3 ottobre 2004 – 3 ottobre 2017: Anniversario della fondazione del (nuovo)PCI

Il 3 ottobre del 2004 è stato fondato nella clandestinità il (nuovo)PCI, dopo che nel corso dei 20 anni precedenti l’obiettivo della ricostruzione di un partito comunista adeguato ai compiti storici ha dettato le mosse alla redazione di Rapporti Sociali (dal 1984) e ai CARC (dal 1992, diventati a loro volta partito nel 2005). Da 13 anni la testa della rivoluzione socialista in corso nel nostro paese si riassume nella forma originale e caratteristica della Carovana del (nuovo)PCI, costituita da due partiti uniti, “fratelli”, ma distinti. Un’innovazione in seno alla tradizione e all’esperienza, pur molto ricca, del movimento comunista che qualifica il carattere sperimentale della rivoluzione socialista che stiamo costruendo in un paese imperialista, obietivo mai raggiunto nel corso della prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale.

Sia all’interno del P.CARC che all’esterno, la comprensione, le caratteristiche e la portata di questa innovazione sono tutt’altro che assimilate e comprese a causa dell’influenza delle due tare ideologiche che il movimento comunista nei paesi imperialisti non ha ancora superato: l’economicismo e l’elettoralismo (il legalitarismo). Le questioni, le contraddizioni, le domande che riguardano la natura della Carovana e la relazione fra i due partiti sono dunque molte e ancora maggiori quando si presentano nella pratica, nel concreto. Pubblichiamo di seguito una lettera aperta di due membri del (nuovo)PCI rivolta anche ai membri (dirigenti, quadri intermedi e militanti di base) del P.CARC perché contiene elementi molto utili su cui riflettere per approfondire la questione. Inoltre è un’esemplare applicazione del materialismo dialettico come strumento di analisi della realtà e come guida per l’azione. Studiando questo testo ai nostri lettori possono sorgere ulteriori domande, riflessioni, considerazioni e la Redazione chiede loro di farle conoscere, scrivendo a noi (carc@riseup.net) e alla Delegazione del (nuovo)PCI (delegazionecpnpci@yahoo.it), anche lo sviluppo di questo dibattito contribuisce ad approfondire la comprensione della dialettica fra i due partiti e a rafforzarla.

***

“Nei giorni antecedenti il Ferragosto, a Massa, qualcuno ha scritto “Nuovo PCI” sul muro della villa di una (dicono) baronessa. La signora ha chiamato un consigliere comunale della destra locale, Benedetti Stefano, noto come promotore delle ronde razziste che Maroni voleva istituire nove anni fa e come promotore della repressione e persecuzione contro i compagni che a quelle ronde si opposero e fecero muro in modo tale da impedirne l’attuazione. Benedetti ha accolto la protesta della signora cogliendo l’occasione per attaccare un consigliere comunale del PD che ha in gestione un parco, e che lo affitta ogni anno al Partito dei CARC per le sue Feste della Riscossa Popolare. Motivo della polemica è che la villa è a poca distanza da quel parco, che il Partito dei CARC condivide concezione, linea e strategia del (nuovo)PCI e quindi, secondo il senso comune, l’autore della scritta da quel parco viene.

Un insegnamento della vicenda è che fare scritte sul (nuovo)PCI produce effetti importanti all’esterno e all’interno. La valutazione su tali effetti, infatti, è lavoro interno alle forze della carovana del (nuovo)PCI, incluso il Partito dei CARC. Tale valutazione, in questo caso, è lotta tra due linee. Qui abbiamo occasione di fare una elaborazione scientifica dell’esperienza della lotta di classe: la scritta ci spinge a farle, e per questo è positiva, perché induce, tra gli altri, compagni e compagne della Carovana a studiare la realtà con il metodo scientifico. La Carovana avanza come insieme di compagni e compagne capaci di pensare in modo scientifico e ad agire di conseguenza, elevandosi al di sopra del senso comune che è fortemente inquinato dalle concezioni del mondo della borghesia e del clero oltre che dai lasciti del revisionismo moderno.

La discussione ha fatto emergere in modo abbastanza preciso la linea di chi ha sostenuto che fare la scritta è stato giusto, o principalmente giusto, e quella di chi ha sostenuto che la scritta per quanto riguarda il contenuto è giusta, ma nel contesto specifico è sbagliata. Analizziamo le due linee, e consideriamo prima cosa significano i due termini “giusto” e “sbagliato” secondo la concezione comunista del mondo.

