sovietico legalizzò l’aborto in ospedale pubblicando un decreto per “proteggere la salute delle donne e che il metodo repressivo in questo campo non raggiunge questo obiettivo”. I risultati furono positivi e non ci furono morti o infezioni a seguito di aborti effettuati nei servizi pubblici, e a partire dal 1925 una diminuzione di mortalità infantile e un aumento del tasso di natalità.
Nel 1937 questa normativa cambiò radicalmente. Il Consiglio dei Commissari del CEC del Popolo dell‘URSS dopo un’ampia discussione popolare del progetto di legge, durata quasi un anno, decise di proibire la pratica dell’aborto tranne che per quello terapeutico stabilendo una “critica sociale” alle donne che lo praticassero infrangendo la legge, anche con la prigione, poiché la stessa legge presupponeva che le mutate condizioni economiche e sociali potessero essere considerate come il culmine di tutta la lunga e tenace lotta contro l’aborto condotta fin dal 1920.
Partecipazione politica
Nel 1974 il 31% dei componenti del Soviet Supremo era costituito da donne, il 36% nei Soviet Supremi delle Repubbliche Federate e Autonome e il 47% nei Soviet locali.
A dimostrazione che esiste una rapporto intimo tra ideologia e partecipazione e che i diritti non sono garantiti per sempre occorre registrare il fatto che nelle prime elezioni chiamate “libere” dopo la sconfitta del socialismo nei paesi dell’ex URSS la presenza delle donne elette nei parlamenti nazionali fu compresa tra il 3,5 e il 20%.
Le faccende domestiche
“Non soddisfatto dall’eguaglianza formale delle donne, il Partito lotta per liberare le donne da ogni responsabilità domestica obsoleta, sostituendola con case comunali, mense pubbliche, lavanderie pubbliche, asili nido, ecc” – si legge nel programma politico del Partito Comunista Russo (bolscevico), approvato nel suo 8 ° Congresso nel 1918.
Non si dispone di dati sistematici sul grado di raggiungimento di questi obiettivi, ma è noto che ci furono diverse agevolazioni a prezzi molto bassi in mense, lavanderie, laboratori, etc.
Nonostante i progressi, nel 1975 in un’edizione speciale della rivista “La vita sovietica, dedicata all’anno internazionale della donna”, fu presentato uno studio sociologico che dichiarava che” intervistato circa il 60% delle lavoratrici di diverse città, queste risposero che facevano i lavori di casa, senza l’aiuto dei loro mariti”.
Nella Conferenza del Partito Comunista Portoghese su ‘Emancipazione delle donne in Portogallo di Aprile’, il testo finale considerava a questo proposito che “non scompaiono improvvisamente i pregiudizi sulle donne, e la loro emancipazione non si verifica automaticamente con i nuovi rapporti di produzione”.
Le donne e la guerra
La drammatica dimensione della perdita di vite umane durante la Seconda guerra mondiale, che ha ucciso 20 milioni di sovietici, naturalmente ebbe conseguenze nella composizione demografica della società. Durante la guerra le donne presero i posti resi vacanti dagli uomini che andarono ai fronti di battaglia, e dopo la guerra il loro lavoro continuò ad essere essenziale per la produzione e lo sviluppo economico.
Ma le donne sovietiche parteciparono anche in prima persona alla guerra. Il servizio militare fu aperto alle donne nel 1939. Si stima che più di 800.000 donne parteciparono direttamente ad azioni di battaglia e di guerriglia, e furono la metà dei medici distaccati al fronte. Sono famosi i reggimenti aerei con esclusivamente tiratori di sesso femminile, in particolare, il 46esimo Reggimento di bombardamento in picchiata, che cominciò ad operare nel 1941, e per la cui efficacia guadagnò da parte dell’esercito nazista, l’epiteto di “Streghe della notte”. Va notato a questo proposito che la prima volta che la Forza Aerea portoghese ha accettato una donna nel corso di aviatore pilota è stato nel 1988 e la prima donna pilota sui caccia americani si è laureata nel 1994.
★★★
Pubblicizzare le conquiste delle donne nel contesto della Rivoluzione d’Ottobre non ha solo interesse storico. Conoscere i diritti ottenuti e la lotta condotta per confermare e approfondire, valutare gli aspetti chiave di questi successi, come ad esempio la preparazione delle forze di classe e la questione dello Stato, imparare dalle esperienze e dai limiti che si sono verificati, riflettere su per quanto tempo certe mentalità si perpetuano nelle società, sono tutti elementi che dobbiamo prendere in considerazione e continuare ad approfondire. Perché anche per quanto riguarda l’emancipazione femminile, il socialismo è davvero una esigenza del presente e del futuro.
I soviet delle donne
“La nuova morale sovietica si affermò a fatica nella vita, nella coscienza delle persone. In queste condizioni, i Soviet delle donne costituirono un potente e al tempo stesso penetrante strumento, con l’aiuto del quale è stato possibile eliminare i costumi secolari in un tempo relativamente breve (10-15 anni circa)”.
Uno degli abitanti di Ianguiiul (città Uzbekistan), contemporaneo di questi eventi, ci disse che le prime attiviste dei Soviet furono donne russe espressamente inviate dal Partito Comunista, per aiutare i loro compagni uzbeki, tagiki, kirghizi, turkmeni. Dirigevano i gruppi di alfabetizzazione, indirizzavano le donne all’attività sociale, alla partecipare alla produzione, e svilupparono una grande attività per far acquisire agli uomini la consapevolezza della necessità di porre fine ai vecchi metodi, per far loro capire che le donne dovevano avere gli stessi diritti degli uomini.
“Nel nostro paese (…) le donne organizzarono dei corsi di cassiera. Quando iniziarono a lavorare nei negozi, molte persone si riunirono a vedere perché non credevano che le donne potessero essere in grado di misurare e pesare con precisione una merce o di contare i soldi. Attualmente ci sono nelle nostre città centinaia di medici, insegnanti, ingegneri”.