Secondo la concezione comunista del mondo la giustezza o meno di una azione si stabilisce in base all’obiettivo che il partito pone. Nulla è assolutamente giusto, o assolutamente sbagliato. Nella lotta che conduciamo gli errori sono importanti quanto i successi, e questo ci ha consentito di avanzare nei decenni nonostante il fatto che in percorsi nuovi come quelli che abbiamo intrapreso sbagliare è inevitabile, e anzi nella fase iniziale gli insuccessi sono molto più frequenti dei successi.

Una delle due linee nel caso in questione è che la scritta è principalmente giusta, ed è la nostra. È giusta in generale, perché bisogna quanto più possibile dare informazione del fatto che in Italia il partito comunista è stato ricostituito e augurargli lunga vita. È giusta in particolare, perché fa emergere nella Carovana una discussione necessaria a definire in modo superiore il rapporto di distinzione e unità tra i due partiti. Soprattutto è giusta in particolare perché è stata fatta nei pressi di una festa di comunisti che ha raccolto centinaia di elementi della base rossa i quali hanno recepito il messaggio dell’esistenza del nuovo Partito comunista italiano. Quella scritta insegna ai compagni e alle compagne, quindi, un metodo d’azione efficace.

Secondo l’altra linea, la scritta è giusta in generale, per il motivo detto sopra, ma non lo è in particolare, perché nel contesto specifico (Massa) crea problemi a chi, nell’amministrazione locale, è aperto nei confronti del Partito dei CARC, nel caso specifico il consigliere che a questo partito affitta il Parco. L’idea di questi compagni è che in determinati contesti abbiamo conquistato agibilità in virtù dello sviluppo di interventi in determinati ambiti politici e presso determinati individui, accettando regole, come potrebbe ad esempio essere quella di non scrivere su determinati muri.

Questa posizione è sbagliata, però è un errore che ci serve: da questo traiamo insegnamento perché ci consente di individuare ostacoli che impediscono alla Carovana di avanzare rapidamente.

La posizione è sbagliata perché l’agibilità che la Carovana del (nuovo)PCI ha conquistato e conquisterà non dipende dal fatto che accetta determinate regole generali o particolari che la borghesia pone. Quelle regole infatti sono state stabilite apposta per soffocare il movimento comunista e la sua rinascita. È vero l’opposto: l’agibilità politica che la Carovana ha conquistato e difeso sta nel fatto che si pone al di sopra e oltre le regole della legalità borghese e del quieto vivere.

La posizione è sbagliata perché una cosa non può essere giusta in generale e sbagliata in particolare, giusta in teoria e sbagliata in pratica, giusta sul piano ideologico e sbagliata sul piano organizzativo, giusta in Italia e sbagliata a Massa, giusta a Milano e sbagliata a Napoli. Nessuno di noi dice che la legge di gravità vale a Roma ma non a Torino, e lo stesso vale per la legge secondo la quale “informare che il Partito comunista italiano è stato ricostruito è giusto”. Bisogna in ogni cosa saper unire il generale e il particolare ai fini dell’obbiettivo che la lotta di classe ci pone di fronte. In questo caso un obbiettivo specifico è la raccolta degli elementi della base rossa e a questo scopo la scritta è efficace per le ragioni dette sopra.

La verità è concreta, e concretezza significa unione di aspetti differenti, magari opposti, come sono il generale e il particolare. Per fare esempi su questo, vediamo la cosa in negativo: quando il generale e il particolare sono divisi, i discorsi restano astratti, piatti, noiosi, inascoltati, nel senso che chi li ascolta continua poi a fare quello che gli pare, magari dicendo che “una cosa è vera in teoria, ma in pratica le cose stanno diversamente”, che “il Governo di Blocco Popolare (GBP) o la rivoluzione socialista sarebbero una bella cosa, ma la realtà è un’altra”. Questi sono modi di pensare delle vecchie classi dominanti. Riflettete: è il clero che ci vuole piantati in questa che “è e sempre sarà una valle di lacrime, dove le cose principalmente vanno storte, perché solo in paradiso, o dopo la morte, insomma, in un qualche aldilà, sta la perfezione”. Così pensano quelli secondo i quali la rivoluzione socialista è qualcosa che ci sarà, che scoppierà, ma non si sa quando, comunque non ora, nel nostro tempo, e quindi mai, perché noi sempre nel nostro tempo viviamo. Anche per la borghesia di giustizia, libertà e felicità collettiva si può parlare come cosa che si realizzerà un domani, non si sa quando, magari mai. A sentire il  politico borghese si realizzerà quando mi avrete dato il voto, a sentire il  sindacalista venduto alla borghesia si realizzerà quando avremo fatto i sacrifici che il padrone chiede, e via cantando.

Storicamente, chi diceva che una affermazione era giusta sul piano ideologico (in generale) e sbagliata sul piano organizzativo (in particolare) furono gli elementi di destra nella Terza Lotta Ideologica Attiva che investì la Carovana del (nuovo)PCI nel 2008 – 2009. In una riunione della Direzione Nazionale del Partito dei CARC tutti gli elementi di destra (Lia Giafaglione, Valter Ferrarato, Danilo Ruggeri e altri) fecero discorsi strutturati nel modo seguente: “Dichiarare che il problema principale del partito è ideologico è giusto, però sul piano organizzativo questo è sbagliato” (ad esempio, è giusto dire che dobbiamo studiare, ma in pratica tempo per farlo non ne abbiamo). Bisogna quindi che ogni compagno e compagna si metta in guardia quando cominciano a venirgli in mente discorsi strutturati in questo modo.

Un episodio su cui riflettere fu dell’autunno del 2009, quando, dopo l’arresto di Alessandro della Malva, allora segretario Federale del P.CARC, il Comitato di Partito del (nuovo)PCI Anna Maria Mantini scrisse e diffuse un comunicato di solidarietà nei confronti suoi e di altri antifascisti (in www.nuovopci.it/voce/cdpmant.html). Il comunicato ebbe risonanza nazionale (Giampaolo Pansa ne scrisse per dire che le Brigate Rosse stavano tornando). Parecchi dichiararono che era stato sbagliato farlo perché avrebbe consentito alle forze borghesi di isolare della Malva e tutti gli altri imputati come lui, dipingendoli come terroristi.

In effetti quel comunicato era più una affermazione identitaria, un dire che ci siamo e che non riuscirete a liberarvi di noi piuttosto che un programma di intervento, e in ciò esprimeva un carattere dei Comitati di Partito dell’epoca, di difesa della propria identità più che di azione inserita in un processo di costruzione della rivoluzione socialista, di Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata. In questo senso era sbagliato. Ma fu giusto perché contribuì a fare conoscere il caso a livello nazionale, perché avviò un dibattito con forze esterne alla Carovana, e perché all’interno delle forze della Carovana generò una discussione, continuata nella rivista del Partito (vedi www.nuovopci.it/voce/voce35/anistad.html) dove si distingueva tra l’adesione identitaria (il “parlare della guerra”) e il costruire la rivoluzione (“fare la guerra”).

La scritta sul muro della baronessa, lungi dall’essere espressione di adesione identitaria, è giusta perché porta le forze della Carovana a interrogarsi su quanto effettivamente in quel contesto, a Massa, ma anche a livello nazionale (la festa era nazionale) è chiaro che stiamo parlando di due Partiti distinti. Infatti se i compagni e le compagne non comprendono questo, l’andamento della carovana subisce intralci di più generi.

In primo luogo non avanza la collaborazione tra i due partiti. Il P.CARC si isola come partito che opera nella cornice definita dalle leggi borghesi, mentre il (nuovo)PCI diventa quello che dice cose giuste, ma in astratto, in generale, meglio se mantenendo le distanze dal luogo particolare dove il P.CARC opera. Questo è legalitarismo, ed è più forte nelle regioni dove il revisionismo moderno ha avuto più forza, come è successo in Toscana. Ma è anche opportunismo, perché il Partito dei CARC senza il (nuovo)PCI non esisterebbe, e i suoi membri confluirebbero irresistibilmente verso la sinistra borghese. Ogni vittoria che il P.CARC ottiene è perché è uno di due partiti.

Per esempio, le vittorie ottenute dagli operai Rational sono frutto del lavoro dei due partiti, e questo è bene che lo si sappia e lo si dica in ogni momento e occasione possibile. Alla Festa nazionale della Riscossa Popolare di Massa una dirigente della FIOM è intervenuta per dichiarare che “gli operai Rational hanno fatto bene ad agire come hanno fatto, ma hanno agito di pancia, e bisogna che a un certo punto intervenga la testa, cioè la direzione sindacale”. Era quella un’occasione per dire a chi ascoltava questa dirigente che “di pancia” e nell’immediato, gli operai Rational sono piombati nella depressione del “non c’è niente da fare perché tanto va a finire come decidono i padroni e le banche” e perché la “testa” sindacale in quel caso come in tutti i casi tutto quello che sa fare è diluire il mal di pancia degli operai nel tempo in modo che digeriscano il boccone amaro, che prendano il veleno a piccole dosi anziché tutto in una volta, che la morte sia lenta e quindi più accettabile. La vera testa in quel caso fu il partito, o meglio i due partiti, perché in Italia oggi i partiti comunisti sono due, e il principale dei due, quello destinato a durare, è il (nuovo)PCI. È stata ed è l’azione dei due partiti, quella diretta del P.CARC, quella definita come linea e tramite strumenti, come, ad esempio, una lettera del Segretario del (nuovo)PCI a dire agli operai che la via d’uscita c’è, a dirlo in dettaglio, a seguire i singoli passi, a diffondere scienza e serenità.

Il P.CARC è differente da tutto il resto, ed è riconosciuto come “speciale”, perché è parte della Carovana del (nuovo)PCI, e questa sua appartenenza è bene la dichiari in ogni occasione. Diversamente, per l’ansia di mimetizzarsi finisce che uno quando parla in pubblico nemmeno si dichiara membro del P.CARC, ma parla come “operaio”, come “disoccupato”, come “studente”, come “intellettuale”, e con ciò non si distingue e non ha insegnato niente a chi lo ascolta.

Chi nel Partito dei CARC tende a non parlare del (nuovo)PCI favorisce la confusione tra i due partiti, l’idea che in fondo si tratta di un “doppio partito”, con una faccia legale e una clandestina.

C’è chi pensa che sottolineare e promuovere la lotta tra due linee su questi temi è stata una forzatura, mentre sarebbe stato più opportuno andare tutti dal consigliere del PD e dirgli come rispondere al Benedetti, e cioè che non è una scritta quella che insozza Massa, e che se decidono di fare pulizie si interessino di ben altre spazzature ben visibili in estensione e ogni giorno. Questo è giusto, ma non è stato fatto, e non è stato fatto perché ci sono problemi di autonomia ideologica rispetto alla sinistra borghese. Sono problemi che, abbiamo visto, generano automaticamente e immediatamente, codismo o settarismo e quindi prima di tutto vanno tolti. Senza averli tolti, alle compagne e ai compagni del P.CARC, verrà automatico rispondere al consigliere aperto nei loro confronti che riporta le lamentele del fascista, che si scusano e che provvederanno a fare togliere la scritta (perché dovrebbero? è una scritta del P.CARC?). Togliendo quei problemi di autonomia ideologica, i compagni e le compagne del P.CARC risponderanno al consigliere che approfitti dell’occasione per dire a Benedetti che per difendere l’immagine della città occorre altro che impedire di scrivere sul muro della baronessa, e che loro sono al suo fianco, se lo fa.

Questo ci serve per il Governo di Blocco Popolare, e cioè in un contesto nazionale. In quel caso avremo costantemente elementi della seconda gamba come il consigliere comunale del PD di Massa che di fronte alle provocazioni e alle manovre della destra e dei vertici della Repubblica Pontificia tentenneranno e cercheranno di tornare indietro alle soluzioni dettate dal senso comune, immaginando così di garantire il quieto vivere e il corso “normale” delle cose. Non c’è ritorno a una “normalità”, ma solo l’avanzare verso un nuovo modo di pensare, di agire e di vivere, e sta a noi cogliere ogni occasione per costruirlo, per fare, in definitiva, dell’Italia un nuovo paese socialista. Quando avremo un GBP, in ogni occasione a chi vuole tornare indietro insegneremo o imporremo di andare avanti, e così diventeremo ogni giorno di più un punto di riferimento per le masse popolari, così come in parte già siamo e lo abbiamo visto a Massa, alla Festa nazionale della Riscossa Popolare, con quelli che hanno espresso il loro legame con il primo PCI e con quelli con i quali abbiamo parlato del (nuovo)PCI. “Il (nuovo)PCI è l’erede e continuatore del movimento comunista del nostro paese, del primo PCI sezione italiana della prima Internazionale Comunista e spina dorsale della gloriosa Resistenza antifascista e della lotta contro il regime DC, delle Brigate Rosse espressione più avanzata anche se insufficiente della lotta rivoluzionaria degli anni ’70 per ricostruire il Partito comunista, difendere la conquiste di civiltà e benessere e strapparne di nuove.” (Statuto del (nuovo)PCI, art. 5, in www.nuovopci.it/voce/voce34/statutohtml).

Il (nuovo)PCI è un Partito a tutti gli effetti, che opera indipendentemente in tutti i suoi organismi, dal Comitato Centrale, alla redazione de La Voce, ai Comitati di Partito di vario livello. La scritta sul muro della baronessa è un segno di questa indipendenza che noi auspichiamo si esprima nella forma più estesa e articolata, nelle aziende, nelle scuole, nei quartieri e in ogni città.

Noi ci impegniamo perché questo avvenga e facciamo appello a che tutti assumano lo stesso impegno.”

Bruno F. e Maria E.

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